lunedì 24 agosto 2009

Inverosimili avventure svizzere

Sposto la prima tenda rossa. Sono le 4.30 a.m. Mi ritrovo diretto a Basilea lanciato in corsa su una Opel Corsa che sembra la mia ma non è la mia. Comunico con l’altra auto via walkie-talkie. Passo. Ci scambiamo informazioni fondamentali e qualche simpatico insulto in amicizia. Passo. I cellulari sono cooosì superati. Passo. Le ragazze dormono sul retro. Passo. Perché le ragazze dormono sempre durante gli spostamenti? Passo. E perché io ogni volta che arrivo da qualche parte sto male? Passo. Adoro la dimensione del viaggio, ma i viaggi mi distruggono fisicamente quanto mi illuminano mentalmente. “Solo quando si viaggia si è davvero se stessi,” parole di Nicolas Vaporidis, mica Kerouac. Il mio sogno è di attraversare gli Stati Uniti percorrendo i quasi 4,000 kilometri della Route 66. Da Chicago fino alle spiagge della California. Una volta arrivato, presumibilmente in fin di vita, il piano è di farmi sostituire da una controfigura. Tanto Hollywood ne è piena.
Sposto la seconda tenda rossa. Finisco Dio solo sa perché a sboccare sulle scale del bar della stazione. Fino a 30 secondi prima stavo benone. All’improvviso le cose cambiano. E ti ritrovi con la testa nel cesso a vomitare l’anima. Contemporaneamente, a centinaia di kilometri di distanza, su una spiaggia di S. Margherita Ligure, anche mio papà sta vomitando. Che sia qualcosa nel DNA?
Sposto la terza tenda rossa. Strane cose accadono. Ci sono ragazze stupende che corrono su distese di prati di montagna appena tagliati. Com’è possibile che in Svizzera campi piazzati su dirupi proibitivi siano curati così perfettamente? L’unica spiegazione è che abbiano utilizzato dei laser segreti per tagliarli. Gli stessi con cui probabilmente si divertono a far spuntare cerchi nei campi di mezzo mondo, salvo poi dare tutta la colpa ai marziani. Come si alimentano questi laser? Con la forza rubata alle batterie delle auto straniere. Opel Corsa compresa. Tolgono l’anima alle macchine grazie a dei campi magnetici situati in posizioni strategiche. Come le gallerie delle autostrade. È questo il segreto degli svizzeri. Ti fanno andare all’inverosimile limite degli 80 all’ora perché così sono più comodi per rubarti l’energia.
Sposto la quarta tenda rossa e finisco in un bar rosso. Il Bar Rouge. In cima alla città. Vedo Basilea dall’alto. Almeno, la vedo per pochi secondi, poi mi devo girare da un’altra parte. Vertigini. Queste mie amiche. Mi tengono compagnia quando sono al 2° piano di una casetta in campagna, figuriamoci al 31esimo piano dell’edificio più alto in città, forse addirittura il più alto in tutta la Svizzera. Bevo solo un’acqua gassata. Il mio stomaco chiede pietà. Decido di non far finta di non sentirlo come al solito e per una volta lo accontento. Stasera sono no-alcool. Come i bambini. Dannazione.
Sposto la quinta tenda rossa. Sono su una barchetta in mezzo al Reno. Sulle rive ci sono persone che tengono tutti i vestiti in una borsa, che poi si trasforma in un salvagente gonfiabile con cui farsi trascinare dal Reno per qualche metro, che poi ridiventa una borsa per rimetterci dentro i vestiti. Fa un caldo notevole, almeno stando agli standard svizzeri. Tutti si gettano nelle acque del fiume. Io sparo a un uomo sul Reno, solo per vederlo morire.
Sposto la sesta tenda rossa. Finisco in un campo. Di carote? Di barbabietole? No, finisco in un campo di grano dipinto da Van Gogh. Scendo nel vortice della follia, mi taglio un orecchio, mi rinchiudono in un manicomio, mi sparo un colpo in testa.
Sposto la settima tenda rossa. Sono in un campus che sembra Raccoon City di Resident Evil. Dentro alla piscina del campus ci sono pesci giapponesi che costano milioni di miliardi di franchi svizzeri. Sono li ad osservarli quando mi catturano. Finisco in un laboratorio vittima di esperimenti sulla mente umana. Perdo ogni contatto con la realtà. Dai risultati viene fuori che la mia mente non è umana. O, nel caso lo sia, è gravemente malata. Fallata. Da mandare al costruttore. È per questo che vengo rispedito indietro, in Italia. All’interno del passo del Gottardo la temperatura diventa incandescente. Disco inferno erutta dallo stereo. Il termometro della Corsa tocca i 40° C. Sembra di attraversare l’inferno. E io che pensavo che nei tunnel facesse freddo. I gradi scendono. Il gran passo finalmente finisce. Alla dogana uno sbirro mi ferma. È un uomo molto anziano. Assomiglia a Johnny Cash. Mi domanda: “Ragazzo, hai sparato a un uomo sul Reno?” Io non so cosa dirgli. Incapace di mentire come sono, confesso: “Solo per vederlo morire.” Lo sbirro prende in mano una chitarra acustica e si mette a cantare: “I shot a Man in Reno, just to watch him die.” Si appunta gli accordi su un bloc notes e mi dice: “Grazie, ragazzo. Hai completato il testo della mia canzone.”
Sposto l’ottava tenda rossa. Mi ri-ritrovo sulla Opel Corsa che sembra la mia ma non è la mia. Sono quasi a casa. Walkie-talkie, di nuovo. È andato tutto troppo velocemente, a parte gli stupidi limiti fermi agli 80 all’ora di gran parte della stupida autostrada. Passo. I laser rubano l’anima alle automobili. Passo. Forse la rubano anche alle persone. Passo. Forse l’hanno rubata a me. Passo. Strane cose accadono in Svizzera. Passo. La fine è vicina. Passo e chiudo.

5 commenti:

  1. Cazzo marco...ma sei sicuro d'esser andato con gli altri? O con il Dottor Gonzo di Paura e Delirio a Las Vegas?? Ahahah...adios

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  2. hihi, per quanto inverosimile però è quasi tutto vero
    beh, a parte la storia di johnny cash forse..

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  3. Le ragazze dormono perchè guidano gli uomini.
    E la nona tenda rossa?

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  4. necessita di verificare:)

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