lunedì 30 maggio 2016

Beyoncé, Zucchero, Annalisa, Motta etc. - La musica di maggio 2016





Qualcosa si muove. Dopo un inizio d'anno che sarebbe meglio scrivere “danno” tutto attaccato, segnato da varie morti e delusioni, il mondo della musica nelle ultime settimane ha regalato diverse cose interessanti. E non mi riferisco certo all'ultimo disco di Zucchero.
Oltre al nuovo splendido album dei Radiohead, di cui ho già parlato QUI, vediamo cosa è arrivato di buono, e anche di meno buono...

Beyoncé “Lemonade”

Una volta i concept album li facevano i gruppi rock. Adesso le star della musica pop e R&B. I tempi cambiano. Beyoncé ha realizzato un concept album sul tradimento (Jay-Z, brutto porco, cos'hai combinato?), a tratti parecchio rabbioso, e in più ha pure tirato fuori un visual album, visto che ogni brano è accompagnato da un video e tutti insieme vanno a comporre un mini film vero e proprio trasmesso da HBO, mica Rete 4. Il risultato?
Sembra una puntata di Empire diretta da Terrence Malick. In altre parole: 'na figata!
Da buon concept visual album di concezione quasi anni '70, “Lemonade” è un succo che va gustato con attenzione ed è capace di crescere ascolto dopo ascolto, merce rara in un mercato pop (ma non solo pop) concepito per un consumo usa & getta. Devo confessare che al primo listening non è che mi avesse entusiasmato più di tanto, ma poi il disco sale, sale e non fa male. Tra campionamenti di Led Zeppelin, rifacimenti molti personali e molto belli degli Yeah Yeah Yeahs (la splendida “Maps” diventata qui la splendida “Hold Up”) e un'ospitata di Jack White, Beyoncé ha tirato fuori un disco rock travestito da lavoro pop/R&B. Una vera e propria opera d'arte da sentire e risentire. E da guardare e riguardare.
(voto 8/10)



Zucchero “Black Cat”

Ascoltare i dischi di Zucchero mi divertiva un casino. Non perché mi piaccia. Veramente non l'ho mai retto. È però quasi un guilty pleasure sentire i suoi lavori per cercare di capire a chi abbia rubat... intendevo dire a chi si sia ispirato ogni volta. Il suo precedente lavoro “Chocabeck” ad esempio era quasi un tributo ai Coldplay, oltre a gruppi similari come i Keane, a partire dalla copertina, in cui Sugar Fornaciari era vestito uguale a Chris Martin ai tempi di Viva la vida. Solo un pochino meno bello. D'altra parte, lui Jennifer Lawrence non se l'è mica mai fatta. E credo nemmeno una copia di Jennifer Lawrence.
Con il nuovo album Zucchero ha compiuto l'inevitabile passo successivo del suo percorso musicale. Dopo aver copiato tanti, ha deciso di copiare anche se stesso. Un paio di pezzi, “Partigiano Reggiano” e “La tortura della Luna”, a tratti ricordano infatti la sua stessa “Diavolo in me”.
Zucchero comunque anche in questo caso non ha risparmiato di saccheggiare pure i suoi colleghi. Lo stesso faccio io, copiando il collega blogger Andrea, che (a ragione) dice che il singolo “Partigiano Reggiano” ricorda parecchio “Cry Me a River” di Joe Cocker. Solo perché Cocker è morto, comunque, non significa che i legali dei suoi eredi non se ne siano resi conto.





Donatella Rettore che invece è viva e vegeta non ci ha pensato più di tanto ad accusare Sugar di plagio, visto che lo stesso brano riprenderebbe, oltre a Joe Cocker, anche la sua “Kobra”.
Inoltre, pare che “Partigiano Reggiano” sia attualmente la canzone preferita del ministro Maria Elena Boschi, che ha dichiarato che i partigiani veri mangiano solo formaggio Partigiano Reggiano.

C'è però da dire che, a questo giro, Zucchero ha plagiat... ehm, si è ispirato più che altro a brani che non conosco, quindi il divertimento di riconoscere i suoi furt... volevo dire i suoi omaggi per quanto mi riguarda è venuto meno. Considerando poi che, a parte una manciata di pezzi ritmati e allegri, che potrebbero ahinoi diventare tormentoni estivi come “La tortura della Luna” e quel grande inno al pane e salame che sembra uscito dalla pena del mio blogger rivale Mr. James Ford che risponde al nome di “13 buone ragioni”, il resto è una lunga, infinita, lagnosissima serie di ballate pseudo soul deprimenti che si fa fatica ad ascoltare. Altroché divertimento!
Almeno un plagi... cioè una citazione credo comunque di averla notata: l'attacco di “Voci (Namanama Version)” è una specie di rilettura zuccherosa di “Madness” dei Muse, o sbaglio?
(voto 3/10)

Motta “La fine dei vent'anni”

