mercoledì 29 febbraio 2012

30 giorni di libri cannibalizzati

Dopo le mensilità (non pagate, ci tengo a sottolinearlo) dedicate a film, musica e serie tv, per darmi un’aria finto intellettuale alla Mister James Ford ecco che arrivano anche i 30 giorni di libri, Cannibal version.

Giorno 1 - Il tuo libro preferito: Le regole dell’attrazione di Bret Easton Ellis
Giorno 2 - La tua citazione preferita: “Tra le massime scolpite sul muro del signore di Naoshiga c'era questa: le questioni di maggiore gravità vanno trattate con leggerezza. Il maestro Ittai commentò: le questioni di minore gravità vanno trattate seriamente.” Da Hagakure di Yamamoto Tsunetomo
Giorno 3 - Il tuo personaggio preferito di un libro che hai letto: Franny in Franny e Zooey di J.D. Salinger
Giorno 4 - Il libro più brutto che tu abbia mai letto: I promessi sposi di Alessandro Manzoni. Che la Divina Provvidenza punisca l’Innominato che l’ha reso una lettura scolastica obbligatoria.
Giorno 5 - Il libro più lungo che tu abbia mai letto: Il libro di diritto all’università. Che mattone! Arrivare alla fine è stato come scalare l’Himalaya. Non che abbia mai scalato l’Himalaya, però ci siamo capiti, no?
Giorno 6 - Il libro più corto che tu abbia mai letto: uno di mio nipote con solo le figure che si animano quando apri le pagine. O anche una raccolta di poesie di Giuseppe Ungaretti…
Giorno 7 - Il libro che ti descrive: Uno, nessuno e centomila di Luigi Pirandello
Giorno 8 - Un libro che consiglieresti: L’etica hacker, Pekka Himanen
Giorno 9 - Un libro che ti ha fatto crescere: Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde
Giorno 10 - Un libro del tuo autore preferito: Lunar Park di Bret Easton Ellis

Giorno 11 - Un libro che prima amavi e che ora odi: Branchie di Niccolò Ammaniti, dopo aver visto il film con Gianluca Grignani (!) le cose non sono mai più state le stesse.
Giorno12 - Un libro che non ti stancherai mai di rileggere: 1984 di George Orwell
Giorno 13 - Il libro che in questo momento hai sulla scrivania: Café des Artistes di Angela Leucci
Giorno 14 - Il libro che stai leggendo in questo periodo: Mattatoio n. 5 di Kurt Vonnegut
Giorno 15 - Apri il primo libro che ti capita tra le mani ad una pagina a caso e inserisci la foto e la prima frase che ti salta agli occhi: “Nella foto potete ammirare le grosse tette di Crystal…” Ah, avete detto libro? Scusate, quella era una rivista patinata. Allora dico Il regista di Alexander Ahndoril. La frase? “Più chiaro del chiaro cielo notturno è il mare. Si muove morbido come olio, quasi immobile.”
Giorno 16 - La tua copertina preferita: Ninna nanna (Lullaby) di Chuck Palahniuk


Giorno 17 - Il personaggio con cui ti vorresti scambiare di posto per un giorno: Trip Fontaine in Le vergini suicide di Jeffrey Eugenides, per la precisione il giorno in cui si fa Lux Lisbon.
Giorno 18 - Il primo libro che hai letto: Manco mi ricordo che ho mangiato a pranzo… Forse Il piccolo principe di Antoine de Saint-Exupéry.
Giorno 19 - Un libro il cui film ti ha deluso: 24 ore, pessima pellicola tratta dal valido romanzo thriller Ore di terrore di Greg Iles.
Giorno 20 - Un libro dove hai ritrovato un personaggio che ti rappresentasse: Rob Fleming in Altà Fedeltà di Nick Hornby. Soprattutto per la sua mania di stilare classifiche.

Giorno 21 - Un libro che ti ha consigliato una persona importante per te: Trainspotting di Irvine Welsh
Giorno 22 - Un libro che hai letto da piccolo: La fabbrica dei corpi di Patricia Cornwell, non proprio una lettura ideale per un kid…
Giorno 23 - Un libro che credevi fosse come la gente ne parlava e invece sei rimasto o deluso o colpito: Addio alle armi di Ernest Hemingway, mi ha colpito in positivo. Non è la solita menata bellica e/o pacifista.
Giorno 24 - Il libro che ti fa fuggire dal mondo: Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll
Giorno 25 - Un libro che hai scoperto da poco: Le correzioni di Jonathan Franzen
Giorno 26 - Un libro che conosci da sempre: It di Stephen King
Giorno 27 - Un libro che vorresti aver scritto: La Bibbia, sai quanti soldi con i diritti d’autore?
Giorno 28 - Un libro che farai leggere ai tuoi figli: il Dizionario Garzanti
Giorno 29 - Un libro che devi ancora leggere: La trama del matrimonio, l’ultimo di Jeffrey Eugenides
Giorno 30 - Un libro che ti ha commosso: Amabili resti di Alice Sebold

Y.M.C.J. Edgar

"Ti prego, Cannibal: sii buono con questo film, se no Ford si mette a piangere!"
J. Edgar
(USA 2011)
Regia: Clint Eastwood
Cast: Leonardo DiCaprio, Judi Dench, Armie Hammer, Naomi Watts, Josh Lucas, Ed Westwick, Damon Herriman, Dylan Burns, Jordan Bridges, Geoff Pierson, Dermot Mulroney, Lea Thompson, Jeffrey Donovan, Miles Fisher
Genere: biopic
Se ti piace guarda anche: The Aviator, Big Fish, The Iron Lady, I Kennedy, Nemico pubblico, Milk

John Edgar Hoover non era un bell’uomo. Era anzi un uomo piuttosto spaventoso. La scelta di Leonardo DiCaprio appare quindi già una scommessa, visto che fisicamente Leo, per sua fortuna, con J. Edgar non c’entra un cazzo. Con i miracoli del trucco si possono però modificare i divi a proprio piacimento, lo sappiamo bene. Charlize Theron è diventato un vero Monster, tanto per fare un esempio. Ed era piuttosto credibile nella parte, anche se non del tutto e l’Oscar è stato il solito regalo molto generoso dato dai membri dell’Academy a quegli attori che si fanno lo sbattone di sottoporsi a torture fisiche di vario genere.
Il problema arriva quando ti affidi a dei truccatori ridicoli, come in questo caso, ed è così che la credibilità va fin dall’inizio a farsi benedire. La grandezza sta nei dettagli, e qui non si tratta nemmeno di un piccolo dettaglio, visto che persino ai tempi di Cocoon si riusciva a fare di meglio. Per non parlare poi di una piccola produzione italiana come quella de I soliti idioti in cui il Nongio riesce a diventare un Nonvecchio parecchio verosimile. Dai cazzo, truccatori di J. Edgar!
(su questo sito potete trovare le fonti di ispirazione per il trucco dei protagonisti)
Questa quindi è una pecca che mina fin dall’inizio la riuscita completa del film, però cerchiamo di andare oltre le apparenze.
Visto che l’abbiamo menzionato, torniamo all’argomento Theron. Gentili lettori del Sud Italia, non è un insulto nei vostri confronti, ma è solo il cognome di una splendida attrice. Questa qui sotto.


