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domenica 5 ottobre 2014

STILL LIFE, LA RECENSIONE SERMONE





Care sorelle e care fratelli,
ci troviamo qui riuniti in questa Santa Sede per dare l'estremo saluto a un nostro caro estinto, Cannibal Kid...

Cannibal Kid???
Ma che razza di nome è? Sarà mica stato un satanista, questo?
Ormai comunque ce lo siamo levati di mezzo, quindi bene così. Un figlio di Satana in meno. In questa Santa Sede vogliamo in ogni caso celebrare il suo ricordo. Cosa ci lascia, questo Cannibal Kid?
Un blog che mi dicono per un certo periodo ha riscosso un discreto successo, un certo Pensieri Cannibali. Personalmente io non ci sono mai stato. Gli unici siti che visito regolarmente sono quello di Famiglia Cristiana e Suoreporche.com.
Da quanto mi hanno riferito, Pensieri Cannibali era un sito che si occupava di intrattenimento e di cinema. È curioso notare come Cannibal Kid sia venuto a mancare proprio guardando un film. Un bel modo per andarsene, per un patito di cinema. Mi hanno detto anche che l'ultima pellicola che stava vedendo era Still Life. Che sia morto di noia guardandola?


Beh, in effetti la prima ora è parecchio sonnacchiosa, però poi si riprende e ha un finale che dire magnifico è ancora limitativo. Io non guardo molti film, però quelli a tematica più o meno religiosa non me li faccio mancare e questo Still Life devo dire che mi ha ricordato Lourdes. Se non l'avete visto vi ricordo che è un film su una suora e i film sulle suore di solito mi fanno venire du palle... eh lasciatemelo dire!
Scusate sorelle, ma come soggetto cinematografico non siete proprio il massimo della vita. Così come non è il massimo della vita il personaggio interpretato dall'efficace caratterista britannico Eddie Marsan, quello con la faccia da tasso, o da topo a seconda dei punti di vista. Uno con la faccia animalesca, in ogni caso. In Still Life il suo ruolo è quello di un impiegato comunale il cui compito è quello di andare a scovare parenti, conoscenti e amici di persone appena decedute che non hanno molti parenti, conoscenti e amici. Un lavoro di una tristezza infinita che svolge da 22 anni fino a che – grazie a Dio e in questa Santa Sede consentitemi di nominarlo invano – viene licenziato e può finalmente pensare di trovarsi un altro impiego.
Il becchino no eh, tutti i lavori tranne quello.

La trama non è quindi il massimo dell'allegria e i ritmi sono parecchio lenti. Questo per quanto riguarda la prima ora di film, quella in cui credo il povero Cannibal Kid abbia lasciato il nostro mondo per andare in un posto migliore. Forse migliore. Io credo che quello, con quel nome lì, sia finito nel peggiore tra i gironi infernali, ma questa è una decisione che solo al Signore spetta.
È un peccato che il nostro amabile resto Cannibal Kid sia schiattato così, perché poi, con molta calma, il film comincia a carburare. Il merito a mio parere è della comparsa in scena di una gran bella fregn... volevo dire di una gran bella donna, Joanne Froggatt, già vista in quella menata di Downton Abbey di cui le amiche suore non si perdono una puntata. La sua apparizione ha risvegliato in me certi istinti sessuali che credevo di aver represso ormai da tanto tempo e invece no, sono ritornati prepotentemente.


Lasciando da parte le riflessioni riguardanti questo gran bel pezzo di donna, Still Life riesce a evitare il solito banale happy-ending, verso cui a un certo punto pareva indirizzarsi, per regalarci una conclusione davvero da applausi. Credo che Cannibal avrebbe apprezzato un finale del genere, peccato abbia lasciato le penne prima. Questi giovani o pseudo giovani d'oggi d'altra parte sono fatti così. Non riescono ad apprezzare un film che si prende il suo tempo, che non spara tutte le sue cartucce subito e lascia il meglio per la chiusura.
Patientiam forti et virtute. La pazienza è la virtù dei forti. Evidentemente Cannibal Kid non era forte abbastanza. E con queste parole su cui meditare a lungo vi lascio, care sorelle e cari fratelli. L'appuntamento è per domenica prossima, solito posto e solita ora, con un mio nuovo sermone. Quanto al povero Cannibal, prematuramente scomparso ma nemmeno troppo prematuramente visto che ormai non era più tanto un ragazzino, lo saluto con un affettuosissimo: ci vediamo all'Inferno!


Still Life
(UK, Italia 2013)
Regia: Uberto Pasolini
Sceneggiatura: Uberto Pasolini
Cast: Eddie Marsan, Joanne Froggatt, Andrew Buchan, Paul Anderson, Tim Potter
Genere: funereo
Se ti piace guarda anche: Departures, Six Feet Under
(voto 6,5/10)

martedì 18 marzo 2014

IL LERCIO. E NIENTE, IL TITOLO È GIÀ BELLO COSÌ




"Benvenuti su Pensieri Cannibali!"
Filth - Il lercio
(UK 2013)
Titolo originale: Filth
Regia: Jon S. Baird
Sceneggiatura: Jon S. Baird
Tratto dal romanzo: Il lercio di Irvine Welsh
Cast: James McAvoy, Shauna Macdonald, Eddie Marsan, Shirley Henderson, Imogen Poots, Jamie Bell, Joanne Froggatt, Kate Dickie, Iain De Caestecker, Pollyanna McIntosh, Natasha O’Keeffe
Genere: sporco
Se ti piace guarda anche: Trainspotting, Un poliziotto da happy hour, In Bruges, The Acid House, American Psycho, The Wolf of Wall Street