La scena musicale italiana sembra sonnacchiosa, probabilmente è sonnacchiosa per davvero, però ogni tanto esce un lavoro capace di lasciare il segno. Un disco che più che un disco si impone come un manifesto generazionale, o se non altro un manifesto dello stato attuale della musica indie nostrana. È capitato con il disco di debutto di Vasco Brondi alias Le luci della centrale elettrica “Canzoni da spiaggia deturpata”, è successo con “Il sorprendente album d'esordio de I Cani”, l'anno scorso c'era stato Calcutta con il suo “Mainstream”, e ora potrebbe ricapitare con “La fine dei vent'anni” di Francesco Motta, anche conosciuto solo come Motta. Un'opera prima prodotta dall'ex Tiromancino Riccardo Sinigallia che presenta uno stile confidenziale e personale, capace di parlare di se stesso e alla fine di un po' (quasi) tutti noi. Un disco che Enrico Brizzi forse definirebbe “tardo-adolescenziale”, che racconta del passaggio alla fase adulta, della fine dei vent'anni e forse dell'inizio di un nuovo grande cantautore.
(voto 7,5/10)



Cosmo “L'ultima festa”

Altro bel dischetto made in Italy. A differenza di altri colleghi italiani che, dopo un disco d'esordio folgorante, già al secondo lavoro suonano ripetitivi, Cosmo ha il grande merito di aver concesso un ottimo bis. Dopo il buon esordio con “Disordine”, il cantautore di Ivrea nato con il nome di Marco Jacopo Bianchi (pensavate davvero che i suoi genitori l'avessero chiamato Cosmo?) con “L'ultima festa” è andato oltre il debutto e ha realizzato un lavoro perfetto per l'ascolto al termine di una lunga serata. Un disco post-party ideale, con almeno un paio di pezzi cult: la title-track, che rischia di essere un grande anti-tormentone estivo, e “L'altro mondo”, che nel ritornello fa “Anche oggi corro/non ci penso e corro” ed è diventato il mio nuovo inno per fare jogging.
Via, è ora di andare via?
No, non ancora. C'è qualche altro disco di cui parlare.
(voto 7+/10)



Annalisa “Se avessi un cuore”

“Se avessi un cuore” è la canzone che potrei scrivere io, se avessi un posto di lavoro come autore di canzoni. Il resto del nuovo album di Annalisa procede nella stessa direzione del valido singolo title-track. Canzoni electro-pop piacevoli, non troppo lontane dalle parti di quelle di Francesca Michielin, forse l'unica altra cantante commerciale italiana che mi gusta. Il tutto accompagnato da testi che sono più inni alla singletudine che non banali inni all'amore, come forse qualcuno si potrebbe aspettare da una tipa uscita da Amici di Maria de Filippi...
Hey, un attimo: mi sta sul serio piacendo un disco di una tipa uscita da Amici di Maria de Filippi?
No, Maria, io esco!
(voto 6,5/10)




James Blake “The Colour in Anything”

Quello di James Blake è stato descritto, non so più dove e non so più da chi, “loop-soul”. Trovo sia una definizione perfettamente calzante per la sua musica ipnotica. Il suo pregio è questo. Il suo difetto, se proprio vogliamo trovarne uno, è sempre questo. Se il suo nuovo album è ricco di fascino e ha il grande merito di trasportarti all'interno del suo paese delle meraviglie come pochi altri artisti in circolazione, James Blake a questo giro sembra però essere vittima della “Sindrome dell'ultimo Jovanotti” e ha messo dentro al suo terzo disco troppi brani. Un buon lavoro, a tratti grandioso (in particolare i pezzi “Radio Silence” e “Timeless”), peccato solo che alla fine le 17 canzoni suonino un po' ripetitive. D'altra parte la sua è musica loop-soul, e quindi ci può stare.
(voto 7/10)



Travis “Everything at Once”

Un tempo i Travis erano uno dei miei gruppi preferiti. Non che adesso mi facciano schifo, è solo che negli anni l'interesse nei loro confronti è scemato. È una cosa un po' triste, però così è la vita. A cavallo tra la fine dei 90s e i primi anni del nuovo millennio, gli scozzesi avevano tirato fuori due grandi dischi: The Man Who e The Invisible Band, due lavori di splendido artigianato pop venati di una malinconia radioheadiana unita a un'accessibilità alla Oasis, senza la genialità dei primi e senza l'arroganza cafona dei secondi. Non sono mai stati forti a livello di immagine o di marketing, eccezione fatta per il video cult di “Sing”, però in compenso sapevano scrivere grandi canzoni, una su tutte “Why Does It Always Rain on Me?”, diventata un mio autentico inno esistenziale. Gli album degli ultimi anni, pur contenendo qualche buon pezzo qua e là, apparivano invece più spenti e così per un po' li ho accantonati. Adesso sono tornati con un nuovo lavoro che li ripropone in una buona forma, non al loro top, dopo tutto gli anni passano per tutti, però ci si può accontentare. “Everything at Once” a tratti rimanda persino al loro album d'esordio “Good Feeling” e sembra insomma allo stesso tempo sia un riassunto della loro carriera che un nuovo inizio. Bene così.
(voto 7/10)



