lunedì 28 giugno 2021

Serial Killer di Giugno 2021: le serie per lo più scarse del mese

 

Va male, va male. Questo mese le cose vanno male.

No, tranquilli, non mandatemi l'ambulanza in casa. Sto soltanto parlando delle serie TV delle ultime settimane. Tra quelle che ho visto, c'è ben poco che mi abbia entusiasmato o convinto in pieno. In compenso è in arrivo una belle serie di stroncature. Anche di titoli che da altre parti sono stati osannati, o quasi.


Serie Top

Solos

Solos non è una serie sulla masturbazione. Al limite sulla masturbazione mentale. Solos è una serie antologica in cui ogni episodio, della durata di mezz'oretta circa, racconta una storia a sé stante. Un personaggio a sé stante. Non li ho ancora visti tutti – è appena uscita, datemi tempo – ma quelli che ho guardato sono ricchi di spunti e in particolare già solo dal primo posso consigliarne la visione.

"Leah", diretta da Zach Braff, è una storia fantascientifica scritta in maniera splendida, che ricorda vagamente la recente serie Calls. Diverte, commuove e mostra un mostro di bravura come Anne Hathaway, che fa gara con se stessa a quale versione di se stessa recita meglio. Ai prossimi Emmy, io personalmente la nominerei sia come miglior attrice protagonista che come miglior attrice non protagonista. Un paradosso? Beh, d'altra parte questa serie di paradossi è piena.

"Grande Giove!"


Physical

Benvenuti all’allenamento di oggi. Per chi non vuole saperne di muovere le chiappe DAL divano, ecco l’esercizio giusto per muovere le chiappe SUL divano. Oggi faremo un’attività di tipo cardiovascolare, quindi aerobica, almeno credo. Per prima cosa dovete procurarvi Physical. Potete guardarla in streaming su Apple TV+, oppure in VHS, che è il modo ideale per seguire questa serie ambientata negli anni ’80. Protagonista è una delle attrici più sottovalutate nella storia della sottovalutazione, Rose Byrne, che veste i panni e pure gli scaldamuscoli di una casalinga disperata, ossessionata dal peso e dalla forma fisica. La soluzione a tutti i suoi problemi?

L’aerobica. Se siete pigri e l’aerobica non fa per voi, basta guardare questa serie. Allungatevi sul telecomando. Alzate il volume per pompare la colonna sonora della serie, che spacca. Agitate le braccia per prendere un popcorn dietro l’altro. Mantenete un ritmo sostenuto. Dopodiché tirate su una bella sorsata di bibita gassata rigorosamente bandita da Cristiano Ronaldo. Ripetete a ogni episodio. Fine dell’allenamento. Non posso garantire che perderete delle calorie, ma se non altro vi sarete gustati come si deve una sana nuova serie.

"Miii, non ho perso manco mezza caloria durante questo allenamento!"



Serie Flop

La storia di Lisey (Lisey's Story)

Nella vita ci sono poche certezze. Una di queste è che gli adattamenti di Stephen King non funzionano. Il migliore è Shining di Stanley Kubrick, ma guarda caso lo scrittore l'ha detestato. Anche il primo capitolo di It diretto da Andy Muschietti faveva ben sperare, peccato che invece il secondo fosse davvero tremendo.

È come se ci fosse una maledizione. Gli adattamenti di King sono tutt'altro che regali. Soprattutto se sono da lui approvati. Se poi sono da lui personalmente curati, non c'è speranza. È il caso di La storia di Lisey (Lisey's Story), tratto dal suo romanzo omonimo del 2006 e da lui interamente sceneggiato. Una storia che fa acqua da tutte le parti, spesso involontariamente ridicola, non aiutata da una Julianne Moore troppo sopra le righe, e lo dice uno che ha pianto anche l'anima per la sua interpretazione in Still Alice.

"Non è vero che sono troppo sopra le righe, porcocazzo!"

E nemmeno da un Clive Owen che forse si è immedesimato troppo nella parte di un personaggio catatonico.

"Non è vero che... di cosa stavamo parlando?"

Si salva in parte e soltanto a livello visivo la regia di Pablo Larraín, incapace però di dare ritmo alle parole dell'ormai ex re del brivido.
 
