domenica 24 maggio 2009

enjoy coca

Donne Zombie. Oltre le narici c’è di più. Jenny nasconde il suo bel faccino dietro a una montagnetta di coca. Le si vedono appena spuntare gli occhi così chiari da sembrar bianchi. Un attimo dopo la montagnetta è diventata una pianura desolata. Tutta la coca è salita in testa. Gli occhi sono diventati totalmente bianchi, adesso. Attenta che cadi, Jenny. Attenta che cadi.
Passano le ore. Sembrano minuti. Dannazione, s’è fatto tardi. Tardi per cosa? Tardi per andare al lavoro. Dove ce l’hai la testa, Jenny? Ti devi muovere. Sei già in ritardo di minuti che al tuo manager sembreranno ore. Il servizio è cominciato. Il fotografo sta aspettando solo te. Te e il tuo bel faccino. E allora fuori di casa alla velocità di una simulazione anti-incendio. I movimenti sono rallentati dalla confusione. Hai preso tutto, Jenny? O non hai preso niente? Nemmeno il portafogli. Come si fa a uscire senza il portafogli? Si può fare se hai in mente di fotterne uno in giro. E le chiavi? Vuoi uscire senza le chiavi? Sicura che non ti servano per rientrare a casa a un orario improbabile?
Jenny va a prendere la metro. Fa le scale di corsa e cade. Te l’avevo detto, Jenny: attenta che cadi. Non è niente di grave. Subito si rialza. Cosa strana, ha anche dimenticato l’abbonamento. E non ha i soldi per comprare il ticket. Allora scavalca. Una guardia sbucata da dietro un clochard che supplica spiccioli la vede e la insegue. Via veloce, Jenny. Per terra c’è un portachiavi di Hello Kitty. Vuoi prenderlo. Lo so che vuoi prenderlo, anche se le chiavi tanto le dimentichi sempre, quindi che te ne fai? La guardia è alle tue spalle, ma non ce la fai. È più forte di te. Devi prenderlo, il portachiavi di Hello Kitty. Ti tiri giù, lo afferri e la guardia sta per afferrare te. È un circolo vizioso. All’ultimo Jenny riesce a scappare tirando il portachiavi in faccia alla guardia, che rimane stordita un attimo. Quando si riprende, Jenny è già dietro alle porte chiuse del vagone e le fa “Ciao ciao” con la manina.
La metro è piena di extra-comunitari. Che puzza. Meglio non pensarci e trattenere il respiro. Jenny si infila le cuffiette bianche nelle orecchie e si immerge dentro Innocent World di Iggy Pop. Le facce delle persone sulle banchine sfuggono via veloci. Sembrano tanti zombie in attesa di resuscitare dai propri sepolcri. La canzone finisce. Scendendo alla fermata del Duomo Jenny va a sbattere contro una tipa. Ricordando la buona educazione, si scusa umilmente dicendole: “Pardon, negra.” E la nera si mette a urlarle qualcosa contro e le lancia una maledizione voodoo. Poi, ancora incazzata, tira fuori il Nokia 5000 e chiama Big Wayne, il suo più o meno uomo.
“That’s my bitch. What up, what up?” risponde lui grattandosi le chiappone.
“Hey, Biggie. I told ya I don’t like it when ya call me bitch. That’s fuckin’ offensive nigga, d’ya kno’?”
Big Wayne sbadiglia rumorosamente dall’altra parte del telefono, annoiato. Poi le chiede: “So, BITCH… what tha fuck do ya want?”
“I just met this white bitch. She looked like a zombie Paris Hilton, u kno’? She called me nigga and I’m so pissed off ‘bout that,” si mette a urlare la nera. Qualcun’altro dei passeggeri zombie si gira a guardarla scotendo la testa.
“Yep, bitch. I kno’, I kno’. Black, white, Hispanic, Asian, gay, straight, disable and not disable. We are only strangers passing by in this cold cold world,” Wayne si commuove per la profondità delle sue parole. Quindi si ricompone e torna a fare il gangsta: “Now if ya wanna chill out a lil’ bitch, come on to my house and suck my d… oooh and don’t forget coke!”
