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martedì 23 settembre 2014

FRANKIE, VALLI A VEDERE TE I MUSICAL DI BROADWAY





Jersey Boys
(USA 2014)
Regia: Clint Eastwood
Sceneggiatura: Marshall Brickman, Rick Elice
Cast: John Lloyd Young, Vincent Piazza, Erich Bergen, Michael Lomenda, Christopher Walken, Renée Marino, Kathrine Narducci, Steve Schirripa, Freya Tingley
Genere: musicale
Se ti piace guarda anche: La bamba, Ray, Quando l'amore brucia l'anima – Walk the Line, Not Fade Away, Quasi famosi, Volare, Quei bravi ragazzi

Una cosa che mi piace di Clint Eastwood è il suo continuo uscire dagli stereotipi.
Mi piace il modo in cui un repubblicano vecchio stampo come lui ha trattato in maniera aperta e intelligente il tema dell'eutanasia in Million Dollar Baby e la questione razziale in Gran Torino.
Mi piace il fatto che il texano dagli occhi di ghiaccio noto per i suoi ruoli da duro e puro abbia girato uno dei film più smielati di sempre come I ponti di Madison County, per quanto quel film non mi sia piaciuto.
Mi piace immaginarmi il vecchio rude Clint tra il pubblico di Broadway mentre si commuove ascoltando le canzoncine commerciali anni '50 proposte dal musical Jersey Boys, in maniera analoga a quanto fa Christopher Walken nell'adattamento cinematografico.
Mi piace l'idea di Eastwood che, all'età di 84 anni, tenta ancora strade nuove e questa volta si cimenta con la trasposizione di un musical, un genere con cui si era confrontato solo nel lontano 1969, come attore ne La ballata della città senza nome.

Mi piace la prima parte della pellicola Jersey Boys, che racconta l'ascesa al successo dello scugnizzo Frankie Valli come cantante di un quartetto vocale che cambia più volte nome, fino a diventare i The Four Seasons. Si tratta di un romanzone di formazione classico, vagamente alla Scorsese, in cui le organizzazioni criminali mafiose fanno giusto da sfondo alla vita del parrucchiere aspirante cantante Frankie e un grande spazio viene affidato alla musica. Un biopic molto tradizionale, d'altra parte a Clint Eastwood non è che si chieda innovazione registica, che ricorda molti altri film musicali ma che possiede un buon ritmo, ben più sostenuto di altre pellicole retrò macchinose firmate dal regista come J. Edgar o il soporifero Changeling.

Mi piace meno la seconda parte della pellicola. Questo genere di storie dedicate a band e musicisti, di cui come esempi posso citare Ray, La bamba, Great Balls of Fire, Not Fade Away, Quasi famosi e Quando l'amore brucia l'anima – Walk the Line, tanto per dirne alcuni che Jersey Boys a tratti riecheggia, di solito è diviso in due tempi: l'ascesa e poi il declino. L'ascesa come detto è raccontata in maniera gradevole, anche se purtroppo manca quasi del tutto la componente sesso, droga & rock'n'roll, visto che il sesso è rappresentato in una maniera pudica che manco Steven Spielberg, la droga è una tematica che resta molto marginale, mentre di rock'n'roll nel pop sbarazzino di Frankie Valli & soci non vi è neanche l'ombra. I The Four Seasons possono semmai essere visti come i padrini dei gruppi vocali in stile New Directions della serie tv Glee, per non dire i Neri per Caso, e pure delle boy-band, considerando il modo di esibirsi in pubblico vestiti tutti uguali e accennando persino delle mosse di ballo. Nonostante la storia del gruppo appaia come una versione edulcorata di quella di una rock band, il tutto si lascia seguire con piacevolezza.
La grave pecca sta allora nella seconda parte, quella del declino. A mancare qui sono le emozioni forti. Il vero drama tipico di questo genere di storie. Sì, c'è un momento triste legato a un famigliare di un membro della band, non vi spoilero chi, però si tratta di un personaggio che pare buttato lì in mezzo a casaccio tanto per suscitare un po' di commozione. C'è anche il contrasto tra Frankie e un altro del gruppo, il gangsta Tommy, però niente che coinvolga più di tanto. Il film non riesce a decollare mai davvero e nella parte conclusiva si spegne progressivamente, finendo nella sua eccessiva durata per annoiare un pochino. Ho detto un pochino io che in questo genere di storie ci sguazzo e di biopic su musicisti e gruppi me ne sparerei uno al giorno, ma i meno appassionati potrebbero pure annoiarsi non solo un pachino, ma parecchio.

