martedì 13 marzo 2018

Serie tv d'inizio 2018: cosa correre a vedere e cosa correre a evitare





Le serie tv di questo primo scorcio di 2018 che è bene iniziare e quelle che magari anche no, selezionate con amore e con odio appositamente per voi da Pensieri Cannibali.



Cosa evitare


The Assassination of Gianni Versace: American Crime Story


La delusione seriale di questo inizio d'anno. Anzi danno.
C'è chi diceva che se la nuova stagione di American Crime Story fosse stata bella anche solo un decimo di The People v. O. J. Simpson ci saremmo trovati di fronte a una gran serie. Peccato non sia bella manco un centesimo rispetto a quella.
Diciamo subito che si parte da una vicenda un po' meno iconica rispetto a quella di O. J. Simpson, che ha rappresentato il fatto di cronaca probabilmente più clamoroso nella storia recente degli Stati Uniti. Le carte in mano per fare una serie della Madonna Ryan Murphy ce l'aveva comunque tutte: l'ambiente glamour della moda anni '90, il sottotesto gay, un serial killer totalmente fulminato e imprevedibile. Tutto questo, o quasi, è stato mandato alle ortiche. La storia di Gianni Versace si risolve in un biopic di livello inferiore a quelli delle Rai Fiction. Basti vedere la recente Fabrizio De Andrè – Principe libero che, pur partendo con lo stesso handicap di un protagonista con un accento non proprio fedele al personaggio originale, è molto più curata, sentita ed emozionante. Bisogna poi chiudere un occhio sul fatto che Penélope Cruz è troppo figa per essere credibile nella parte di Donatella Versace – che sì negli anni '90 era meglio di adesso , ma con Penélope Cruz non c'entrava comunque una (Valeria) mazza.

"Penélope, sei talmente figa che mi ti farei anche se sono gay e sono tuo fratello."

Bisogna inoltre cercare di evitare di far polemica perché hanno preso quasi tutti attori ispanici per ruoli di italiani, a parte Giovanni Cirfiera nei panni di Santo Versace la cui presenza è per altro piuttosto irrilevante, sebbene sia come ingaggiare un giapponese nella parte di un cinese, e perciò non è una cosa proprio ok.
Bisogna quindi cercare anche di non pensare al fatto che, in una serie intitolata The Assassination of Gianni Versace, quando dopo i primi due episodi Gianni Versace & family spariscono di scena, l'interesse inevitabilmente cala.
Persino la tematica gay è rappresentata sottotono. Da Ryan Murphy era lecito aspettarsi qualcosa di più kitsch, di più vistoso, di più glam. Invece i toni scelti sono troppo seriosi. Non che quelli di The People v. O. J. Simpson non lo fossero, però c'era un maggiore spazio per gli elementi della pop culture. Un elemento di pop culture comunque qui c'è, si chiama Ricky Martin, peccato che già non sia un granché a cantare, figuriamoci a recitare.

"I'm not livin' la vida loca right now."

Quello che resta è allora più che altro la storia di un assassino, interpretato da un Darren Criss in effetti strepitoso e che rappresenta la cosa migliore di questo ammasso di confusione.


Peccato che il suo personaggio sia giusto un Patrick Bateman di serie B e anche la curiosità nei suoi confronti ben presto naufraghi insieme a una serie dai ritmi troppo lenti e sonnachiosi, che ricordano l'unico altro prodotto di Ryan Murphy che non avevo, e non ho ancora digerito: Feud. Il destino di entrambi ahimé è stato lo stesso: tutt'e due abbandonate per noia.


Altered Carbon

Con un immaginario visivo e narrativo a metà strada tra Matrix e Blade Runner 2049, Altered Carbon si candidava a essere la serie sci-fi più figa mai vista sul piccolo schermo, o qualcosa del genere. Tutti però sono capaci a candidarsi e a fare grandi promesse della vigilia. Il problema è mantenerle. Già i primi minuti action con combattimenti in stile Wachowski Bros, pardon Wachowski Sisters con 20 anni di ritardo non è che promettessero granché bene. Già il caso thriller presentato non è che entusiasmasse più di tanto. Se a ciò aggiungiamo un protagonista molto discutibile, il disastro è servito. Colpa di un Joel Kinnaman che, dopo The Killing, ha avuto un'evoluzione fisica notevole, tanto quanto un'involuzione recitativa altrettanto impressionante: più si è pompato i muscoli, più è diventato inespressivo. Sarà un caso?

