martedì 28 agosto 2018

Serie d'estate 2018: promosse, bocciate e rimandate





Piccola (ma nemmeno troppo piccola) rassegna dedicata alle serie TV passate sugli schermi di Pensieri Cannibali nelle ultime settimane. Quali sono quelle che mi sono piaciute? Quali quelle che mi hanno fatto addormentare? E quali quelle che non ho ancora capito bene se mi hanno convinto o meno?
Ulteriore premessa: non sono presenti particolari spoiler.

Promosse

Sharp Objects
(stagione 1)

Una ragazzina viene trovata morta in una cittadina americana. Vi vengono subito in mente Laura Palmer e Twin Peaks? O forse, se siete un pochino più giovani (e stupidi LOL), Alison DiLaurentis e le Pretty Little Liars?
Certo, lo spunto di partenza è un topos tipico della serialità degli ultimi decenni, eppure Sharp Objects riesce a distinguersi dalla “concorrenza”, facendo entrare in gioco un altro topos classico della narrativa contemporanea: quello del ritorno a casa. Amy Adams è una giornalista incaricata di raccontare un macabro caso di cronaca nera avvenuto a Wind Gap, nel Missouri, cittadina senza tre manifesti in cui è cresciuta e dove ha avuto un'infanzia/adolescenza alquanto travagliata. L'attrice cinque volte quasi premio Oscar dà vita a un personaggio estremamente sfaccettato, in cui tutti i giornalisti o aspiranti tali (ma non solo loro) possono ritrovarsi con una notevole facilità.


Per quanto siano presenti i personaggi strambi da provincia americana alla Twin Peaks, qui ritratti con una patina più glamour stile Desperate Housewives/Big Little Lies, le indagini e il caso giallo restano quasi sullo sfondo. Le luci (soffuse) della ribalta sono catturate dal personaggio di Amy Adams, dal suo rapporto con la madre (la rediviva Patricia Clarkson), con il detective incaricato delle indagini (il piacione Chris Messina) e con la sorellina (l'attrice rivelazione Eliza Scanlen, di cui sentiremo ancora mooolto parlare).


Fenomenale, e molto variegata, la colonna sonora, che viaggia dai Led Zeppelin a Perry Como e dal country all'elettronica passando per l'hip-hop. Nonostante l'uso spesso diegetico, non funziona come un semplice sottofondo, bensì è un elemento che caratterizza i personaggi. Splendida anche la regia di Jean-Marc Vallée, sempre più tra i miei preferiti, e da applausi il poetico montaggio, che riecheggia i migliori lavori di Terrence Malick.

Sharp Objects non è il solito thriller. Non è un thriller, punto. O meglio, l'indagine c'è sì, ed è piuttosto in stile True Detective stagione 1, ma è soprattutto all'interno della vita del personaggio di Amy Adams che si contentrano le attenzioni. La curiosità di scoprire chi è l'assassino che si aggira per Wind Gap è notevole, of course, però i misteri più grandi sono quelli legati al passato di una giornalista piena di ferite. Visibili e non.
A parte la tipa col bikini rosso sulla spiaggia Lido & Flora di Rapallo, Sharp Objects è la cosa più bella vista quest'estate.


Succession
(stagione 1)

Nonostante il rinnovo per una seconda stagione sia arrivato, si parla troppo poco di Succession. Sarà perché non è una serie fantasy, con supereroi, zombie, vampiri, gente mutaforme o con stronzate paranormali? O sarà perché è “solo” una serie HBO che parla di una famiglia qualunque?
In realtà non è una famiglia qualunque. Sono i Roy, che possono quasi essere considerati i Berlusconi d'Oltreoceano. Il patriarca Logan Roy è infatti a capo di uno dei gruppi mediatici e d'intrattenimento più potenti d'America ed è un capitalista parecchio odiato dalla Sinistra, in particolare dal candidato liberale alla presidenza, e pure i suoi figli hanno degli incarichi a vario titolo nella sua azienda. La differenza fondamentale con i Berlusconi è che i figli di Roy cercano in tutti i modi di prendere il suo posto, una volta che il padre dà segnali di demenza senile. Cosa che i figli di Berlusconi non mi pare abbiano messo in atto. Non ancora, almeno. A cercare di fargli le scarpe è soprattutto Kendall (l'ottimo Jeremy Strong), una specie di versione antipaterna e cocainomane di Pier Silvio, che trama insieme al fratello cazzaro Roman (uno spassoso Kieran Culkin), per cercare di modernizzare la compagnia.