Quando a un certo punto entra in scena pure Barbalbero, pardon l'albero gnam-gnam - Stephen King, ma fai sul serio? - il presentimento diventa certezza: questa sarà anche spazzatura d'autore, ma resta sempre spazzatura.

"Ti amo"
"Anch'io, caro."
"Io veramente dicevo all'albero."
"Anch'io."


Loki

Ridateci Wanda, porca puttena! Loki è giusto il Pio e Amedeo dei villain Marvel. Vorrebbe essere cattivo e politicamente scorretto, profondo e allo stesso tempo divertente. Non riesce a essere manco una di queste cose. Fisicamente invece è più il Marco Travaglio dei villain Marvel, ma questo già si sapeva.


E comunque il multiverso per me... è una cagata pazzesca. Per capire ciò che succede mi viene un mal di testa che non me lo fa passare manco l’Oki.


M.O.D.O.K.

E a proposito di villain Marvel che vorrebbero essere tanto cattivoni e spassosi, ecco a voi M.O.D.O.K., un diabolico incrocio tra Megamind e Gru di Cattivissimo me. Si sforza così tanto di far ridere, da ottenere l'effetto opposto e fa venire solo una gran tristezza. M.O.D.O.K. è l'Enrico Brignano dei villain Marvel.

"E questo dovrebbe essere un insulto?
Io adoro Enrico Brignano. È il più grande genio comico dei nostri tempi. "


Sweet Tooth

In seguito a una pandemia chiamata l'Afflizione, miliardi di persone muoiono e la società così come la conoscevamo cambia. Perché, ormai conosciamo una società senza pandemia?
In questo caso compaiono pure dei bambini appartenenti a una nuova razza ibrida in parte umana e in parte animale. Non si capisce se questi sono causa o conseguenza della pandemia. Sweet Tooth racconta di uno di questi bambini, Gus, metà umano e metà cervo, che vive recluso nei boschi del Nebraska insieme al padre, che tra l'altro è Will Forte, il mitico protagonista della serie The Last Man on Earth, uno che a queste situazioni post apocalittiche è abituato.

La serie all'inizio ha ritmi così lenti e soporiferi che ogni volta che la metto su mi addormento tipo istantaneamente. Magari poi diventa carina. Per ora non so dirvelo. Spero solo che prima o poi compaia in scena il miglior personaggio ibrido di Netflix: BoJack Horseman.

"Uff, perché mi danno tutti del cornuto?"
"Non ne ho idea, bambino cornuto. Non ne ho proprio idea."



Guilty Pleasure del mese
Summertime

Estate su Netflix significa Summertime. E Summertime nei paesi anglosassoni significa Estate, ma vabbè. Summertime è una serie TV adolescenziale italiana ambientata sulla riviera romagnola liberamente ispirata a Tre metri sopra il cielo e se, nonostante questo, le date un'opportunità scoprirete che – grazie al cielo e a quello che ci sta tre metri sopra – non ha quasi niente a che fare con il “capolavoro” di Federico Moccia. A parte il fatto che il protagonista maschile (Ludovico Tersigni, il prossimo conduttore di X Factor) va in moto. Allora io adesso se volessi andarmi a fare un giro in motorino devo prima chiedere i diritti d'autore a Moccia?

"Veramente sì. Fanno 5mila euro, grazie."

Dopo una prima stagione caruccia ma non del tutto convincente, alla seconda Summertime aggiusta il tiro, con un maggior approfondimento dei personaggi, anche quelli secondari, una manciata di novità niente male, e una colonna sonora che continua ad alternare con gusto pezzi vintage della tradizione italiana a cose che piacciono a noi – si fa per dire – giovani. Chicca: l'apparizione di Ariete.


Socc'mel, non stiamo parlando di un capolavoro, ma di una visione perfetta per cominciare a sentire il sapore dell'estate sì. In mezzo a tutte le serie serie in cui sguazzo – ma quando mai? – un prodotto leggero così ci sta. Un tuffo rinfrescante nel mare Adriatico, e soprattutto nel mare del guilty pleasure.