Sorry, ho sbagliato foto. Ecco Charlize Theron in tutto il suo splendore.


"Ah truccatori, dovevate farmi sembrare vecchia, mica morta..."
La Theron avrebbe dovuto avere la parte dell’interesse sentimentale femminile di J. Edgar nel film, salvo poi (forse) scoprire che J. Edgar era (forse) gay e quindi la sua parte non sarebbe stata (forse, anzi sicuramente) poi così rilevante all’interno del film. Il ruolo è passato dunque nelle mani sapienti di Naomi Watts. Naomi Watts che dopo Mulholland Drive, The Ring e 21 Grammi sembrava dovesse aprire Hollywood in due come una mela e poi è invece finita risucchiata nel pericoloso circolo vizioso di remake, filmetti e piccole particine come in questo caso. Un vero peccato perché di talento ne ha da vendere e il suo ruolo in J. Edgar è troppo minuscolo per renderle onore. E pure con lei il trucco non è stato molto generoso...
MA VA' A CAGARE, VA'!
Comunque passiamo al vero protagonista del film, anche perché il film prende, in teoria, proprio il suo nome.
Chi è l’uomo che odia di più i comunisti al mondo?
La risposta non è la più semplice. Non è infatti Berluscon de’ Berlusconi, che comunque occupa un secondo posto di tutto rispetto, bensì John Edgar Hoover.
"Edgar era gai... e adesso sta con l'FBI"
Hoover è stata una delle figure più controverse nella storia d’America, un uomo capace di frasi enfatiche degne del miglior, anzi peggior, Premier italiano sopra citato del tipo: “E se non l’avessimo fatto, lei forse sarebbe nato in uno stato comunista, anziché nel paese che lei oggi ama!”

Approcciarsi a un personaggio del genere è materia parecchio ostica, visto che dall'altra parte incontriamo il J. Edgar considerato un vero eroe americano o quasi. Hoover ha infatti diretto per una cinquantina di anni l’FBI, portandolo ad essere il servizio investigativo anti-crimine più famoso del mondo.
È ad esempio grazie all’FBI se nelle ultime settimane abbiamo assistito alla chiusura di tutti i vari servizi di film e serie tv in streaming online come Megavideo o dei vari comodi siti di upload come Megaupload, Multiupload, Hotfile etc.
Grazie tante, FBI e grazie tante J. Edgar!
Ma l’FBI ha fatto anche tante cose belle e buone che adesso non mi vengono in mente ma sono sicuro ci sono.
"Pronto, Cannibal? Attento a ciò che dici che chiudiamo pure il tuo sito!"
La lotta alle streghe anticomunista che ha portato vari registi a dover fuggire dagli Stati Uniti per trovare rifugio in Europa?
I pestaggi nei confronti degli afro-americani?
La cattura di Hannibal the Cannibal?
Tutte cose che nel film vengono messe in un angolino e si sarebbero potute approfondire meglio (a parte l'ultima fittizia cui sono stati dedicati già abbastanza film), tanto per dipingere un quadro più preciso dell’FBI e di J. Edgar.
La pellicola preferisce invece rendere onore ai suoi effettivi meriti, come aver introdotto un archivio per le impronte digitali e aver dato un peso maggiore alle prove scientifiche nella risoluzione dei casi. Senza di lui, in pratica, Grissom e soci oggi sarebbero dei signori disoccupati e i RIS ad esempio non sarebbero mai riusciti a risolvere casi come l’omicidio di Garlasco…
Come? Non hanno ancora trovato un colpevole? Tutti innocenti?
Scusate, ho sbagliato esempio.

Una scena in anteprima da Cocoon 3
J. Edgar ha quindi portato avanti il buon nome dell’anti-crimine, contribuendo alla cattura di vari gangsters e all’omicidio di John Dillinger, come raccontato anche in Nemico pubblico. Quale sia stato e quanto sia stato effettivamente determinante il suo contributo è tutto da stabilire, così come la pellicola stessa mette in discussione.
Sebbene le ombre intorno a questa figura cardine della storia americana del Novecento fossero numerose e qui non vengano sviscerate tutte, il merito del film di Eastwood e soprattutto dell’ottima interpretazione di Leo DiCaprio è stato quello di aver dato umanità a un personaggio del genere. Un personaggio piuttosto odioso ma che aveva anche il pregio di non essere un lecchino, nemmeno nei confronti dei vari presidenti degli Stati Uniti che si sono succeduti durante il corso della sua presidenza dell’FBI. Diamogli atto di questo.

La pellicola può dunque essere letta fondamentalmente su due piani: quello storico e quello personale.
Per quanto riguarda la prima parte, il problema principale era quello di tenere in piedi un racconto il più possibile omogeneo nonostante la materia affrontata sia come abbiamo visto ostica e soprattutto vada a ricoprire un arco temporale molto lungo e con vari episodi cruciali del Novecento americano, dalle relazioni extraconiugali di JFK alla lotta ai gangster passando per il rapimento del figlio dell’aviatore Lindbergh.
Una sfida molto impegnativa, rispetto a un film più “facile” come Invictus, in cui Eastwood si trovava a raccontare un personaggio più apprezzato dall’opinione pubblica come Nelson Mandela e inoltre non aveva il compito di doverne raccontare l’intera vita, ma concentrarsi soprattutto su un singolo evento, i Mondiali di rugby del 1995.
La faccenda con J. Edgar si fa dannatamente più complessa, ma a dare un contributo fondamentale e a rendere il tutto comprensibile (o quasi) ci pensa la valida sceneggiatura di Dustin Lance Black, già premio Oscar per quella di Milk e quindi esperto nei biopic a tematica gaya.
Per coprire l’intera vita e carriera del protagonista, i piani temporali si sovrappongono gli uni agli altri, in un gioco ad incastri che assomiglia a una versione politica di Se mi lasci ti cancello. Giusto meno visionario e diretto in maniera molto ma mooolto più classicheggiante. Un gioco che ad alcuni spettatori potrebbe risultare complesso da seguire, ma che io ho trovato realizzato in maniera fluida. Tutto bene, allora? No, perché non vi è un vero e proprio crescendo di ritmo, come invece avveniva nella bella parte finale di Milk, e al tutto si preferisce donare un alone di mistero in stile Big Fish. Cosa che si addiceva perfettamente alle atmosfere favolistiche del film di Tim Burton, meno a una storia così storico-politica come quella raccontata da Clint.

