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sabato 9 maggio 2020

Miss Ammeregana





Miss Americana
(docufilm)
Regia: Lana Wilson
Cast: Taylor Swift, Brendon Urie, Joe Alwyn, Andrea Swift, Kanye West

Taylor Swift è una pallida spilungona bionda che fa musica country, quindi di sicuro è una repubblicana trumpiana di ferro. Ha una lunga lista di ex fidanzati famosi, da Harry Styles a Jake Gyllenhaal passando per Taylor Lautner, John Mayer, Joe Jonas, Tom Hiddleston e chissà quanti altri, e con tutti è finita dopo non molto, quindi dev'essere un'intrattabile, capricciosa e decerebrata starlette che a breve stufa. E poi figuriamoci se le sue canzoni se le scrive lei. Avrà dietro un team di mega capoccia della musica che prepara in laboratorio ogni sua mossa discografica e ogni suo look. Un po' come una Chiara Ferragni in versione musicale, è diventata popolare non si sa bene perché. Non ha talento e, dietro la facciata da brava ragazza, è pure una persona malvagia e calcolatrice, si veda il modo in cui ha fatto passare per un cattivone il povero innocente dolce tenero Kanye West.

Giusto?

sabato 25 aprile 2020

Cosa mi lasci di te: han fatto un film su un cantante di Christian Music e me lo son pure visto





Cosa mi lasci di te
Titolo originale: I Still Believe
Regia: Andrew e Jon Erwin
Cast: KJ Apa, Britt Robertson, Nathan Parsons, Melissa Roxburgh, Shania Twain, Gary Sinise, Abigail Cowen

Un biopic musicale su un cantante ambientato negli anni '90 che è anche un Malattia Movie adolescenziale con Britt Robertson come protagonista femminile?
Dio, hai voluto farti perdonare per questo inizio d'anno non proprio stupendo, regalandomi il mio film ideale?

martedì 12 febbraio 2019

Queenofobia





Queenofobia
(Libera rielaborazione di Cherofobia di Martina Attili a opera di Cannibal Kid)


Come te la spiego la paura della canzone dei Queen sulla bici?
Quando non l'hanno capita nemmeno Maria de Filippi e i suoi Amici
mi dicono di sentire A Night at the Opera ma a me non serve
mi portano a vedere la tribute band e suonan come delle merde
ed è proprio quando in coro stanno a cantare
che vorrei gridare: “We are the champions, but you're not my friends”
ma resto qui
a guardare un film sui Queen

martedì 20 novembre 2018

A ⭐ Is Born This Way





A Star Is Born
Regia: Bradley Cooper
Cast: Lady Gaga, Bradley Cooper, Sam Elliott, Dave Chappelle, Andrew Dice Clay, Anthony Ramos, Michael Harney


 

martedì 15 novembre 2016

Sing Street, la canzone che ha preso il posto della recensione






Sing Street
(Irlanda, UK, USA 2016)
Regia: John Carney
Sceneggiatura: John Carney
Cast: Ferdia Walsh-Peelo, Lucy Boynton, Jack Reynor, Aidan Gillen, Maria Doyle Kennedy, Ben Carolan, Mark McKenna, Don Wycherley
Genere: pop-rock
Se ti piace guarda anche: Killing Bono, Quasi famosi, Tutto può cambiare, Once (Una volta)



Song Street
Quasi quasi ci scrivo su una canzone
per quanto Sing Street mi ha regalato più di un'emozione
Mi ha fatto sorridere e pure un po' commuovere
e cosa per me molto strana persino riflettere

Quasi quasi ci scrivo su una canzone
ma no, che dico? La sto già scrivendo, che emozione!
Peccato stia venendo fuori una roba peggio di Ramazzotti
è ora di cambiare ritmo, questa lagna i co###oni ce li ha rotti!

martedì 9 febbraio 2016

Marguerite, la cantante che spaccava più timpani de Il Volo





Sono una persona che ascolta un sacco di musica, ma proprio un sacco. La sento quasi sempre, tranne quando dormo e anche in quel caso certe volte sogno di ascoltarla. Sono anche una persona che si annoia molto rapidamente. La conseguenza di questi due fattori combinati insieme è che ascolto una miriade di generi, gruppi e artisti differenti. A sentire sempre gli stessi dischi e le stesse canzoni, persino delle mie band preferite, mi stuferei con una facilità impressionante. Mi piace quindi spaziare attraverso qualunque tipo di ascolto. Sarà che sono cresciuto con il pop commerciale delle Spice Girls e contemporaneamente l'alternative-rock dei Sonic Youth, con Mtv accesa e allo stesso tempo la rivista Il Mucchio Selvaggio tra le mani. La musica che circola adesso sul mio pc e sul mio smart phone va allora dal rock all'hip-hop, dall'electro al pop, dai classici alle novità, dalle hit radiofoniche ai gruppi più indie, dall'R&B al punk, dalla new-wave alla dubstep, occasionalmente pure metal, folk e country, senza dimenticare le colonne sonore dei film. Di recente mi sono avvicinato persino a generi con cui non avevo mai avuto un'enorme familiarità come il jazz e la classica. C'è però un tipo di musica che proprio ancora non riesco a digerire, e probabilmente non lo farò mai: la lirica.

martedì 1 dicembre 2015

Love & Treno Mercy





Love & Mercy
(USA 2014)
Regia: Bill Pohlad
Sceneggiatura: Oren Moverman, Michael A. Lerner
Cast: John Cusack, Paul Dano, Elizabeth Banks, Paul Giamatti, Graham Rogers, Jake Abel, Max Schneider
Genere: sentito
Se ti piace guarda anche: Quando l'amore brucia l'anima, Ray, Get On Up

Uno ascolta i Beach Boys e pensa all'estate, al sole, al mare e... alla spiaggia, naturalmente. Ci si immagina che dietro alla loro musica ci sia della gente allegra e festaiola e in parte era così, almeno agli inizi. La vicenda del leader della band, Brian Wilson, è però parecchio più complicata di quanto si potrebbe pensare. È una storia di follia e depressione...