"Non mi piace quello che dice Cannibal su di me.
Penso che me ne andrò a piangere..."
Mi piace ancora meno quello che è il vero grande problema di questa pellicola non brutta, solo incapace di lasciare il segno. Clint Eastwood ha peccato di eccessiva fedeltà nei confronti del musical cui si è ispirato. O almeno così sembra. Io il musical Jersey Boys non l'ho visto. Non sono mai stato a Broadway e anche se ci andassi probabilmente non lo guarderei. L'impressione viene però fuori già solo andando a vedere il cast. Clint, oltre che gli stessi sceneggiatori, ha reclutato per lo più gli stessi interpreti dello spettacolo originale, ormai invecchiati di una decina d'anni rispetto alle prime rappresentazioni e quindi un po' fuori parte. Al di là di una questione anagrafica, ciò che funziona su un palco di Broadway non necessariamente funziona al cinema. Si veda Les Miserables. In quel caso il peso principale del film era che gli attori cantavano tutto, ma proprio TUTTO il tempo, cosa che per un musical visto a Broadway va bene, mentre visto su pellicola diventa una cosa difficile da reggere. Qui per fortuna non è così. I personaggi non si mettono a cantare invece di parlare. Le canzoni sono presenti quando i Four Seasons si esibiscono nei locali o in tv, o quando registrano in studio.
A non funzionare sono gli interpreti, fatta eccezione per Vincent Piazza, già visto nella serie Boardwalk Empire, l'unico del cast che sembra poter avere un futuro cinematografico, sebbene con quella faccia rischi di rimanere intrappolato nello stereotipo dell'italo-americano a vita. Gli altri tre Four Seasons invece non bucano lo schermo. Michael Lomenda è del tutto anonimo e il suo personaggio Nick è inutile, mentre Erich Bergen, che veste i panni dell'autore delle canzoni della band, sembra la versione inespressiva del nostro Alessio Boni. Il peso maggiore grava però sulle spalle del protagonista principale. Sono sicuro che John Lloyd Young a Broadway sia stato bravissimo e si sia meritato di vincere il prestigioso Tony Award, ma come attore cinematografico non funziona. Non ha carisma. Gli manca l'X-Factor filmico. Inoltre la sua voce è piuttosto fastidiosa e non rende giustizia al vero Frankie Valli, un po' come la pallida imitazione di Beppe Fiorello non era in grado di riportare in vita il ricordo del vero Domenico Modugno nella fiction Rai Volare.



Mi spiace allora per Clint Eastwood, ma ha fatto l'errore di apprezzare il musical in maniera eccessiva e di non averlo voluto cambiare più di tanto. Il cinema, un veterano come lui dovrebbe saperlo, funziona in maniera differente da uno spettacolo teatrale e il suo film finisce per essere troppo Broadway e poco Hollywood. Si veda il finale. La classica scena che a teatro è l'occasione per il cast di prendersi gli applausi, e magari la standing ovation del pubblico, e che invece in una sala cinematografica fa solo andare via gli spettatori mesti e con la faccia delusa del “Tutto qui?”.
(voto 6/10)

domenica 31 agosto 2014

FOXFIRE – RAGAZZE CATTIVE, FILM TROPPO POCO CATTIVO




Foxfire – Ragazze cattive
(Francia 2012)
Titolo originale: Foxfire
Regia: Laurent Cantet
Sceneggiatura: Robin Campillo, Laurent Cantet
Tratto dal romanzo: Ragazze cattive di Joyce Carol Oates
Cast: Raven Adamson, Katie Coseni, Madeleine Bisson, Claire Mazerolle, Ali Liebert, Paige Moyles, Rachael Nyhuus, Lindsay Rolland-Mills, Alexandria Ferguson, Joris Jarsky
Genere: femminista
Se ti piace guarda anche: Mona Lisa Smile, Ragazze interrotte

