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giovedì 21 agosto 2014

+1, NO DOPPIO NO PARTY




+1
(USA 2013)
Regia: Dennis Iliadis
Sceneggiatura: Bill Gullo, Dennis Iliadis
Cast: Rhys Wakefield, Ashley Hinshaw, Logan Miller, Natalie Hall, April Billingsley, Rohan Kymall, Adam David Thompson, Peter Luis Zimmerman
Genere: festaiolo
Se ti piace guarda anche: Questione di tempo, Ricomincio da capo, Project X

Partecipare alle feste ormai è una pratica antica, sorpassata, da sfigati. Il nuovo trend degli ultimi tempi è disertare le feste, oppure farle fallire seguendo l’esempio del Jep Gambardella de La grande bellezza.
O ancora, limitarsi a guardarle su grande schermo. Il grande Gatsby, Project X, Spring Breakers, Bling Ring, Cattivi vicini, etc. sono ottimi esempi di pellicole con scene di party non stop, ma c’è un film che va oltre.
+1 è ambientato quasi interamente durante una festa. A parte la prima scena introduttiva, tutta la pellicola si svolge nel corso del classico party americano organizzato a casa di un tizio a caso. Ci aspetta allora il solito party-movie adolescenziale?
Sì e no. Le situazioni sono quelle tipiche da commedia goliardica a stelle e strisce, non distanti da American Pie e company, con tanto di storiella sentimentale tra i due noiosetti protagonisti principali (Rhys Wakefield di La notte del giudizio e Ashley Hinshaw di About Cherry) a fare da collante al tutto, più una divertente sotto-storiella sessuale che coinvolge l’amico del protagonista Logan Miller, il classico simpatico cazzaro di turno, con la sexy bionda Natalie Hall, già vista nella serie Star-Crossed e nell'ultima stagione di True Blood, in cui compare pure quell'altra bonazza della Hinshaw.

A interrompere quello che sembra il più tipico tra i teen movie succede una cosa incredibile. Avvengono dei blackout continui e, dopo ogni blackout, i personaggi si sdoppiano. Vedono loro stessi e le azioni che hanno compiuto qualche minuto prima.
La cosa incredibile però non è tanto questa. La cosa davvero incredibile è che lo sfigatello Logan Miller si scopa quella strafica di Natalie Hall. Ma quando mai nella realtà succedono cose del genere?

"Questa festa è talmente uno sballo che io me ne sto in bagno a fissare il soffitto!"
Questo film combina dunque elementi da teen-comedy ad altri stranamente sci-fi, con echi di Ricomincio da capo e Ritorno al futuro, due filmoni che però restano ad anni luce di distanza da questo. L’espediente fantascientifico offre il pretesto ai personaggi per riflettere sul tempo che passa, sulle scelte che si fanno nella vita e sulla possibilità di riavvolgere (almeno al cinema) il nastro e tornare indietro. A questo punto la pellicola che ritorna alla mente, senza nemmeno dover andare troppo lontano nel passato, è Questione di tempo, splendida romcom britannica con Domnhall Gleeson e Rachel McAdams. +1 vorrebbe stare alla commedia adolescenziale come Questione di tempo stava alla commedia romantica. L’esperimento non si può dire altrettanto riuscito. Lo spunto della pellicola è sulla carta promettente, peccato non venga sfruttato a dovere. A non coinvolgere più di tanto sono i personaggi, stereotipati e privi di spessore, un difetto non da poco per un film che vorrebbe rappresentare una variante originale al teen-movie tradizionale, con in più la tematica del doppio che viene affrontata soltanto di sfuggita e che invece ha vita più interessante in pellicole recenti come The Double ed Enemy.
Il film grazie alla sua idea più o meno fantasiosa si innalza comunque leggermente sopra la mediocrità e si becca quindi un 5+1, raggiungendo la sufficienza. Ciò non basta per renderlo una visione degna di restare nella memoria o per trasformarlo in un cult movie. Poco male. Se non altro possiamo essere contenti di aver visto per una volta un film adolescenziale dalle venature fantasy che NON propone vampiri, streghe, zombie o licantropi. È già un miracolo!
(voto 6/10)

martedì 10 giugno 2014

UNA SMIELATA SENZA FINE




Un amore senza fine
(USA 2014)
Titolo originale: Endless Love
Regia: Shana Feste
Scemeggiatura: Shana Feste, Joshua Safran
Tratto dal romanzo: Amore senza fine di Scott Spencer
Cast: Alex Pettyfer, Gabriella Wilde, Bruce Greenwood, Joely Richardson, Rhys Wakefield, Anna Enger, Dayo Okeniyi, Emma Rigby, Robert Patrick
Genere: romanticoso
Se ti piace guarda anche: I passi dell’amore, Ho cercato il tuo nome, Safe Haven, Le pagine della nostra vita, The Last Song

Se non vi viene il diabete guardando Un amore senza fine, tranquilli. Siete a posto per tutta la vita. Non vi verrà mai più. Fidatevi, ve lo dice il Dottor Hannibal Kid.
Di rado ho visto pellicole smielate quanto questa e sì che io di stronzate del genere, da buon bimbominkia quale sono, ne vedo spesso. D’altra parte con un titolo del genere, Un amore senza fine, non ci si poteva aspettare qualcosa di diverso. Oltre a farmi schizzare alle stelle gli zuccheri nel sangue, questo film è però riuscito anche a sorprendermi. È stato davvero uno shock scoprire che NON è tratto da un romanzo di Nicholas Sparks. È incredibile, ma è davvero così. Eppure i classici ingredienti della storiona sparkstica sembrano esserci tutti. Innanzitutto la love story tra due personaggi che sono due fighi della Madonna, lui è il teen idol Alex Pettyfer che scommetto persino Ellen DeGeneres se lo vorrebbe scopare, lei è la tipica biondazza perfetta, tale Gabriella Wilde già vista nel pessimo remake di Carrie e dotata di un’espressività di poco superiore a quella della sua fuck-simile Fiammetta Cicogna. Nonostante siano belli belli in modo assurdo, si sentono comunque sempre in qualche modo fuori posto. Sono tormentati. Lui perché ha un passato oscuro alle spalle, lei perché suo fratello è morto un paio d’anni prima. Morto di cancro, come in ogni storia di Nicholas Sparks che si rispetti.