“Coke? Are you thirsty?” La nera scoppia a ridere fragorosamente, butta giù il telefono, si infila le cuffiette nere nelle orecchie, diventa un tutt’uno con la voce di Jordin Sparks che canta Battlefield, vede un po’ di pseudo modelle bianche zombie sparse sulle banchine, fino a che arriva alla fermata di S. Ambrogio. C’è un ragazzino rom che ha fretta di salire e la spintona. È arrivata l’ora di lanciare una nuova maledizione voodoo. Il ragazzino se ne accorge e alza il suo bel dito medio mentre le porte della metro si chiudono. Il suo amico gli dà il 5: “Così si fa!” Poi si mette una mano sulla pancia e gli dice: “Ho fame, Dragos. Ce ne andiamo al Mac?”
“Cazzo hai detto?” chiede Dragos, togliendosi le enormi cuffie da dj dalla testa.
“Ho detto: CE NE ANDIAMO AL CAZZO DI MAC?” ripete Adrian mentre la musica dei Crystal Castles ancora pompa fuori dalle cuffie dell’amico.
“Va bene.” Dragos guarda sbigottito Adrian. “Ma non mi sembra proprio il caso di urlare…”
I due attraversano fiumi di zombie in giacca e cravatta mentre si fanno trascinare a galla dalle scale mobili. Il sole sta picchiando come il Mike Tyson dei tempi migliori. È piovuto il caldo, ha squarciato le palle, dicono sia colpa di un’estate come non maaaai. Sarà bene proteggersi premendo bene i ray-ban tarocchi contro la faccia, cosa che fa anche più tamarri.
Dragos al Mac ordina un 280 gr. con parmigiano menù enorme da portare via. “Da bere, signore?”
“Coca, naturalmente.”
Adrian strattona l’amico: “Dai cazzo, muoviti. Il treno parte tra 5 minuti.”
Dragos tira una sorsata lunga dalla sua Coca, poi si mette a correre insieme all’amico.
Quanta gente c’è in Centrale? Levatevi dal cazzo, italiani di mmerda. Il treno sta per lasciare la stazione. Levatevi. È tanto difficile togliersi da in mezzo ai coglioni? Slalom. Scale fatte due gradini alla volta. Scatto veloce. Boom. Dritto contro un coglione che non si è spostato. Incidente. Il sacchetto del Mac finisce mestamente a terra.
“Prega che non si sia rovesciato niente,” fa Dragos a Micky, il povero malcapitato che ha avuto la sfortuna di finire sulla traiettoria impazzita del ragazzino rom.
Dragos controlla rapidamente mentre Adrian gli ripete: “Dai, cazzo! Il treno è già in movimento…”
Nel sacchetto del Mac sembra tutto a posto. “Buon per te,” fa al malcapitato. Quindi si mette a correre, apre la portiera del treno e si getta dentro al vagone in corsa come ha visto fare in qualche film d’azione.
Micky se l’è vista brutta. Ha sempre odiato quei bulletti di periferia che lo pestavano a scuola e ancora oggi ne è terrorizzato. Un rom, per giunta. Fortuna che quello zingaro è corso a prendere il treno. Minimo avrà avuto un coltello pronto per l’uso in tasca. Adesso che tutta la paura è svanita, a Micky è venuta una sete fottuta. Si dirige al distributore di bibite. La cerca. La trova. Coca-Cola Light. Fresca. Dissetante. Gustosa. Senza zuccheri. Mette i soldi. 10cent dopo 10cent. Scivolano veloci giù per la fessura. Micky preme il bottone. Gli omini dentro al distributore si mettono al lavoro. Miscelano gli ingredienti segreti. “Ci mettiamo anche un po’ di cocaina?” si chiedono tra loro. Una volta preparato, il liquido scuro viene iniettato con una piccola siringa dentro la lattina. Ora non resta che mandarla al reparto refrigerazione. Con un potentissimo ventilatore il liquido viene portato a una temperatura prossima agli 0 gradi. Sulla lattina rossa gli omini graffitari incidono la scritta “Coca-Cola” senza dimenticarsi il “Light”. È tutto pronto, ora. Il mini-controllore dà il suo ok. La lattina viene giù. Stuun.