Hey, aspettate, cosa?!?
L'autore di canzoni come “Surfin' USA”, "Wouldn't It Be Nice", “California Girls”, “I Get Around” e “Barbara Ann” un depresso cronico?
Stiamo scherzando?

venerdì 7 agosto 2015

Cilla Black is dead :(






Cilla
(miniserie tv, UK 2014)
Rete britannica: ITV
Rete italiana: non ancora arrivata
Cast: Sheridan Smith, Aneurin Barnard, Ed Stoppard, John Henshaw, Melanie Hill, Elliot Cowan, Tom Dunlea, Jack Farthing
Genere: swinging
Se ti piace guarda anche: Nowhere Boy, An Education, Cadillac Records, Mad Men, Masters of Sex

Cilla Black è morta.
Mi spiace aprire il post in una maniera tanto macabra, ma così purtroppo è. La cantante inglese è venuta a mancare lo scorso 2 agosto. In Italia non se n'è parlato molto, anzi per niente, visto che era famosa più che altro in patria, e così per approfondire la sua conoscenza e omaggiare la sua memoria sono andato a ripescare la miniserie in tre parti a lei dedicata trasmessa con grande successo nel Regno Unito lo scorso anno da ITV. Mi son detto: “Guardiamoci un po' la prima puntata, se poi mi piace proseguo con le altre 2”. Tempo pochi istanti ed ero stato risucchiato del tutto dentro la Liverpool degli anni '60 e mi sono sparato in un mini binge-watching tutte e 3 le parti di fila senza interruzioni. Forse giusto per la pausa-pipì.

domenica 5 luglio 2015

Beyond the Lights - Trova la tua voce, basta che non sia la mia





Beyond the Lights - Trova la tua voce
(USA 2014)
Titolo originale: Beyond the Lights
Regia: Gina Prince-Bythewood
Sceneggiatura: Gina Prince-Bythewood
Cast: Gugu Mbatha-Raw, Nate Parker, Minnie Driver, Danny Glover, Machine Gun Kelly, Aisha Hinds, India Jean-Jacques, Estelle
Genere: suicida
Se ti piace guarda anche: Empire, Nashville, Honey, Cadillac Records

Yo yo, bella fra, com'è, come butta?
Oggi yo vi voglio parlare di una nuova pelli-cola, che si beve fresca come una Coca-Cola, e se preferite la Fanta, tornatevene indietro agli anni ottanta, qui non si parla di roba old-school, se ne volete andate a fuck you!

lunedì 29 giugno 2015

Greetings from Tim Buckley - Jeff Buckley in versione Gossip Boy





In occasione dei 40 anni dalla scomparsa del cantautore americano Tim Buckley, avvenuta il 29 giugno del 1975, Pensieri Cannibali parla di un film a lui dedicato. Anche se, purtroppo, il film non si è rivelato proprio il massimo dell'omaggio nei suoi confronti.

Greetings from Tim Buckley
(USA 2012)
Regia: Daniel Algrant
Sceneggiatura: Daniel Algrant, David Brendel, Emma Sheanshang
Cast: Penn Badgley, Ben Rosenfield, Imogen Poots, William Sadler, Norbert Leo Butz, Isabelle McNally, Kate Nash, Jessica Stone, Ilana Levine
Genere: musicale
Se ti piace guarda anche: Io non sono qui, Sugar Man, Nowhere Boy

C'è fondamentalmente un problema in Greetings from Tim Buckley, il film dedicato ai cantautori padre & figlio Tim & Jeff Buckley. Quel problema si chiama Penn Badgley. Un nome che a chi non ha mai seguito Gossip Girl, ovvero qualunque persona sana di mente, non dirà nulla, ma per chi come me si è sorbito le 6 stagioni all'inizio gradevoli e divertenti e poi via via sempre più scandalose della serie teen, Penn Badgley è e sarà sempre Dan Humphrey. Di certo non Jeff Buckley.

"Spero non se ne accorga nessuno che non so manco accordare una chitarra..."

domenica 15 marzo 2015

SONG ONE, LA VERSIONE COVER DI TUTTO PUÒ CAMBIARE





La ballata anti-folk dei cannibali
(Parole & Musica: Cannibal Kid, Kanye West & Paul McCartney)

Ho scritto una ballata folk
per dire che a me la musica folk
ha proprio rotto il cazzooo

lunedì 9 marzo 2015

GET ON UP - LA STORIA TRANQI FUNKY DI JAMES BROWN





Get on Up - La storia di James Brown
(USA, UK 2014)
Regia: Tate Taylor
Sceneggiatura: Jez Butterworth, John-Henry Butterworth
Cast: Chadwick Boseman, Nelsan Ellis, Viola Davis, Lennie James, Dan Aykroyd, Fred Melamed, Craig Robinson, Octavia Spencer, Jill Scott, Aloe Blacc, Allison Janney, Tika Sumpter
Genere: funky
Se ti piace guarda anche: Ray, Cadillac Records, The Blind Side, Jersey Boys

C'è un sacco di gente che odia i biopic. Soprattutto in questo periodo in cui un buon 50% delle pellicole nelle sale e il 99% dei film nominati agli Oscar sono tratti da storie vere o quasi. Per quanto il genere si stia effettivamente inflazionando e per quanto ciò dimostri come a Hollywood e dintorni le idee originali siano sempre più una rarità e quindi è meglio prendere ispirazione dalla realtà, io non posso fare a meno di guardarli. Mi farei un film biografico in vena al giorno. Per me quella con il biopic è una delle sfide più impegnative con cui possa confrontarsi un regista. Mettere la vita di un uomo dentro un film. Vi sembra un'impresa semplice?
Grande il rischio, grande la ricompensa. Così come può essere grande la caduta.

Una pellicola biografica non è una sfida tosta soltanto per registi e sceneggiatori, ma pure per chi si trova a doverle giudicare. Nel giudizio rientra sì la qualità cinematografica, però non si può prescindere nemmeno da un confronto con l'uomo/la donna protagonista. Quando c'è di mezzo un biopic, è difficile capire quali siano i reali meriti artistici da attribuire al film e quali siano invece quelli del personaggio raccontato. Tutto questo per dire che le pellicole biografiche, ancora più di altri generi cinematografici, rappresentano sempre un'esperienza particolarmente soggettiva.

mercoledì 10 dicembre 2014

QUADROPHENIA: VIVA I MOD E ABBASSO I ROCKER!





