sabato 14 settembre 2019

Rece d'estate dimenticate: pellicole d'autore e porcate d'autore




Beccatevi un po' questi giudizi per lo più veloci, e in alcuni casi abbastanza scazzati, di alcuni film che ho visto negli ultimi tempi, nel corso dell'estate. O che ho visto già da un po', ma me ne ero dimenticato, o non avevo avuto il tempo di parlarne.


The Beach Bum


Moondog non fa un cazzo tutto il giorno. In teoria è uno scrittore. Un poeta, forse un profeta. Per lo più è uno che se la spassa. Beve, si droga, scopa, fa festa. Tutto il giorno, tutti i giorni. Che gli vuoi dire a uno così? Che deve cambiare stile di vita? E perché mai?
A un certo punto però è costretto a farlo. Un evento tragico rischia di sconvolgere la sua intera esistenza...
Pensate sia la classica storiella edificante in cui Moondog alla fine scoprirà i veri valori della vita e metterà finalmente la testa a posto?


Da un film americano, e da un film in generale, ci si aspetterebbe qualcosa del genere, ma tenete prima presente che è pur sempre una pellicola di Harmony Korine, quello del Capolavoro dei Nostri Tempi Spring Breakers - Una vacanza da sballo, di cui questo appare quasi come un lavoro gemello, solo con un Matthew McConaughey finalmente tornato su alti livelli recitativi al posto delle quattro sgnacchere. Fare party come stile di vita - Parte II. Il risultato non è agli stessi eccelsi livelli, ma il divertimento, almeno se si entra nella mentalità di Matthew McMoondog, è comunque garantito. Beach boom!
(voto 7,5/10)


Anima

Ci sono più cinema, più amore, più emozioni, più vita, più anima nei 15 minuti di Anima, il cortometraggio diretto da Paul Thomas Anderson per lanciare l'ultimo notevole omonimo album solista del cantante dei Radiohead Thom Yorke, che in ore e ore di lungometraggi visti quest'anno. O anche in altri anni.
(voto 9/10)

"Ma che è 'sta roba, la metro de Roma? Me sa che è mejo se vado a piedi."


Noi

Il tema del doppio. Un horror che è anche politico. Un horror che al suo interno ha pure un sacco d'ironia e d'umorismo. Una protagonista (Lupita Nyong'o) doppiamente pazzesca. Un uso dei conigli da far invidia a Donnie Darko e Alice nel paese delle merviglie. Un'ottima colonna sonora guidata dalla hit hip hop anni '90 I Got 5 dei Luniz.



Dentro Noi c'erano tutti gli ingredienti giusti per trasformarlo in un cult e in uno dei migliori film dell'anno. Così è, almeno per una buona fetta di pubblico e critica, soprattutto negli Usa, così non è purtroppo per me. Il problema di Noi è che contiene persino troppa roba. Alcune cose funzionano bene, tipo la componente più comedy. Altre funzionano solo in parte, come la parte horror: la comparsa dei doppelgänger inquieta parecchio, all'inizio, poi la tensione anziché crescere si smonta sempre di più. A funzionare proprio poco, almeno a mio modesto giudizio, è soprattutto la componente socio-politica. Quella più ambiziosa. Quella che vorrebbe trasformare un semplice horror in qualcosa di più, quando invece un semplice horror sarebbe potuto andare più che bene. La pellicola al termine lascia con troppe domande in sospeso. Il messaggio del film di Jordan Peele quale vuole essere?
Che i poveri rivoluzionari possono essere ancora più malvagi dei rappresentanti dell'elite dei privilegiati?
Che una volta che la rivoluzione è completata, i rivoluzionari diventano proprio come la “kasta”?
Che la rivoluzione quindi è inutile, e anzi è dannosa?
Perché tutto ciò mi fa venire in mente il Movimento 5 Stelle?
Perché poi questi doppelgänger hanno tipo dei superpoteri?
Perché non si spiega meglio cos'è Hands Across America, gigantesca catena umana di beneficienza anni '80 che sembra rivestire un'importanza cruciale all'interno della storia, e si dà per scontato che tutti sappiano cos'è?
E perché questo film viene considerato un capolavoro, quando sembra solo un episodio poco riuscito di Black Mirror?
E perché l'ultima stagione di Black Mirror è stata massacrata così tanto, quando è ben più interessante di questo Noi?
E perché io non la smetto di fare domande e non riesco a godermi un film in santa pace?
(voto 6-/10)

"Sul serio ha bocciato il nostro film???"
"Quel Cannibale non ci sta proprio con la testa."


L'uomo fedele
"Tu sì che sei una vera cannibale, Lily-Rose!"

L'uomo fedele, ovvero la nouvelle vague della Nouvelle Vague. D'altra parte che film volete che faccia uno come Louis Garrel, uno che è figlio dell'attrice e regista Brigitte Sy e di Philippe Garrel, uno dei principali esponenti appunto della Nouvelle Vague. Senza contare che pure il nonno Maurice Garrel, il padrino Jean-Pierre Léaud e la sorella Esther Garrel (vista in Chiamami col tuo nome nel ruolo di Marzia) sono tutti attori.
L'uomo fedele è quindi esattamente il film che si può immaginare giri uno come Louis Garrel: super francese. Solo in Francia può essere messo in scena un ménage à trois in maniera sessualmente ma anche sentimentalmente così libera. Si chiama ménage à trois mica per niente. Un triangolo che vede come protagonista Louis insieme a Laetitia Casta (sua moglie nella vita reale) e Lily-Rose Depp (la figlia di Vanessa Paradis e Johnny Depp, nonché la tipa che attualmente limona duro con Timothée Chalamet).