Micky beve la sua Coca Light gelata e subito il mondo gli sembra più bello. Esce dalla stazione e qualche metro più in là vede questa ragazza stupenda. È Jenny. Anche lei lo guarda. Damien Rice comincia a cantare “And so it is, just like you said it would be” e il passo di Jenny per magia rallenta. “Life goes easy on me, most of the time” Micky comincia pure lui a muoversi al ralenty. “And so it is, the shorter story, no love no glory, no hero in her skies” e i due sono sempre più vicini. “I can’t take my eyes off of you” canta Damien nelle cuffiette di entrambi. Un vecchio panzone guarda questi due che camminano al rallentatore e si mette a urlar loro: “Ah stronzi! Ma che state a fa? Pijateve ‘na camera e tojeteve dai cojoni…"
Jenny è persa dentro agli occhi di Micky e non vede l’auto che sta arrivando alla sua destra. È un suv. Dentro ci sono due tizi di colore. Sulla targa sta scritto a caratteri cubitali “BIG WAYNE”. Jenny finalmente smette di fissare Micky e si accorge del suv che sta arrivando. Vi guarda all’interno e incrocia lo sguardo con la nera che poco prima in metro le aveva lanciato una maledizione. “Fottuto karma,” dice sorridendo rassegnata tra sé e sé, mentre la nera prende un braccio muscoloso di Big Wayne e gli urla: “Oh my God… that’s tha white bitch I told ya at tha phone. Tha zombie Paris Hilton. C’mon Biggie, please: kill her!”
Big Wayne spinge il suo piede pesante contro l’acceleratore. Le ruote sgommano sull’asfalto rovente. Jenny, dì le preghiere. Anche se non hai mai creduto in Dio, dì le tue cazzo di ultime preghiere. Non t’è rimasto altro da fare.
“Padre nostro che sei nei cieli...” comincia Jenny. Ma non ricorda come va avanti. Durante le lezioni di catechismo finiva sempre tutto il tempo in bagno a farsi le canne con i chierichetti in cambio di qualche pompino. E allora Dio non può salvarti, Jenny. Non può salvare chi non riesce nemmeno ad arrivare alla seconda strofa di una dannatissima preghiera.
Jenny finisce spiaccicata contro l’asfalto. È piovuto il fottuto caldo, ha squarciato Jenny, dicono sia colpa di un’estate come non maaaai. Dannazione, quanto scotta. Hey, ma se si sente il caldo sulla pelle questo significa che è ancora viva?! È un miracolo. Micky dall’altra parte della strada, vedendola in difficoltà, ha finito per lei la preghiera, e Dio ha deciso di salvarla. “Hallelujah! Hallelujah!” risuona un coro angelico da qualche parte.
Ma il grosso suv del grosso Big Wayne è ancora in strada. La sua puttana nera lo incita: “Tira sotto anche quello, Biggie!”
Big Wayne non si fa pregare troppo. Mette la retro, pigia l’acceleratore e tira sotto anche Micky, per la seconda volta della giornata nella parte del povero malcapitato. È un ruolo che gli calza a pennello. Dovrebbero dargli l’Oscar.
Micky finisce a terra, spiaccicato contro l’asfalto rovente. L’ultima cosa che i suoi occhi vedono prima di chiudersi è la gigantesca scritta “Enjoy Coca-Cola” stampata all’ingresso della stazione.
Quando riapre gli occhi è in un letto di ospedale. Davanti ha un tv acceso su Sky Tg 24. Il mezzobusto sta annunciando: “Arrestati due ragazzini rom sul treno Milano-Torino. Uno dei due, che per la privacy ci limiteremo a chiamare Dragos M., ha sparato a un povero signore che gli è capitato davanti, uccidendolo. La colpa del malcapitato sarebbe stata unicamente quella di aver rovesciato la Coca-Cola che il rom teneva dentro al sacchetto di una nota compagnia di fast-food.”
Micky sorride. Si gira faticosamente e nel letto a fianco c’è Jenny, che sta aprendo gli occhi. Lei, facendo uno sforzo enorme per muovere la bocca, gli sussura “Ciao, straniero.” Lui, con un filo di voce appena, le canticchia “I can’t take my eyes off of you.” E vissero per sempre paralizzati e contenti.