Quadrophenia
(UK 1979)
Regia: Franc Roddam
Sceneggiatura: Dan Humphries, Martin Stellman, Franc Roddam
Cast: Phil Daniels, Leslie Ash, Sting, Ray Winstone, Mark Wingett, Philip Davis, Toyah Willcox, Trevor Laird, Michael Elphick
Genere: mod
Se ti piace guarda anche: Tommy, Spike Island, Trainspotting

Quadrophenia è il film dei The Who. Cosa che detta così può suonare nella maniera sbagliata. A qualcuno può infatti venire in mente “Come in un film”, il film dei Modà, oppure “Where We Are”, il film dei One Direction, o ancora “Never Say Never”, il film di Justin Bieber.
Tranquilli. Questa è tutta un'altra musica. Non solo perché la proposta musicale dei The Who è “leggermente” superiore rispetto a quella degli artistoni sopra citati, ma inoltre perché in questo caso non ci troviamo di fronte a un documentario su un concerto fatto giusto per strappare qualche soldo alle fan urlanti. Quadrophenia è un film film, con una trama, dei personaggi, una sceneggiatura vera e propria. È una opera rock che prende ispirazione dai testi dell'album omonimo della band, forse il gruppo più celebre e importante nella Storia del rock'n'roll inglese dopo i Beatles e i Rolling Stones. Una volta detto questo, è una pellicola godibile indipendentemente dalla conoscenza dell'album, o dall'essere dei patiti dei The Who. I fan si esalteranno a vedere comparire il faccione di Pete Townshend su un poster nella cameretta del protagonista, così come in tv, e a sentire le loro canzoni all'interno della pellicola. La colonna sonora non è però ad esclusivo appannaggio dei The Who, che saranno sì megalomani, ma non fino a questo punto. In mezzo alle loro “My Generation”, “The Real Me” e altre c'è spazio infatti anche per la trascinante “Louie Louie” dei Kingsmen, per la splendida “Zoot Suit” degli High Numbers, per girl band retrò come Ronettes, Chiffons e Crystals e per l'immancabile evergreen “Green Onion” di Booker T. & the MG's, in quello che è un vero e proprio tripudio degli anni Sessanta che farà eiaculare i nostalgici dell'epoca.

lunedì 17 novembre 2014

FRANK AMENTE ME NE INFISCHIO





Frank
(UK, Irlanda 2014)
Regia: Lenny Abrahamson
Sceneggiatura: Jon Ronson, Peter Straughan
Cast: Domhnall Gleeson, Michael Fassbender, Scoot McNairy, Maggie Gyllenhaal, François Civil, Carla Azar
Genere: folle
Se ti piace guarda anche: Essere John Malkovich, I'm Here, Quasi famosi

La Storia della Musica è piena di artisti mascherati. Tra i primi ci sono stati i The Residents, i Kiss, i Rockets. Quindi nei 90s è diventata una tendenza cool nell'ambito metal, soprattutto grazie agli Slipknot, mentre negli ultimi anni la moda ha colpito parecchio il genere elettronico. Sulla scia dei Daft Punk, molti artisti e dj come deadmau5, SBTRKT e The Knife hanno nascosto i propri volti. Anche in Italia abbiamo i nostri esempi di musicisti mascherati con Bloody Beetroots e i Tre allegri ragazzi morti. Rimanendo in tema fumettistico, un altro esempio di band celata dietro a degli avatar sono i Gorillaz, la cartoon band formata da Damon Albarn.
C'è poi chi ha creato dei personaggi fittizi, come il terrestre David Bowie diventato l'alieno Ziggy Stardust, o il timido e pantofolaio ragazzetto Brian Warner che si è trasformato nel satanico Marilyn Manson, o ancora il riflessivo rapper Marshall Mathers che all'occorrenza diventa la sua controparte scatenata e senza peli sulla lingua Slim Shady. Tanti altri, non solo in ambito musicale, hanno un alter-ego, come l'aspirante giornalista-scrittore Marco Goi, meglio noto (si fa per dire) come il blogger Cannibal Kid.

Il caso più clamoroso di musicista mascherato, nonché di confusione tra identità e alter-ego, è però un altro, meno conosciuto rispetto ai precedenti (Cannibal Kid a parte): quello di Frank Sidebottom.
Chi è Frank Sidebottom?
Questo qui.


martedì 11 novembre 2014

Modà, esce oggi Come in un film... dell'orrore





Scritto il 11-11-2014



(FOTO: GRAHAM INSTA)


SAN SIRO (MI) – È già stato definito il film horror più spaventoso dell'anno. Durante la presentazione in anteprima, Dario Argento ha lasciato la sala terrorizzato. Wes Craven e John Carpenter si sono persino rifiutati di vederlo. E non sono i soli. Di cosa stiamo parlando?
Di Come in un film, la pellicola documentario dedicata all'agghiacciante concerto tenuto dai Modà lo scorso luglio a San Siro. Siro che è stato fatto Santo dopo aver retto le urla di Kekko Silvestre, per i poco religiosi che non ne fossero a conoscenza.

Il film evento sbarcherà soltanto (e meno male) stasera e domani sera nelle peggiori sale italiane. Al termine di queste due eccezionali visioni, per sicurezza tutte le copie della pellicola verranno spedite in un luogo top-secret e conservate dall'esercito degli Stati Uniti come arma da usare solo in caso di un nuovo conflitto mondiale.

Come in un film, da stasera nei cinema. Andate a vederlo.
Se ne avete il coraggio.

