sabato 12 ottobre 2013

STARBUCK – POLVERE DI SPERMA




Starbuck – 533 figli e… non saperlo!
(Canada 2011)
Titolo originale: Starbuck
Regia: Ken Scott
Sceneggiatura: Ken Scott, Martin Petit
Cast: Patrick Huard, Julie LeBreton, Antoine Bertrand, Patrick Martin, Sarah-Jeanne Labrosse, Félix Brassard, Igor Ovadis
Genere: patriarcale
Se ti piace guarda anche: Life Unexpected, About a Boy – Un ragazzo, Role Models
(e per altri consigli cinematografici, scaricate gratuitamente la app per cellulari Muze)

Questo film mi ha fatto pensare. Mi ha fatto riflettere non sui caffè Starbucks, né tanto meno sulla paternità e sull’avere figli. Mi ha fatto pensare che non sarebbe male fare un po’ di soldini… vendendo sperma.
Cioè ti pagano, e tanto pure, per farti le seghe. Perché non c’ho pensato prima?
Altroché scrivere, che tanto non ti danno quasi niente, o cercare un lavoro fisso, che ormai non esiste più. Alla faccia della crisi e del precariato, vado a fare il donatore di sperma, e vadaviailcù!

Come si fa, a diventare un donatore di sperma?
Innanzitutto, bisogna emigrare. Siamo alle solite. Se si vuole fare qualcosa, l’unica soluzione è scappare dall’Italia. Da noi infatti i donatori di sborr… sperma non vengono pagati. Bisogna concedersi gratis.
Al che uno pensa: “Giusto così.”
Sbagliato. Nessun guadagno, nessun incentivo a donare il proprio sperma e infatti in Italia la domanda di seme eccede l’offerta. Questo giusto per mettere qualche ostacolo tra le gambe di chi vuole diventare genitore ma non può. D'altra parte, nel nostro stato Vaticano l'inseminazione è ancora considerata qualcosa troppo all'infuori della procreazione "normale".
Quindi il primo passo è quello: è necessario espatriare se ci si vuole far pagare per farsi le seghe. Una volta andati all’estero, una volta poi che il proprio sperma è stato considerato idoneo e non c’è il rischio di trasmettere malattie ereditarie o infettive alla prole, si possono fare i $oldi.
A questo punto, tutto bene?

"Grande Balotelli!
Ma siamo sicuri che sia proprio figlio mio?"
Insomma, mica tanto. Guardando Starbuck – 533 figli e non saperlo, film canadese ispirato a una storia vera, viene qualche dubbio in proposito. Se in Italia l’anonimato viene garantito al donatore, in Canada a quanto pare così non è e così il quaranteenne (ovvero un quartenne che vive ancora come un teen) David Wozniak si ritrova costretto a fare i conti con il proprio passato. Un passato in cui ha donato lo sperma con il nome di Starbuck. Non una volta, non 2, non 3, non 4 e potrei andare avanti ancora per un’ora, bensì 533 volte. 142 di questi ragazzi e ragazze nati dal frutto del suo amore solitario ora pretendono di conoscere la vera identità che si cela dietro il nickname Starbuck. E lì so' cazzi. So' cazzi amari.
Uno dona lo sperma per mettere da parte qualche soldo, poi però si ritrova con centinaia di figli da mantenere. Bell’affare. Come investire nella Parmalat pre-crac.
Questa storia ci insegna allora una morale importante, ci racconta di come dietro a un lavoro in cui è apparentemente semplice fare soldi, ci sta sempre la fregatura. Una fregatura che in questo caso è venuta al mondo con le sembianze di 533 figli. Un intero paesino di campagna riempito di eredi, vi rendete conto? Roba che non impareresti mai tutti i loro nomi neanche mettendoti a studiarli tutto il giorno.

"Papààààà!"
"E mo' adesso chi m'ha chiamato?"
Mentre questo piccolo (neanche tanto piccolo) esercito formato dalla sua progenie vuole scoprire la sua identità, il cazzaro David Wozniak alias Starbuck temporeggia con il suo avvocato per mantenere l’anonimato e nel frattempo ne approfitta per avvicinare, in incognito, alcuni dei suoi figli. Qui il film prende una piega un po’ episodica e ripetitiva. Per fortuna non ci vengono proposti gli incontri con tutti e 533 i figli, che altrimenti più che un film ne sarebbe potuta venire fuori una serie tv, anzi una soap opera degna per longevità di Beautiful o Un posto al sole. Ci vengono mostrati solo alcuni dei suoi figli, però la situazione stanca un pochino e i momenti comici latitano. Laddove il protagonista, interpretato dal poco memorabile Patrick Huard, non è che convinca più di tanto, e i personaggi dei suoi vari figli siano più che altro abbozzati, a risollevare il livello di divertimento è l’amico avvocato, o pseudo avvocato, del protagonista. È lui a tirare fuori le battute migliori. Starbuck il film offre poi anche qualche momento più riflessivo e toccante, senza però esagerare in dosi di buonismo ed è questo il suo pregio principale, anche se nel finale… beh, scivola un po’ sui sentieri del fabiofazismo.

Da un’idea così carina e originale, sviluppata in maniera decente ma non eccezionale, con una colonna sonora buona (in particolare la splendida canzone francese “Quelque part” dei Caracol, però ci sono pure i The National) ma un cast così così, volevate che i “cugini” dei canadesi, gli ammericani, non ne approfittassero per girarne un remake? A Hollywood non si sono certo fatti pregare: i diritti dell’adattamento sono già stati acquistati, il protagonista sarà Vince Vaughn, la produzione della DreamWorks di Steven Spielberg (ohi ohi) e prossimamente arriverà sugli schermi mondiali. Scommettiamo che le dosi di banalità e buonismo saranno molto più elevate nella nuova versione a stelle e strisce?
In attesa di scoprirlo, ma anche no, io vado a cercare di guadagnare dei soldi con il mio seme. Anche se, pure per questo, tocca andare all’estero. Parafrasando Caparezza: cervelli in fuga, capitali in fuga e pure sperma in fuga.
(voto 6+/10)



4 commenti:

  1. questa storia mi ricorda Geppetto che fece un figlio con una sega... ma erano tempi preindustriali: chissà oggi quanti ne farebbe

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  2. Non mi pare imperdibile, così come mi pare già evitabile il remake all'ammeregana.

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  3. Piaciuto molto, a me. L'ho trovato simpatico, dotato di una grande ironia e, a tratti, sorprendentemente toccante.

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