martedì 19 maggio 2009

too late

ho paura di invecchiare senza aver prima fatto qualcosa d’importante
le cose non stanno andando secondo i piani
perché le cose non vanno mai secondo i piani
i piani prevedevano: non invecchiare, mai
ma soltanto Peter Pan non invecchia mai
ho trovato il mio primo capello bianco
mi rendo conto che ci sono cose-problemi-calamità-catastrofi-drammi peggiori
ma quale dramma peggiore per un uomo è lo scoprire, anzi il rendersi veramente conto, di essere come tutti gli altri?
un mortale
solo uno tra i tanti
destinato allo stesso destino schifoso
ho paura
e mi sento stupido
le cose non vanno mai secondo i piani

giovedì 14 maggio 2009

Record store

Bando alle ciance. O ciancio alle bande. Ecco solo alcuni dei molti dischi passati per il mio lettore mp3 nelle ultime settimane selezionati per voi in modalità random.
punk
21st Century Breakdown annuncia il titolo del nuovo atteso disco dei Green Day, eppure qui dentro non c’è nessuna rottura con il passato. Anzi, il titolo migliore sarebbe stato American Idiot 2, visto che la maggior parte dei 18 pezzi presenti sembrano scarti di quel disco. Lo spirito punk oibò ormai non è che un lontano ricordo. Sono padri di famiglia, i tre ex fuori di testa, e si sente. Peccato, perché qualche bella canzone la sanno ancora scrivere, vedi iViva la gloria!, 21 Guns e Murder City. (voto 5,5)
Se volete della vera rabbia punkoide à la Sex Pistols andate invece a sentirvi Grey Britain dei Gallows, che sanno sorprendere anche con alcuni attimi di quiete molto cinematografici. (voto 6,5)
Il punk come dev’essere: tirato, veloce, rabbioso ed eccitante. È così che suona il nuovo ottimo disco degli Aiden, Knives, con un suono emo-goth a metà strada tra A.F.I. e My Chemical Romance. (voto 7,5)
hip hop
Guess who’s back? Oh yes, l’uomo M&M’s è tornato con Relapse. La buona notizia è che è in splendida forma, ha il suo campionario di vocine strane, rime affilate, ironiche e soprattutto autoironiche (cosa che si può dire di ben pochi rappers). La notizia meno buona è che le basi di Dr. Dre sono rimaste ferme a 10 anni fa e quindi ormai non sorprendono più nessuno, anzi spesso fanno sbadigliare. Non è allora certo un caso se il pezzo migliore, Beautiful, è l’unico del lotto non prodotto da Dre ma dallo stesso Em. Dre ha fatto il suo tempo e il fido amico 50 Cent è finito. Io mi chiedo: Eminem, ma perché non fai tutto da solo e tiri fuori il capolavoro che è ampiamente nelle tue possibilità? (voto 6,5)
Chi vuol essere Fabri Fibra? Voi scommetto di no, io nemmeno. Però anche se musicalmente è discutibile, i suoi testi sono sempre un ritratto ironico e personale dell’Italia (e anche dell’Inghilterra nella divertentissima Speak English). (voto 5+)
lounge pop
I francesi, si sa, sono megalomani. I Phoenix hanno osato titolare molto modestamente il loro nuovo album Wolfgang Amadeus Phoenix. Però insomma, loro se lo possono permettere: il cantante è il compagno della regista Sofia Coppola, sono amici stretti degli Air e la loro musica è sempre ‘na figata. (voto 7+)