Cotta del mese
Amparo Piñero Guirao (Summertime)

Il problema di Summertime è che sono tutti così fighi e fighe che si fa fatica a immedesimarsi nei loro drammi. A meno che tu non sia un modello di Abercrombie. In mezzo a questa parata dell'orgoglio della bellezza, la mia preferita della stagione è Amparo Piñero Guirao, che quando parla in italiano con quell'accento spagnolo io divento loco.


Performer of the Month
Ray Nicholson (Panic)

Panic si è rivelato il mio altro guilty pleasure del mese. Non ai livelli di Summertime, ma quasi. Lo spunto è da thriller alla The Game - Nessuna regola di David Fincher remixato con Hunger Games. Panic è ambientata in una cittadina texana dove il passatempo e l'evento principale arriva d'estate. Alla fine dell'anno scolastico, gli studenti dell'ultimo anno di liceo, anziché andare in vacanza o prepararsi per l'università, per vincere un premio di 50mila dollari in gettoni d'oro partecipano a un gioco che consiste in delle sfide pericolose e potenzialmente mortali. Roba che chi soffre di vertigini come me è fregato già in partenza.

Più che un thriller al cardiopalma, Panic rivela ben presto la sua vera natura: quella di teen drama. Cosa che per me non è certo un male. La serie nel complesso non funziona un granché, la trama si sviluppa un po' a caso, ma comunque si lascia vedere e soprattutto propone una manciata di attori interessanti. La bionda Olivia Welch, presto nella trilogia di Fear Street su Netflix, la splendida attrice gallese Jessica Sula, già vista nelle stagioni 5 e 6 di Skins, e poi lui, Ray Nicholson.


Il suo cognome vi suona familiare?
Non è un caso. Ray Nicholson è il figlio 29enne dell'84enne Jack Nicholson. Ho detto figlio, non nipote. Che volete? Lo ha avuto a una certa. Il ragazzo non possiede il mestiere dell'illustre padre, non ancora ovviamente, ma lo sguardo da pazzo, quello è lo stesso. Così come quel magnetismo animalesco che quando entra in scena si sbrana tutto il resto. Ray sarà anche un figlio di papà raccomandato, ma andate a dirglielo in faccia a Jack, se avete il coraggio!



Episodio del mese
Master of None - Moments in Love, Chapter 4 (S03E04)

Come diceva un vecchio spot della compagnia telefonica 3: "Meglio cambiare no?". Se già la seconda stagione era parecchio differente dalla prima, la terza di Master of None è proprio tutta un'altra serie. L'ideatore dello show Aziz Ansari, da protagonista delle prime due stagioni si autorelega a ruolo di comprimario, mentre Alessandra Mastronardi che aveva illuminato la season 2 purtroppo non è più presente, e a questo giro i riflettori sono puntati sull'amica dell'ormai ex protagonista, Denise (Lena Waithe), e sul rapporto con sua moglie Alicia (la lanciatissima Naomi Ackie).


I primi tre episodi lasciano un po' perplessi e spaesati, va detto, complice anche la regia radicale di Aziz Ansari, che usa solo riprese fisse manco fosse Michael Haneke. In compenso gli ultimi due sono splendidi. Il quarto episodio in particolare è un'autentica masterclass in scrittura creativa. Ci fa immergere in maniera totale nell'esperienza di una donna single che vuole diventare madre con la fecondazione assistita. Partorendo così uno degli episodi più belli di quest'annata televisiva.




6 commenti:

  1. Quanto è sopravvalutato Hiddlestone...

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  2. Le tue serie Top conosco solo ora ma già mi intrigano, del resto invece a parte Sweet Tooth poco da potermi segnare...
    Grazie comunque d'avermi fatto conoscere Amparo :D

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  3. Tre episodi di Loki li ho visti, ma manca il guizzo. Sembra roba allungata per farci una serie.

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  4. A questo giro, ho solo le top da recuperare/mettermi al passo che nemmeno i guilty pleasure mi ispirano.
    Il primo episodio della storia di Lisey mi ha vista crollare dopo pochi minuti e poi a ripetizione rendendo ancora più sofferta la visione, non certo avvincente come inizio. Se trovo la forza per andare avanti proseguo, ma già ridimensiono le aspettative.

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  5. inizierai gradualmente a trarre beneficio e ottimismo https://tantifilm.fyi/2966-wish-2023.html dal cinema...

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