Senza dimenticare Shiv (la fenomena Sarah Snook già vista in Predestination), che diventa consulente del candidato liberale alla presidenza e si sta per sposare con un tizio che non si capisce se sia un pirla o un genio (intepretato da un grandioso Matthew Macfadyen, mio nuovo idolo).


Niente effetti speciali, niente buoni sentimenti. Solo la storia di una famiglia non proprio normale, per una delle serie più appassionanti e bastarde in cui possiate imbattervi quest'anno. Ancora meglio di un Bunga Bunga Party. Forse.


Pose
(stagione 1)

Oops, he did it again. Ryan Murphy l'ha fatto ancora. Ha tirato fuori dal cilindro una nuova serie capace di sorprendere. Pose ci scaraventa negli anni '80 tra situazioni che sembrano uscite un po' da Flashdance (il ragazzo che sogna di diventare un grande ballerino)...


...e un po' da American Psycho (James Van Der Beek che dopo essere stato Sean Bateman ne Le regole dell'attrazione qui si trasforma in un novello Patrick Bateman, ma senza gli stessi istinti omicidi).


Tutto già visto, quindi?
No. A fare la differenza è il fatto che gli anni '80 yuppie di Reagan e Trump questa volta ci vengono mostrati da una prospettiva differente, da un ambiente del tutto inedito, almeno per quanto mi riguarda: quello dei transessuali che, come passione principale nella vita, hanno quella della “ball culture”. Cos'è la “ball culture”?
Spiegarlo a parole non è semplice. Non hanno nemmeno fatto la pagina italiana di Wikipedia sul tema e dovete accontentarvi di quella in inglese. Il modo migliore per comprenderlo comunque è quello di guardare Pose. Non si tratta di ballo, e non si tratta nemmeno di sfilare semplicemente. In questa comunità le persone sono divise in case, che possono essere viste come le scuderie della Formula 1, tanto per fare un paragone noto ai più, e i membri di ogni casa camminano in queste ballroom, sfidandosi a chi ha più stile. A chi posa meglio.

La riuscita di una serie come Pose sta anche nella scelta azzeccatissima di far interpretare le donne transgender a... donne transgender, come ben spiega il blog Zucchero sintattico. Ad emergere tra loro sono soprattutto tre personaggi, interpretati da tre strepitose attrici trans rivelazione. La prima è Blanca Rodriguez-Evangelista (Mj Rodriguez), la vera protagonista della serie. Una delle figure femminili più forti e allo stesso tempo tenere mai portate sullo schermo. Impossibile non volerle bene, a meno che non abbiate un cuore.


C'è poi Elektra Abundance (Dominique Jackson), il personaggio cult della serie. Una trans che si atteggia da diva a metà strada tra Valeria Marini e Cristiano Malgioglio ma che, col passare degli episodi, rivela anche un'insospettabile profondità.


Da menzionare poi Angel Evangelista (Indya Moore), una giovane trans così bella da mettere in difficoltà l'orientamento sessuale persino del più etero tra gli uomini.


Vittima del suo fascino è nella serie Evan Peters, uno degli attori feticcio di Ryan Murphy, che per lei medita di lasciare la moglie (Kate Mara), i figli e pure il suo rassicurante stile di vita da yuppie ricco da far schifo.


Una volta raccontato questo, va anche detto che pure tutto il resto nella serie funziona alla perfezione e, in mezzo agli alti e bassi dei vari American Sticazzi Story, la noia di Feud e il divertissement di breve durata di Scream Queens, Pose rischia di essere la serie migliore di Ryan Murphy dai tempi di Nip/Tuck.


Insatiable
(stagione 1)

Siete insaziabili? Una sola puntata a settimana di una serie TV non vi basta?
Ecco il prodotto da binge watching perfetto. Si chiama Insatiable, naturalmente è offerto da Netflix, ed è una di quelle serie che un episodio tira l'altro. Perché è leggera e trash, ma non scema. Non del tutto, almeno. Fa ridere, eppure anche riflettere. Ricorda certi film degli anni '90 come Kiss Me e dei primi anni zero come Mean Girls, e allo stesso tempo è del tutto attuale, come un 13 Reasons Why comedy. Fa amare/odiare i suoi personaggi e rende difficile immaginare la nostra vita senza di loro. Quando ancora non si sa quale sarà il destino di questa serie, se verrà rinnovata per una stagione 2 o meno, io non posso pensare di non vedere più Patty, l'ex cicciona diventata una sventolona da togliere il fiato interpretata da Debby Ryan, magnifica simil-Selena Gomez.