"Dio, se fai guarire mia mamma ti prometto che non vado più su quei
sitacci sconci tipo Pensieri Cannibali!"
Mentre giocavamo a fare i recensori seri, dicevamo di due piani narrativi. Di quello storico/politico abbiamo parlato in abbondanza e speriamo di non avervi smaronato troppo. Se l’abbiamo fatto, ormai è troppo tardi per lamentarsi.
E perché, di grazia, stiamo parlando con il pluralis maiestatis? Proprio non lo sappiamo.
In ogni caso, il secondo piano è quello personale. Qui il film si gioca le carte più interessanti e lo fa pure in questo caso con meriti e demeriti.
A regalare una forte umanità al poco amichevole direttore di FBI di quartiere è il rapporto con la madre, interpretata da Judi Dench.
Parentesi Judi Dench. Purtroppo, negli ultimi giorni ha comunicato una brutta notizia sulle sue condizioni di salute: l’attrice 77enne è infatti stata colpita da una grave forma di maculopatia degenerativa che la dovrebbe portare in breve tempo alla cecità. Nonostante questo, la Dench ha annunciato l’intenzione di proseguire nella sua carriera recitativa. Chiudiamo questa (triste) parentesi J. Dench sottolineando come la sua interpretazione in J. Edgar sia superlativa.
Nel rapporto con la figura materna intravediamo un lato fragile di J. Edgar, intimorito e quasi schiacciato dalle sue parole, che gli fanno capire in maniera molto chiara di come non voglia un figlio diverso: “Meglio un figlio froscio che un figlio della Lazio!”, mi sembra gli dica in una scena. O qualcosa del genere…

"Ma quanto siamo bromantici? Ehm, volevo dire... elegantici?
E qui entriamo nella questione più spinosa e curiosa della figura di J. Edgar. Un uomo vecchio stampo come il super mega direttore galattico dell’FBI, era omosessuale?
Nel conflitto, nell’ambiguità che può scaturire da una faccenda così complicata ci si poteva tuffare a bomba per rendere il personaggio ancora più complesso. Il vecchio Clint timidamente, o forse per imbarazzo, pur affrontando l’argomento, preferisce allo stesso tempo mantenere un po’ le distanze.
Abbiamo assistito Eastwood affrontare di petto il tema dell’eutanasia in Million Dollar Baby e tenere con umorismo le redini del confronto razziale in Gran Torino, cose non certo scontate per un Repubblicano classe 1930. Eppure, di fronte alla tematica dell’omosessualità, il regista rimane pudico come una scolaretta che arrosisce di fronte alla parola pene.
Clint, se dico pene arrosisci? E la parola vagina? E cunnilingus? E se dico squirting?
L’aspetto gayo/bromantico della vicenda poteva quindi essere sfruttato meglio e con un po’ più di coraggio, anche perché regala le parti più emotivamente intense dell’intera pellicola.

Lea Thompson in versione GILF agli Oscar
Così come John Edgar Hoover, anche il film J. Edgar a lui dedicato è quindi contraddittorio, fatto di luci e ombre, aspetti positivi e meno positivi. Per questo si può considerare una pellicola che rende in pieno la figura che va a raccontare, a differenza di un film simile per approccio ma ben lontano per risultati come il pessimo The Iron Lady su Margaret Thatcher, un’altra che certo non era una simpaticona.
Tra gli aspetti positivi come detto le notevoli interpretazioni di DiCaprio e della Dench, cui va aggiunta quella forse un po’ troppo forzatamente gaya di Armie Hammer e un cast di contorno molto telefilmico. Una cosa notata anche con il precedente e meno riuscito Hereafter: Clint deve guardare un sacco di serie tv o, se non altro, chi si occupa del casting per lui. In J. Edgar sfilano infatti in piccole parti Ed Westwick di Gossip Girl, Geoff Pierson di Dexter e Jordan Bridges di Dawson’s Creek e Rizzoli & Isles. Ma magari è solo un caso.
Ciliegina sulla torta del cast: Lea Thompson. Ai tempi di Ritorno al futuro era letteralmente la prima MILF ante litteram della storia. Anche se più che MILF forse si doveva definire Marty McFly un SILF (Son I’d Like to Fuck), visto che era lei a volersi fare suo figlio… Comunque sia, qui la ritroviamo ancora affascinante in versione GILF (Grandma I’d Like to Fuck). Ma, il destino bastardo le è proprio avverso: se in Ritorno al futuro ci provava con il sangue del suo sangue, pure qui ce l’avrà dura a conquistare Gay Edgar…

"Ripeti ad alta voce, figliolo: sono un ottimo attore e devo smetterla
di recitare in quella cazzata di Gossip Girl!"
Aspetti meno positivi del film sono una colonna sonora che rimane del tutto in secondo piano, per non dire che è quasi inesistente, e che invece sarebbe potuta essere utilizzata per rendere più immediati i passaggi tra i vari decenni.
Ma la pecca principale della pellicola è un’altra, oltre al pessimo trucco di cui parlavamo in apertura. E forse non è poi nemmeno questa grande pecca.
Per quanto i pezzi siano disposti con cura e Clint ci regali un affresco storico complesso e affascinante, il film non decolla mai del tutto e alla fine l’immagine di J. Edgar ne esce incompleta. Come un puzzle che ci è stato venduto difettoso, mancante di qualche pezzo, e che quindi passeremo tutta la vita a cercare di finire. Senza mai riuscirci.
(voto 7/10)

martedì 28 febbraio 2012

Negozio di dischi: Air, Burial, Sleigh Bells, Ting Tings…

Pensavate che il negozio di dischi avesse già tirato giù la serranda?
In tempi di crisi, e di crisi discografica, non avrebbe certo stupito nessuno più di tanto. E invece no, non fate i soliti pessimi pessimisti. Dopo quello di gennaio, il negozio di dischi cannibale arriva al secondo appuntamento, sta volta con i dischi del mese di... febbraio, of course.
Alcuni dischi si sono già ritagliati dei più o meno meritati post personali: Lana Del Rey, Il Teatro degli Orrori, Bob Sinclar e i Cranberries, gli altri ve li faccio scendere a valanga qui sotto.