Sempre a proposito di francesi, ecco a voi Coeur de Pirate (album dal titolo omonimo): la versione figa di Carla Bruni, sia fisicamente che musicalmente. (voto 7+)
The Good Feeling of Dent May & His Magnificent Ukulele di Dent May è il perfetto disco da chill-out scialloso. Atmosfere cool e belle melodie. Una piacevole sorpresa. (voto 7)
alternative
I miracoli succedono. E Padre Pio stavolta non c’entra una Madonna. Dopo il disco di Bat For Lashes, il nuovo miracolo arriva da una tizia che come nome d’arte si è scelta Soap & Skin. Il suo disco d’esordio Lovetune for Vacuum è composto solo da un’anima in pena, da una voce fragile, da canzoni d’amore per aspirapolveri e da melodie esili che si accendono improvvisamente con urla, inserti elettronici, il delicato suono di una fisarmonica o altre mille piccole inaspettate trovate. (voto 8)
Fever Ray è una cantante norvegese di cui avrete già sentito la voce su qualche pezzo dei Royksopp, ad esempio, ma difficilmente avrete visto il suo volto. È una persona totalmente schiva e sempre mascherata, gli stessi Royksopp non sono mai riusciti a vederla in faccia, quindi penso neanche voi (a meno che non ve la siate fatti…) Il titolo di uno dei pezzi dal suo incantato disco omonimo infatti si chiama Keep the streets empty for me, svuotate le strade apposta per me! La colonna sonora perfetta quando si è in coda in tangenziale. (voto 8)
Ooops, they did it again. Mentre la maggior parte degli album annoiano già al secondo ascolto, il nuovo dei Maximo Park, Quicken the Heart, conquista ascolto dopo ascolto. Grandi, cazzo! (voto 7/8)

mercoledì 6 maggio 2009

La promessa sposa

Abbandonato come un cane sul ciglio di un’autostrada, il nostro amato (?!) Premier è tornato felicemente single ed ora è lo scapolo d’oro più desiderato (?!?!) su piazza mondiale. Chi sarà la sua Carlà? Vediamo quali sono le sue possibili pretendenti trallalero trallalà:
Rihanna
Dopo tutte le botte incassate da Chris Brown, è pronta per il salto di qualità. Con il piccolo androide paranoico italiano le umiliazioni saranno infatti all’ordine del giorno. Ma tanto lei è una che perdona qualunque cosa…
Cristina Del Basso
Possiede un paio di tette grosse, anzi abnormi, e parla a vanvera senza prima riflettere. Direi che ha tutte le cose al posto giusto per essere una valida candidata.
Arisa
Sìncerità, un elemento imprescindibile. Con lei al suo fianco potrebbe finalmente compiere la svolta sincerità e ammettere tutti i suoi crimini. (Nota per gli avvocati: con questa frase l’autore del suddetto blog non intende in alcun modo sostenere che il suddetto personaggio abbia mai commesso alcun crimine)
Amy Winehouse
Se il tatuaggio col nome dell’ex marito Blake l’ha fatto sul cuore, quello di Silvio lo farebbe sul cu…
Claudia Schiffer
Sarkozy ha avuto Carla Bruni, come fare di meglio? Ma è semplice, basta acchiappare la vera top numero 1 degli anni ’90: Claudia Schiffer ah yeah! E se la biondona tedesca si rifiuta di eseguire gli ordini italici, come obamiana scelta alternativa c’è sempre a disposizione la pantera nera Naomi Campbell!
Emilio Fede
Alla notizia dell’imminente divorzio, sono sicuro che il suo volto si è illuminato d’immenso. È lui LA pretendente numero 1.
Carla Dall'Oglio Berlusconi
Come in ogni buona soap-opera che si rispetti, sorpresa-sorpresa, potrebbe anche tornare la fantomatica prima storica moglie.
Mara Carfagna
La sposa cadavere. Ho i brividi al solo pensiero di vedere insieme questi due.
Noemi Letizia
Mentre Porta a Porta trasmetteva l’intervista/monologo al Premier, su Canale 5 andava in onda L’ultimo bacio, storia di un uomo che tradisce la moglie con una ragazzina. Sarà stato un ironico caso? E sarà vero amore tra Noemi e il suo “papi”?
Miley Cyrus (Hannah Montana)
Ha 16 anni, l’età ideale per il nostro Premier. O è già troppo vecchia??
Vladimir Luxuria
Perché vuoi che al Berluska non piacciano pure i trans?