Oppure Bob, l'avvocato appassionato di concorsi di bellezza e dalla sessualità ambigua, interpretato dal brillante Dallas Roberts, uno che per quel suo sorrisino malefico mi ricorda un po' Ricky Gervais.


Anche i personaggi minori, che inizialmente appaiono piuttosto macchiettistici, nel corso degli episodi riescono a ritagliarsi un loro spazio e a diventare irresistibili, da una Alyssa Milano versione MILF alla migliore amica di Patty, “presunta” lesbica, interpretata da Kimmy Shields, la nuova Alyson Hannigan.


Io preferisco gustarmela con calma per non bruciarmela tutta, un episodio e non più di uno al giorno, ma se siete insaziabili vi posso capire. Da una serie come questa, capace di ironizzare in maniera efficace e ben poco politically correct su argomenti delicati come obesità, body shaming, confusione sessuale, bullismo e pedofilia, è davvero difficile staccarsi.


Cobra Kai
(stagione 1)

Avevo bollato Cobra Kai come la tipica “fordianata”, ovvero la visione perfetta per il mio blogger nemico, Mr. James Ford, patito di azione e anni '80 com'è. Questa serie è il sequel formato piccolo schermo di Karate Kid e ci racconta cosa combinano oggi, a 34 anni di distanza dal primo film cult, il “buono” Daniel LaRusso (Ralph Macchio) e il “cattivo” Johnny Lawrence (William Zabka). Mi aspettavo un'operazione nostalgia, e in effetti lo è. Pur essendo ambientata nel presente, questa serie grida “ANNI OTTANTA!” a gran voce quasi in ogni istante. Quello che non mi aspettavo era il ribaltamento dei ruoli. In questa serie il vero protagonista è Johnny, che è stronzo quanto e pure più di una volta, però questa volta è uno stronzo simpatico. Si fa il tifo per lui.


Daniel LaRusso invece ora è davvero insopportabile. O forse lo è sempre stato, però quando si guardava Karate Kid da ragazzini non ce ne rendevamo conto e parteggiavamo per lui. È un po' come rivedere oggi Holly e Benji, ritrasmesso quest'estate a ora di colazione da Italia 1. Da bimbetto tenevo per la New Team di Oliver Hutton, adesso non possono fare a meno di stare dalla parta della Muppet di Mark Lenders. Perché?


Perché sono cambiato io e perché è cambiata pure la raffigurazione dei villain nella narrazione contemporanea. Quel bastardo di Johnny Lawrence nella sua sfiga esistenziale, per quanto più che meritata, fa stringere il cuore. Tutto il tifo questa volta è per lui e per il rinnovato dojo Cobra Kai, e che si fotta l'odioso Daniel San!


Inoltre, oltre a essere una “fordianata”, a tratti è pure una “cannibalata”, considerata la folta presenza teen. E poi a me la saga di Kannibal Karate Kid ha sempre gasato. Mi è piaciuto persino il remake con Jaden Smith, lo ammetto. Va comunque aggiunto che c'è qualcuno che sta ancora più in fissa con Karate Kid: Will Smith che, dopo aver prodotto il film col figlio, figura pure tra gli executive producer di Cobra Kai. Al suo confronto, io e Ford siamo solo delle Karate Groupie alle prime armi.


Killing Eve
(stagione 1)

Per una volta mi sono sbagliato, lo ammetto. Non capita spesso, eh, non fateci l'abitudine, però quando prendo una cantonata lo riconosco. Dopo aver visto i primi due episodi, avevo abbandonato Killing Eve, considerandola la versione light non troppo divertente di una storia dai contorni spionistici. Dopo aver sentito vari pareri positivi e/o entusiastici, ho deciso di spendere bene il mio tempo estivo. Non solo prendendomi un'abbronzatura da far invidia a Carlo Conti, ma anche per recuperare il resto della prima stagione di Killing Eve. Con la terza puntata è arrivato il colpo di fulmine. La serie non è solo comedy. È anche cattiva. Cattivissima. La villain di turno si chiama Villanelle, da me ribattezzata Puttanelle, e all'inizio pare una cattivona persino troppo esagerata e caricaturesca. Episodio dopo episodio Jodie Comer (già vista in My Mad Fat Diary e nella miniserie british Thirteen) riesce però a regalare un sempre maggior spessore a questo personaggio, una specie di Joker al femminile, quindi una specie di Harley Quinn del piccolo schermo, solo senza le stronzate tipiche dei cinecomics. Villanelle risulta esilarante e inquietante allo stesso tempo ed entro la fine della stagione, con mia somma sorpresa, è diventata la mia nuova idola.