Kannibal Kekko


Questo post, così come quello su Vasco, vi è stato gentilmente offerto da















ULTIM'ORA KEKKO SILVESTRE ARRESTATO PER DISTURBO DELLA QUIETE PUBBLICA. MENTRE VENIVA PORTATO VIA DALLE FORZE DELL'ORDINE, IL LEADER DEI MODA' PARE ABBIA DICHIARATO: "STAVO SOLAMENTE PROVANDO UNA CANZONE NUOVA".

martedì 23 settembre 2014

FRANKIE, VALLI A VEDERE TE I MUSICAL DI BROADWAY





Jersey Boys
(USA 2014)
Regia: Clint Eastwood
Sceneggiatura: Marshall Brickman, Rick Elice
Cast: John Lloyd Young, Vincent Piazza, Erich Bergen, Michael Lomenda, Christopher Walken, Renée Marino, Kathrine Narducci, Steve Schirripa, Freya Tingley
Genere: musicale
Se ti piace guarda anche: La bamba, Ray, Quando l'amore brucia l'anima – Walk the Line, Not Fade Away, Quasi famosi, Volare, Quei bravi ragazzi

Una cosa che mi piace di Clint Eastwood è il suo continuo uscire dagli stereotipi.
Mi piace il modo in cui un repubblicano vecchio stampo come lui ha trattato in maniera aperta e intelligente il tema dell'eutanasia in Million Dollar Baby e la questione razziale in Gran Torino.
Mi piace il fatto che il texano dagli occhi di ghiaccio noto per i suoi ruoli da duro e puro abbia girato uno dei film più smielati di sempre come I ponti di Madison County, per quanto quel film non mi sia piaciuto.
Mi piace immaginarmi il vecchio rude Clint tra il pubblico di Broadway mentre si commuove ascoltando le canzoncine commerciali anni '50 proposte dal musical Jersey Boys, in maniera analoga a quanto fa Christopher Walken nell'adattamento cinematografico.
Mi piace l'idea di Eastwood che, all'età di 84 anni, tenta ancora strade nuove e questa volta si cimenta con la trasposizione di un musical, un genere con cui si era confrontato solo nel lontano 1969, come attore ne La ballata della città senza nome.

Mi piace la prima parte della pellicola Jersey Boys, che racconta l'ascesa al successo dello scugnizzo Frankie Valli come cantante di un quartetto vocale che cambia più volte nome, fino a diventare i The Four Seasons. Si tratta di un romanzone di formazione classico, vagamente alla Scorsese, in cui le organizzazioni criminali mafiose fanno giusto da sfondo alla vita del parrucchiere aspirante cantante Frankie e un grande spazio viene affidato alla musica. Un biopic molto tradizionale, d'altra parte a Clint Eastwood non è che si chieda innovazione registica, che ricorda molti altri film musicali ma che possiede un buon ritmo, ben più sostenuto di altre pellicole retrò macchinose firmate dal regista come J. Edgar o il soporifero Changeling.

Mi piace meno la seconda parte della pellicola. Questo genere di storie dedicate a band e musicisti, di cui come esempi posso citare Ray, La bamba, Great Balls of Fire, Not Fade Away, Quasi famosi e Quando l'amore brucia l'anima – Walk the Line, tanto per dirne alcuni che Jersey Boys a tratti riecheggia, di solito è diviso in due tempi: l'ascesa e poi il declino. L'ascesa come detto è raccontata in maniera gradevole, anche se purtroppo manca quasi del tutto la componente sesso, droga & rock'n'roll, visto che il sesso è rappresentato in una maniera pudica che manco Steven Spielberg, la droga è una tematica che resta molto marginale, mentre di rock'n'roll nel pop sbarazzino di Frankie Valli & soci non vi è neanche l'ombra. I The Four Seasons possono semmai essere visti come i padrini dei gruppi vocali in stile New Directions della serie tv Glee, per non dire i Neri per Caso, e pure delle boy-band, considerando il modo di esibirsi in pubblico vestiti tutti uguali e accennando persino delle mosse di ballo. Nonostante la storia del gruppo appaia come una versione edulcorata di quella di una rock band, il tutto si lascia seguire con piacevolezza.
La grave pecca sta allora nella seconda parte, quella del declino. A mancare qui sono le emozioni forti. Il vero drama tipico di questo genere di storie. Sì, c'è un momento triste legato a un famigliare di un membro della band, non vi spoilero chi, però si tratta di un personaggio che pare buttato lì in mezzo a casaccio tanto per suscitare un po' di commozione. C'è anche il contrasto tra Frankie e un altro del gruppo, il gangsta Tommy, però niente che coinvolga più di tanto. Il film non riesce a decollare mai davvero e nella parte conclusiva si spegne progressivamente, finendo nella sua eccessiva durata per annoiare un pochino. Ho detto un pochino io che in questo genere di storie ci sguazzo e di biopic su musicisti e gruppi me ne sparerei uno al giorno, ma i meno appassionati potrebbero pure annoiarsi non solo un pachino, ma parecchio.

"Non mi piace quello che dice Cannibal su di me.
Penso che me ne andrò a piangere..."
Mi piace ancora meno quello che è il vero grande problema di questa pellicola non brutta, solo incapace di lasciare il segno. Clint Eastwood ha peccato di eccessiva fedeltà nei confronti del musical cui si è ispirato. O almeno così sembra. Io il musical Jersey Boys non l'ho visto. Non sono mai stato a Broadway e anche se ci andassi probabilmente non lo guarderei. L'impressione viene però fuori già solo andando a vedere il cast. Clint, oltre che gli stessi sceneggiatori, ha reclutato per lo più gli stessi interpreti dello spettacolo originale, ormai invecchiati di una decina d'anni rispetto alle prime rappresentazioni e quindi un po' fuori parte. Al di là di una questione anagrafica, ciò che funziona su un palco di Broadway non necessariamente funziona al cinema. Si veda Les Miserables. In quel caso il peso principale del film era che gli attori cantavano tutto, ma proprio TUTTO il tempo, cosa che per un musical visto a Broadway va bene, mentre visto su pellicola diventa una cosa difficile da reggere. Qui per fortuna non è così. I personaggi non si mettono a cantare invece di parlare. Le canzoni sono presenti quando i Four Seasons si esibiscono nei locali o in tv, o quando registrano in studio.
A non funzionare sono gli interpreti, fatta eccezione per Vincent Piazza, già visto nella serie Boardwalk Empire, l'unico del cast che sembra poter avere un futuro cinematografico, sebbene con quella faccia rischi di rimanere intrappolato nello stereotipo dell'italo-americano a vita. Gli altri tre Four Seasons invece non bucano lo schermo. Michael Lomenda è del tutto anonimo e il suo personaggio Nick è inutile, mentre Erich Bergen, che veste i panni dell'autore delle canzoni della band, sembra la versione inespressiva del nostro Alessio Boni. Il peso maggiore grava però sulle spalle del protagonista principale. Sono sicuro che John Lloyd Young a Broadway sia stato bravissimo e si sia meritato di vincere il prestigioso Tony Award, ma come attore cinematografico non funziona. Non ha carisma. Gli manca l'X-Factor filmico. Inoltre la sua voce è piuttosto fastidiosa e non rende giustizia al vero Frankie Valli, un po' come la pallida imitazione di Beppe Fiorello non era in grado di riportare in vita il ricordo del vero Domenico Modugno nella fiction Rai Volare.