Il risultato finale, pur rischiando di essere troppo radical chic persino per me, è gradevole e leggero. Perché essere radical chic non significa per forza essere impegnati e pesanti. Qualcuno lo vada a dire al mangiatore folle di Nutella.
(voto 6,5/10)


Domino

Domino segna l'atteso ritorno dietro la macchina da presa di Brian De Palma, uno dei più grandi e sottovalutati registi di sempre. Sette anni dopo Passion, thriller con Rachel McAdams e Noomi Rapace remake del francese Crime d'amour magari non necessario ma comunque fascinoso, l'italoamericano regala un'altra lezione di regia. Domino quindi è un film bellissimo e imperdibile?
No, proprio per niente. A livello registico è un lavoro impeccabile, che conferma la classe di De Palma. Ci sono giusto un paio di cosette che non funzionano. A livello recitativo i due protagonisti, le star di Game of Thrones Nikolaj Coster-Waldau e Carice van Houten, viaggiano a metà strada tra il tremendo e il ridicolo involontario. La sceneggiatura poi è a dir poco pessima. Un intrigo terroristico per niente intrigante e ricco di streotipi (ancora i terroristi cattivoni musulmani? sul serio?) del tutto privo di tensione o di motivi di interesse. Affossare la regia di un gigante come Brian De Palma non era facile, ma attori e sceneggiatore (tale Petter Skavlan) ci sono riusciti alla grande. Complimenti!
(voto 4/10)

"Non piangere perché Game of Thrones è finito. Tanto ormai faceva pena."
"Infatti non è per quello. Sono disperata perché a Pensieri Cannibali non è piaciuto il nostro film. E sì che ci siamo impegnati tanto."
"Parla per te, Carice van sticazzi."


High Life
"I fan di Batman non hanno preso molto bene il mio ingaggio come nuovo Bruce Wayne... meglio fuggire nello spazio, finché non si saranno calmate le acque."

Avete presente il termine “porcata d'autore”?
No? Probabilmente è perché l'ho appena coniato in questo momento. O forse l'avevo già usato in passato? In ogni caso rivendico la paternità di quest'espressione. Cosa c'entra con High Life?
C'entra. C'entra eccome.
High Life è l'ennesimo film ambientato a bordo di una navicella spaziale. Un sottogenere della fantascienza che, salvo alcune eccezioni come il capolavoro supremo 2001: Odissea nello spazio, non è che mi entusiasmi molto. Anche perché tutti i lavori successivi hanno in qualche modo scopiazzato o tentato di scopiazzare il film di Stanley Kubrick. In High Life sono stati spediti nello spazio un gruppo di criminali condannati a morte. Invece di mandarli su una sedia elettrica, li hanno cacciati in una missione suicida. Spunto fighissimo per una pellicola super adrenalinica?
No. Assolutamente no. Un gigantesco NO.
High Life è un film noiosissimo. Siamo ai livelli di Too Old to Die Young o della terza stagione di The Handmaid's Tale. Nella prima mezz'ora di film c'è Robert Pattinson con una neonata che piange ogni 3X2 e basta.


Se la vostra idea di divertimento è questa, prego, accomodatevi, troverete l'inizio di High Life entusiasmante. Dopodiché le cose cambiano un po', ma non è che vadano granché meglio. Tra ridicole scene di sesso ambientate in una “fuckbox” spaziale, gente che comincia a morire a caso e un continuo uso di flashback per far sembrare più complessa una sceneggiatura che in realtà dev'essere stata scritta in 5 minuti – al massimo – l'ambizioso film diretto da Claire Denis, per quanto esteticamente curato, provoca solo un'infinità di sbadigli e si guadagna di diritto e d'onore un unico meritatissimo titolo. Quello di porcata d'autore, appunto.
(voto 3/10)



5 commenti:

  1. Ho visto solo Noi, deludentissimo, e L'uomo fedele, carino ma l'ho già scordato.
    Ispira la stranezza di High Life, nonostante la stroncatura, meno The Beach Bum: il regista, temo, non mi piacerebbe mai.

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  2. The Beach Bum è ancora lì che mi aspetta, se l'estate non finisce come sembra potrei anche vederlo fuori tempo massimo. Non so se sperare più nel ritorno di Korine o in quello di McConaughey.
    Grazie invece per aver messo una X sopra High Life, dopo Ad Astra di storie nello spazio che scimmiottano 2001 no ho proprio voglia!

    Tanti cuori per Anima, che rischia di scadere nella porcata d'autore, ma non lo fa mai. Anzi.

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  3. Korine vedo di recuperarlo, dato che siamo stati gli unici due a sottolineare il valore di Spring Breakers.
    Per il resto, concordo su Domino e anche su Noi, incredibilmente.

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  4. Ho visto solo Us di tutti i film di cui hai scritto e sono d'accordo con te, che delusione dopo il bellissimo Get Out!!!

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