Qualche breve riflessione in merito al discorso di ieri sul punk, scaturita anche dai vostri commenti.
Il punk è uno spirito ancora vivo, certo, ma il suo corpo non se la passa molto bene.
Un pezzetto se n’era già andato con Sid Vicious, un altro con Darby Crash dei Germs, un pezzo si è staccato con Kurt Cobain, una parte se l’era portata via Joe Strummer, altri pezzettini se ne sono andati uno dopo l’altro con la dipartita dei vari Ramones (solo uno dei membri originari è ancora vivo) e adesso via un’altra parte importante insieme a Malcolm McLaren. Cosa resta dunque oggi del punk?
Poco. A livello musicale la scena ha avuto gli ultimi grandi sussulti con i Nirvana, ma Gesù se ne sono passati di anni da allora, e più o meno nello stesso periodo con il pop-punk di Green Day, Offspring e Nofx. Negli ultimi anni non c’è nemmeno più rimasto quel sound di facile presa. Se vogliamo essere di visuale ampia, possiamo definire “American Idiot” dei Green Day come un disco (più o meno) punk rilevante dell’ultimo decennio, se non altro per il suo sberleffo anti-Bush. Per il resto, poca roba. Tra i gruppi di oggi a portare avanti un certo tipo di suono mi vengono in mente giusto i validi Against Me! negli States e gli incazzosi Gallows in England (sotto un loro video). Per il resto, le cose con maggiore attitudine punk mi sembra vadano ricercate nella musica elettronica. Lo spirito è vivo e vegeto in gente come i Crystal Castles o gli italiani Bloody Beetroots.
L’ultima vera rivoluzione punk è però probabilmente stata Napster. Un grosso Fuck Off! sparato dritto in faccia al mondo discografico, alle major, al sistema. La cosa preoccupante è invece il presente. Tutta la trasgressione che c’è adesso è finta, vuota, conformista. Insignificante. Certo, quella messa in piedi da Malcolm McLaren insieme ai Sex Pistols è stata la più grande truffa del rock’n’roll. Ma oggi in giro ci sono solo truffatori. E ben poco rock’n’roll.