Le girl band in questo periodo vanno fortissimo: Spice Girls, All Saints, TLC, Destiny’s Child…
Ah no, quelli erano gli Anni Novanta!
I gruppi al femminile nell'ultimo decennio sono però tornati di moda, se non in ambito musicale, almeno in quello cinematografico. Abbiamo visto gang di ragazze in Death Proof – A prova di morte di Quentin Tarantino, quindi le tipe sgnacchere di Sucker Punch e quelle hipster di Damsels in Distress – Ragazze allo sbando. Negli ultimi mesi stanno poi andando davvero alla grande, tra le zoccolette post-disneyane di Spring Breakers e le tope d’appartamento fashioniste di Bling Ring. In quest’ultimo caso sì, vabbé, nel gruppo c’è anche un ragazzo, però è un po’ come per le Hole: avevano un chitarrista uomo, però per tutti erano comunque LE Hole perché la parte femminile era predominante.
Alle girls citate adesso si aggiungono pure le Foxfire. In realtà, le Foxfire sono state un po’ le antenate delle ragazze criminali di Spring Breakers e Bling Ring. Le Foxfire erano un gruppo di sbandate, delle bullette in una cittadina di periferia degli USA anni ’50. Più che bullette, erano delle femministe ante litteram, delle paladine nella difesa dei diritti delle donne, vendicavano gli stupri, i tentativi di stupro, e in generale le violenze e i sorprusi nei loro confronti. Erano delle tipe interessanti. Pericolose, ma interessanti.

"Uomini, attenti! Siamo troppo delle dure!"
"Ok, ma adesso possiamo tornare a cantare le canzoni di Justin Bieber in coro?"
La loro storia è raccontata dalla scrittrice americana Joyce Carol Oates nel suo libro Foxfire: Confessions of a Girl Gang, uscito in Italia con il titolo Ragazze cattive. Questo nuovo Foxfire non va però confuso con l’omonimo film del 1996 con Angelina Jolie. Magari quello è un capolavoro, ma già solo perché c’è la Jolie io lo eviterei a priori.
A riportare su grande schermo il romanzo della Oates questa volta è un francese, Laurent Cantet, alle prese con il suo primo film in lingua inglese. Cantet arriva dalla Palma d’Oro vinta nel 2008 con La classe, una pellicola con uno stile vicino al documentario quasi tutta ambientata tra le mure di una scuola parigina contemporanea. Questa volta il regista francese cambia del tutto ambientazione, si trasferisce negli Stati Uniti e in più torna indietro nel tempo fino agli anni ’50. A cambiare è anche lo stile adottato. Cantet abbandona le riprese simil-documentariste e si getta in pieno in una fiction dal sapore di cinema americano classico. Di francese c’è ben poco, a parte giusto qualche invettiva contro il capitalismo, per il resto sembra una copia spudorata di una pellicola a stelle e strisce. Della sua celebrata opera precedente rimangono alcune riprese, quelle ambientate all’interno del liceo, e una certa “chiusura” nel tipo di protagonisti scelti. Laddove La classe era rinchiuso tra le mura di una… classe, appunto, questo film racconta di un gruppo altrettanto chiuso, quello della girl gang delle Foxfire. Ogni tanto viene accettata qualche nuova ragazza, ma fondamentalmente si tratta di una band esclusiva, che agisce all’infuori delle regole del resto del mondo. Le Foxfire sono un pianeta a parte e seguono solo i dettami della loro leader, Legs Sadowsky (Raven Adamson). Un gruppo che parte con una serie di buone intenzioni, che però poi si scontreranno con la dura realtà, non sempre in maniera positiva. In pratica, sono come il Movimento 5 Stelle in versione femminista.