Se Jodie Comer nei panni di Villanelle dopo l'iniziale scetticismo è riuscita a esaltarmi, c'è da dire che anche il resto della serie non è da meno. I dialoghi quando meno te lo aspetti riescono a tirare fuori un'umorismo impressionante, merito dello zampino di Phoebe Waller-Bridge, autrice pure di Fleabag, altra serie che ci aveva impiegato un pochino a conquistarmi.

Sorprende pure Sandra Oh, la Cristina Yang di Grey's Anatomy che avevo sempre trovato piuttosto fastidiosa (anche se mai quanto quel dito nel culo di Meredith Grey), qui davvero convincente nella parte della tipa che, suo malgrado, si trova a dare la caccia alla psicopatica Villanelle.


Killing Eve è una caccia all'uomo – o meglio una caccia alla donna – che affascina poco a poco e che sa come diventare letale. Adesso non resta che aspettare la già confermata seconda stagione. I margini per un ulteriore miglioramento ci sono tutti.


The Affair
(stagione 4)

La terza stagione di The Affair era stata tragica. Tragica nel senso di pessima. Dopo le due prime stagioni che erano state un'autentica lezione di bella scrittura televisiva, con il terzo ciclo di episodi la serie si perdeva clamorosamente tra svolte carcerarie e sottotrame francesi che volevano risultare chic e invece finivano per essere solo penose. E così con sommo stupore che posso esclamare: “Ma che bella, la quarta stagione di The Affair!” e senza manco un filo d'ironia.


La quarta stagione di The Affair è tragica. Tragica per gli eventi che narra, questa volta ancora più drammatici e scuri che in passato. Di più non vi dico, per evitarvi spoiler. Vi anticipo solo che anche nei nuovi episodi non mancano delle soluzioni narrative piuttosto abusate (il prof che incoraggia lo studente talentuoso ma ribelle, il tema della malattia, la vicina di casa bella e misteriosa), scritte però in maniera di nuovo brillante, com'era stato per le prime due stagioni, con un picco nell'ottavo episodio. Così come non mancano le scenone di sesso, uno dei tratti distintivi della serie. I protagonisti scopano sempre, in qualunque circostanza. È anche per questo che a The Affair si vuole bene e a questo quarto giro, più intenso e sofferto che mai, ancora di più. Dimenticate la tragica, anzi tragicomica terza stagione. In attesa della quinta e ultima, la season number 4 ha ritrovato lo smalto dei tempi migliori.

"Scusi, secondo lei finiremo a letto insieme?"
"Siamo in The Affair, veda un po' lei."


GLOW
(stagione 2)

E a proposito di serie che migliorano... ecco a voi GLOW. La stagione 1 delle vicende delle wrestler televisive mi era piaciucchiata abbastanza. C'era però qualcosa che mancava. Alison Brie nei panni di Zoya the Destroya era strepitosa, eppure la serie non riusciva ad assestare il colpo del KO. Quello che questa volta si è fatto attendere parecchio, ma a un certo punto è arrivato. I primi 7 episodi proseguono sulla falsariga dei precedenti e si segnalano giusto per la crescita del personaggio di Debbie "Liberty Belle" Eagan (Betty Gilpin), poi con l'ottavo arriva il gioiellino cult. Una puntata particolare e fighissima, che riesce finalmente a far compiere il salto di qualità tanto atteso a GLOW. Pure gli ultimi due episodi poi, per quanto meno originali, volano su livelli molto alti, con un alone di nostalgia 80s alla Stranger Things capace di regalare insospettabili momenti di poesia. E chi se lo aspettava da delle wrestler improvvisate?



