lunedì 25 novembre 2019

Serial Killer - Lo spietato (ma non troppo) giudizio sulle serie di novembre 2019





Ultimo appuntamento dell'anno con Serial Killer, la rubrica mensile di Pensieri Cannibali cui piace massacrare, ma con dolcezza, le serie televisive. Il prossimo mese ci sarà infatti spazio per le attese (non ditemi di no) classifiche di fine anno, che cannibalizzeranno – è proprio il caso di dirlo – tutto lo spazio disponibile. Quindi godetevi questi ultimi Top e Flop, più altre rubrichette varie, del 2019.


Serie top del mese

Dickinson
(stagione 1)

“Grazie Emily!”. Ai tempi ahimé oramai lontani in cui frequentavo l'università, quando sono usciti i voti di un'esame di letteratura americana, un ragazzo piuttosto strambo ha esclamato questa frase: “Grazie, Emily!”. Grazie alla sua conoscenza e al suo amore per Emily Dickinson era riuscito a prendere un 30 e lode, o qualcosa del genere. Io invece, che all'epoca della Dickinson me ne sbattevo altamente, avevo strappato un 18 accademico, o qualcosa del genere. Peccato non fosse arrivata prima questa Dickinson, la serie che rilegge in maniera post-moderna e con toni decisamente da comedy la vita della giovane poetessa statunitense. Immaginavo Emily come una versione al femminile di Giacomo Leopardi ed ero già pronto a una visione sul deprimente andante, e invece Dickinson è una delle cose più frizzanti che si possano trovare in giro oggi. Come mai? Grazie all'umorismo nero della idolesca protagonista interpretata da una Hailee Steinfeld favolosa, ai triangoli sentimentali lesbo-bisex, al rapper Wiz Khalifa in un ruolo sorprendente e a una spettacolosa colonna sonora di electro-pop contemporaneo.

"Siamo sicuri che nell'Ottocento si ballasse così?"

Se siete patiti di ricostruzioni biografiche e storiche in costume tradizionali, è probabile che uscirete sconvolti e magari persino inorriditi dalla visione di questa serie proposta dal nuovo servizio di streaming Apple TV+. Se invece, come me, adorate le revisioni in chiave pop e libera di personaggi e opere del passato, vagamente sullo stile di Romeo + Juliet di Baz Luhrmann, vi ritroverete a esclamare: “Grazie Emily!”.



The Morning Show
(stagione 1, primi 6 episodi)

The Morning Show racconta il dietro le quinte di The Morning Show, l'avreste mai detto?
The Morning Show è un fittizio programma mattutino statunitense, l'equivalente a stelle e strisce di robe come Unomattina o Mattino Cinque. Avreste mai detto anche questo?
Se il titolo non è particolarmente sorprendente, non lo sono nemmeno troppo i contenuti di questa serie. Ci sono infatti i tipici intrighi e giochi di potere che si possono immaginare nascosti una volta che le luci accecanti dello spettacolo si spengono, con in più un tocco contemporaneo rivolto alla questione #MeToo ben presente. Pur senza strabiliare, la serie però funziona. Ti fa venire voglia di divorare un episodio dietro l'altro. Dopo aver sparato i primi 3 episodi in un colpo solo, quelli successivi sono forniti uno alla volta, e quindi non resta che attendere pazienti che arrivi la settimana successiva. Come si faceva una volta, quando la parola binge-watching non era ancora stata ideata. Il merito principale?
Con tutto il rispetto che ho per Jennifer Aniston e con tutto il rispetto che non ho per Steve Carell, a rubare la scena a tutti è la mia adorata Reese Witherspoon, che qui indossa i panni di Bradley Jackson, il volto nuovo e imprevedibile del giornalismo mattutino. Presente Federica Panicucci?
Ecco, lei non c'entra una mazza. Così come la curiosità degli spettatori del programma fittizio The Morning Show è tutta per Bradley Jackson, la curiosità degli spettatori della serie realmente esistente, o almeno la mia, è tutta per Reese Witherspoon.

"Guarda Reese, lo sapevo che Pensieri Cannibali si ricordava che avevamo già fatto una serie insieme. E che serie."