Ting Tings “Sounds from Nowheresville”
Genere: pop meticcio
Sono rari gli album che vanno bene in tutte le occasioni. La maggior parte dei dischi invece bisogna sapere quando suonarli, per apprezzarli in pieno. Il secondo dei Ting Tings dopo lo scoppiettante esordio non è un disco da domenica mattina. Ascoltato la domenica mattina può sembrare terribile. Questo è un disco divertente da venerdì sera. Da sparare a volume possibilmente da denuncia condominiale per tirarsi su. Il venerdì sera vi sembrerà fenomenale.
Dopo il successo dei singoli passati Great DJ, Shut Up and Let Me Go e That’s not My Name, i Rin Ting Tings tirano fuori una nuova carrellata di potenziali hit. Però non è più il 2008 e chissà se il mondo accoglierà pezzi infettivi come Hang It Up, Guggenheim, Day by day e Silence a braccia aperte come ho fatto io?
(voto 7+/10)



Air “Le voyage dans la Lune”
Genere: soundtrack
In attesa di potercela gustare insieme alla versione restaturata del capolavoro di Méliès, già da sola questa soundtrack dei due Air tornati in forma strepitosa è un puro spettacolo per le orecchie. Oui. Alla faccia dell’Hugo Capretto di Scorsese.
(voto 7,5/10)


Band of Skulls “Sweet Sour”
Genere: rock
Tempi duri per la musica rock: fare uscire un disco rocknrolla bello tosto al giorno d’oggi è una vera impresa. Ci saranno riusciti i Band of Skulls, all’opera seconda dopo il promettente esordio?
No, però almeno in questo disco ci regalano un paio di ottime canzoni (una “Bruises” vicina ai Radiohead dei tempi di The Bends e la delicata ballatona “Lay my head down”). Potevano sforzarsi un attimino di più, invece di cedere a modelli troppo facilmente White Stripes-zeppeliani, però in periodi di crisi rockettare come questo, accontentiamoci così.
(voto 6/10)


Black Bananas “Rad Times Xpress IV”
Genere: rock retro futurista
Un disco di rock tamarro tra anni ’70 e ’80 che suona fottutamente moderno. Tutto merito di Jennifer Herrema già in Royal Trux e RTX e ora con una band dal nuovo nome ganzo, Black Bananas, e un suono rock’n’roll così kitsch da avvicinarsi al sublime. Il pezzo “Hot Stupid” è già pronto per essere suonato all summer long.
(voto 7/10)


Burial “Kindred EP”
Genere: dubstep
Burial il Genio della lampada ci sta facendo sospirare il suo terzo album come una tipa che se la tira e non vuole mollarla. Più precisamente ci sta facendo aspettare dal capolavoro Untrue del 2007. Il guru fondatore, simbolo e Messia della scena dubstep lo pubblicherà mai? Nel frattempo ci stuzzica con un secondo EP dopo lo Street Halo dell’anno scorso. Dentro Kindred ci sono altre 3 tracce che definire la fine del mondo è poco, con Loner a rappresentare il trip definitivo stile enter the void.
E così ho finalmente capito il nome che questo misterioso figuro si è scelto. Burial significa sepoltura e infatti la sua musica seppellisce tutto il resto.
(voto 9/10)


Die Antwoord “Tension”
Genere: crazy rap
Hip-hop, electro, rap, pop, dub… Si può cercare di definire il suono del trio sudafricano in tanti modi, ma il modo più semplice per parlare di loro è bollarli semplicemente come tre qui quo qua pazzi e finirla lì.
Il loro disco suona come i Prodigy che uccidono i Pokemon a un rave che uccidono Dragon Ball che uccide Chuck Norris che stupra Lisbeth Salander che uccide i Die Antwoord.
(voto 6,5/10)


John Talabot “fIN”
Genere: intelligent dance music
Ho ascoltato questo disco incuriosito dal votone 8.5 di Pitchfork, che l’ha anche insignito con il prestigioso marchio “Best new music”. Solita esagerazione? Solito hype?
No, questo disco è una sorpresa dietro l’altra. Musica elettronica da colonna sonora esistenziale. E con il voto plagio Pitchfork.
(voto 8.5/10)


Rebecca Ferguson “Heaven”
Genere: the Voice
Che voce, la signorina Rebecca Ferguson. Il corpo è ancora caldo, ma l’erede di Whitney Houston è già arrivata?
Per ora le sue canzoni sono pure migliori, le stupende Shoulder to Shoulder e Nothing’s Real but Love su tutte. Se volete far rifiatare un po’ 21 di Adele, questo disco è una buona strappalacrime alternativa.
(voto 6,5/10)
Sleigh Bells “Reign of Terror”
Genere: noise melodico
Non lo so se tra qualche anno un disco come questo avrà ancora un senso. Non so se resterà impresso
come una pietra miliare. Probabilmente no, però who cares?
Questo è il suono del qui e ora. E suona terribilmente fico. Una bordata di chitarre noise che fanno un’orgia con melodie di impronta pop e R&B e pezzi come “End of the line” e “Leader of the pack” che sono già considerabili dei classici moderni.
A un primo ascolto vi suonerà come rumore puro. A un secondo ascolto comincerete a muovere la testa a tempo. A un terzo ascolto, non ascolterete più nient’altro.
(voto 8/10)


Speech Debelle “Freedom of Speech”
Genere: rap
Con il disco d’esordio, Speech Debelle aveva conquistato solo il Mercury Prize, il premio più prestigioso del mondo discografico britannico. Davvero scarsa, me ne rendo conto. Con questo secondo album, Speech prosegue con la sua musica rappata/parlata su ballate un sacco raffinate e non modificando granché la formula del precedente lavoro. Manca l’effetto sorpresa, ma il disco è comunque una bella bomba.
(voto 7+/10)


Van Halen “A Different Kind of Truth”
Genere: da ricovero
Prima o poi i soldi finiscono a tutti e quel momento dev’essere arrivato anche per David Lee Roth e soci. E come suona il loro primo album nuovo da 14 anni a questa parte?
Trash fuori tempo massimo.
Un differente tipo di verità sarebbe definire bello un disco del genere.
Ma più che un differente tipo di verità sarebbe la più grande balla mai raccontata.
(voto 1/10)