Rimandate

Il miracolo
(stagione 1)

Il miracolo, di nome e di fatto. Quella creata da Niccolò Ammaniti è una serie miracolosa?
No, non particolarmente, visto che la serialità italiana negli ultimi anni ha saputo tirare fuori prodotti ben più convincenti, da Gomorra a The Young Pope. Per quanto ambiziosa e con dentro qualche idea interessante, Il miracolo invece è ben lontana dall'essere riuscita in pieno, a tratti scade nel ridicolo, e le interpretazioni di molti membri del cast passano dall'esagerato al sospirato da soap-opera. Tremendi in particolare Tommaso Ragno, nei panni del prete meno prete nella storia della religione...


...ed Elena Lietti, nei panni della first lady più zoccola e nevrastenica nella storia d'Italia.


Ma pure Lorenza Indovina non scherza.


Le parti più visionarie, che vorrebbero far fare il salto di qualità al prodotto, finiscono inoltre per far affondare il tutto. Ammaniti, sarai bravo a scrivere, o almeno un tempo lo eri, ma certe cose lasciamole a David Lynch, ok?


Qual è allora questo miracolo a cui mi riferivo sopra?
Il miracolo più clamoroso e inaspettato nell'intera Storia di Pensieri Cannibali: ho trovato sexy Alba Rohrwacher!
Non in tutti gli 8 episodi di cui è composta la prima stagione della serie, né tantomeno per una puntata intera, bensì per una sola sequenza, quella in cui va in un bar a sedurre un tizio simil-Gesù Cristo. Lì Alba è davvero affascinante. Merito dell'eyeliner, o delle sue doti recitative?
Di fronte a un autentico miracolo come questo, meglio non porsi domande.

"Davvero Cannibal Kid mi ha trovata sexy?
Ma che droga ha preso, quest'estate? Il Viagra?"


Picnic at Hanging Rock
(stagione 1, primi 2 episodi)

Non ho mai visto il film Picnic ad Hanging Rock diretto da Peter Weir nel 1975, nonostante sia universalmente considerato il “padrino” di una delle mie pellicole preferite di sempre, Il giardino delle vergini suicide. Non so bene perché. Forse perché in giro ho trovato solo delle copie in bassa qualità video. O forse, a un livello più inconscio, era perché temevo che un lavoro con tutte le carte in regola per diventare un mio cult personale del genere potesse deludermi. In attesa di recuperarlo – prima o poi – ho cominciato a vedere la nuova miniserie TV ispirata al film e pure al romanzo omonimo di Joan Lindsay da cui era tratto. E guarda caso la delusione puntuale è arrivata.
Peccato, perché c'è un intrigante spunto di partenza, la misteriosa scomparsa nel nulla di un gruppo di ragazze di un college privato nel 1900, e c'è un cast femminile davvero notevole, capitanato dalle già note e amate Natalie Dormer e Samara Weaving, e dalla rivelazione Lily Sullivan, nome nuovo di cui penso sentiremo ancora parlare.


Il ritmo però latita, la vicenda stenta a decollare e gli sbadigli presto prendono il sopravvento. Mi è spiaciuto abbandonarla e un giorno – prima o poi – le cose con il film potrebbero andare in maniera differente. Per adesso invece questo picnic ad Hanging Rock si è rivelato come tutti i picnic in generale: una palla.
Che ci volete fare? A me i picnic non piacciono proprio.


Take Two
(stagione 1, primi 3 episodi)

Ci sono serie di quelle che non si può perdere manco un istante, altrimenti non si capisce più nulla. Serie in cui a dominare è la linea narrativa orizzontale, giusto per usare un termine tecnico. Ci sono poi telefilm che preferiscono una linea narrativa verticale, con episodi autoconclusivi, come spesso è il caso di molti polizieschi. Quasi inutile aggiungere che io preferisco nettamente le prime. Ogni tanto però ci si può rilassare con la visione disimpegnata di una serie “verticale”, come ad esempio Take Two. Un poliziesco-comedy che ho iniziato a guardare unicamente per Rachel Bilson, la mitica splendida Summer di The O.C. nonché Zoe di Hart of Dixie, e che continuo a guardare per... Rachel Bilson. 💖


A funzionare è soprattutto il suo personaggio, quello di un'ex star televisiva caduta in disgrazia e finita in rehab, che mentre prepara un nuovo ruolo da attrice diventa il braccio destro di un investigatore privato (il bellone Eddie Cibrian).