Why Women Kill
(stagione 1)

Capita di cambiare idea. C'è gente che cambia partito da un giorno all'altro, io sarò libero di cambiare opinione su una serie tv, o no?
Nell'episodio di agosto di Serial Killer avevo piazzato Why Women Kill tra i flop del mese. L'episodio pilota non mi aveva convinto proprio per niente, se non per la sexy presenza di Alexandra Daddario. Adesso è arrivato il momento di fare mea culpa. La mia opinione con le puntate successive poco a poco è cambiata del tutto. No, su Alexandra Daddario no. Lei è sempre sexy, anche se come attrice c'è da dire che ha ancora dei margini di miglioramento notevoli. Notevoli quanto i suoi... occhi. Oh, ma perché quando dico che la parte del corpo che preferisco di Alexandra Daddario sono gli occhi non ci crede nessuno?

"Cannibal, non ci credo neanch'io!"

Non che la nuova serie ideata da Marc Cherry si trasformi improvvisamente in un capolavoro, però episodio dopo episodio le tre vicende raccontate cominciano a ingranare e a coinvolgere. La scelta di narrare tre storie ambientate in tre epoche differenti all'inizio, per quanto piuttosto originale, risulta anche dispersiva. Superata la fatica iniziale – per gli spettatori seriali che prendono sul serio la visione delle serie sono queste le serie fatiche della vita – si finisce irretiti dalle tre storie e sale la curiosità di scoprire come andranno a finire. Inoltre è un piacere ritrovare quell'umorismo dark tipico di Marc Cherry e della sua precedente creatura seriale Desperate Housewives, e a tratti la serie inaspettatamente riesce perfino a commuovere.


Capita di cambiare idea e capita di sbagliare. Why Women Kill una possibilità la merita. O anche due, visto che la prima impressione a volte può rivelarsi ingannevole.



Serie così così del mese

BoJack Horseman
(stagione 6, prima parte)

La sesta stagione di BoJack Horseman, divisa in due parti, scriverà la parola fine su una delle serie animate migliori del decennio, e diciamo anche di sempre, e diciamo anche non solo solo di quelle animate. La notizia qualche settimana fa aveva gettato nello sconforto totale molti spettatori. “Come sarà la nostra vita senza BoJack?”. Dopo aver visto questa prima metà della stagione 6, forse un po' di disperazione se n'è andata. Non che i nuovi episodi siano brutti. BoJack riserva sempre dei piccoli dettagli geniali e la qualità della scrittura è sempre una spanna sopra a gran parte del resto della “concorrenza”. Solo che queste puntate si sono rivelate incapaci di stupire come in passato. E il protagonista in rehab è troppo spento. Sono convinto che l'autore della serie Raphael Bob-Waksberg, quest'anno anche coideatore della notevole Undone e producer della sottovalutata Tuca & Bertie, abbia tenuto il meglio per la seconda parte della stagione, annunciata in arrivo su Netflix il 31 gennaio del 2020. Però la scelta di chiudere qui la serie, prima che peggiori troppo o diventi anonima, a questo punto non mi sembra così sbagliata.


Big Mouth
(stagione 3)

Un paio di anni fa Big Mouth era stata una folgorazione totale. Una serie sulle prime pulsioni sessuali di un gruppetto di ragazzini delle medie, raccontate in maniera visionaria, esilarante e senza peli sulla lingua. Il colpo di fulmine iniziale si è poi trasformato da amore incondizionato a un più lieve affetto. L'entusiasmo se n'è ormai andato, alcuni episodi non sono proprio eccezionali, ma in compenso la terza stagione si fa guardare che è un piacere e per passare una mezz'oretta con il sorriso sulle labbra Big Mouth si conferma tra le scelte più azzeccate che potete prendere.



Serie flop del mese

His Dark Materials - Queste oscure materie
(stagione 1, primi 2 episodi)

Nel mondo immaginato da His Dark Materials ogni persona è accompagnata da un daimon, un animaletto mutaforme parlante che rappresenta la sua anima... Non in senso metaforico. Ci sono proprio degli animaletti parlanti, e non è una pellicola Disney.


No, vabbè, scusate, ma non ce la posso fare. Se questa ennesima saga fantasy, un po' Harry Potter, un po' Le cronache di Narnia e un po' qualunque altra saga fantasy degli ultimi anni/decenni, si prendesse meno sul serio e avesse un minimo di senso dell'umorismo, la si vedrebbe anche con piacere. Così invece finisce solo per irritare. Ma magari è solo colpa mia. O del mio daimon.