"Uomini, guardate qua che picnic da cattive ragazze che stiamo facendo!
Ve la state già facendo sotto, vero?"
Le Foxfire sono delle grandi, la loro storia è affascinante, l’ambientazione anni ’50 pure e le giovani attrici quasi tutte esordienti o quasi sono bravissime e da tenere d’occhio, in particolare la leader interpretata da Raven Adamson, la sexy rossa Madeleine Bisson, l’altra rossa più innocente Katie Coseni e la cicciotta Claire Mazerolle. Eppure non ci troviamo di fronte a un film particolarmente esaltante e la colpa è proprio del regista. Cantet a questo giro dirige in maniera molto anonima, direi quasi televisiva, non fosse che ormai molte produzioni tv sono girate in maniera stratosferica. In più, le vicende delle Foxfire diventano presto ripetitive, la musica degli anni ’50 avrebbe potuto essere usata molto meglio, il film non ha ritmo, si dilunga troppo e le 2 ore e mezzo di durata si sarebbero potute sforbiciare di una mezz’ora, ma facciamo anche di un’oretta.
La storia eccitante, pericolosa e vissuta sempre oltre il confine della legalità delle Foxfire avrebbe meritato una pellicola meno tradizionale e più sporca. Più cattiva. Questo è il problema del film: le vicende di una gang di ribelli raccontate in una maniera così convenzionale?
Non si fa, Cantet, non si fa. Se le vere Foxfire guardassero la tua pellicola, saprebbero loro come sistemarti. Bang.
(voto 5,5/10)

domenica 9 giugno 2013

CRAI BABY


Cry Baby
(USA 1990)
Titolo originale: Cry-Baby
Regia: John Waters
Sceneggiatura: John Waters
Cast: Johnny Depp, Amy Locane, Iggy Pop, Traci Lords, Susan Tyrrell, Polly Bergen, Ricki Lake, Stephen Mailer, Darren E. Burrows, Willem Dafoe
Genere: rockabilly
Se ti piace guarda anche: Grease, The Loveless, The Rocky Horror Picture Show

One, two, three o'clock, four o'clock rock,
five, six, seven o'clock, eight o'clock rock,
nine, ten, eleven o'clock, twelve o'clock rock,
we're gonna rock around the clock tonight!

Nooo, non siete finiti su Virgin Radio con la sua ultima hit, non avete sbagliato posto, è proprio il vostro Dj Cannibal Kid che vi sta parlando, qui, in diretta, live su Radio Pensieri Cannibali, oh yeah.
Sentite un po’, oggi vi presento Cry Baby, una novità assoluta, l’ultimo film con Johnny Depp

Aspettate, mi avvertono dalla regia che abbiamo una chiamata, scusate per l’interruzione.
Pronto, ciao bello, dicci tutto:
Cry Baby non è un film nuovo. È vecchio come il cucco e poi…
Oops, scusa bello, devo aver fatto confusione con le date, comunque che altro volevi dirmi?
E poi Rock Around the Clock è ancora più vecchia del cucco, coglione!
Ok, grazie bello per le precisazioni fatte in maniera molto educata ma non è colpa mia, su Virgin Radio me l’hanno spacciata come la nuova hit del momento, quindi sorry a tutti gli amici in ascolto e mi confermano dalla regia che in effetti no, “Rock Around the Clock” non è un pezzo nuovo, lo so, sono shockato anch’io.
Anyways, amici belli in ascolto, andiamo avanti.