"C'ho i muscoli! Che mi frega di avere anche delle espressioni?"

Il suo personaggio ogni tanto tira fuori qualche battuta da action hero anni '80 che fa ghignare, ma poco altro, e gli altri personaggi sono abbastanza dimenticabili. Si salva a malapena - ma non ne sono del tutto sicuro - giusto la sbirra latino-americana Martha Higareda in versione Jenny from the future block.


Il cattivone ambiguo di turno è invece interpretato dal solito cagnesco James Purefoy che già nella serie The Following più che incutere timore, incuteva grandi risate.


I personaggi e gli attori sono così così, la storia non decolla, resta giusto un livello visivo buono e qualche trovata futuristica discreta, però è comunque troppo poco per non far apparire fantascientifica l'ipotesi di una promozione di Altered Carbon qui su Pensieri Cannibali.


Britannia

C'è subito chi ha paragonato Britannia a Game of Thrones...
Okay, specifichiamo. C'è subito chi ha paragonato Brittania a una brutta copia di Game of Thrones. Le cose però non stanno proprio così. Siamo più dalle parti di una brutta copia di Vikings. Nemmeno troppo terribile, meglio precisare pure questo. Per chi è appassionato di serie storiche, questa versione seriosa dei druidi stile Asterix e Obelix potrebbe anche non essere troppo male. Per tutti gli altri non appassionati di serie storiche - ovvero le persone normali - resta giusto la curiosità di vedere Fortunato Cerlino (don Pietro Savastano di Gomorra - La serie) in una nuova produzione internazionale dopo Hannibal, e soprattutto le due belle gnoccolone di turno: la rossa Kelly Reilly e la mora Annabel Scholey, già Contessina ne I Medici.



The Alienist

Lo dico subito: The Alienist non è una serie sugli alieni.

 NOOOOOOOOOOOOOO!
Che delusione!


The Alienist parla di tutt'altro.
Nel 19° secolo si pensava che le persone che soffrivano di malattie mentali fossero alienate dalla loro vera natura. Dunque, gli esperti che studiavano la loro condizione erano conosciuti come 'alienisti'”.
Così recita la scritta d'apertura della serie. Quindi qui si parla di malattie mentali. Bene. Meglio ancora degli alieni!


Peccato che poi, a ben vedere, più che una serie dai contorni folli, si riveli la solita roba crime poliziesca dalle tinte gotiche in stile La vera storia di Jack lo squartatore o Edgard Allan Poe dei poveri e la noia presto – diciamo dopo 5 minuti – cominci a fare capolino.

Per quanto riguarda il cast, non troppo in parte nelle parti dell'alienista protagonista risulta Daniel Brühl, così come Dakota Fanning si conferma sempre più la copia sciapa della ben più interessante sorellina Elle Fanning.

"Il pessimo Pensieri Cannibali parla male di me? Meglio berci su."

A tirare su il morale ci pensa Luke Evans, che già era risultato la cosa migliore dell'orripilante La bella e la bestia, ma è comunque troppo poco.
Aridatece gli alieni veri e propri!

"Un brindisi al mitico Pensieri Cannibali che parla bene di me."


Good Girls

As once Nicoletta Romanoff said in a Gabriele Muccino's movie, Remember Me, My Love - Ricordati di me: “Le brave ragazze vanno in Paradiso, io voglio arrivare dappertutto”, translation: “Good girls go to Heaven, I wanna go everywhere”. Good Girls is a tv series that tells the story of a group of friends, a group of good girls who turn bad, when life turns bad for them. In a sort of feminine version of Breaking Bad, they decide to become criminals for the good of their own families. They need money, a looot of money, and so they don't cook meth, but they rob a supermarket. This is the start of a brand new life for them, a very dangerous one, while honestly for us viewers their brand new life is not that interesting. Sorry, girls.
Good Girls is a comedy, but not a very funny one, and it's a pleasure to see again Christina Hendricks from Mad Men and Mae Whitman from Parenthood, but their characters are not very good. Not very good written, I mean. So, you can watch this show just to get to sleep or as a little guilty pleasure.
Good girls go to Heaven, it's true, but if you're looking for a good series, go elsewhere!



