lunedì 9 marzo 2015

GET ON UP - LA STORIA TRANQI FUNKY DI JAMES BROWN





Get on Up - La storia di James Brown
(USA, UK 2014)
Regia: Tate Taylor
Sceneggiatura: Jez Butterworth, John-Henry Butterworth
Cast: Chadwick Boseman, Nelsan Ellis, Viola Davis, Lennie James, Dan Aykroyd, Fred Melamed, Craig Robinson, Octavia Spencer, Jill Scott, Aloe Blacc, Allison Janney, Tika Sumpter
Genere: funky
Se ti piace guarda anche: Ray, Cadillac Records, The Blind Side, Jersey Boys

C'è un sacco di gente che odia i biopic. Soprattutto in questo periodo in cui un buon 50% delle pellicole nelle sale e il 99% dei film nominati agli Oscar sono tratti da storie vere o quasi. Per quanto il genere si stia effettivamente inflazionando e per quanto ciò dimostri come a Hollywood e dintorni le idee originali siano sempre più una rarità e quindi è meglio prendere ispirazione dalla realtà, io non posso fare a meno di guardarli. Mi farei un film biografico in vena al giorno. Per me quella con il biopic è una delle sfide più impegnative con cui possa confrontarsi un regista. Mettere la vita di un uomo dentro un film. Vi sembra un'impresa semplice?
Grande il rischio, grande la ricompensa. Così come può essere grande la caduta.

Una pellicola biografica non è una sfida tosta soltanto per registi e sceneggiatori, ma pure per chi si trova a doverle giudicare. Nel giudizio rientra sì la qualità cinematografica, però non si può prescindere nemmeno da un confronto con l'uomo/la donna protagonista. Quando c'è di mezzo un biopic, è difficile capire quali siano i reali meriti artistici da attribuire al film e quali siano invece quelli del personaggio raccontato. Tutto questo per dire che le pellicole biografiche, ancora più di altri generi cinematografici, rappresentano sempre un'esperienza particolarmente soggettiva.


Dopo questo barboso sermone introduttivo, veniamo a parlare di Get on Up, il biopic dedicato a James Brown che al suo interno contiene un po' tutti i pregi e i difetti riscontrabili nei lavori biografici.
La domanda fondamentale cui il regista di un biopic deve rispondere è: sono riuscito a mettere dentro al mio film l'anima del personaggio raccontato? In questo caso specifico, Get on Up è una pellicola con dentro molta musica soul, ma ha anche catturato la vera soul di James Brown?
Quella che emerge dal film è una figura molto conflittuale, dotata di una grande forza vitale, di una carica irresisitibile che a volte si dimostra contagiosa e altre si rivela distruttiva. James Brown era una persona capace di illuminare le persone al suo fianco, ma più spesso le oscurava. Ciò che ne è venuto fuori è il ritratto di un uomo parecchio egocentrico ed egoista. Un aspetto che lo fa risultare un po', anzi diciamo parecchio, stronzetto e che però allo stesso tempo si è rivelata una virtù fondamentale per la sua carriera. La scelta di concentrarsi soprattutto sugli aspetti più negativi del suo carattere è interessante, considerando che stiamo parlando dell'uomo di brani positivi come “I Feel Good”. Nonostante ciò, la pellicola non riesce a scavare fino in fondo in questa cattiveria esistenziale. Ogni tanto il regista Tate Taylor, quello di The Help, offre dei momenti visionari potenzialmente affascinanti per farci entrare davvero dentro al personaggio, poi però tira indietro la mano, come se si ricordasse di essere alle prese pur sempre con un biopic tradizionale. Proprio come James Brown, anche il film stesso sembra essere in conflitto con se stesso, tra la tradizione e il tentativo di essere qualcosa di differente.

Riuscita solo in parte pure la scelta di raccontare la vita del padrino della musica soul con una narrazione non lineare, attraverso salti temporali repentini. Si parte dal James Brown fuori di brocca degli anni '80, poi lo si ritrova nel Vietnam anni '60, quindi lo si vede bambino alla fine degli anni '30. Il problema del film è di voler raccontare tutto e molti argomenti, come appunto il Vietnam oppure l'omicidio di Martin Luther King, sono giusto accennati e non trovano uno spazio sufficiente. È una scelta che ricorda un po' quella di The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca, altro biopic convincente solo a metà che affrontava un periodo di tempo troppo esteso e presentava gli stessi pregi/difetti.