"Chissà perché mi chiamano Cry-Baby? Sono mica un piagnone..."
Cry Baby, dicevo, un film non nuovo bensì del 1990 e ambientato ancora più indietro nel tempo, pensate un po’ che storia, fino agli anni ’50. Gli anni ’50 del primo rock’n’roll, oh yeah guys, avete capito bene. Il rock’n’roll è ancora vivo e vegeto, alive and kicking, solo qui su Radio Pensieri Cannibali, dove vi teniamo compagnia 24 ore su 24 con musica, parole e tanta pubblicità.
Perché vi consiglio di guardare Cry Baby, amici belli in ascolto? Perché è il non plus ultra del rockabilly. Cioè, in questo film vi potete beccare un sacco di tipi stilosissimi vestiti in perfetto stile rockabilly, con i capelli brillantinati all’indietro e la banana alla Elvis the Pelvis in Memphis Presley. Oh yeah guys, sto parlando proprio di lui, The King. The one and only, you know what I mean? No? Manco io, stavo solo sputando fuori frasi random in inglese perché fa tanto deejay figo one nation one English lesson.
Tra questi tizi rockabilly super figosi c’è anche lui, il più figo di tutti.
Elvis the Melphis in Memphis Presley?
No, non lui. Diciamo allora il secondo dei più fighi figosi di tutti, Johnny Depp!

"Davvero non si spiega perché continuano a chiamarmi Cry-Baby..."
Sì, proprio lui. L’attore rock’n’roll per eccellenza. Quello che si è ispirato a Keith Richards per il suo Jack Sparrow nei Pirati dei Caraibi e ha vagamente imitato il re del pop Michael Jackson nella sua versione di Willy Wonka. That’s right, guys! Questa è la sua prima storica performance rock’n’roll dove veste i panni proprio di Cry Baby, il personaggio title track, il protagonista della simpatica pellicola. E il Johnny che di sicuro ci sta sentendo in questo momento live su Radio Pensieri Cannibali, quindi lo saluto, è un mio amico, ciao Johnny, è proprio in parte. Lui è nato per fare il rocker, è anche un ottimo chitarrista, ha suonato su alcuni dischi di suoi altri amici rocker oltre a me come gli Oasis e Marilyn Manson. Proprio un tipo giusto, uno rock, no? E quindi se la cava alla stragrande, anche se va detto che i pezzi in cui Cry Baby canta non sono interpretati proprio da lui, Johnny, bensì dal cantante rockabilly James Intveld, così come i brani cantati dalla protagonista femminile, Amy Locane, in realtà non sono interpretati dalla protagonista femminile bensì dalla singer Rachel Sweet, oh, che dolce! Ma a proposito di Amy Locane, in questo film sembrava la sorella maggiore di Kirsten Dunst e poi che fine ha fatto? Mah! Amy, se sei in ascolto anche te di Radio Pensieri Cannibali, chiamaci e facci sapere come ti vanno le cose nella vita, che ci manchi. Ciao Amy, e ciao piccolo Tony, anche tu ci manchi.

Perché ho parlato tanto di cantare? Perché questo film è una specie di musical. Se odiate i musical, non preoccupatevi. I momenti musicali non sono tantissimi, non hanno il sopravvento sul resto e soprattutto non sono stracciapalle come quelli di Les Miserables. Sono anzi dei momenti molto figosi e molto rock’n’roll. You know what I mean? No? E allora ve ne faccio sentire uno, qui, in diretta solo su Radio Pensieri Cannibali.



Uh Johnny, che voce aauh! Volevo dire… James Intveld, che voce!
Visto? Sentito? Ve l’avevo detto che i momenti musicali non sono una mazzata sulle palle. Sono in verità tra i momenti forti del film. Non ci credete ancora? E allora ve ne propongo un altro, miscredenti.