lunedì 4 maggio 2009

Design Week

Esco alla fermata di Porta Genova e vengo immediatamente risucchiato nel mare della settimana del design, un mare pieno di pesci strani. Ci sono gli squali-designer, quelli che li vedi subito che questo evento lo stanno aspettando da tutto un anno. Hanno il programma di tutte le cose da vedere stampato in testa e navigano sicuri tra le ondate di turisti come fossero guidati da un sistema GPS. Ci sono le pescioline fashion-victim, quelle cui di design fondamentalmente non frega una mazza ma sono lì perché fa figo essere lì. Ci sta l’aperitivo giusto, ci va la gente giusta, suona la musica giusta e poi lo sanno tutti che la design week ormai è diventata più trendy persino della fashion week! Ci sono anche moltissimi pesci stranieri migrati dalle fredde acque internazionali che si guardano intorno affascinati e ogni cosa per loro è una scoperta nuova ed entusiasmante. E poi ci sono io.
All’inizio mi sento un pesciolino fuor d’acqua. Un piccolo Nemo abbandonato a se stesso. Mi infilo i Ray-Ban e indosso la mia espressione da finto-intellettuale. Non so quanto possa funzionare, considerate le mie capacità attoriali prossime più a quelle di una Alessia Marcuzzi che non a quelle di un Al Pacino. Finalmente incontro i primi volti familiari e comincio il guado di una Via Tortona mai così affollata, anche se mi dicono che questo non è niente rispetto al giorno prima.
Il day one ahimè me lo sono perso per colpa di un appuntamento dal dentista che si è prolungato molto più del previsto. Flashback del giorno precedente: sono disteso sul lettino da ormai quasi tre ore, agonizzante, con la luce puntata dritta negli occhi, invece di passeggiare amabilmente tra le installazioni di design. Guardo l’orologio e maledico il dentista! Meno male che mi aveva detto sarebbe stata una cosa breve… Ritorno al presente. Day two. Stavolta ci sono. Attraversata Via Tortona, finalmente giungo alle porte del Super Studio. Ma ancora un ostacolo mi si para davanti: ho bisogno di un pass per accedere. In coda c’è una tonnara di persone, tra cui il calciatore Zebina. Mentre mi aspetto di vedere sbucare fuori da un momento all’altro anche Materazzi & Gattuso, vengo a sapere che Zebina possiede una galleria d’arte e non è un vip capitato lì per caso a caccia di attenzioni da parte dei media. Dunque è Zebina l’intellettuale della Juve, quello che negli spogliatoi parla di Damien Hirst e David Salle tra gli sbadigli generali. Chi l’avrebbe detto? Una volta agguantato il prezioso pass, mi addentro nelle profondità avvolgenti del Super Studio, il vero responsabile dell’emersione di una miriade di altri studi e luoghi deputati ad arte e design in zona Tortona. Vengo immerso in un caleiodoscopio di suoni, visioni, luci e installazioni che travolgono la mia attenzione. Non so più dove guardare. Non so più cosa guardare. Tiro fuori il telefonino e scatto compulsivamente fotografie a tutto quello che mi capita davanti all’obiettivo.Via via che nuoto tra le opere e per i variegati e affascinanti stand che compongono la rassegna Hidden Heroes, comincio a prendere temperatura e mi ambiento. Benchè quello del design non sia un settore che conosco approfonditamente, comincio a capire lo spirito che anima questa rassegna e ne vengo totalmente rapito. Noto in particolare una gran voglia di cercare qualcosa di nuovo, di originale. Che poi è quello che amo fare pure io, anche se nel mio caso si tratta più che altro di scoprire un gruppo musicale che nessuno ha mai sentito nominare, un film di nicchia o una nuova serie tv cult. Riscontro inoltre con piacere una grande multiculturalità e un incessante scambio di idee artistiche tra persone di paesi diversi. Comincio ad amare questo posto.