I continui passaggi tra un'epoca e l'altra e tra fasi differenti nella vita di James Brown sono alternati in una maniera che a volte ha un senso mentre altre volte sembra più che altro casuale, ma in ogni caso sono mixati insieme con buon ritmo, almeno nella prima parte, e per un film dedicato al re della musica funky questo è un merito non da poco. Peccato che le 2 ore e 20 di durata siano eccessive e in alcune parti il ritmo cali paurosamente. E questo per un film dedicato al re della musica funky è un demerito non da poco.
Convince poco anche la scelta di mostrare un James Brown che ogni tanto infrange la quarta parete e si rivolge direttamente agli spettatori, in una maniera analoga a quanto fanno i protagonisti delle serie tv House of Lies e House of Cards. Solo che questa scelta non viene utilizzata fino in fondo ma solo in maniera occasionale, risultando più fastidiosa che efficace.

"Certo che ero proprio un tamarro!"

Tutto il film è così. Presenta degli spunti ottimi, ma non riesce a renderli in una maniera efficace. Vuole essere un biopic di rottura rispetto a quelli del passato e finisce invece per apparire una copia in tono minore di Ray. Discorso simile per il protagonista Chadwick Boseman, totalmente calato nella parte sul palco e capace di ricreare i movimenti e i passi di ballo di James Brown in una maniera super stilosa, meno efficace invece nei momenti più drama del film. Nell'ottimo cast di contorno in cui ben figurano Viola Davis di How to Get Away with Murder, Lennie James di Line of Duty e Octavia Spencer di The Help, più le comparsate di cantanti R&B come Jill Scott e Aloe Blacc, a impressionare è soprattutto Nelsan Ellis, il Lafayette di True Blood qui quasi irriconoscibile e tremendamente efficace nella parte del migliore, e forse unico vero amico di James Brown.

"Hey bella parrucca, Lafayette."
"Anche la tua, James!"

Il mio giudizio del film è sospeso a metà tra Bene e Male, forse perché sospeso a metà è anche il mio giudizio nei confronti di James Brown. Alcuni suoi pezzi sono proprio fighi, la sua carica sul palco era irresistibile, eppure non c'è una sua canzone che mi faccia davvero venire i brividi, forse giusto “It's a Man's Man's Man's World”. Anche dopo la pellicola la mia opinione su di lui non è cambiata. È un personaggio fenomenale che ha influenzato un sacco di artisti che mi piacciono, però allo stesso tempo la sua musica non la sento davvero mia. Il film è uguale. A tratti è intrigante, ma non è mai riuscito a trascinarmi fino in fondo e dalla pellicola non traspare un reale trasporto di Brown nei confronti della musica, vissuta più come una professione che come una passione. Colpa della pellicola? Colpa del personaggio?
Misteri destinati a non trovare mai una vera risposta, tipici di ogni biopic che si rispetti. Quel che è certo è che questo film, pur mettendo al suo interno tutto ma proprio tutto di James Brown, si è dimenticato giusto di inserire la sua anima. Un difetto mica da poco, per una pellicola sul Godfather of Soul.
(voto 6/10)

6 commenti:

  1. Questa te la volevo domandare da tempo:secondo te è girato meglio Requiem for a Dream o Birdman?Aronofsky o Inarritu?

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    1. Meglio Birdman di Requiem for a Dream, però meglio Il cigno nero di Birdman. ;)

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    2. Te l'ho chiesto perchè credo che Requiem for a Dream abbia una regia molto particolare,bella e degna di nota e di un premio,come quella di Birdman,d'altronde ;)

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  2. Mi sa tanto che per il momento passerò.
    Se ti ha lasciato indifferente, non posso neanche sperare nella stroncatura. ;)

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  3. mmm il voto non mi piace perché mi incuriosiva...peccato...

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  4. Nonostante il voto sufficiente, penso che lo vedrò.
    Mi piacciono i film autobiografici sui cantanti.

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