Mi spiace allora per Clint Eastwood, ma ha fatto l'errore di apprezzare il musical in maniera eccessiva e di non averlo voluto cambiare più di tanto. Il cinema, un veterano come lui dovrebbe saperlo, funziona in maniera differente da uno spettacolo teatrale e il suo film finisce per essere troppo Broadway e poco Hollywood. Si veda il finale. La classica scena che a teatro è l'occasione per il cast di prendersi gli applausi, e magari la standing ovation del pubblico, e che invece in una sala cinematografica fa solo andare via gli spettatori mesti e con la faccia delusa del “Tutto qui?”.
(voto 6/10)

domenica 13 aprile 2014

SPIKE ISLAND, ALLA RICERCA DEGLI STONE ROSES E DELLA… KHALEESI




Spike Island
(UK 2012)
Regia: Mat Whitecross
Sceneggiatura: Chris Coghill
Cast: Elliott Tittensor, Nico Mirallegro, Jordan Murphy, Adam Long, Oliver Heald, Emilia Clarke, Chris Coghill, Matthew McNulty, Michael Socha, Lesley Manville, Antonia Thomas, Paul Popplewell, Ciara Baxendale, Kaya Scodelario
Genere: musicale
Se ti piace guarda anche: My Mad Fat Diary, Not Fade Away, Quasi famosi, The Inbetweeners

Ci sono eventi musicali che segnano una generazione. Woodstock è il primo che mi viene in mente. Oggi ci sono un sacco di festival più fighetti e hipster, come il Coachella attualmente in corso, il South by Southwest o il Bonnaroo, anche se in quanto a notorietà e a impatto culturale niente di paragonabile con il festivalone simbolo degli anni ’60 e della cultura hippie. L’unico che per importanza si è forse avvicinato un pochino è stato negli anni ‘90 il Lollapalooza, l’evento alternative rock diventato pure protagonista dell’episodio dei Simpson Homerpalooza.
Per qualcuno un “pochino” più sfigato, l’eventone musicale pubblico della vita è stato la registrazione di una puntata del Karaoke con Fiorello nella piazza della propria città, mentre per i giovani dei primissimi anni ‘90 delle periferie delle città inglesi, e di Manchester in particolare, l’apice è stato Spike Island. What the fuck is Spike Island?


Spike Island è un’isola. Sorpresi? Per entrare più nello specifico, si tratta di una isoletta nel nord ovest dell’Inghilterra, una zonaccia piena di industrie abbandonate. È in questo luogo simbolo della decadenza post-industriale che gli Stone Roses hanno deciso di tenere un loro mega concerto storico. Who the fuck are The Stone Roses?

Gli Stone Roses
Gli Stone Roses sono stati una delle più grandi band britanniche di tutti i tempi, giusto per non esagerare, sebbene qui in Italia non siano mai stati popolarissimi, ancor meno degli Smiths. Gli Smiths sono stati tra i gruppi più importanti di sempre, eppure se chiedi a qualcuno in strada se li conosce, la maggior parte della gente ancora ti guarda male, mentre tutti, ma proprio tutti, conoscono Vasco, e a molti piace pure. Perché vivo ancora in Italia?

Comunque… Gli Stone Roses sono stati una band fondamentale che avrebbe poi ispirato gran parte del Britpop giunto qualche anno dopo, i concittadini Oasis in particolare, oltre ad aver contribuito a cavallo tra fine 80s e inizio 90s alla nascita della cosiddetta scena di Madchester. Un movimento di cui si è parlato anche nel film 24 Hour Party People e un tipo di musica riecheggiato di recente nella colonna sonora dell’ultimo episodio della Trilogia del Cornetto, La fine del mondo. Nonostante nella loro breve carriera abbiano pubblicato appena un paio di album, l’omonimo The Stone Roses, capolavoro e pietra miliare immediata della musica British, e il travagliato e criticato Second Coming, il segno che hanno lasciato è stato profondo. D’altra parte, anche altri gruppi fondamentali come Sex Pistols, Joy Division e Nirvana non hanno avuto bisogno di decine di lavori per restare impressi nella Storia. Se non conoscete gli Stone Roses dunque è un male, ma potete comunque recuperare guardandovi proprio questo film, Spike Island.

Spike Island racconta il tentativo di andare al concerto degli Stone Roses di un gruppo di 5 ragazzi di Manchester. Gruppo sia nel senso di gruppo di amici che di band musicale in erba. I 5 fanno parte degli Shadow Caster e, nel caso aveste dubbi in proposito, hanno un sound molto simile a quello dei loro idoli Stone Roses. Sono dei ragazzotti tipicamente inglesi, sbruffoni e strafottenti. Dei tipi alla Noel e Liam Gallagher, dei simpaticoni del genere. In quanto sprovveduti cazzari, i 5 si recano a Spike Island sprovvisti di biglietto e sperano di entrare al concerto in qualche modo truffaldino, all’italiana insomma. Ce la faranno?