Irvine Welsh. Sono cresciuto con Irvine Welsh. Non è che siamo andati a scuola insieme o altro. Sono cresciuto con lui nel senso che il suo Trainspotting è stata una lettura per me fondamentale. Un po’ come la Bibbia per un cristiano. Per me è un Libro Sacro che ha influenzato il mio modo di scrivere e anche di vedere il mondo. Ma no, non mi ha inizato all’eroina.
Ho frequentato altri libri di Welsh, di recente mi sono ri-innamorato del suo stile grazie a Porno, il sequel proprio di quel fenomenale Trainspotting, mentre invece non ho letto Il lercio. Per colmare questa lacuna arriva in mio soccorso ora la sua versione cinematografica, quarto adattamento per il grande schermo di un lavoro welshiano dopo il cult tossico Trainspotting girato da Danny Boyle, il non troppo riuscito The Acid House e l’inedito dalle nostre parti Irvine Welsh’s Ecstasy.
Nonostante sia diretto dall’ancora un po’ acerbo Jon S. Baird, Il lercio è un film in qualche modo debitore dello stile di Danny Boyle, il Boyle dei tempi migliori e non quello bollito del recente fallimentare In Trance. Un Boyle richiamato attraverso un montaggio adrenalinico e un ritmo sfrenato, oltre a un bell’uso della colonna sonora. Soprattutto è una pellicola debitrice dello stile di Welsh, per quanto riguarda dialoghi espliciti, personaggi più stronzi inside che buoni outside e situazioni al confine tra grottesco e farsesco.

Di cosa parla, Il lercio?
Ve lo dico anche, di cosa parla, però non prestateci troppa attenzione. Come spesso accade, non è tanto importante cosa si racconta ma come la si racconta.
La trama sa di già sentito. Ci troviamo di fronte a un caso di omicidio abbastanza banale. Un ragazzo viene ucciso in un sottopassaggio da una gang di teppisti davanti agli occhi di una testimone. Sull’assassinio indaga un team di investigatori che comprende Bruce Robertson, il lercio del titolo, interpretato da un James McAvoy finalmente brutto, sporco e cattivo. Brutto per quanto McAvoy possa esserlo, ma sporco e cattivo, quello sì. Bruce è un pezzo di merda. È sposato e ha una figlia, ma scopa in giro, beve e si droga, maltratta tutti quelli che gli capitano sotto il naso e il suo unico scopo nella vita pare quello di avere la promozione a ispettore capo.

"Davvero piacevole la tua musica! Quasi quanto quella di Antonella Ruggiero..."
Questa è la trama a grosse linee, non è un granché, ve l’ho detto, ma alla pellicola non interessa raccontare tanto le indagini o il caso da risolvere in sé, come la maggior parte delle pellicole thriller banali farebbero. Qui si racconta più che altro la discesa negli inferi personali del protagonista, nella sua vita dissoluta, passando attraverso i suoi demoni interiori, i suoi intrallazzi, le sue deliranti (dis)avventure, le sue visioni lerce. Siamo dalle parti del Jordan Belfort di The Wolf of Wall Street, solo in versione scozzese, economicamente più modesta e con un’ambientazione poliziesca anziché nell’alta finanza… sì, in pratica i due film non c’entrano una mazza l’uno con l’altro, se non per lo sprofondare nel delirio esistenziale dei loro protagonisti e soprattutto per l’effetto tossico che provocano. Entrambe le visioni fanno l’effetto di una droga. Stai attaccato tutto il tempo a vederli, con un misto di euforia e disgusto, eccitazione e repulsione. Il lercio non riesce a raggiungere gli stessi vertici cinematografici e dopanti del recente capolavoro di Scorsese, questo no, eppure riesce a creare un effetto parecchio travolgente. Inoltre, com’è tradizione con le pellicole made in Britain, sono garantiti i soliti elevati standard recitativi, grazie a un validissimo cast che, oltre a un McAvoy imbastardito, sfoggia il caratterista fuoriclasse Eddie Marsan, più Jamie Bell ex Billy Elliot e prossima Cosa dei Fantastici 4, la simil-Scarlett Johansson Imogen Poots, la trainspottinghiana Shirley Henderson, l’affascinante Joanne Froggatt prelevata da quella menata di Downton Abbey, il giovane Iain De Caestecker (The Fades e Agents of S.H.I.E.L.D.) e il sempre bravo Martin Compston (Sweet Sixteen, La scomparsa di Alice Creed, Sister, etc).
Se cercate un classico thriller, non è questa la scelta ideale. Se invece siete alla ricerca di qualcosa di zozzo, malato, deviato, qualcosa di lercio insomma, non lasciatevelo sfuggire. È folle, alcuni passaggi non sono del tutto azzeccati, il finale può lasciare piuttosto spiazzati, ma è una bella botta.
(voto 7+/10)

P.S. Come al solito il film si trova in lingua originale con sottotitoli, mentre non vi sono ancora notizie riguardo a una sua eventuale distribuzione italiana.


"Arrivederci da Pensieri Cannibali!"
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