domenica 19 agosto 2012

Tokyo hotel

Norwegian Wood
(Giappone 2010)
Titolo originale: Noruwei no mori
Regia: Tran Anh Hung
Cast: Ken'ichi Matsuyama, Rinko Kikuchi, Tetsuji Tamayama, Kiko Mizuhara, Kengo Kora, Reika Kirishima
Genere: giappo-norvegese
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Sbrighiamo le pratiche obbligatorie, quelle da recensori diligenti: Norwegian Wood è l’adattamento cinematografico del romanzo omonimo del giapponese Haruki Murakami pubblicato nel 1987, uscito in Italia e da noi molto apprezzato con il titolo di Tokyo Blues. L’editore nostrano probabilmente ha voluto andare sul sicuro, visto che se no con un titolo come Norwegian Wood noi poveri italiani idioti l’avremmo confuso per un’opera nordica quando invece è nipponica e ci sarebbe andato in pappa il cervello!
E se dicendo pappa vi è venuto fame, non significa che siete italiani idioti, ma solo italiani affamati.
Il titolo Norwegian Wood è tratto dalla celebre canzone “Norwegian Wood (This bird has flown)” dei più o meno celebri Beatles, visto che a quanto pare Murakami ha dichiarato che mentre scriveva il suo libro avrà ascoltato sul suo walkman (gente, l’iPod era ancora ben lontano dall’essere inventato) Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band. Che non si capisce bene cosa c’entri, visto che Norwegian Wood è contenuta su Rubber Soul…
Ah Murakami, ripigliati!

Abbiamo sbrigato l’introduzione specificando tutto quel che c’era da specificare?
Credo di sì e allora passiamo oltre. Passiamo al film vero e proprio.
Ambientata alla fine degli anni ‘60, la storia racconta di Tōru, il protagonista nonché voce narrante, di Naoko e di Kizuki. Naoko sta insieme a Kizuku, il miglior amico di Tōru. Dal quadretto dovete però togliere subito Kizuku, che a inizio film si suicida. Sconvolto dalla morte dell’amico (anche se i giapponesi sono bravi a celare i propri sentimenti, quindi non è che si veda molto che sia sconvolto), Tōru si trasferisce a Tokyo e conduce una vita piuttosto anonima tra università e lavoro, fino a che non reincontra Naoko, la ex del suo amico suicida, e con lei inizia una storia parecchio travagliata. Lei è infatti rimasta traumatizzata ancor di più dalla morte di Kizuki (sebbene pure lei da buona giapponese non lo dia un granché a vedere) e quindi viene ricoverata in una struttura psichiatrica (e lì un po' lo darà a vedere, di essere sconvolta e soprattutto pazza).
Ogni tanto Tōru va a trovarla, se la tromba, però nel frattempo comincia a frequentare anche un’altra giovane fanciulla e allo stesso tempo ha pure un’attrazione particolare nei confronti di una tizia che lavora nel “manicomio”.
E insomma, io credevo di trovarmi di fronte a un drammone, e in alcune parti in effetti è così, e invece il film si trasforma in una sorta di soft-porno in cui ci sono un sacco di scene di sesso e si parla un sacco di sesso. In una maniera tra l’altro che rischia spesso di scivolare nell’involontariamente comico, tanto che a un certo punto mi sono chiesto se non avessi per caso scaricato la versione parodistica dei sottotitoli. Non so voi, ma non conoscendo una parola di giapponese a parte arigatò non posso avere la certezza assoluta che i sottotitoli fossero effettivamente quelli seri, però visto l’andamento erotico (ma purtroppo niente tettone come negli anime più sporcaccioni...) delle immagini, credo fossero quelli giusti.

Se nelle prime scene la mia impressione era stata quella del: “Che carucci che sono i giapponesi! Sono come dei pupazzi morbidosi che vorrei stringere forte forte.”
Poi è passata a un quasi scandalizzato: “Che bei porcellini che sono, questi giapponesi!”
Il film passa invece da momenti molto drammatici e melò con un sacco di lacrime (ma quanto piange, ‘sta fontana di Naoko?), ad altri più erotici, affrontando tematiche piuttosto scomode e scivolose come pazzia, suicidio e sesso senza amore.
Sul versante della pazzia in particolare si sarebbe potuto fare molto di più, magari accentuando le visioni di Naoko anziché farla sempre piagne, mentre la storia preferisce concentrarsi sulla girandola sentimental-sessuale del confuso protagonista Tōru, coadiuvato nelle sue conquiste dall’amico playboy.
Del tutto sullo sfondo rimane invece il contesto sociale e il ’68 giapponese. La spiegazione ce la dà un dialogo tra alcuni studenti in protesta e un professore di letteratura:

Nel mondo contemporaneo ci sono
problemi più seri della tragedia greca!”
“Non penso che esistano problemi
più importanti della tragedia greca.