See
(stagione 1, episodio 1)
"Ma cos'è questo? Lo spin-off di Game of Thrones?"
"E che ne so. Non ci vedo un belin."

See è una seerie che parte da uno spunto originale. Di cosa parla?
In un futuro distopico, l'umanità è stata decimata da una epidemia causata da un virus...
Ok, raccontata così, così come la racconta Wikipedia, non sembra proprio un'idea originale-originale, visto che circa un 50% delle serie/pellicole uscite negli ultimi anni comincia alla stessa maniera.
La cosa originale è che tutti i sopravvissuti sono ciechi. E i ciechi in genere non è che siano considerati un soggetto così “cool”. Di recente si sono visti – mi si perdoni il termine – in The OA e soprattutto in In the Dark, gradevole serie uscita quest'anno con protagonista l'eccellente Perry Mattfeld nei panni di una non vedente ricca di ironia, ma per il resto non sono presi granché in considerazione.
In See invece tutti i personaggi – o forse non proprio tutti? – sono ciechi e quindi lo spunto come potete vedere con i vostri occhi risulta effettivamente originale. Peccato che lo sviluppo sia sonnacchioso, gli attori a partire da Jason Momoa non è che siano poi dei fenomeni, e l'interesse scema rapidamente. Si chiama See, ma non è un must-see.


The End of the F###ing World
(stagione 2)

Tanto avevo adorato la prima stagione di The End of the F###ing World, quanto ho f######mente odiato la seconda. Una revenge story del tutto inutile, in cui non sapevo chi odiare di più: l'inutile James, un'irriconoscibile Alyssa o la terza nuova detestabile protagonista, Bonnie. L'apatia dei personaggi che aveva reso così unica la visione dei precedenti episodi l'hanno passata a me come spettatore. Salvo solo la colonna sonora, sempre splendidamente rétro, e la breve durata delle puntate, che ha reso sopportabile la visione. Per il resto, f##culo questa stagione!

"Rabbrividiamo."


The Mandalorian
(stagione 1, episodi 1-2)

Con la saga di Star Wars ho un rapporto conflittuale. Considero sopravvalutata la trilogia originale - non uccidetemi! -, reputo tremenda la trilogia prequel, e mi sto invece godendo parecchio la nuova trilogia sequel. I film spin-off li ho poi trovati abbastanza inutili. Del tutto inutile, per quanto mi riguarda, risulta invece la nuova serie arrivata giusto in tempo per lanciare il servizio di streaming Disney+. The Mandalorian vede come protagonista Pedro Pascal celato sotto la maschera da cacciatore di taglie Mandaloriano, ma al suo posto ci potrebbe essere Alvaro Vitali e non se ne accorgerebbe nessuno. Qualcuno dirà che anche Darth Vader si nasconde dietro a una maschera, ma il carisma che sprigiona non mi sembra per niente paragonabile a quello inesistente di questo Mandaloriano. Senza contare che sono presenti lunghi combattimenti e sparatorie infinite e al posto di dialoghi veri e propri vengono usate delle frasi tormentone, manco fossimo a Zelig. I fan della trilogia originale probabilmente lo adoreranno - e infatti mi pare lo stiano adorando - io no proprio.
Ricordandosi che la serie va in onda su Disney+, hanno poi inserito la ruffianissima presenza di Baby Yoda, pronto per diventare il regalo più ambito del Natale 2019 e per altro una copia del mogwai Gizmo dei Gremlins, ma, oltre a una grandiosa operazione di marketing, è uno stratagemma puccioso quanto i gattini di Salvini che non basta a salvare la serie. Così come i gattini non bastano a salvare Salvini dai morsi delle sardine.
Ho parlato.




Guilty Pleasure del mese #1
Nancy Drew
(stagione 1, primi 6 episodi)