Tra i due si instaura il solito rapporto di amoreodio e i casi autoconclusivi delle varie puntate non entusiasmano più di tanto. La serie riesce comunque a risultare simpatica al punto giusto e come guilty pleasure si fa guardare. Per i fan di Rachel Bilson e delle serie verticali, due piccioni con una fava. Per me, un piccione, anzi una picciona con una fava.



Bocciate

Westworld
(stagione 2)

Che pasticcio, la seconda stagione di Westworld! A livello teorico poteva essere la più ambiziosa e clamorosa figata dell'anno, su piccolo schermo e non solo. A livello pratico resta solo una serie molto ambiziosa, quanto non riuscita. Già la stagione 1 mi era parsa molto sopravvalutata, ma se non altro era ricca di spunti notevoli e di fascino. Nei nuovi episodi il fascino rimane, soprattutto all'inizio, solo che via via si perde per strada e resta spazio giusto per la noia e per la confusione. Westworld sembra l'erede di Lost. Peccato che sembri il Lost della sesta stagione. Quello che buttava via i suoi notevoli personaggi dietro a trame e sottotrame sempre più assurde e inutili.

Vogliamo poi dirlo?
E diciamolo: uno dei grandi problemi di questa seconda stagione è che c'è troppo poca Angela Sarafyan.


In compenso ci sono più Tessa Thompson...


…e più Talulah Riley per tutti!


I personaggi chiave restano comunque quelli di Evan Rachel Wood e Thandie Newton, che dominano i momenti migliori anche di questi nuovi episodi, senza però riuscire a toccare i vertici di quelli vecchi.


Se i personaggi femminili, oltre che molto gradevoli alla vista, sono ben costruiti e sfaccettati, pur essendo fondamentalmente dei robot umanoidi, a non convincere sono quelli maschili. Su tutti il misterioso Man in Black interpretato da Ed Harris, per cui io non riesco proprio a provare alcun interesse. In questa stagione hanno approfondito, e parecchio, la sua vicenda personale e c'hanno buttato dentro all'improvviso pure la figlia (interpretata dalla novità Katja Herbers), come facevano ogni tanto in Lost dove, quando non sapevano più che pesci pigliare, s'inventavano qualche nuovo personaggio comparso dal nulla da mettere in scena (ricordate Nikki e Paulo?). Altrettanto all'improvviso la figlia viene buttata via, probabilmente quando gli autori si sono resi conto che di lei non gliene fregava niente a nessuno, padre compreso.


E chissenefrega inoltre dei samurai?


Un altro problema di questa serie, almeno a livello personale, è questo. Alcuni personaggi non sono niente male, però non me frega un granché di loro. Paiono tutti finti, robot o meno che siano. In Westworld è tutto troppo costruito e la verità è che, dietro a discorsoni finto profondi e a trame finto elaborate, non si trova un granché e, dietro la sua patinata e scintillante superficie, non c'è spazio per alcuna emoziona vera.
Sotto il westito niente.


Castle Rock
(stagione 1, primi 2 episodi)

Castle Rock è come il mondo di Stephen King che incontra lo stile narrativo di Lost. Questo almeno è ciò che deve aver raccontato l'autore Sam Shaw a Hulu, il servizio di video on demand che distribuisce anche The Handmaid's Tale e che a un prodotto del genere non poteva certo dire di no. Peccato solo che il risultato sia un “filino” meno entusiasmante rispetto alla premesse. Può darsi che i fan del re dell'horror si divertano un sacco a trovare all'interno della serie tutti i vari easter egg e riferimenti ai suoi libri. Io che ho letto giusto una manciata di suoi romanzi e conosco più che altro le trasposizioni cinematografiche e televisive dei suoi lavori (alcune davvero pessime), ho trovato solamente... un sacco di noia. Castle Rock non è nemmeno una serie brutta, solo che è drammaticamente lenta e noiosa. I personaggi vorrebbero essere misteriosi e affascinanti e invece sono la quintessenza del chissenefrega. Le situazioni danno tutte l'impressione di un déjà vu, e probabilmente non è solo un'impressione. Il risultato è una specie di Once Upon a Time con i personaggi di King al posto di quelli delle fiabe, e anche in questo caso mi rendo conto che detta così la cosa possa suonare parecchio curiosa. Invece, non si sa come, Castle Rock è una delle serie più soporifere in cui potete imbattervi quest'anno. Dico solo che si finisce per rimpiangere Under the Dome. E ho detto tutto.