In questo caso, potremmo allora dire che non esistono problemi più importanti della tragedia nipponica, peccato che il film tra una scopata e l’altra riesca a farci intravedere appena una parte di questa tragedia.
Da un punto di vista visivo, gli anni ’60 dipinti dal regista Tran Anh Hung ammaliano e il suo bel fascino aggiuntivo la pellicola lo guadagna con l’ottima colonna sonora in parte composta direttamente e in parte assemblata da Jonny Greenwood, uno che una volta potevamo definire “il chitarrista dei Radiohead” ma oggi sarebbe limitante (anche considerando come le chitarre le abbiano usate poco nell’ultima decade) e quindi definiamolo “il manipolatore sonoro dei Radiohead”. Oltre alle sue enfatiche musiche originali, Greenwood fa sfilare alcune canzoni dei Can, gruppo krautrock tedesco formatosi negli anni ’60 ma ben lontano dal classico suono anni ’60, lasciando la beatlesiana Norwegian Wood ai titoli di coda.
C’è il sesso, c’è la follia, c’è il tormento esistenziale, c’è la musica di Jonny Greenwood, c’è un ottimo cast (occhio in particolare alla giovane rivelazione Kiko Mizuhara), c’è alle spalle un romanzo cult, eppure sembra che ci sia qualcosa di troppo. I giapponesi se la cavano meglio quando sono più essenziali, come con il sushi e gli haiku. Che qui abbiano invece esagerato?
(voto 5,5/10)

10 commenti:

  1. Mi sa tanto che me lo risparmio, anche se l'avevo in lista.
    Rischia di diventare una sagra delle bottigliate, dalle mie parti.

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  2. Norwegian Wood visivamente è bellissimo ( ci sono delle sequenze sotto la neve di rara bellezza) ma penso che un film come questo come minimo debba strapparti il cuore dal petto per l'emozione e invece qui non accade. Però la sufficienza l'avrei data lo stesso perchè l'occhio è decisamente appagato.

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  3. Io lessi il libro mille anni fa, quando ne avevo 17 credo e quello che mi è rimasto è la tristezza, per questo penso abbiano usato il termine blues nella traduzione del titolo, il sesso è complementare alla storia.
    Comunque lo apprezzai perchè dà modo di comprendere la mentalità giappo, probabilmente guarderò anche il film ma è chiaro che il regista ha trasformato i contenuti, il libro fa un'immersione nella tragedia se ricordo bene.

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  4. Peccato perche' il libro lo trovai decisamente bello!

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  5. Il libro mi è piaciuto molto, rappresenta bene i sentimenti contrastanti che si provano nel passaggio dalla giovinezza all'età adulta, i tormenti amorosi, i pensieri sulla morte. Anche lì (e in generale negli scritti di Murakami) il sesso ha una parte importante. Il problema dell'adattamento cinematografico secondo me è stato il tentativo di inserire tutte le vicende lesinando sull'introspezione, che invece nel romanzo è fondamentale. Tagliando un paio di episodi e lavorando di più sulla caratterizzazione avrebbe potuto venirne fuori qualcosa di interessante, soprattutto perché sul lato visivo non c'è niente da appuntare.

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  6. Diciamo che mi mantengo sulle tragedie greche...

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  7. Inizialmente pensavo al gruppo tedesco perso nel nulla...poi mi sono ripresa, ricadendo nel dubbio dopo la tua recensione...Da pensare...

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  8. Quando ho recensito il libro, ho deciso di definire questa versione cinematografica con il tutto sommato gentile termine "SUPERFLUO". Chi ha amato Norwegian Wood non può non inca##arsi di fronte a questo sfacelo. Quoto in pieno il commento di Automaticjoy: quello che manca nel film è la caratterizzazione dei personaggi. Il bello di Norwegian Wood non è "quello che succede", ma "a chi succede".

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  9. Devi sapere che i Giappi sono molto, molto diversi da noi, per mentalità e costumi. Quelli che vedi nei manga/anime sono personaggi "occidentalizzati", nel senso che sono dei ribelli, persone che escono dalla massa, capaci di imporsi. Sebbene l'evoluzione, il giapponese resta una persona (in linea di massima) legato alle convenzioni, e questo suo essere schiavo delle convenzioni fa sì che i sentimenti siano vissuti con tanto pudore.
    Anche gli attori spesso sono dei cani maledetti, proprio perché il lavoro in profondità sulle emozioni non si può affrontare.

    Mio marito ha vissuto quattro anni in Giappone e ne avrebbe di esempi da fare! Potrebbe anche verificare l'esattezza dei sottotitoli!
    Comunque il film non l'ho visto, e dopo aver letto "Che carucci che sono i giapponesi! Sono come dei pupazzi morbidosi che vorrei stringere forte forte.” penso che non lo recupererò! :)

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  10. Ho letto tre libri di Haruki Murakami e Norvegian Wood/Tokio Blues è l'unico in cui succede qualcosa di sensato ed è un libro che ha segnato un prima ed un dopo nelle mie letture, che variano molto da uno scrittore all'altro. Mi spiego: è un romanzo che ha tanti di quei dettagli che ti restano impressi anche dopo tanto tempo che l'hai letto. E se nel fim esistono scene di sesso, è perchè il libro ne è pieno, ma svuotato di morbosità...

    Non ho visto il film, ma credo che ne resterei molto delusa.
    Cmq Cannibale, leggi il libro, perchè ne vale la pena, a mio modesto avviso.

    Ciao!

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