We Have Band “Ternion”
Genere: cool
Dico solo che questo album a tratti mi ha ricordato i Blur dei tempi migliori, per quanto abbiano per altri tratti un suono del tutto differente e sempre personale.
Che fare, or quindi?
Ipnotici e affascinanti, i We Have Band sono una band da ascolto obbligatorio.
(il titolo del disco Ternion non so cosa significhi, ma non credo sia un insulto razziale verso i meridionali)
(voto 8/10)

In time - Raga, vi presento mia mamma: Olivia Wilde

In Time
(USA 2011)
Regia: Andrew Niccol
Cast: Justin Timberlake, Amanda Seyfried, Olivia Wilde, Cillian Murphy, Johnny Galecki, Matt Bomer, Alex Pettyfer, Vincent Kartheiser, Rachel Roberts, Jessica Parker Kennedy, Melissa Ordway
Genere: fantamoney
Se ti piace guarda anche: I guardiani del destino, Demolition Man, Io Robot, Il mondo dei replicanti

In Time parte da un bello spunto, una buona base di partenza per una storia: in un ipotetico futuro, tutte le persone sono geneticamente modificate in modo da avere 25 anni per sempre.
Forever young, I want to be forever young, do you really want to live forever, forever young?
Lacrimuccia alphavillosa.
La tematica si fa quindi molto Peter Panesca, anche molto vampiresca. Le saghe letterarie, cinematografiche, telefilmiche sui succhiasangue da Twilight a The Vampire Diaries vanno forte per quale motivo? Perché i vampiri sono creature non solo immortali, ma anche eternamente giovani e fighe. Avete mai visto un vampiro cesso?
Sì, una volta in True Blood ce n’era uno obeso e inguardabile, ma infatti l’han fatto durare giusto una o due puntate…
Come si gioca questa carta dell’eternà giovinezza il film In Time? Male, il tema non viene assolutamente sviluppato a sufficienza. Se non con scenette come quella mostrata nel trailer: queste sono mia moglie, mia suocera e mia figlia. E sono tre biondazze giovani che sembrano uscite da un catalogo di Victroia's Secret.

"Aiuto, voglio la mamma! Anzi, la vorrei anche se non fossi in pericolo..."
Andiamo avanti nel time con la trama.
Dopo aver raggiunto i 25 fatidici anni, ogni persona ha un solo altro anno di vita. A meno che non si guadagni più tempo. Sì, guadagnare, perché il tempo è la moneta del futuro, o almeno di questo strambo futuro. Niente euro. Niente dollari. Niente yen. Il tempo è denaro, letteralmente.
Bello spunto di partenza dicevamo. Peccato che sortisca anche degli effetti ridicoli assai.
Il protagonista Justin Timberlake ha infatti come mamma… Olivia Wilde!
Olivia Wilde mamma di Justin Timberlake?!?!
What the fuck!
Credo che in questo caso la parola M.I.L.F. (Mother I'd Like to Fuck) non sia nemmeno abbastanza sufficiente per definire la situazione dentro cui si trova il Justin. Una situazione in cui se non pensi all’incesto non sei normale.
Il pericolo di scadere in situazioni potenzialmente ridicole è di per sé molto presente nel cinema di fantascienza, più che in altri generi. Alcuni film riescono comunque ad aggirare l’ostacolo bene, qui invece l’ostacolo non viene saltato proprio.
Olivia Wilde mamma di Justin Timberlake?
Dai, è davvero troppo comico.
Ci manca solo la scena in cui Justin fa conoscere la mamma agli amici:
"Per l'ennesima volta, Justin: sei troppo grande per essere ancora allattato!"
“Hey raga, vi presento mia mamma… E dai, non sbavate. È pur sempre mia mamma. Sì, va bene, anch’io c’ho perso la vista a forza di fare pensieri impuri su di lei, però dai raga, è la mia vecchia mamma. Riallacciatevi quei pantaloni, forza. Mamma, io comunque ti amo… ehm, volevo dire ti voglio bene. Come un figlio può voler bene a una madre, non intendo mica come un camionista che vorrebbe possederti carnalmente in un cesso di uno squallido benzinaio sull’autostrada potrebbe volerti bene. Ah, mamma: questa sera posso dormire insieme a te che ho ancora quegli incubi ricorrenti?”.

ATTENZIONE SPOILER
Fatto sta che questa situazione tanto assurda non regge molto. Tempo una manciata di minuti e la povera mamma MILF super MILF super extra MILF di Justin ci rimette la vita, in una sequenza altamente patetica, eccessiva e ridicola in cui Justin si ritaglia il solito momento da filmone americano, dove è lasciato libero di gridare:
“NOOOOOOOOOOOOOO! Prendi meeeeeeeee!”

"Sei meno figa della mia anziana madre, Amanda, però mi ti farei comunque..."
Quindi la storia si evolve, entra l’inevitabile interesse amoroso che ha le vesti di Amanda Seyfried, da me anche ribattezzata Amanda Seyfrigida. Tipa caruccia, ma che non mi ispira troppo sesso. Sarà l’omosessualità che avanza… chi lo sa?
Fatto sta che la premiata (?) accoppiata Justin + Amanda together forever tiene in piedi la baracca di una storia che si sfilaccia mano a mano che procede, ma che rimane comunque entro i limiti della guardabilità. Come se ci trovassimo di fronte a un film con Will Smith, però senza l’insopportabile presenza di Will Smith. Differenza non da poco.
Non che JT sia fenomenale in questo film, in The Social Network ad es. era molto più convincente, però è pur sempre moooooolto meglio di WS. Sia al cinema che in ambito hip-hop.
Yo, Willy, beccati questa.
"Affare fatto, Vincent: se tu torni a fare Mad Men, io torno insieme a Britney."
Dietro la macchina da presa siede un regista che un tempo faceva sperare grandi, grandissime cose. Andrew Niccol ha infatti esordito alla regia con quell’autentico gioiellino della fantascienza recente che è Gattaca, uno spettacolo per gli occhi come per il cuore, grazie alla toccante parabola di un uomo imperfetto in un mondo di essere geneticamente perfetti e programmati per eccellere, di cui questo In Time è solo un pallido riflesso.
Subito dopo, il buon Niccol firmava anche la sceneggiatura di The Truman Show, pellicola che nel 1998 affrontava credo prima di tutti gli altri la complessa tematica della reality tv, che avrebbe poi segnato, e purtroppo segna tutt’ora, i successivi Anni Zero.
Dopodiché Niccol aveva girato un’altra riflessione interessante sul rapporto reality-fiction con la diva creata al computer di S1mOne, film magari non del tutto riuscito ma comunque affascinante che aveva tra l’altro il merito di lanciare una giovanissima Evan Rachel Wood. Scusate tanto se è poco.
Quindi, Niccol sganciava un'altra bomba come Lord of War, pellicola notevolissima sul commercio d’armi in cui - udite udite - riusciva a far passare Nicolas Cage per un attore vero! Era il 2005 e quello sarebbe stato l’ultimo film decente con Cage protagonista [in Kick-Ass, per fortuna, è solo un comprimario di lusso (lusso?)].
Viene da chiedersi allora cosa sia successo tra quelle pellicole, in cui delineava un suo stile bello personale, e un filmetto d’intrattenimento, decente ma nemmeno dei migliori, come questo. La risposta sono sicuro ve la possiate immaginare anche perché è un po’ la tematica di In Time stesso: il denaro.
È un vero peccato che grandi talenti visivi passino da grandi film a robette commerciali del genere, parlo di Andrew Niccol ma anche di un altro regista che me lo ricorda come Alex Proyas, trasferitosi dagli ottimi e scurissimi Il Corvo e Dark City a - per parlarci chiaro - puttanatine come Io, Robot e Segnali dal futuro. Non a caso con i già menzionati Willy Smith e Nicky Cage.