"Al rogo Pensieri Cannibali."
Niente male, vero?
Se vi aspettavate un Grease parte seconda, a parte che esiste veramente e ha come protagonisti tale Maxwell Caulfield e Michelle Pfeiffer al posto di John Travolta e Olivia Newton-John, questa è un’altra storia. Una storia rock and roll, ok guys? Cry Baby è più che altro una quasi parodia di Grease e, nonostante il titolo, più che piangere, si ride, o, se preferite, si piange dal ridere. La pellicola è infatti firmata da John Waters, quel matto di John Waters, amici belli in ascolto. Un pazzo totale, il re dei freaks, regista di cult movies come Mondo Trasho, e poi di altre spassose genialate come La signora ammazzatutti, Pecker e A morte Hollywood!, così come anche di un altro musical come Grasso è bello - Hairspray. Uno sempre dalla parte dei diversi, degli outsiders, degli strambi e anche questo Cry Baby è un inno alla diversità, uno sfottò all’omologazione, un ennesimo sberleffo ricco di ironia firmato da John Waters, signori e signore, ladies & gents, girls & boys.
Un film in pratica che non può mancare nella collezione di ogni rockabilly che si rispetti, oltre che una pellicola perfetta semplicemente per chi vuole godersi una visione divertente e rock’n’roll, quindi andate a procurarvelo. Ultima curiosità: tra gli attori del cast ci sono pure l’ex pornostar Traci Lords, più Willem Dafoe, già protagonista del film rockabilly di Kathryn Bigelow The Loveless, più la tipa con la faccia più strana del mondo Kim McGuire, e poi c’è Iggy Pop. Sì, l’Iguana in persona, that’s right. Che altro aspettate ancora a vedere questo Cry Baby? Io adesso vi saluto e, visto che Rock Around the Clock mi hanno fatto notare che può suonare un po’ datata, non so bene perché, vi lascio in compagnia di una band rock’n’roll di giovanissimi, i One Direction. Buon ascolto!
(voto 7+10)

"I One Direction? Evvai!"

Dj Cannibal Kid è stato immediatamente licenziato. Ci spiace, fans dei One Direction, ma al loro posto Radio Cannibale vi propone un’altra song dalla pellicola Cry Baby. Vai Johnny!



Questo post è stato pubblicato anche sul sito rock'n'roll L'OraBlù, in compagnia del nuovo mitico poster realizzato dal grafico numero 1 in the world, Mr. C[h]erotto, oh yeah!



Non è finita qui! Questo post partecipa inoltre alle celebrazioni del Johnny Depp Day.
Il Depp oggi proprio oggi, compie 50 anni, ebbene sì, portati direi più che bene. That's right.
Ai festeggiamenti partecipano anche i seguenti mitici, quasi tutti mitici blog:

50/50 Thriller
Bette Davis Eyes
Bollalmanacco di cinema
Combinazione casuale
Criticissimamente
Director's cult
Era meglio il libro
Il Cinema spiccio
In central perk
Montecristo
Movies Maniac
The Obsidian Mirror
Triccotraccofobia
Viaggiando (meno)
White Russian Cinema


mercoledì 5 giugno 2013

TUTTI PAZZI PER CHI BATTE (A MACCHINA)


Tutti pazzi per Rose
(Francia 2012)
Titolo originale: Populaire
Regia: Régis Roinsard
Sceneggiatura: Régis Roinsard, Daniel Presley, Romain Compingt
Cast: Déborah François, Romain Duris, Bérénice Bejo, Frédéric Pierrot, Shaun Benson, Miou-Miou, Caroline Tillette, Mélanie Bernier
Genere: retrò
Se ti piace guarda anche: Abbasso l’amore, We Want Sex, Scoop

"Hey fanciulla, cosa fai nella vita?"
"Batto."
"Mooolto piacere di conoscerti!"
Tutti pazzi per Rose parla di una gara per segretarie a chi batte a macchina più veloce. Raccontato così, mi rendo conto non sia lo spunto di partenza più entusiasmante del mondo per una pellicola. Attira giusto un pochino più di quelli là, i guarda-uccelli, gli appassionati di bird-watching di Un anno da leoni, ma per il resto è un’idea non troppo appealing. La cosa importante di una storia non è però tanto cosa racconta, ma come lo racconta. Holly & Benji non era appassionante perché parlava di calcio. Spesso e volentieri pellicole e serie sul pallone fanno pena. Holly & Benji era figo per quei suoi campi lunghi (e non intendo nell’accezione cinematografica del termine), per quei primi piani (e qui intendo nell’accezione cinematografica del termine) alla Sergio Leone, per quelle partite che potevano andare avanti per delle settimane, altroché 90 minuti.