Cosa provare a vedere


Romanzo famigliare

Le fiction Rai non sono per tutti. Ci vuole pelo sullo stomaco per cominciarne una. Superata la diffidenza iniziale, in taluni casi possono regalare delle discrete soddisfazioni. È il caso di Romanzo famigliare, una serie in 12 episodi visibili in streaming su RaiPlay, se vi siete persi la “diretta” su Rai 1, che convince subito dalle malinconiche note della sigla d'apertura “Tu non sai” interpretata da Nada, e che ha tutti i pregi e i difetti di produzioni del genere. Un pregio e allo stesso tempo un difetto è per esempio l'intensità notevole, persino eccessiva, nella recitazione. Una passionalità tipicamente mediterranea che non si vede certo nei più compassati colleghi inglesi. Figuriamoci in robe algide come la crucca Dark. In questo turbinio di passioni, in mezzo ai più celebri Vittoria Puccini, Giancarlo Giannini, Guido Caprino, Andrea Bosca e Anna Galiena, a spiccare è soprattutto la giovane rivelazione Fotinì Peluso, nei panni della Juno de' noantri, 16 anni e incinta.


È lei la trascinatrice di uno sceneggiatone televisivo che oscilla tra momenti comedy leggeri e melodramma, tra intrecci sentimentali da soap opera e intrighi nel mondo dell'alta finanza e persino della marina militare.
La serie mette in tavola pure troppe portate e convince soprattutto nello sviluppo dei personaggi femminili. Dopotutto la co-ideatrice (insieme a Elena Bucaccio) e regista della serie è Francesca Archibugi. Mentre i personaggi maschili sono più stereotipati e le loro vicende appassionano poco, ma va beh.
Se non siete proprio allergici alle fiction Rai – cosa comprensibilissima – un tentativo vi consiglio di farlo.


The Resident

Il genere medical è uno dei più commercialmente fortunati e seguiti, da che mondo è mondo e da che televisione è televisione. Basti pensare ai vari General Hospital, E.R. - Medici in prima linea, Dr. House e Grey's Anatomy. Non so perché, ma alla gente piace frequentare gli ospedali, se non altro sul piccolo schermo. Io invece ho una notevole avversione nei confronti degli ospedali e anche con il genere medical ho un rapporto piuttosto conflittuale. Negli ultimi tempi sto però a sorpresa guardicchiando con piacere The Good Doctor con Freddie Highmore in versione chirurgo autistico e il nuovo The Resident. Cosa ca**o è The Resident?
Ci troviamo di fronte a una serie medical assolutamente tipica, che racconta di un gruppo di giovani dottori ai primi ferri proprio come i vari Grey's, Scrubs e appunto The Good Doctor, capitanati dal Dott. Conrad Hawkins, interpretato da un fighissimo Matt Czuchry (già visto in Una mamma per amica e The Good Wife), uno che all'inizio sembra una specie di versione giovane del Dr. House, cattivo e trasgressivo com'è, ma ben presto dimostra di avere un cuore troppo d'oro e Hugh Laurie probabilmente non apprezzerebbe.

"Io ho accettato la parte solo perché pensavo fosse la serie sul DJ resident di un locale, mica su un dottore."

Al suo fianco, oltre a un medico senza scrupoli perfetto esempio di malasanità interpretato da Bruce Greenwood, si rivede con piacere anche la fighissima Emily VanCamp, la biondazza di Everwood e Revenge, in versione infermiera sexy.
Ok, la serie non sarà niente di nuovo, ma volete sul serio perdervi Emily VanCamp in versione infermiera sexy?
Se sì, vi consiglio il ricovero in ospedale. Uno vero.



Mosaic
"Tutte queste recensioni in un post solo mi stanno facendo venire un gran mal di testa!"

Con Mosaic sono sul serio in crisi. Non ho idea se consigliarvi di vederla o meno. Io vi direi di provare a iniziarla. Dopodiché potrebbe coinvolgervi parecchio, oppure potreste abbandonarla in fretta e furia. A me all'inizio aveva preso piuttosto bene. Sarà perché c'è una certa dose di tensione sessuale tra la neo 60enne Sharon Stone in versione GILF e un Garrett Hedlund sempre più convincente e indie.