Una cosa che NON ci mancherà degli anni '90: il taglio a scodella.
Questo è un quesito che ci si pone ma, non essendo un thriller, non è certo una domanda fondamentale. L’importante non è tanto quello, quanto il viaggio, il vivere quest’avventura insieme, come amici, come gruppo. Spike Island è un film fortemente musicale, che ha il suo punto forte nel far respirare l’atmosfera di quegli anni. A livello di colonna sonora è, com’è facile immaginare, un inno d’amore nei confronti degli Stone Roses. Se non sapete chi sono, imparerete ad amarli. Se invece già li conoscete, dopo la visione di questo film sentirete le loro canzoni con ancora maggiore trasporto emotivo. Sotto questo punto di vista, è una pellicola perfetta. Laddove Spike Island non riesce a fare il salto di qualità per diventare un cult cinematografico sta in una sceneggiatura troppo prevedibile. Ognuno dei ragazzi della band porta con sé al concerto il suo bagaglio di vita vissuta complicata, c’è chi viene picchiato dal padre e chi invece ha il papà in ospedale in fin di vita, così come tra un paio di membri della band nascerà un conflitto. I membri della band coinvolti sono naturalmente il cantante da una parte e il chitarrista/autore principale delle canzoni dall'altra. Un classico. Un altro classico è il loro essere in conflitto non solo e non tanto per la leadership del gruppo, quanto per una ragazza. E chi è questa ragazza sfasciaband?
Emilia Clarke.
Scusate se è poco.

"Ma quanto sono pucciosa?"

"Khaleesi, sguinzaglia i tuoi draghi e facci entrare al concerto!"
Ecco, se non ve ne frega un cazzo della musica inglese, un più che valido motivo per recuperare questo film è la presenza della Khaleesi, o se preferite ormai Mhysa, sebbene sia qui presente con un ruolo e in abiti del tutto differenti da quelli vestiti e svestiti in Game of Thrones.
Se invece non siete patiti di musica inglese e manco di Game of Thrones, potreste essere interessati a questa pellicola se siete fan delle serie British. Troviamo infatti qui le basi della gang di Rae in My Mad Fat Diary, il bello Nico Mirallegro, qui alle prese con un ruolo più da sfigato, lo scemo Jordan Murphy, che pure qui ha la parte dello scemo di turno, e in una minuscola parte pure la rossa Ciara Baxendale. Inoltre rispondono presente all’appello Elliott Tittensor che è stato per anni interprete del bulletto Carl Gallagher in Shameless UK e inoltre nella vita reale è il fortunello boyfriend di Kaya Scodelario, che pure compare in un cameo. Nel cast della pellicola ci sono quindi anche Antonia Thomas, l’attizzapiselli di Misfits, e Michael Socha, l’amichetto di Alice in Once Upon a Time in Wonderland.

Fan degli Stone Roses, fan di Game of Thrones, fan di My Mad Fat Diary e fan di ciò che è made in UK in generale, ho quindi dato a tutti voi almeno un buon motivo per andare a cercare questo piccolo film inglese. Una pellicola dal forte gusto musicale che, sebbene non possieda lo stesso sapore di un Quasi famosi e sia privo di personaggi, battute o una storia particolarmente originali o memorabili, si lascia guardare con grande piacere e fa venire voglia di scoprire qualcosa di più di quel periodo, i primissimi anni ’90. E, soprattutto, fa venire una gran voglia di mettere su quel primo fenomenale omonimo album degli Stone Roses.
(voto 6,5/10)

lunedì 17 febbraio 2014

WHAT DIFFERENCE DOES IT MAKE, LA DIFFERENZA DI CHI FA MUSICA




What Difference Does It Make – A Film About Making Music
(USA, Germania 2014)
Regia: Ralf Schmerberg
Genere: documentario musicale

What Difference Does It Make è il titolo di un documentario che farà la gioia di tutti gli appassionati di musica. Soprattutto chi la musica la fa, ci prova a farla, e pure chi se la vorrebbe fare. In occasione dell’anniversario dei 15 anni della Red Bull Academy, il regista tedesco specializzato in documentari Ralf Schmerberg ha messo a disposizione il suo talento visivo per un bel docu che ci proietta dentro il suono. Tra concerti, lavoro in studio e performance dove capita, anche giù in metropolitana, la cosa più affascinante di questo What Difference Does It Make? (il titolo è un omaggio a un pezzo degli Smiths) è proprio l’aria che si respira. Aria di musica a pieni polmoni. Questo è il cuore della pellicola.

La parte chiamiamola più razionale, il cervello della pellicola è invece fatta di parole. Tante parole che ci arrivano dai vari cantanti, musicisti e artisti intervistati per l’occasione. Spazio allora ai racconti e alle esperienze di Debbie Harry dei Blondie, a Erykah Badu, Giorgio Moroder, Nile Rodgers, Brian Eno, a un bellissimo Lee ‘Scratch’ Perry, a Richie Hawtin, Q-Tip, Rakim, Skream, a James Murphy ex LCD Soundsystem e producer dell’ultimo album degli Arcade Fire. Una serie di nomi grossi tutti impegnati a fornirci i loro personali resoconti. Lasciando fuori i divismi e le esagerazioni tipici dello showbiz, quello che ne viene fuori è un racconto corale che testimonia una grande passione per la musica. Il pregio di questo lavoro è proprio quello di proporre un sacco di realtà differenti, presentando una grande varietà di modi di rapportarsi alla musica, alla creazione e pure alla vita, attraverso artisti di epoche e generi differenti. Un pregio che può essere visto anche come il limite principale del documentario, che risulta in questo modo leggermente dispersivo. Il suo scopo comunque lo raggiunge. Non fotografare un solo determinato stile musicale, ma un sacco di approcci.
Dove poter guardare questa chicca, una visione consigliata in particolare ai musicomani, ma comunque molto ben realizzata da un punto di vista tecnico-cinematografico e quindi apprezzabile un po’ da tutti?
Sul sito redbullmusicacademy dove sarà visibile in streaming gratuito a partire da domani. Buona visione, allora, e soprattutto buon ascolto.
(voto 6+/10)

venerdì 13 dicembre 2013

SUGAR MAN, IL PIU’ GRANDE MISTERO NELLA STORIA DELLA MUSICA




Sugar Man
(Svezia, UK 2012)
Titolo originale: Searching for Sugar Man
Regia: Malik Bendjelloul
Sceneggiatura: Malik Bendjelloul
Ispirato agli articoli: “Sugar and the Sugar Man” di Stephen “Sugar” Segerman e “Looking for Jesus” di Craig Bartholomew-Strydom
Genere: musicalesistenziale
Se ti piace guarda anche: Velvet Goldmine, Catfish

Chi è Rodriguez?
Se non abitate in Sud Africa o non avete visto il film documentario Sugar Man, molto probabilmente non ne avrete idea. Il consiglio che vi do subito, per primissima cosa, non è allora quello di trasferirvi in Sud Africa, a meno che non ci teniate, bensì è quello di andare a vedervi questa pellicola, questo straordinario documentario. Non importa se non amate i documentari, Sugar Man è comunque imperdibile. Io non sono un fan assoluto del genere documentaristico, preferisco i film recitati, “di finzione”, però ogni tanto capita di imbattersi in un docu-gioiellino e Sugar Man è uno di questi. Perché?

