venerdì 7 marzo 2014

DISCHILAND




Dischiland è il nome di uno storico negozio di dischi della mia città, Casale Monferrato. Gli rubo dedico il titolo di questo post per fargli un po’ di pubblicità e poi perché non me n'è venuto in mente nessun altro titolo migliore.
Nel qui potete trovare in rassegna alcuni album sentiti nelle ultime settimane qui su Pensieri Cannibali. Buon ascolto e buon giro in questo negozio di dischi.

Beck “Morning Phase”
Carino il nuovo disco di Beck, però c’è un però. È uguale identico a “Sea Change”, quello sì un grande album. Questo, più che “Morning Phase”, dopo una buona partenza finisce per diventare parecchio sbadiglioso e quindi il nostro avrebbe forse fatto meglio a chiamarlo “Sleep Phase”. Sia chiaro, io Beck lo adoro, ho persino “The New Pollution” come suoneria del cellulare, solo preferisco il Beck cazzaro e funkytarro dei primi tempi al serioso scientologista folk in cui si è tramutato adesso. A quando il suo come-beck a com'era una volta?
(voto 6,5/10)



Zen Circus “Canzoni contro la natura”
Quanto sarebbe stato bello sentire gli Zen Circus a Sanremo?
Quanto sarebbe stato bello sentire le parole di un pezzo come “Viva” cantate dal palco dell’Ariston a spazzare via in un colpo solo tutto il buonismo fabiofaziesco?

Non provo vergogna se mi date del pezzente
certo io non ho il cash
ma di essere attraente e circondato da idioti
non me ne frega niente

Di cosa ridete e di cosa urlate
perché festeggiate ancora l'estate
di cosa ballate di cosa vi fate
tutti viva qualcosa sempre viva qualcosa
evviva l'italia
viva la fica
viva il duce
evviva la vita
viva il re
viva gli sposi
viva la mamma
evviva i tifosi
viva la pappa col pomodoro
viva la pace
evviva il lavoro
viva la patria
la costituzione
viva la guerra
tanto vivi si muore

E allora anche io grido viva qualcosa: viva gli Zen Circus!
(voto 7,5/10)



Dente “Almanacco del giorno prima”
“Almanacco del giorno prima” è il primo disco inciso dal cantautore italiano indie Dente per una major, per la precisione la RCA Records/Sony Music.
Uh, quindi anche Dente è diventato commerciale, è diventato un “VENDUTO! VENDUTO! VENDUTO!”, è diventato un dente cariato?
No, non esattamente. Un po’ sì perché adesso lo si sente ogni tanto passare persino in radio, perché ha debuttato alla numero 6 della classifica dei dischi più venduti in Italia e perché ora ha un suono meno lo-fi e più curato, più arrangiato. Cosa che per le sue canzoni non è nemmeno un male. A livello musicale ci muoviamo infatti sulle coordinate di un pop leggero e raffinato, tra organetti alla Blur anni ’90 e melodie stile Badly Drawn Boy, ma decisamente accessibile. Il meglio arriva comunque dai testi, in cui Dente Alighieri ci regala dei piccoli saggi di bravura. Magari a Sanremo ci fosse stato anche uno come lui. Altroché Renga.
(voto 6,5/10)



Stromae “Racine Carrée”
Per qualcuno Stromae è quello di “Alors on danse”, tormentone tamarro dell’estate 2010. Per qualcun altro Stromae è quello che si è presentato ubriaco all’ultimo Festival di Sanremo (per chi non se ne fosse reso conto, stava recitando). Per me, Stromae è un camaleonte. Ogni volta che sento un suo pezzo, mi fa un’impressione differente. Non sono ancora riuscito a inquadrarlo del tutto, e il suo pregio principale è proprio questo. Tra electro, rap, pop, cantautorato e suono dal tocco tradizionalmente francese fuso con sonorità moderne, il suo secondo disco “Racine Carrée” conferma quest’impressione. Stromae, uno nessuno e centomila. Formidable.
(voto 7/10)



Katy B “Little Red”
Katy B è tipo la più bella voce inglese in circolazione insieme a quelle di Adele ed Ellie Goulding. Per questo suo secondo album, Katy ha deciso di offrire due versioni. La prima tradizionale con le tracce staccate, in cui si può godere la accresciuta maturità nella composizione rispetto al passato e il tocco più intimo e delicato delle canzoni. La seconda versione è invece totalmente mixata, non remixata, significa soltanto che tutte le tracce fluiscono le une nelle altre e significa anche che sono ottanta minuti filati di dubstep-pop senza pause in cui si può apprezzare maggiormente il tiro elettronico dell’album. Indovinate quale delle due versioni io preferisco di più?
(voto 8/10)



St. Vincent “St. Vincent”
Avevo amato parecchio i dischi precedenti di St. Vincent, stralunata artista con uno stile tra Kate Bush e Bjork. Con questo nuovo mi sono invece trovato in difficoltà. L’ho sentito la prima volta e non mi ha detto niente. L’ho sentito diverse altre volte, e ancora niente. A un certo punto è finalmente scattato qualcosa. Non so se è dipeso dall’assuefazione che si è creata sentendolo un sacco o dal reale valore del lavoro, ma questo è davvero un album di quelli per cui si può dire che "cresce ascolto dopo ascolto". E se adesso mi sembra “solo” buono, chi può dire cosa ne penserò dopo che sarà passato per le mie orecchie qualche altra decina di volte?
(voto 7,5/10)



Drowners “Drowners”
L’esordio dei newyorkesi Drowners è uno dei dischi rock’n’roll più freschi che sento dai tempi del debut album degli Strokes. Un paragone non casuale, visto che lo metti sul giradischi (si fa per dire) e la band newyorkese è la prima che ti viene in mente. I Drowners sono allora un gruppo derivativo, molto derivativo, che non fa niente di nuovo ma lo fa bene. E sì, suonano come gli Strokes, solo come gli Strokes ai tempi in cui erano davvero fighi. Non che adesso siano degli sfigoni, intendiamoci, però un disco come “Is This It” non l’hanno mai più fatto…
(voto 7/10)



Broken Bells “After the Disco”
Quando i titoli dicono già tutto. After the disco. Il disco perfetto da suonare dopo essere stati in disco. Oppure anche senza essere stati in disco – ormai chi ci va più in disco? – è il disco ideale per la domenica mattina. Non è un disco da sabato sera unz unz. È un disco con echi Bee Gees, si senta il singolone “Holding On For Life”, ma più echi da ballatone dei Bee Gees, non da quelli disco stile La febbre del sabato sera. After the disco, il titolo dice già tutto. E se dico disco ancora una volta entro ufficialmente nel Guinness dei primati per il maggiore abuso di una parola sola in una singola mini-recensione.
Porco disco.

Sììì, sono nel Guinness!
(voto 6,5/10)



Levante “Manuale distruzione”
L’album d’esordio di Levante, la nuova promessa - così pare - del cantautorato femminile italiano, ha un bel titolo: "Manuale distruzione". E come suona?
Gradevole quanto sentire la mia gatta quando è in calore.
(voto 4/10)


Infine, su Spotify potete ascoltarvi la playlist con i pezzi che ascolto di più in questo periodo.

3 commenti:

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