C'è anche una certa dose di tensione thriller per qualcosa di brutto che sta per accadere, e c'è pure una certa dose di curiosità nel vedere dove la serie diretta dal solito prolifico e confusionario Steven Soderbergh voglia andare a parare. Peccato solo che a un certo punto la vicenda si trasforma in un mystery crime piuttosto tradizionale, che di originale ha giusto la doppia modalità in cui è stato presentato: una versione interattiva per smart phone (che non ho provato) e una versione televisiva rilasciata da HBO che è un thrillerino classico, a tratti avvincente e a tratti meno.
Provare a vederla, o non provare a vederla? Questo è il dilemma. Nel dubbio, io vi direi di provare a cercare la app, che magari è più soddisfacente e innovativa della serie vera e propria.


Collateral

Prima cosa: perché chiamare una serie Collateral???
Esiste già un film di Michael Mann con Tom Cruise con lo stesso titolo, che ok, non sarà famoso quanto Top Gun, ma è comunque decisamente noto e quindi una buona fetta di pubblico è portato a pensare che si possa trattare della versione televisiva della pellicola. Invece no. Non c'entra un tubo.

Seconda cosa: Collateral è una miniserie made in Britain in 4 episodi con protagonista Carey Mulligan.

Terza cosa: potevo per caso perdermi una serie con Carey Mulligan, una delle poche attrici a rendere adorabili dei personaggi piuttosto detestabili come quelli interpretati in film come Shame, Il grande Gatsby, A proposito di Davis e Via dalla pazza folla?
Certo che no! Il problema è che Carey in versione detective non è che sembri proprio a suo agio e la serie, pur proponendo il tema molto attuale dell'immigrazione e pure alcuni risvolti socio-politico-religiosi, appare come un crime piuttosto consueto e non troppo interessante. I patiti di gialli UK moderni non se la perdano, gli altri – fan di Carey Mulligan compresi – a questo giro possono anche passare.

"La nostra serie sarà un po' meh, ma anche questa rece mignon non scherza mica."


Heathers

Genialata, o porcata?
Dalla puntata pilota non l'ho mica capito. Heathers potrebbe essere sia il nuovo cult teen televisivo che stavamo aspettando – o almeno che io stavo aspettando – oppure una schifezza trash come da tempo non se ne vedevano.
Il pilot di questa novella serie, tratta dall'originale film adolescenziale anni '80 Schegge di follia (Heathers) con Winona Ryder, Christian Slater e Shannen Doherty, più che ricordare quella pellicola sembra un incrocio folle tra Mean Girls e Pretty Little Liars. In alcuni momenti si resta a bocca aperta, a domandarsi: “WTF? Ma cosa diavolo sto guardando?”, mentre in altre scene i livelli di grottesca e assurda ironia diventano così eccessivi e senza senso da farti venire il dubbio di trovarti di fronte a qualcosa di esaltante.
I prossimi episodi aiuteranno a risolvere il dubbio, o ne creeranno di ulteriori?



Cosa correre a vedere


La linea verticale

Visionaria, folle, geniale, esilarante e commovente allo stesso tempo. Un mix tra Fantozzi e Colpa delle stelle, il tutto con la firma di Mattia Torre, già autore di Boris e la cosa di vede e si sente, nei personaggi grotteschi eppure così veri e nelle situazioni, anch'esse tanto grottesche quanto vere. A volerla fare breve, La linea verticale può quindi essere definita come un Boris in versione medical. Solo che è un medical diverso dagli altri medical, tanto da Braccialetti rossi quanto da Grey's Anatomy e dal The Resident di cui si parla sopra. È qualcosa di differente. Bisogna vedere, per credere. Altrimenti diventerete anche voi vegani!



A questo punto, giusto per tirarvi indietro a tutti i costi, direte: “Ci sono già mille serie da seguire, figuriamoci se ho pure tempo di guardare una Rai Fiction...
Vedete di trovarlo, stronzetti, che questa Rai Fiction con un Valerio Mastandrea sublime, una Greta Scarano stupenda e un sacco di caratteristi e personaggi minori e trovate irresistibili merita. Merita veramente.