11 commenti:

  1. Mi preme un piccolo intervento su Holly e Benji, in effetti nel cartone c'è questa aura di Mark Lenders\Kojiro Hyuga come supermega cattivone (soprattutto dopo le prime apparizioni in cui abbatte calciatori avversari con viuuulenza), ma nel manga è più soft come cosa, diciamo che Mark, come prima Benji, è il rivale sportivo che poi diventa amico e compagno di squadra di Holly, il Mark della Toho è già un personaggio diverso e decisamente più interessante (ma in fondo quello del Meiwa\Muppet è un bambino, quella della Toho un ragazzo). E comunque il buon Mark di sfiga nella vita ne ha avuta tanta, ma il messaggio è che gli amici ti aiutano a superare ogni difficoltà ^_^

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    1. A me preme dire che mi sono innamorata di Mark Lenders dalla sua prima apparizione!! Altrochè cattivone!! Holly era noiosissimo ;-)

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  2. Anch'io ero partito scettico, ma Killing Eve è veramente sorprendente. Da non perdere!

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  3. Di queste ho visto solamente Il Miracolo e devo dire che mi è piaciuto abbastanza. Ha i suoi difetti, ma mi ha coinvolto dall'inizio alla fine senza problemi.

    Mi sono segnato da vedere Sharp Objects e Killing Eve, mentre Castle Rock l'avevo già in lista e comunque penso che proverò lo stesso a vederla, magari a me coinvolge un po' di più.

    The Affair non avevo visto nemmeno la terza stagione un po' per mancanza di tempo un po' perchè demolita da tutti. Se con questa quarta ritorna su grandi livelli diventa dura recuperarle entrambe ora...

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  4. Nel mio caso, purtroppo, Sharp Objects è una delle delusioni più cocenti dell'anno.
    Mi dispiace per aver mollato The Affair, a questo punto, e anche per la triste sorte a cui probabilmente andrà incontro Insatiable.
    Piaciuto parecchio Il miracolo, e ti consiglio di dare un'occhiata ad Alba in Figlia mia.
    Castle Rock è un diesel, ha Stephen King soltanto come specchietto per le allodole, eppure non è male: il settimo episodio in particolare ha una Spececk splendida.

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  5. Sono shockato nel leggere che ti è piaciuta la quarta di The Affair. Dopo la terza che era una schifezza colossale, mi aspettavo il crollo totale e invece... non so se trovo la forza per ricominciare, forse in un momento di disperazione. Concordo su Insatiable, Sharp Object lo inizierò quanto prima e magari tento con Killing Eve, anche se boh, non mi attira.
    Picnic at Hanging Rock purtroppo prosegue peggio, almeno per me.

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  6. Da vecchio fan del Re, Castle Rock l'ho abbandonata con il secondo episodio.
    Condivido anche per ciò che concerne Il Miracolo che mette tanta carne sul fuoco, per poi arrostire nulla.
    La First Lady comunque a me attizzava. :-P
    D'accordissimo su Cobra Kai, anche se un po' stereotipata e prevedibile specie per ciò che concerne i personaggi più giovani della serie.
    Sharp Objects devo recuperarla, tutti ne parlate un gran bene.
    Con Westworld e Il Racconto Dell'ancella ho un grosso problema di base, fatico a trovare la voglia di avventurarmi nella seconda stagione, ma prima o poi lo farò.

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  7. Che cosa?! Sono stato citato da Pensieri Cannibali, che è sempre stato il mio punto di riferimento in fatto di serie e film?! Grazie Marco (anch'io sono rimasto deluso da Westworld 2, e per quanto riguarda Castle Rock sto leggendo ovunque recensioni negative, e ciò mi frena dal guardarla... uff!)

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  8. Westworld 2 certamente delude, però addirittura bocciarla mi sembra un'esagerazione, mentre condivido per Picnic at Hanging Rock, che meriterebbe davvero una bocciatura..

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  9. Perfettamente d'accordo su Cobra Kai, che come al solito avevi bollato troppo in fretta come una fordianata e invece è una delle serie dell'anno. ;)

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  10. Arrivo tardi ma continuo a sbandierare il mio amore per Sharp Objects.
    Resto in forse per Pose e Succession, non ho trovato il tempo, non so se saran rinnovate, manca quel qualcosa a farmele recuperare. Castle Rock, nonostante la bocciatura lo vedrò, quanto a Westworld, sì, scade rispetto alla prima stagione, ma il fascino resiste.

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