La rubrica sulle uscite musicali mensili questo mese sembra uscita dritta dagli anni '90.
E invece no. Sfregatevi gli occhi finché volete, ma si parla del mese di giugno del 2016 e non del 1996, nonostante siano presenti un sacco di gruppi e artisti che da quel decennio sono usciti vivi, oppure altri che riprendono il suono di quel periodo.
Afterhours “Folfiri o folfox”
Avevo paura di ascoltare il nuovo disco degli Afterhours. A lungo sono stati uno dei miei gruppi italiani preferiti. Poi nel 2012 era uscito “Padania”, un album che non avevo sopportato fin dal titolo e che avevo trovato inascoltabile. A quel punto pensavo che ormai non sarei più riuscito ad amare la loro musica.
Qualche giorno fa poi è arrivato l'annuncio shock: Manuel Agnelli sarà uno dei giudici/vocal coach della prossima edizione di X Factor. Il popolo indie si è ovviamente sbizzarrito in rete con commenti a metà strada tra l'ironico e lo scandalizzato. Personalmente la cosa non mi ha sorpreso più di tanto. In fondo, Morgan arriva dalla stessa scena alternative anni '90, sebbene lui sia sempre stato più pop. Manuel Agnelli a X Factor credo possa essere una bella bomba per la tv italiana, ma comunque non ho ancora parlato del nuovo disco degli Afterhours che con X Factor – per fortuna – non ha nulla a che fare.
“Folfiri o folfox” è un album che tratta il tema ostico del cancro ma – per fortuna parte seconda – non lo fa affatto in maniera scontata o palese. La malattia e la morte sono più che altro dei fantasmi che infestano i vari brani di un disco che – per fortuna parte terza – non suona deprimente o moribondo, ma è semmai il lavoro più vitale che il gruppo sforna dall'ottima tripletta “Hai paura del buio?”/”Non è per sempre”/”Quello che non c'è”, e a tratti è persino visionario e sorprendente, come nella folle “San Miguel”, preghiera dedicata forse alla birra spagnola, per non parlare dell'inquietante title-track.
After “Padania”, gli After sono tornati a sfornare un nuovo grande lavoro. Un disco che c'ha l'X Factor.
(voto 8/10)
Red Hot Chili Peppers “The Getaway”
Che lagna, il nuovo disco dei Red Hot Chili Peppers!
Sì, per quanto possa suonare strano, il gruppo di “Give It Away”, quei cazzari che se ne andavano sempre in giro nudi con il pistolino duro di fuori, se ne sono tornati con un lavoro clamorosamente moscio. Il primo singolo “Dark Necessities” con la sua vena malinconica mi aveva fatto ben sperare in un ritorno alle atmosfere di “Californication”. Peccato che la gran parte del resto del programma non suoni malinconico, bensì solo deprimente e svogliato e a tratti eccessivamente radiofonico e commerciale, come l'evitabile "Go Robot" e l'orecchiabile ma troppo ruffiana "Sick Love".
Resta apprezzabile il tentativo da parte di Anthony Kiedis e compagnucci di una fuga, la getaway annunciata dal titolo, rispetto al loro sound del passato, cercando di suonare più morbidi, soft, raffinati, anche grazie alla produzione di Danger Mouse e al mix di Nigel Godrich (il producer dei Radiohead). Cosa che però non sembra essere granché nelle loro corde. Anzi, proprio per niente.
E allora, tutti a cantare: give it away, give it away, give it away now!
Questo album, intendo: datelo via!
(voto 5/10)
Garbage “Strange Little Birds”
Sono uno che tende all'esagerazione. Ad esempio quando ho paragonato Terrence Malick, Kanye West e Quentin Tarantino a Dio. Avrò esagerato? Forse. Di certo non esagero però quando dico che i Garbage sono uno dei gruppi che più mi hanno cambiato la vita. Pochi altri dischi hanno segnato il mio immaginario musicale, culturale ed esistenziale come i loro primi due lavori “Garbage” e “Version 2.0”. Grazie a quell'unione perfetta tra ritornelli pop e chitarre grunge con l'aggiunta di una spruzzata di elettronica, il tutto impreziosito dalla voce sexy e disperata allo stesso tempo della cantante rossa di capelli Shirley Manson e da testi e sul pessimista andante, dico solo: “Only Happy When It Rains”. Cosa volere di più da un gruppo solo?
Dopo quei due primi folgoranti album, i Garbage non hanno mai più saputo replicarsi a quei livelli, se non per un singolo brano, “Tell Me Where It Hurts”, a parere di chi scrive (cioè io), una delle canzoni più belle del nuovo millennio. Il loro ultimo “Strange Little Birds” vorrebbe segnare proprio un ritorno alle origini. Peccato che manchi della stessa carica rock degli esordi, se non per qualche momento come il singolo “Empty”. Per il resto si tratta più che altro di una raccolta di ballate, lente e avvolgenti e che a tratti si accendono in maniera spettacolare, come nel finale di “Even Though Our Love Is Doomed”, o come la bondiana e sognante “Night Drive Loneliness”, o ancora l'ottima “We Never Tell”. Nel complesso si tratta di un buon lavoro, forse il loro più riuscito da parecchio tempo a questa parte eppure, ascoltandolo, la sensazione che i livelli degli esordi da loro non verranno mai più raggiunti si trasforma in certezza. Ed è una cosa che fa male.