Due ragazzi inglesi assegnano a noi “creativi” del Master un compito: realizzare delle lampade utilizzando esclusivamente un pannello di cartone. Vengono da Brighton, una delle mie città preferite nel mondo.
Flashback di Brighton: sono in vacanza studio, ho 18 anni, passeggio per il Palace Pier sorseggiando la mia prima pinta di Guinness e ammiro il paesaggio composto perlopiù da avvenenti ragazze svedesi, quando la mia attenzione viene catturata da due giovani tizi che stanno costruendo… lampade con il cartone.
Hey, un momento. Forse si trattava proprio degli stessi ragazzi, o forse è stata la Guinness a farmelo immaginare. Qualunque sia la realtà, adesso hanno incaricato me e Luca di costruire una lampada. Ci concentriamo e il risultato è sorprendentemente superiore alle nostre aspettative, a dimostrazione di come con un buon metodo di lavoro sia possibile far ottenere dei risultati accettabili anche a chi non possiede una gran manualità per questo genere di cose. Certo, la nostra lampada risulta un tantino scarna se messa a confronto con quelle più elaborate ed esteticamente gradevoli delle nostre compagne di Master, ma il nostro intento dichiarato era quello di creare un oggetto il più possibile minimal-chic.
Il giorno seguente ormai mi sento a mio agio tra le acque inquiete del Fuori Salone. In Super Studio due ragazzi tedeschi molto giovani, altri due Hidden Heroes, ci spiegano il loro metodo di lavoro per la realizzazione di complessi oggetti. Fino a poco tempo fa non sarebbe stato fisicamente possibile crearli senza l’ausilio di software e tecnologie oggi facilmente disponibili in maniera rapida ed economica.
Fabiana, la ragazza brasiliana che ha affittato uno degli spazi “temporary” del Super Studio in cui ci troviamo, ci racconta di come la sua passione per il design l’abbia portata lontana dal suo percorso accademico in Scienze Politiche. Ci racconta il suo metodo di lavoro, decisamente casalingo ma molto ben strutturato, fatto di continui contatti con i vari designer e con i possibili finanziatori. Ci racconta di come un lavoro possa essere organizzato più per passione che con lo scopo di fare molti soldi. È un metodo di lavoro che non posso fare a meno di apprezzare.
Più tardi avviene l’incontro con una signora impegnata soprattutto in missioni umanitarie in Burkina Faso, uno dei paesi più poveri al mondo. Mi incuriosisce la sua attività all’interno della Fitil Onlus, un’associazione benefica volta a migliorare le condizioni di vita in questo paese attraverso la ricerca di nuovi metodi che permettano lo sviluppo anche della creatività all’interno di queste comunità. Perché è soprattutto grazie a progetti che prevedano la formazione professionale e l’istruzione che si consente a questi popoli di sviluppare delle attività di sostentamento a lungo termine. E mi incuriosisce ancor di più come un discorso del genere venga fatto su un letto che ruota, un oggetto che fa parte della dimensione del “futile”, se vogliamo. Ma questo è un segno di come in questo ambiente possano convivere tendenze anche apparentemente opposte.
Ero un piccolo Nemo, all’inizio di questo viaggio, e arrivo alla fine con diverse conoscenze in più e una curiosità che si è allargata notevolmente verso un campo che in precedenza conoscevo solo superficialmente e che invece in profondità nasconde mille tesori nascosti, mille Hidden Heroes. Non so dove sarò tra un anno. Che cosa farò. Se sarò diventato uno squalo-designer o se sarò un pesciolino intrappolato dentro a un acquario. Di certo però un altro tuffo nelle acque profonde della settimana del design lo farò molto volentieri.

(photos by cannibal kid)
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