Volete un'altra ragione, l'ultima?
Se Xavier Dolan in È solo la fine del mondo riusciva a trasformare una trashata come “Dragostea din tei” in poesia, qui Mattia Torre riesce a farlo con la canzone più merdosa nell'intera storia della musica: “Grande amore” de Il Volo. Se non è un miracolo questo.



Here and Now

Here and Now è la nuova serie creata da Alan Ball. Alan Ball già autore, sempre per HBO, di Six Feet Under, serie ottima ma che non sono mai riuscito a finire perché ai tempi la trasmetteva Italia 1, un giorno alle 3 di notte e un altro alle 5 di mattina e il tutto senza preannunciare i cambi di programmazione e così tra una VHS consumata e l'altra non ce l'ho fatta a seguirla con regolarità fino alla fine. Prima o poi dovrei recuperarla, anche perché TUTTI quelli che l'hanno vista dicono che il finale di Six Feet Under è una delle cose più belle nella storia dell'umanità.

Alan Ball ha inoltre ideato per la tv, a partire dai libri di Charlaine Harris, True Blood, serie partita benino, che ha poi raggiunto il suo picco con la seconda stagione e quindi via via si è persa per strada diventando sempre più una porcata trash da far rimpiangere persino Twilight. Serie che inoltre ci ha regalato uno dei personaggi più detestabili di sempre, Sookie Stackhouse, capace di segnare, e non in positivo, la carriera di un'attrice altrimenti bravissima come Anna Paquin, premiata a 11 anni con l'Oscar per la sua interpretazione in Lezioni di piano, per dire. C'è in ogni caso da precisare che Alan Ball è stato lo showrunner della serie fino alla quinta stagione, e con le ultime orribili due non ha praticamente avuto più niente a che vedere. E si è visto.

Alan Ball per me è però soprattutto l'autore di una delle sceneggiature più meravigliose di tutti i tempi. La perfezione fatta scrittura: la sceneggiatura di American Beauty, giustamente premiata con l'Oscar. Solo per quella gli sarò eternamente grato. Con la sua nuova serie Here and Now a tratti sembra ritornare proprio da quelle parti. Anche in questo caso si parla infatti di personaggi che affrontano una specie di crisi esistenziale. Si tratta di persone che fino a un certo punto hanno vissuto in un certo modo, fino a che all'improvviso per loro non cambia tutto. In American Beauty capitava a Lester Burnham/Kevin Spacey, in Here and Now capita a Greg Boatwright/Tim Robbins, un professore di filosofia caduto in depressione e in crisi di mezza età che è il capofamiglia di una famiglia decisamente incasinata e particolare.


Lui e la moglie (Holly Hunter), una coppia di bianchi borghesi benestanti, oltre a una "ordinaria" figlia biologica eterosessuale e caucasica (Sosie Bacon), hanno deciso di adottare dei figli di etnie diverse, con una specie di esperimento sociale a cavallo tra una campagna pubblicitaria United Colors of Benetton e i Brangelina.

"Sì, siamo fratelli. Non si vede?"

Hanno così adottato dalla Liberia una tipa (Jerrika Hinton) diventata un pezzo grosso nel mondo della moda sul web sposata con un uomo bianco ma che cerca di trasgredire drogandosi e dandosi alla pazza gioia, dal Vietnam hanno preso un tipo (Raymond Lee) diventato un life coach in stile Tom Cruise in Magnolia che però è contrario al sesso e conduce uno stile di vita casto, e hanno adottato un bimbo dalla Colombia (Daniel Zovatto) diventato un autore di videogame, gay e che un bel giorno comincia ad avere delle misteriose visioni.

"Ciao BoJack."
"Hey, un momento. Quella persona-cavallo non era una visione?"

Poteva bastare così?
No. Alan Ball ha deciso di inserire anche le vicende di una seconda famiglia, quella dello psichiatra del visionario ragazzo gay colombiano, un uomo musulmano che però è contrario all'Islam, mentre sua moglie è una donna di fede e suo figlio è “gender fluid” e in casa si veste come una donna musulmana con tanto di hijab.


Quello che ne viene fuori da questo gran mix di variegati personaggi è una serie certo confusa e pasticciata che non si sa bene in che direzione voglia andare, ma che allo stesso tempo per ora non annoia manco un istante e che fa venire una gran voglia di proseguire nella visione. Dopo i primi episodi è ancora presto per dire se ci troviamo di fronte a un nuovo cult televisivo o a un fuoco di paglia, però al momento io resto incollato allo schermo per scoprirlo. E voi?