Quella di Rodriguez è forse la storia più incredibile che io abbia mai sentito. In assoluto. Di certo è la vicenda più pazzesca e inverosimile nella storia della musica in cui mi sia mai imbattuto. Pensavo di averne sentiti di tutti i tipi, di aneddoti curiosi e folli sulle rockstar, di racconti sulle incredibili vite dei più grandi artisti dello showbiz musicale, e invece non erano niente in confronto a quanto capitato a Rodriguez.
Su di lui cercherò di dirvi il meno possibile, perché la sua vicenda dovete sentirla raccontare attraverso la pellicola Sugar Man. Il mondo è pieno di belle storie, ma una bella storia da sola non fa un bel film. Invece Sugar Man è anche un gran bel film. Un documentario che però sembra un thriller, che riesce a creare una tensione palpabile e a mettere addosso una curiosità enorme intorno alla figura di questo mistero, il più grande mistero nella storia della musica pop-folk-rock, che si cela dietro al nome di Rodriguez.
Oltre a essere costruito in maniera narrativamente brillante, in grado di tenerti incollato allo schermo manco fossi di fronte a una nuova puntata inedita di Lost, Sugar Man è una pellicola molto ben girata, con una fotografia magnifica e scene di autentica poesia che molti film di fiction fanno fatica a regalare.
L’altra cosa splendida di questo documentario è il suo approccio alla musica. Sugar Man presenta le canzoni di Rodriguez al loro meglio. Le fa assaporare fino in fondo, non con uno stile da videoclip e nemmeno cercando di ricreare in maniera didascalica i testi delle sue songs. Semplicemente, le fa vivere. Una cosa semplice, no?

Proprio la semplicità è la caratteristica che balza subito all’orecchio ascoltando i pezzi di Rodriguez. È anche per questo che il mistero di come non abbia avuto successo è ancora più… misterioso, appunto.
Ci sono un sacco di cantanti e gruppi bravissimi là fuori, e molti non fanno il botto. Uno si chiede il motivo. Perché gli U2, i Coldplay o i Muse sono mostruosamente popolari in tutto il mondo e invece band che sembrano più o meno allo stello livello, o magari sono anche meglio, non se li fila nessuno o quasi? Il più delle volte, se uno va scavare a fondo, riesce a trovare una ragione. Gli U2 ad esempio hanno Bono che è un personaggio, un leader carismatico, uno che riesce a imporsi all’attenzione con la sua parlantina da politicante mista a un’attitudine da rockstar. I Coldplay invece non sono personaggi e spesso e volentieri sono delle autentiche lagne, eppure hanno delle canzoni come “Yellow” o “In My Place” o “Fix You” o “Viva la vida” che sanno arrivare al cuore delle persone. O ancora, i Muse dal canto loro sono tecnicamente mostruosi e vederli dal vivo è davvero un’esperienza.

Questo per semplificare in maniera estrema. Ci sono poi altri fattori che entrano in gioco. A volte basta una canzone che comincia ad andare su un programma di una radio e poi viene suonata pure dalle altre stazioni e poi la senti ovunque, a volte basta un riff di chitarra per farti passare da cult alternative band a gruppo sulla bocca di tutti, come capitato nel 1991 ai Nirvana. A volte, oggi, conta un video che si diffonde in maniera virale sul web. Spesso è fondamentale anche il marketing, dai Sex Pistols che sarebbe difficile immaginare senza il loro manager e “creatore” Malcolm McLaren, alle Spice Girls ideate genialmente a tavolino mettendo insieme 5 tipi classici (più o meno) di donna: la sportiva, l’elegantona che se la tira, la pazza pericolosa, la lolita e la zoccola.


Quello che è mancato a Rodriguez è allora forse quest’ultimo fattore, una strategia di marketing valida all’epoca, nei primissimi anni ’70 quando ha pubblicato i suoi due primi (e unici) album “Cold Fact”, fenomenale album d’esordio, e il secondo anch'esso notevole “Coming From Reality”, che hanno tutti e due venduto pochissimo e quasi nessuno si è filato. È mancato il marketing ed è mancata anche la classica botta di culo che pure quella, in ogni storia di un successo che si rispetti, non può mai essere assente. Giusto questo, è mancato a Rodriguez. Il resto c’era tutto. C’erano le canzoni e c’era il personaggio.

Molti gruppi di nicchia, amati magari dalla critica e da un piccolo zoccolo duro di fan, non riescono ad avere un grande successo perché fondamentalmente gli mancano le hit. Gli mancano quei pezzi in grado di sfondare, di poter essere suonati in radio e di conquistare subito le orecchie e il cuore degli ascoltatori. Non è il caso di Rodriguez. I suoi brani sono semplicissimi, sono diretti, basta un solo ascolto per cominciare ad amarli e sentirli propri, come se fossero sempre esistiti, come se già li conoscessi e facessero parte della tua vita da sempre. La sensazione raccontata nei film romantici, con lui che incontra lei ed “È come se ti conoscessi da sempre!”. È quella sensazione lì che fanno le canzoni di Rodriguez.
I Wonder” ad esempio è un brano pop di presa immediata, con una melodia di quelle che avrebbero potuto scrivere i Beatles e un giro di basso che si incolla in testa istantaneamente.