"Sbrigati, che se la nostra fuga funziona ti posso cantare: Aaamanda è libera!"
Ci sono esempi di pellicole di fantascienza entertaining che riescono a fare il loro porco dovere alla grande, come un paio con gli eroi del mio antagonista Mr. Ford, ovvero Demolition Man con Stallone e Atto di forza con Schwarzy, ma questo In Time resta a un livello inferiore, diciamo più dalle parti de Il sesto giorno sempre con l’ex governatore della California. O anche de Il mondo dei replicanti, quello invece con Bruce Willis. Ecco, In Time pressappoco è su quei livelli lì. È un film che scivola e ogni tanto cade proprio nel ridicolo ed è un peccato, perché da Andrew Niccol mi aspettavo molto di più. E perché alla fine la pellicola lancia anche un bel messaggio anti-capitalista sulla redistribuzione della ricchezza che, soprattutto di questi tempi, avrebbe potuto condurre a ben altre e più alte riflessioni. Invece si è preferito puntare sul solito filmone, o meglio filmino, di puro intrattenimento di stampo action hollywoodiano blockbusteriano. In Time? Sì, magari l’avessero fatto negli anni Novanta. Adesso è arrivato un pochino fuori… time.
(voto 5,5/10)

lunedì 27 febbraio 2012

OSCAR 2012: Les jeux sont faits

Tutto come previsto, o quasi. Come a Sanremo. E come nei processi a Berlusconi.
The Artist ha vinto alla grande, ma non ha stravinto, trasformando "solo" 5 delle 10 nomination in statuette dorate.
Diciamo che l'Academy ha cercato di non mettersi del tutto a braghe calate nei confronti della Francia.
Francia che comunque è risultata protagonista assoluta, considerando come Parigi faccia da sfondo anche al modesto Hugo Cabret, vincitore di ben 5 Oscar tecnici, e alla piacevole Midnight in Paris di Woody Allen, che si è portato a casa il premio più fico e con gli avversari più agguerriti, quello per la migliore sceneggiatura originale.
Sindrome da Parigi?
Sì, ma quest'anno è stato anche un tripudio dell'effetto nostalgia, della fuga dal presente e dalla realtà, e pure un anno all'insegna delle bambinate, con i premi a Hugo Cabret e Rango scandaloso vincitore tra i migliori cartoni, con il grande cinema d'autore snobbato. Eh sì, parlo proprio di Terrence Malick e del suo portentoso The Tree of Life che si è visto scippare persino l'Oscar di miglior fotografia dal solito odioso Hugo Capretto.
Lo scandalo più grande è però l'ennesimo premio di miglior attrice all'insopportabile Meryl Streep, rubato alla ben più meritevole e vera Viola Davis di The Help. L'Academy premia l'Accademia. No alarms and no surprises, un'altra volta un'altra onda, che noia che barba che barba che noia.

MIGLIOR FILM
The Tree of Life
The Artist
Midnight in Paris
The Help
Paradiso amaro
Hugo Cabret
Molto forte, incredibilmente vicino
L'arte di vincere - Moneyball
War Horse

IL MIO PREFERITO: The Tree of Life
SECONDO ME VINCERA’: The Artist
HA VINTO: The Artist

Nooo, ma va? Ha vinto The Artist?
Chi l'avrebbe mai detto???

"Pardon statuetta, mi sa che ho un po' esagerato con il bacio alla francese.
Pensavo di avere ancora di fianco Natalie..."
MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA
Demián Bichir, A Better Life
Jean Dujardin, The Artist
George Clooney, Paradiso amaro
Brad Pitt, L'arte di vincere - Moneyball
Gary Oldman, La talpa

IL MIO PREFERITO: Demián Bichir
SECONDO ME VINCERA’: Jean Dujardin
HA VINTO: Jean Dujardin

Il francese Jean Dujardin ha infilato una testata alla Zidane (intendo quelle dei Mondiali di Francia 1998, non quella a Materazzi) e alla fine ha beffato i due divi Clooney e Pitt. Giusto così.

MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA
Rooney Mara, Millennium - Uomini che odiano le donne
Michelle Williams, My Week with Marilyn
Se vi addormentate voi, figuriamoci noi...
Viola Davis, The Help
Meryl Streep, The Iron Lady
Glenn Close, Albert Nobbs

LA MIA PREFERITA: Rooney Mara
SECONDO ME VINCERA’: Viola Davis
HA VINTO: Meryl Streep

Hanno davvero fatto ririvincere Merdyl Strip? Per la terza volta? Per di più per una interpretazione che puzza di maniera lontano un miglio in un film degno delle peggio fiction Rai?
Siete proprio degli Oscarfuckers!



"Volevo ringraziare... ehm no, tutti quelli
che conosco ormai sono morti!"
MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA
Christopher Plummer, Beginners
Max von Sydow, Molto forte, incredibilmente vicino
Nick Nolte, Warrior
Kenneth Branagh, My Week with Marilyn
Jonah Hill, L'arte di vincere - Moneyball

IL MIO PREFERITO: Christopher Plummer
SECONDO ME VINCERA’: Christopher Plummer
HA VINTO: Christopher Plummer

Un premio alla meglio gioventù, per l'82enne Christopher Plummer. D'altra parte non c'era tutta 'sta concorrenza...