Investigando sul personaggio di Nancy Drew, ho scoperto che negli Usa esiste dagli anni '30, sebbene in Italia i romanzi gialli che la vedono protagonista siano arrivati solamente a partire dagli anni '70. Si tratta in pratica di una versione giovane de La signora in giallo, soltanto che lei è arrivata prima di Jessica Fletcher, quindi semmai è quest'ultima che ha scopiazzato. Nancy Drew può essere considerata anche la capostipite di molti light crime di oggi. Un genere per cui non ho mai provato particolare attrazione e quindi mi sono approcciato a questa versione televisiva tutta nuova del personaggio con una certa diffidenza. Come un detective che si aggira sospettoso. Anche perché la serie è realizzata da The CW, network negli ultimi tempi specializzatosi soprattutto in robette supereroistiche come quelle dell'Arrowverse. In questo caso siamo invece più dalle parti di Riverdale, altra serie The CW che a livello qualitativo non raggiunge livelli esattamente eccelsi, ma che da quattro stagioni si sta rivelando un guilty pleasure immancabile dalle mie parti. Nancy Drew ricorda proprio il Riverdale dei primi tempi, con il suo giusto misto di thriller paranormale ai limiti dell'assurdo e di soap opera patinata anch'essa ai limiti dell'assurdo. Il tutto condito da un tocco adolescenziale contemporaneo e allo stesso tempo un retrogusto rétro. In conclusione delle mie indagini, sono costretto a dichiarare Nancy Drew colpevole. Colpevole di essere un guilty pleasure con i fiocchi.


Guilty pleasure del mese #2
Pezzi unici
(stagione 1, primi 2 episodi)

Ogni tanto sento la pulsione – masochistica – di guardare una Rai Fiction. È proprio un bisogno fisico. Come quello di andare a mangiare dal Mac. Anche se sai che fa male, ogni tanto ci va. E così quando ho sentito parlare di una nuova Rai Fiction dal sapore adolescenziale e con la presenza di Sergio Castellitto, attore che a pelle non mi sta simpaticissimo ma che in genere è sinonimo di una qualità piuttosto buona, mi sono avventurato nella visione di un nuovo titolo appena approdato su Rai 1.

"Che avete da guardar male? Anche io tengo un mutuo da pagare."

La fiction... pardon, la serie, si chiama Pezzi di me... No, volevo dire Pazzi unici... Nooo, ho sbagliato di nuovo. Si chiama Pezzi unici. Ecco, sì. Pezzi unici. Per farla breve, è la versione toscana e ambientata nel mondo dell'artigianato de Le regole del delitto perfetto (How to Get Away with Murder). Non ci credete?
Guardare per credere. Io ci sono cascato con tutti e due i piedi. Non c'è niente da fare. Le Rai Fiction mi fregano sempre.


Cotta del mese
Kristine Froseth (Looking for Alaska)

Alaska Young non è una semplice ragazza. È un mistero da risolvere. Un “grande forse”. E anche una grande figa. Impossibile non innamorarsi di una tipa così, tanto per il protagonista del romanzo di John Green e della serie che ne è stata tratta, Miles “Pudge” Halter (Charlie Plummer), quanto per me. Onore a Kristine Froseth, attrice già vista quest'anno anche in un'altra serie niente male come The Society, per essere riuscita a essere l'incarnazione perfetta di un personaggio su carta tanto iconico.



Un post condiviso da kristine_froseth (@kristine_froseth) in data:



Episodio del mese
The Affair, s05e11, “511” (Series Finale)

The Affair parla d'infedeltà. Affronta tanti temi al suo interno, ma il principale è l'infedeltà. Tutto parte da un tradimento. Da un uomo di New York City felicemente (?) sposato e con quattro figli che non riesce a tenerlo nei pantaloni e in vacanza si scopa una cameriera della località turistica di Montauk. Da lì ne succedono di tutti i tipi e la serie procede tra alti e bassi. Dopo le prime 2 ottime stagioni, spesso delle lezioni di scrittura nel saper alternare i vari punti di vista dei protagonisti dello show, con la terza The Affair si trasformava in maniera imprevedibile in una porcheria trash di rara bruttezza. Altrettanto a sorpresa, alla stagione 4 riusciva a rialzare la testa e, complice anche un notevole colpo di scena, diventava di nuovo una serie imperdibile. La stagione 5, priva di due personaggi storici, procede più che mai tra buon e cattivo tempo, unendo i pregi e difetti di quanto visto in precedenza. Nonostante il suo andamento altalenante, io che spesso e volentieri le serie le abbandono al primo segno di cedimento, a The Affair sono sempre rimasto fedele. Ironia della sorte, considerando l'argomento trattato. E sono molto contento di averlo fatto. Perché la stagione finale non è certo stata perfetta, hanno inserito tematiche attuali come il #MeToo, i cambiamenti climatici e gli incendi di L.A. in maniera un po' forzata, e messo dentro persino la non richiesta presenza di una Anna Paquin forse persino più fastidiosa qui che in True Blood, eppure con l'episodio finale sono riusciti in qualche modo a chiudere il cerchio. In maniera brillante e con una scena conclusiva che personalmente mi ha fatto venire le lacrime agli occhi e che da sola vale cinque anni di – non sempre facile – fedeltà.