Altri brani ricordano più Bob Dylan, anche per la notevole qualità dei testi, ma, come dice uno dei produttori di Rodriguez: “Bob Dylan non era al suo livello”. E non è che sia una sparata tanto per. Certe canzoni di Rodriguez, molte canzoni di Rodriguez, Bob Dylan se le può sognare in cartolina, e diciamolo. Con questo non voglio sminuire Bob Dylan o dire che sia sopravvalutato, perché il suo posto di rilievo nella storia della musica se l’è guadagnato tutto. Non voglio sminuire nessuno, voglio solo dire che il nome di Rodriguez non dovrebbe essere seguito da un “Chiiiiiiiiii?”. Il nome di Rodriguez dovrebbe stare lì accanto a quello dei grandi riconosciuti della musica, con Dylan e Jimi Hendrix e i Rolling Stones e i Beatles e tutti gli altri. Quello è il suo posto.

Oltre all’irresistibile “I Wonder”, di canzoni incredibili Rodriguez ne ha tirate fuori un sacco. Cito giusto “Sugar Man”, il title theme della pellicola che suonerebbe alla grande pure in qualunque film di Quentin Tarantino, o “Cause” e “Crucify Your Mind” che sono brani di drammatica bellezza, poesia urbane che ti strappano fuori il cuore dal petto e te lo riducono in pezzettini, o ancora “Street Boy”, un altro pezzo di presa immediata , o una magia come “I’ll Slip Away”, sulle cui note è difficile non farsi venire i brividi.
E poi c’è “I Think of You”, uno di quei pezzi che suoni a una ragazza e lei ascoltandola te la smolla subito. Questo almeno in un mondo ideale, un mondo in cui Rodriguez è una celebrità e le sue canzoni le conoscono tutti a memoria.



Non è il mondo in cui viviamo. In quello in cui viviamo Rodriguez continua a essere un emerito sconosciuto, almeno ai più. E pensare che, oltre alle canzoni, c’era anche il personaggio. Insomma, Rodriguez era un tipo schivo, timido, riservato, uno che cantava con le spalle voltate al pubblico, tutto l’opposto di una rockstar tradizionale in pratica, però in compenso poteva vantare un incredibile alone di mistero intorno alla sua figura, con tanto di leggende riguardo al suo lavoro, alla sua vita, al suo suicidio. Una immagine così enigmatica che è incredibile non sia diventato famoso. Forse perché erano altri tempi. Negli ultimi anni, band come Daft Punk e Gorillaz hanno costruito una parte della loro fortuna proprio giocando sul non apparire, sul nascondersi. Rodriguez questo lo faceva già nei primi anni Settanta, sebbene in maniera inconsapevole.
La cosa più incredibile è che anche adesso niente sembra muoversi più di tanto. I Velvet Underground di Lou Reed ad esempio pure loro se li erano filati in pochi, ai tempi dell’esordio e nonostante avessero uno stratega del marketing come Andy Warhol dietro, eppure con il tempo è stata giustamente riconosciuta la loro importanza, anche perché pezzi come “Sunday Morning” non potevano restare ignorati a lungo. Nonostante l’Oscar vinto dal film Sugar Man, la colonna sonora della pellicola ha però fatto a malapena capolino nella classifica americana, per non parlare dell’Italia dove il film è uscito in 4 sale in croce e in piena estate. Qualcuno in più che lo conosce dopo questa pellicola allora c’è, ma fondamentalmente Rodriguez continua a essere uno nome sconosciuto al grande pubblico e ciò continua a essere un mistero, oltre che un’ingiustizia clamorosa.

Chi è Rodriguez?
Guardate Sugar Man, un film splendido da punto di vista cinematografico, musicale, sociologico e umano, e lo scoprirete. Forse vi suonerò esagerato, ma questo è uno di quei film che vi cambiano la vita. Il Dottore Cannibale vi consiglia quindi di recuperarlo, non domani, non tra una settimana, non tra un mese. Subito. Guardatelo ora. Questo è un film che fa bene alla salute, un film che ti sfama l’anima, ti riempie il cuore, ti fa piangere come un bambino. Non piangere per la tristezza. Ti fa piangere di gioia, per aver visto e sentito qualcosa di splendido, di sincero, di autentico e aver finalmente conosciuto Rodriguez, uno dei più grandi misteri nella storia della musica, uno dei più grandi artisti nella storia della musica.
Guardate Sugar Man, vi cambierà la vita. Non vi farà diventare improvvisamente belli, ricchi e famosi, anche perché sono sicuro lo siate già. Vi cambierà la vita nel senso che, dopo averlo visto, vi chiederete come diavolo avete fatto a vivere finora senza conoscere Rodriguez. È un po’ come vivere senza aver mai sentito i Beatles, i Radiohead o i Nirvana. Le canzoni di Rodriguez vi cambieranno la vita, così come l’hanno cambiata a tutti quelli che l’hanno ascoltato. A tutti, tranne forse a se stesso.
(voto 9/10)



giovedì 30 maggio 2013

UN GRAN VOCIARE DI VOICES




Voices – Pitch Perfect sta per arrivare nei cinema. Si tratta di una pellicola musicale, ma non un classico musical disneyano dove la gente si mette a cantare all’improvviso senza ragione. Qui si mettono a cantare, ma più che altro per sfidarsi a livello canoro, come nel bel Glee dei primi tempi.
Voices è insomma una commedia musicale molto frizzante e divertente di cui vi avevo già parlato nella mia recensione di qualche tempo fa e a partire dal 6 giugno arriva anche nelle sale cinematografiche nostrane.


In occasione del lancio italiano della pellicola, potete partecipare a un’iniziativa davvero troppo simpa. Andando sulla pagina Facebook del film, potete registrare una demo vocale per entrare a far parte delle Bellas, il gruppo di Anna Kendrick, Anna Camp, Rebel Wilson e delle altre protagoniste della pellicola.


Non avendo grandi doti canore, non parteciperò a questo concorso, ma a un’altra iniziativa legata alla pellicola.
Un Riff-Off, ovvero un botta e risposta a suon di canzoni, sullo stile della seguente scena del film.



Per l’occasione, io sfoggio un pezzo dalla colonna sonora della pellicola, rappato nel film da una in formissima Anna Kendrick. Si tratta di “No Diggity”, pezzo hip-hop super figoso firmato dai Blackstreet con la partecipazione straordinaria di Dr. Dre e Queen Pen. Check it out.



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