"Smettila di chiamarmi Luca Argentero, tipa di The Artist."
Tutti pazzi per Rose non è figo quanto Holly & Benji, sia chiaro. Per chi come me è cresciuto insieme a loro, quasi niente nella vita si sarebbe poi rivelato entusiasmante quanto Holly & Benji, se non giusto poche cose come il sesso e i film di Quentin Tarantino. Tutti pazzi per Rose riesce però a essere un film avvincente, nonostante la sfida su chi batte a macchina da scrivere in maniera più rapida non sia sulla carta una di quelle gare su cui giocarsi lo stipendio in sala scommesse. Come ci riesce? Potere del cinema francese, che continua a regalare soddisfazioni anche nel campo delle commedie.
Una parte del fascino emanato da questa pellicola troppo carina caruccia sono l’ambientazione e le atmosfere. La vicenda si svolge nel 1958 e i toni sono proprio quelli da comedy romantica del periodo 50s/60s, quelle con Audrey Hepburn, quelle belle romcom de 'na vorta che oggi così non se ne fanno più, non se ne fanno. Molto piacevoli anche le musiche di accompagnamento, tra cui svetta il “Cha cha cha della segretaria” in versione francese, che poi è uguale alla versione italiana, mentre il tema musicale principale fa sorridere perché ricorda molto da vicino quello della pubblicità del Beltè, più buono non ce n’è… sì, proprio quello.

"Merci beaucoup pour les compliments, garçon cannibales. Salutations de 1958."
Il punto di forza principale della pellicola è però la protagonista. Rose Pamphyle è una ragazza cui non interessa sposare il più gallo del paese e decide di andare in città in cerca di fortuna. Da lì partirà la sua carriera come segreteria e poi, dietro l’incoraggiamento del suo datore di lavoro, visto che l’unica cosa in cui è brava è battere (a macchina), comincerà una carriera da velocista nella battitura (a macchina). Una storia di emancipazione femminile non troppo distante dal britannico We Want Sex, ma l’attenzione in questo caso è più spostata sulla competizione agonistica, più tesa di quanto si potrebbe immaginare e con tanto di allenamenti alla Rocky, e sui risvolti sentimentali della storia.
Poteva mancare la storiona d’amore? Eh no, dai. Ve l’ho detto che è una romcom. Il film viaggia comunque su binari spediti e non percorre sentieri troppo melensi. Merito come detto della protagonista, interpretata dalla sempre più brava (e bella) Déborah François, attrice de L’enfant e del notevole Le premier jour du reste de ta vie. Una tipa dolce e tosta allo stesso tempo che mi ha ricordato, non so bene perché, sarà per la sua determinazione, le protagoniste dei film dello Studio Ghibli come la streghetta Kiki o la piccola Arrietty.

Ottimo anche il resto del cast, con Romain Duris (Il truffacuori, L’appartamento spagnolo, Tutti i battiti del mio cuore) che sembra una versione francese e capace a recitare di Luca Argentero, più Bérénice Bejo (The Artist), appena premiata come migliore attrice all’ultimo Festival di Cannes per Le passé di Asghar Farhadi, e Frédéric Pierrot dalla super consigliata serie tv francese Les Revenants.
Bravi, bravissimi loro, piacevolissima e adorabilissima la pellicola, però il titolo italiano di questo Populaire per una volta è azzeccato: alla fine della visione, si rimane Tutti pazzi per Rose. E tutti pazzi per Déborah François.
(voto 6,5/10)

Recensione pubblicata anche su The Movie Shelter.


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