Spazio Vintage
The Newsroom

Guardando la nuova serie The Morning Show (vedi sopra ↑↑↑), inevitabilmente mi è ritornata in mente The Newsroom, serie con Jeff Daniels trasmessa per tre stagioni dal 2012 al 2014. Una delle serie HBO più sottovalutate e ingiustamente meno premiate di sempre, quando invece la maggior parte delle serie HBO sono esaltate e premiate senza ragione. Qualcuno ha parlato di Game of Thrones?
The Newsroom parlava del dietro le quinte della realizzazione di un programma TV giornalistico e aveva un enorme pregio principale, che poi è la mancanza principale del pur interessante e apprezzabilissimo The Morning Show: la scrittura di Aaron Sorkin fatta di dialoghi incessanti. Lo stile dello sceneggiatore premio Oscar per The Social Network è ineguagliabile. A tratti i suoi fiumi di parole rischiano di travolgere lo spettatore, ma è un bel farsi travolgere. Vedere, o rivedere The Newsroom, per credere.

"Per una volta Pensieri Cannibali non ha scritto una stronzata."
"Questa sì che è una notizia!"


9 commenti:

  1. Dickinson una sorpresa, l'ho amato. Lei strepitosa, sia nelle parti comiche che in quelle drammatiche. E ammetto che l'ho sempre trovata bruttina, ma qui mi rimangio tutto.

    The Morning Show devo iniziarlo.

    E The Affair finirlo. Lisa mi ha scoraggiato, ma non abbandono all'ultima stagione, dai.

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  2. The morning show mi era sfuggito e a questo punto voglio assolutamente vederlo. The affair l'ho abbandonato al quarto episodio della terza stagione, davvero era diventato penoso, però adesso se dici così, mi tocca riprenderlo. Bojack per me rimane intoccabile, penso che sia uno dei prodotti televisivi da incastonare per sempre nei nostri cuori e nella nostra memoria. The End of the fucking world, tutto sommato, l'ho trovato comunque godibile, anche se non ai livelli della prima stagione.

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  3. Tu ti appresti alle classifiche cannibali, io a cercare il tempo per vedere i grandi arretrati seriali.
    Inutile dire che ho visto poco niente [le buone Big Mouth, la pessima (ma pur sempre salvabile, per me) The end of the f***ing world e la deludente BoJack], ho scelto proprio male le mie priorità.

    Ma da Alaska ad Emily mi metto d'impegno, promesso! E ovviamente ho più fiducia di te in The Mandalorian, da vera fan di Star Wars.

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    1. Ah, e The Affair. Lo salvi? Davvero? Lo sai già ma ho faticato davvero tanto a rimanerci fedele, trovando davvero troppi, troppi bassi... altro che alti. Trovando ridicolo pure quel finale, che risolve poco, che non mi ha commosso. Una volta il suo punto di forza era la scrittura, qui tra temi inseriti a caso e il tempo che stringeva, pure questa è annegata.

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  4. Dickinson mi attira quanto una merenda delle cinque con vecchie signore.
    E non che il resto ispiri di più.

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  5. Ma guarda che anch'io della Daddario adoro i suoi occhi :D
    Comunque alcune interessanti, altre dubbioso, altre chissà quando sarà possibile..

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  6. Eccomi qua! Col nome che porto non posso non essere un fan di Guerre Stellari e difatti The Mandalorian a me piace un sacco per le atmosfere vintagge che mi riportano alla prima trilogia (e unica di un certo valore) e ai western di Leone e Corbucci, perché sfido chiunque a non aver avuto dei deja-vu vedendo le sparatorie (e sono tante) in stile Django con tanto di mitragliatore.
    E comunque si capisce che non è Alvaro Vitali perché Alvaro è più basso e tarchiato, dai...

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  7. "Dickinson" mi incuriosisce, quando la trasmetteranno in chiaro la guarderò! 😊 Anch'io guardo "Pezzi unici", a me ricorda "Pretty Little Liars" comunque è una fiction interessante!

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  8. Il cinema https://igds.stream è sempre poco più di un lavoro. E la musica è una vita in sé.

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