Shirley, hai detto: tell me where it hurts? E io te l'ho detto.
Shirley, hai detto: tell me where it hurts? E io te l'ho detto.
(voto 6,5/10)
The Kills “Ash and Ice”
I The Kills mi sono sembrati fin dagli esordi gli eredi ideali dei Garbage. Non che i Garbage abbiano bisogno di eredi, visto che come detto sopra sono ancora in giro e sono pure in discreta forma, quindi non portiamogli sfiga che non stanno per schiattare. Seppure meno orientati verso l'elettronica e più verso un sound rock'n'roll/blues di matrice old school, i The Kills mi sono comunque sempre parsi affini ai Garbage, soprattutto per il modo di cantare languido eppure cazzuto di Alison "VV" Mosshart, simile a quello di Shirley Manson.
Pure il loro “Ash and Ice” sembra seguire la stessa direzione dell'ultimo dei Garbage. Non che i due dischi suonino simili. Simile è però il risultato. Anche in questo caso i The Kills tirano fuori una manciata di pezzi ottimi, come il primo singolo “Doing It to Death”, però nel complesso si ha l'impressione che non siano al loro massimo, e forse non lo saranno mai più. Detto questo, di fronte abbiamo un buon disco rock'n'roll senza fronzoli che fila via che è un piacere. Checché ne dica Ligabue: chi si accontenta, gode.
(voto 6,5/10)
DMA's “Hills End”
Revival del Britpop – Vol. 1
Se eravate, o siete ancora, fan degli Oasis, date un ascolto a questo gruppo australiano. È vero che al momento non possiedono la capacità di scrivere canzoni del livello di “Wonderwall” e “Don't Look Back in Anger”, assolutamente no, però se siete cresciuti a pane e “(What's the Story) Morning Glory?” come me, e come loro, ascoltando il loro disco “Hills End”, per quanto derivativo, tornerete subito teenagers.
(voto 7/10)
Oscar “Cut and Paste”
Revival del Britpop – Vol. 2
Se agli Oasis preferivate, o preferite ancora, i Blur, ecco che Pensieri Cannibali ha il dischetto giusto pure per voi. “Cut and Paste” è un omaggio da Oscar di un tizio che si chiama Oscar al primo periodo del gruppo di Damon Albarn. Un gioiellino irresistibile che sembra uscito dritto per dritto dagli anni '90.
(voto 7+/10)
Canzone del mese
Stone Roses “Beautiful Thing”
Agli Stone Roses è bastato un solo disco, l'omonimo esordio del 1989, ben entrare nella storia della musica inglese, lanciando il Britpop e la scena di Madchester, per poi pubblicare un secondo album nel 1994 che non si è filato nessuno e sparire nel nulla. Dopo 20 anni e passa di assenza dalle scene, ora sono tornati con due singoli, che non si sa ancora se possano anticipare un nuovo album o meno: “All For One”, che fa molto Alexandre Dumas, e “Beautiful Thing”, che come dice il titolo è davvero una beautiful thing. Ma tanto.
Il peggio del mese
Jennifer Lopez “Ain't Your Mama”
J. Lo se ha ancora una carriera è solo perché è considerata una bella MILF, come dimostra il suo ultimo thrillerino guilty-pleasure Il ragazzo della porta accanto. E lei che fa? Tira fuori un pezzo in cui se la prende con gli uomini mammoni/bamboccioni/toy boy, rinnega il suo essere MILF e canta: “I ain't your mama”, “Non sono tua mamma”. Questo io lo chiamo sputare nel piatto in cui si mangia, cara la mia MILF.
Che bello vedere tutti questi gruppi ancora vitali. Il disco dei DMA'S lo sto consumando.
RispondiEliminaGli Afterhours me li sparo tutti oggi pomeriggio, che sono curioso di sentire che hanno fatto. Su J-Lo.... Meglio che non mi pronuncio.
RispondiEliminaSOno molto curioso di risentire gli Afterhours, trovo evitabilissimo il resto di questa lista di dischi del 1996!
RispondiEliminaGli Afterhours non ti tocco neanche con un bastone.
RispondiEliminaE ovviamente I ain't your mama è il mio pezzo trash preferito di questo inizio estate! ;)
Ho le traveggole! Hai parlato, giustamente, male del dsco dei RHCP???? Comincio a stimarti anche per la musica :) senza esagerare, eh...
RispondiElimina