Marissa Nadler “Strangers”

Vi piace Lana Del Rey e intendo a livello musicale e non, non solo almeno, fisico?
Ecco l'artista che può fare al caso vostro. Si chiama Marissa Nadler, in realtà è in circolazione già da prima che Lana diventasse famosa, ma questo suo nuovo sesto album “Strangers” in particolare rimanda proprio ai pezzi languidi e sognanti della Del Rey. Poi va beh, lei non è figa quanto la collega e quindi non diventerà mai altrettanto popolare, però tutti gli amanti di quel pop retrò lento e avvolgente che sembra uscito da un episodio di Twin Peaks non se la perdano.
(voto 7/10)



Drake “Views”

A un primo ascolto il nuovo album del rapper Drake appare come un monolito monotono.
Al secondo ascolto il nuovo album di Drake appare ancora di più come un monolito monotono.
Dopo un mese di ascolti, sono ormai sicuro: il nuovo album di Drake è il monolito che si vede all'inizio di 2001: Odissea nello spazio. Sono 20 brani che sembrano quasi tutti uguali e suonano quasi tutti noiosi (fatta eccezione per la hit “Hotline Bling” e per la nuova collaborazione con l'amichetta Rihanna in “Too Good”). All'interno di “Views” Drake appare poco ispirato e a tratti sembra quasi la parodia di se stesso. E se ha fatto quest'impressione a me che l'ho sempre apprezzato, figuriamoci l'effetto mortale che può avere sui suoi detrattori.
(voto 5/10)



Death Grips “Bottomless Pit”

I Death Grips si confermano il gruppo più punk in circolazione. E, teoricamente, sarebbero una band hip-hop.
Se i Sex Pistols si mettessero a fare musica oggi, probabilmente ne uscirebbe qualcosa di simile.
(voto 7,5/10)



King Gizzard and The Lizard Wizard “Nonagon Infinity”

Potrebbe essere il disco rock dell'anno. Di quest'anno, anche se sembra uscito dritto dagli anni '70. L'album che hanno tirato fuori questi australiani, una specie di versione più hard-rock e ancora più psichedelica dei Tame Impala, è davvero pazzesco. Una bomba che fa venire voglia di lasciare qualunque altra attività, farsi di LSD e andarsene in giro per il mondo a fare i freakkettoni.
(voto 8/10)



Canzone del mese
Red Hot Chili Peppers “Dark Necessities”

Nonostante l'assenza di Jack John Frusciante, nel nuovo singolo dei Red Hot Chili Peppers si torna a respirare aria di “Californication”. E la cosa non può che farmi piacere, considerando che è il mio loro album preferito. Yeah.



Il peggio del mese
Enrique Iglesias ft. Wisin “Duele el corazon”

Se il verbo “bailar” in tutte le sue coniugazioni venisse vietato per legge insieme alla parola “corazon”, quest'uomo non avrebbe una carriera musicale. E forse non riuscirebbe proprio più ad aprire bocca.

7 commenti:

  1. Qualcuna mi manca.
    Parlando di Amici, e tra amici, confesso che a me piace parecchio la canzone del nuovo vincitore, Big Boy. Sarà che lui è alto tre metri, pesa due tonnellate e, se dico il contrario, mi corca di mazzate? Può essere, ma no. Mi piace. Beyonce ottima, al solito, ma io preferisco - e capisco - quando lasciano Adelona: come ha detto mio padre, sentendo When We Were Young: "non capisco un cazzo di quello che dice, però mi viene da piangere".
    Ps. Ma allora A Bigger Splash non è piaciuto solo a me?
    Ps 2 - La vedetta: dei telefilm, piaciutissimi anche Preacher e Wolf Creek. :)

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  2. Comunque Annalisa è così bella che valutare oggettivamente un suo album senza farsi condizionare è impresa difficile

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  3. Alcune cose le evito, altre mi mancano, ma quello che mi ha stupito di più è che ti abbia convinto così tanto il pezzo dei Red Hot, che nonostante io adori, finora mi ha colpito proprio pochino.

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  4. Tanta tanta roBBa! Su tutti Cosmo che mi piace da matti, il sempre sorprendente James Blake e questa Marissa che non conoscevo ma pare parecchio interessante a approfondirò la sua conoscenza. :)

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  5. King Gizzard and The Lizard Wizard “Nonagon Infinity” è qualcosa di matto.
    Vado subito ad ascoltarlo!

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  6. Le canzoni di zucchero son come i bei prati verdi delle colline nel frusinate: buone per radunare i greggi di pecore, e lui è il cane (sto offendendo il nobile animale).

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