Genere: alt-rock
Provenienza: Madison, Wisconsin, USA
Se ti piace ascolta anche: The Sounds, Metric, Birthday Massacre, Gossip, Ladyhawke, Republica, Cardigans, My Bloody Valentine, Placebo
Parlare dei Garbage per me è come per un genitore parlare di un figlio. Difficile essere obiettivo.
Il loro primo omonimo album rappresenta il Passato il Presente e il Futuro della musica che mi piace. Chitarre elettriche distorte, beat tra hip-hop e trip-hop, suoni electro, melodie pop, voce cazzuta e sensuale allo stesso tempo della rossa Shirley Manson. Rabbia e dolcezza. Depressione ed energia. Tutto in un disco solo.
Poi è arrivata la volta della Version 2.0 ed è stata un’altra notevole figata. Un uno-due micidiale che li conserverà per sempre tra le mie band preferite di tutti i tempi.
E poi l’inevitabile inesorabile declino, prima con il pasticciato Beautiful Garbage, comunque pieno di spunti notevoli, e quindi con Bleed Like Me, disco dall’attitudine rockettara non troppo convinta e convincente.
Questo disco nuovo Not Your Kind of People invece come suona?
Diciamo che si inserisce bene o male al livello degli altri due album, forse un po' più in su. Con buone intuizioni, qualche ottima song, complessivamente molto figo eppure non soddisfacente al 100%. Forse perché le mie aspettative, nei loro confronti, sono sempre troppo alte.
Erano passati 7 anni dal loro ultimo lavoro e quanto cazzo mi erano mancati?
Davvero tanto, cazzo, e l’emozione di risentirli di nuovo è sempre alta. Il singolo “Blood For Poppies” fin da subito funziona. Funziona eccome. Un pezzo che mi ha scaraventato indietro nel tempo. Battito esaltante, chitarrona tipicamente garbagiana, melodia catchy, ritornello paraculo il giusto: tutto il meglio del loro passato frullato insieme. Garbage are back, bitches!
Smaltito dopo giorni e giorni l’entusiasmo iniziale per questo ritorno a grandi livelli, il resto dell’album viaggia tra alti e bassi, tra eccitazione alcolica ed hangover. Propone alcune cose buone, molto buone: l’inizio è a bomba con la tiratissima “Automatic Systematic Habit”, fresca come il pezzo d’apertura del disco d’esordio di una band tutta nuova e in “Man on a Wire” picchiano di brutto, forse come non mai. “I Hate Love” è il suono intripposo del passato che ritorna in una forma nuova, "Sugar" è la zolletta perfetta da infilare dentro la tazza di "Milk" e “Battle in Me” è una battaglia devastante, nel senso buono del termine. E ancora “Big Bright World”, il suono del Paradiso in cui ogni Garbage-fan può solo sognare di finire.
Il resto della scaletta si mantiene su livelli un filo più bassi, pur sempre carini ma non del tutto esaltanti, soprattutto nelle superflue bonus tracks della deluxe edition.
E quindi alla fine si rimane interdetti. Per metà felici, perché i Garbage sono tornati, sono carichi, sanno ancora scrivere dei pezzi fottutamente cool, e per l’altra metà malinconici. Consapevoli che gli anni ’90 sono finiti, non torneranno, l’ispirazione è rimasta, loro sono sempre alive and kicking, ma il tempo passa, niente sarà più come prima e un disco come quello spettacolo d’esordio i Garbage non lo faranno mai più.
Lacrimuccia.
(voto 7/10)
Non mi hanno mai esaltato più di tanto.
RispondiEliminaQualche buon pezzo, ma per il resto niente di eclatante.
Decisamente poco fordiani, direi. :)