"E poi tutti a festeggiare con una torta
che ho preparato personalmente!"
MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA
Jessica Chastain, The Help
Bérénice Bejo, The Artist
Octavia Spencer, The Help
Melissa McCarthy, Le amiche della sposa
Janet McTeer, Albert Nobbs

LA MIA PREFERITA: Jessica Chastain
SECONDO ME VINCERA’: Octavia Spencer
HA VINTO: Octavia Spencer

Damn yeah!
Per quanto scontato, forse il premio più giusto e bello della serata, quello andato all'outsider Octavia Spencer.
Anche se Jessica Chastain quest'anno avrebbe dovuto vincere da sola 12 statuette...





"Diamo fuoco all'Academy!"
MIGLIOR REGIA
Terrence Malick, The Tree of Life
Michel Hazanavicius, The Artist
Martin Scorsese, Hugo Cabret
Woody Allen, Midnight in Paris
Alexander Payne, Paradiso amaro

IL MIO PREFERITO: Terrence Malick
SECONDO ME VINCERA’: Michel Hazanavicius
HA VINTO: Michel Hazanavicius

Meglio al francese Hazanavicius che a nonno capretto Scorsese per uno dei film peggiori della sua lunga carriera.
Però se ci fosse una giustizia divina, la statuetta sarebbe dovuta andare senza il minimo dubbio a Terrence Dio Malick.

Hey, è Woody Allen quello? Ah no, è un capezzolo di J. Lo!
MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE
Margin Call: J.C. Chandor
The Artist: Michel Hazanavicius
Le amiche della sposa: Kristen Wiig, Annie Mumolo
Una separazione: Asghar Farhadi
Midnight in Paris: Woody Allen

IL MIO PREFERITO: Margin Call
SECONDO ME VINCERA’: Midnight in Paris
HA VINTO: Midnight in Paris

La categoria con le scelte migliori dell'Academy, che alla fine ha deciso di premiare Woody Allen. Ci può stare, però gli altri script erano di gran lunga superiori. Ma d'altra parte quest'anno tutti i premi (o quasi) devono restare in zona parigina.




"Ammazza, ho trovato l'unica donna al mondo
meno espressiva della Canalis!"
MIGLIOR SCENEGGIATURA NON ORIGINALE
Paradiso amaro: Alexander Payne, Nat Faxon, Jim Rash
Le idi di Marzo: George Clooney, Grant Heslov, Beau Willimon
Hugo Cabret: John Logan
L'arte di vincere - Moneyball: Steven Zaillian, Aaron Sorkin, Stan Chervin
La talpa : Bridget O'Connor, Peter Straughan

IL MIO PREFERITO: Paradiso amaro
SECONDO ME VINCERA’: L’arte di vincere - Moneyball
HA VINTO: Paradiso amaro

L'arte di vincere? Sì, quella non di Moneyball ma di Paradiso amaro.
Serata amara invece per il protagonista del film George Clooney, sconfitto sia tra gli attori che nelle sceneggiature. Il grande loooser della serata (insieme a Malick, Pitt e Spielberg) si consolerà probabilmente con una sfida a wrestling personale con Stacy Keibler. Sempre meglio di una conversazione intellettualmente stimolante con ElaisaTetta Cannalis.

MIGLIOR FILM ANIMATO
Une vie de chat
Chico & Rita
Rango
Il gatto con gli stivali
Kung Fu Panda 2

IL MIO PREFERITO: Chico & Rita
SECONDO ME VINCERA’: Rango
HA VINTO: Rango

Rango l'ho trovato una bambinata talmente noiosa che non sono nemmeno riuscito e vederlo tutto...
Film da Oscar? Ma per carità!

"Hey, perché siamo gli unici ad essere stati controllati con il metal detector?"
MIGLIOR FILM STRANIERO
Una separazione: Asghar Farhadi (Iran)
Rundskop: Michael R. Roskam (Belgio)
Hearat Shulayim: Joseph Cedar (Israele)
In Darkness: Agnieszka Holland (Polonia)
Monsieur Lazhar: Philippe Falardeau (Canada)

IL MIO PREFERITO: Una separazione
SECONDO ME VINCERA’: Una separazione
HA VINTO: Una separazione

Quando si dice una serata piena di emozioni e di colpi di scena, Una separazione unisce i membri dell'Academy e va a trionfare. Ottimo film, però una sorpresa nella serata senza sorprese non sarebbe spiaciuta.


Dico solo che quest'uomo infotografabile
ha vinto per la miglior fotografia...
MIGLIOR FOTOGRAFIA
The Tree of Life: Emmanuel Lubezki
The Artist: Guillaume Schiffman
Millennium - Uomini che odiano le donne: Jeff Cronenweth
Hugo Cabret: Robert Richardson
War Horse: Janusz Kaminski

IL MIO PREFERITO: The Tree of Life
SECONDO ME VINCERA’: The Tree of Life
HA VINTO: Hugo Cabret

La più grande porcheria della serata. Sarebbe andata peggio solo se avessero premiato War Horse.
The Tree of Life ignorato pure qua, dove (in teoria) non ci sarebbe proprio storia tra una delle migliori fotografie nelle storia del cinema e quella stucchevole e di routine di Hugo Potter.

MIGLIOR MONTAGGIO
The Artist: Anne-Sophie Bion, Michel Hazanavicius
Millennium - Uomini che odiano le donne: Angus Wall, Kirk Baxter
Paradiso amaro: Kevin Tent
Hugo Cabret: Thelma Schoonmaker
L'arte di vincere - Moneyball: Christopher Tellefsen

IL MIO PREFERITO: The Artist
SECONDO ME VINCERA’: The Artist
HA VINTO: Millennium

Questo è uno dei rari premi che non mi aspettavo, però ci può stare. Dopo tutto Millennium, per quanto inutile come quasi tutti i remake, almeno tecnicamente è un prodotto realizzato in maniera impeccabile.
Certo, la statuetta pure qua sarebbe dovuto essere solo per The Tree Life, neppure nominato.

"Eddai Francesca, non facciamoci sempre
riconoscere che siamo italiani!"
MIGLIORI SCENOGRAFIE
Hugo Cabret: Dante Ferretti, Francesca Lo Schiavo
The Artist: Laurence Bennett, Gregory S. Hooper
Midnight in Paris: Anne Seibel, Hélène Dubreuil
Harry Potter e i doni della morte: Parte 2: Stuart Craig, Stephenie McMillan
War Horse: Rick Carter, Lee Sandales

IL MIO PREFERITO: Hugo Cabret
SECONDO ME VINCERA’: Hugo Cabret
HA VINTO: Hugo Cabret

Niente da dire. Se il ragionier Ugo Capretto meritava un premio, era questo. Grandi Dante e Beatrice Francesca per essere riusciti a ricreare la magia delle scenografie dei film di George Méliès, cosa invece non riuscita a Scorsese con la pellicola nel suo complesso.