15 commenti:

  1. La linea verticale, Mastandrea a parte, onestamente non mi piaceva. La Scarano era quasi imbrazzante. Bene Here and Now, di cui ho visto soltanto il primo episodio; divertente e trash Heathers, nonostante mi manchi il film originale; buco nell'acqua il nuovo American Crime Story, nonostante Criss, per quanto sopra le righe, sia molto bravo (era la cosa migliore anche delle ultime stagioni di Glee). Continua a ispirarmi un po' The Alienist, però, e darò una possibilità a Collateral. Anche se quella cucciolotta della Mulligan sbirra...

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  2. Completamente d'accordo su American Crime Story, mentre invece continuo a voler vedere The Alienist nonostante la tua parziale bocciatura, mentre The Resident può restare lì perché i medical non fanno per me (sebbene ami i due attori)

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  3. Concordo totalmente su Altered Carbon: botte e sparatorie e poi... botte e sparatorie. Delusione totale. Invece "The Alienist" mi sta prendendo come pure Here and Now.

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  4. Altered evitato. Versace volevo vederlo, ma davvero è così brutto? XD
    Oh, non sai che gioia mi hai dato con Heaters. Amo il film originale (introvabilissimo, sai? Persino bandito dalla tv italiana) e voglio vedere questa serie.
    Tra le italiane di consiglio È arrivata la felicità, di Cotroneo con Santamaria, Pandolfi, Davoli e la Savino :)

    Moz-

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  5. Crime Story su Versace devo dire che le prime puntate le avevo trovate superbe. Poi purtroppo come dici tu, la famiglia Versace sparisce e ci si ritrova a seguire uno psicopatico in una serie piena di salti temporali senza capo ne coda, anche io dopo la quinta puntata tipo l'ho lasciata lì. Gran peccato. Sono curiosa , invece, di vedere Heathers.

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  6. Non ho visto ancora nessuno di questi, ma sinceramente non mi ispira nessuno.
    Per ora recupero.

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  7. Versace veramente brutto, mi intriga Heathers ma al momento sto recuperando con sommo ritardo Black Mirror 4

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  8. American Crime Story aveva iniziato bene per me, attori (e accenti) ispanici a parte, ma poi è diventato un biopic noioso di Andrew Cunanan e nessuna traccia di Versace in molti episodi.

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  9. Su quelle che ho visto la pensiamo allo stesso modo (al momento abbandonata per noia Versace -quell'aria da soap non la reggo-, molto meh Collateral, indifendibile Altered Carbon).
    Su quelle che non ho visto, pure, con grossi punti di domanda a cui dai già una risposta, anche se The Resident, pur avendo dalla sua l'ex Logan, m'ispira poco.
    Mi sento in colpa poi ad aver lasciato a metà Linea Verticale, non per mancanza di voglia, ma per pure dimenticanza. Che purtroppo non è un buon segno.

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  10. Ed io stranamente farò tutto il contrario..

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  11. quelli da evitare li stavo già evitando :D
    i medical|drama mi hanno un po' stufato, ma The Resident l'ho iniziato proprio perché ci sono Matt e Emily e mi è pure piaciuto.
    per il resto, voglio provare Heathers e Here and Now

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  12. The Assassination of Gianni Versace sembra fintissimo :I
    La Linea Verticale l'ho visto... Davvero un'ottima serie, un concentrato di speranza e realtà delle cose.

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  13. Occhei, quindi sono l’unica a cui Versace non dispiace. L’avessero chiamato Andrew Cunanam aveva più senso. Mi manca l’ultima, un po’ ripetitivo ma carino comunque. Per il resto non ho visto e non mi ispira nulla. Troppe cose ripetitive...

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  14. Con Here and Now è già amore! Altered Carbon con tutti i difetti lo guarderei solo per i pettorali di Joel Kinnaman. Non me lo ricordavo così muscoloso come poliziotto straccione in "The Killing"... ;-)

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  15. Vedere ben due serie Rai inserite nella lista dei promossi fa quasi storia. Per quanto riguarda Altered Carbon mi permetto di fare un commento sarcastico: la fantascienza si racconta meglio con la parola che con le immagini.

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