MIGLIORI COSTUMI
The Artist: Mark Bridges
Jane Eyre: Michael O'Connor
Hugo Cabret: Sandy Powell
Edward e Wallis: Il mio regno per una donna: Arianne Phillips
Anonymous: Lisy Christl

IL MIO PREFERITO: The Artist
SECONDO ME VINCERA’: Hugo Cabret
HA VINTO: The Artist

Un premio azzeccato? Questa sì che è una sorpresa per gli Oscar di quest'anno.

Oscar cannibale alla più fashion della serata:
Rooney Mara
MIGLIOR TRUCCO
Harry Potter e i doni della morte: Parte 2
The Iron Lady
Albert Nobbs

IL MIO PREFERITO: Harry Potter
SECONDO ME VINCERA’: Harry Potter
HA VINTO: The Iron Lady

Categoria con tre film di livello medio-basso-bassissimo, alla fine ha vinto The Iron Lady con un trucco certo non così sorprendente. Due Oscar a 'sto filmetto? Davvero da non credere.

MIGLIOR COLONNA SONORA
The Artist: Ludovic Bource
Hugo Cabret: Howard Shore
La talpa: Alberto Iglesias
Le avventure di Tintin: Il segreto dell'Unicorno: John Williams
War Horse: John Williams

IL MIO PREFERITO: The Artist
SECONDO ME VINCERA’: The Artist
HA VINTO: The Artist

Unica scelta che mi sento di condividere al 100% con l'Academy. Almeno sulla soundtrack, nessun dubbio e niente da contestare. Strano, visto che di solito il gusto musicale dei membri dell'Academy è peggiore persino di quello cinematografico, ma evidentemente andando sul classico non si sbaglia mai.

Momento simpatia della serata. Manca solo Rocco Papaleo...
MIGLIOR CANZONE ORIGINALE
I Muppet: Bret McKenzie ("Man or Muppet")
Rio: Sergio Mendes, Carlinhos Brown, Siedah Garrett ("Real in Rio")

IL MIO PREFERITO: Muppet
SECONDO ME VINCERA’: Muppet
HA VINTO: Muppet

Qui quelli degli Oscar hanno deciso di fare i brillanti, con il premio simpatia andato ai Muppet.
Peccato siano passati di moda giusto da quei 20/30 anni appena...

MIGLIOR SONORO
Millennium - Uomini che odiano le donne
Hugo Cabret
L'arte di vincere - Moneyball
Transformers 3
War Horse

IL MIO PREFERITO: Millennium
SECONDO ME VINCERA’: Hugo Cabret
HA VINTO: Hugo Cabret

Bah!

Oscar alla più inutile presenza sul red carpet:
Kelly Osbourne, la Meryl Streep di questa categoria
MIGLIOR MONTAGGIO SONORO
Drive
Millennium - Uomini che odiano le donne
Hugo Cabret
Transformers 3
War Horse

IL MIO PREFERITO: Drive
SECONDO ME VINCERA’: Hugo Cabret
HA VINTO: Hugo Cabret

Per la serie "Oscar dati a caso", Hugo Cabret si porta a casa due premi due per il sonoro. Mi chiedo: era davvero il caso? L'unica cosa che mi fa felice è che almeno hanno avuto la decenza di non dare manco una statuetta a War Horse, che se no ero già pronto a marciare a cavallo su Los Angeles per metterla a ferro e fuoco.

MIGLIORI EFFETTI SPECIALI
Hugo Cabret
L'alba del pianeta delle scimmie
Harry Potter e i doni della morte: Parte 2
Real Steel
Transformers 3

IL MIO PREFERITO: Hugo Cabret
SECONDO ME VINCERA’: L’alba del pianeta delle scimmie
HA VINTO: Hugo Cabret

Premio ai poco speciali effetti del capretto.
Mo' basta dare premi a questo filmetto.
E pure io con le rime è meglio se la smetto.

MIGLIOR DOCUMENTARIO
Pina
Paradise Lost 3: Purgatory
If a Tree Falls: A Story of the Earth Liberation Front
Undefeated
Hell and Back Again

Oscar cannibale di quasi più gnocca della serata:
Rose Byrne
IL MIO PREFERITO: Pina
SECONDO ME VINCERA’: Paradise Lost 3: Purgatory
HA VINTO: Undefeated

Almeno qui una piccola sorpresa c'è stata: ha vinto il football americano con Undefeated, una sorta di versione documentaristica di Friday Night Lights?

MIGLIOR CORTO DOCUMENTARIO
The Barber of Birmingham: Foot Soldier of the Civil Rights Movement
God Is the Bigger Elvis
Incident in New Baghdad
Saving Face
The Tsunami and the Cherry Blossom

HA VINTO: Saving Face

MIGLIOR CORTO ANIMATO
Dimanche: Patrick Doyon
The Fantastic Flying Books of Mr. Morris Lessmore: William Joyce, Brandon Oldenburg
La Luna: Enrico Casarosa
A Morning Stroll: Grant Orchard, Sue Goffe
Wild Life: Amanda Forbis, Wendy Tilby

HA VINTO: The Fantastic Flying Books of Mr. Morris Lessmore

MIGLIOR CORTO LIVE ACTION
Oscar cannibale di più gnocca della serata:
JESSICA! JESSICA! JESSICA!
Pentecost: Peter McDonald
Raju: Max Zähle, Stefan Gieren
The Shore: Terry George
Time Freak: Andrew Bowler, Gigi Causey
Tuba Atlantic: Hallvar Witzø

HA VINTO: The Shore

Il risultato dei pronostici?
Cannibal Nostradamus ne ha azzeccati 13 su 21 (se ho contato bene).

Se l'anno scorso aveva portato delle soddisfazioni non da poco come gli Oscar ai miei adorati Christian Bale e Natalie Portman, quest'anno i miei preferiti preferiti come Terrence Malick e Jessica Chastain sono rimasti a bocca asciutta.
Fa piacere comunque vedere premiato uno splendido film come The Artist, sebbene (forse) non un capolavoro assoluto, che perlomeno rende giustizia alla Settima Arte.
Cosa che certo non si può dire del già dimenticato vincitore dell'anno scorso, Il furto discorso del re.

E infine, per conoscere la mia opinione sul film vincitore, leggi, anzi guarda, la recensione cannibale: The Artist.


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