All’appello non mancano anche vari altri elementi tipicamente sparkstici, come avevo elencato in maniera diligente nel post dedicato a Vicino a te non ho paura – Safe Haven: c’è la scenona di sesso patinato girata in maniera molto pudica, un drammatico incidente d’auto, una tipica ambientazione country-borghese da America di provincia, una colonna sonora romantica, una regia del tutto anonima, dei protagonisti che si conoscono da due ore ma già si giurano un amore, come dice il titolo, senza fine. C’è però una cosa che manca e fa capire come questo film, per quanto sia difficile da credere, per davvero NON è tratto da un libro sparkstico: non c’è una morale cattolica. Un amore senza fine avrà tanti difetti, per esempio è sdolcinato e buonista da morire, ma se non altro non ci propone la solita visione cristiana tipica di Nicholas Sparks, il Manzoni d’Oltreoceano.

Una volta appurato con sconcerto da chi non è tratto, diciamo da chi è tratto. Un amore senza fine è il remake di Amore senza fine, una pellicola di Franco Zeffirelli del 1981 con protagonisti Brooke Shields e tale Martin Hewitt che è anche nota per il tema musicale “Endless Love” cantato da Diana Ross e Lionel Richie, nonché per aver rappresentato l’esordio cinematografico di Tom Cruise e Ian Ziering…
Ian Ziering, chiii?
Lo Steve Sanders di Beverly Hills 90210, naturalmente, e pure il protagonista del memorabile Sharknado, il film trash dell’estate scorsa. L’avrete mica già dimenticato? Meglio per voi di no, perché il 30 luglio sulla tv americana arriva il sequel.

"Dalle immagini di 'sto post sembra che ci baciamo e ci abbracciamo
per tutta la durata del film..."
"Perché, non è forse così???"
All’epoca il film Amore senza fine, a sua volta tratto dall'omonimo romanzo di Spencer Scott, aveva ricevuto ben 6 nomination ai Razzie Awards, gli Oscar dedicati ai peggio film. Come resistere allora alla tentazione di ripescare un capolavorone del genere e realizzarne una versione aggiornata?
Aggiornata poi mica tanto, visto che resta una pellicola dall’impostazione molto anni ’80, e questa è forse la nota più positiva del remake, per via di un amore tormentato tra una lei di buona famiglia e un morto de fame, un po’ in stile Dirty Dancing e cagate del genere di quelle che andavano soprattutto in quel decennio. Per rendere il tutto più politically correct, questa volta c’hanno messo dentro un personaggio di colore, l’amico del protagonista interpretato da Dayo Okeniyi, dandogli però il minor spazio possibile. Un problema questo a dirla tutta comune pure agli altri personaggi minori della pellicola, che si concentra soprattutto sull’amore intensissimo e schifosamente zuccheroso tra i due belloni protagonisti, oltre che sulla rivalità tra Alex Pettyfer e l'insopportabile padre di lei, Bruce Greenwood, un villain psycopatico cattivo cattivo, di quelli molto anni ’80, di quelli che fanno più ridere che paura. Tutto il resto resta invece relegato in un angolino.
Se il film nel corso della prima parte procede in maniera piuttosto decente e guardabile, come una pellicola 80s ripescata dentro qualche vecchio scatolone di VHS abbandonate, nella seconda si scivola su territori da melodrammone eccessivo e (involontariamente) ridicolo. Roba che si finisce quasi per rimpiangere una pellicola ispirata a un romanzo di Nicholas Sparks.
Ho detto quasi, perché peggio di un film tratto da Sparks ci può essere solo un film di Moccia tratto da Moccia.
(voto 5--/10)

giovedì 20 marzo 2014

THE PHILOSOPHERS, I FIGOSOFI




The Philosophers
(USA, Indonesia 2013)
Titolo alternativo: After the Dark
Regia: John Huddles
Cast: Sophie Lowe, James D’Arcy, Rhys Wakefield, Katie Findlay, Bonnie Wright, Daryl Sabara, Jacob Artist, Erin Moriarty, Maia Mitchell, Freddie Stroma, George Blagden, Toby Sebastian, Hope Olaide Wilson, Cinta Laura Kiehl, Philippa Coulthard
Genere: filosoficheggiante
Se ti piace guarda anche: Confessions, Hunger Games, How I Live Now, The Tomorrow Series – Il domani che verrà

The Philosophers non è un film per filosofi. È una porcatona. Lo dico subito per mettere le cose in chiaro, che poi se no qualcuno magari si viene a lamentare perché ho consigliato un film da schifo. Io non lo consiglio. A me è piaciuto, però riconosco che è una stronzatona. Può quindi essere considerato un guilty pleasure, o un film vergogna se preferite. È una robetta girata con stile anonimo/televisivo, recitata maluccio da un branco di attori (quasi) conosciuti, nel gran miscuglione di generi che è (fantasy + sci-fi + drama + thriller + sottotrama romantica) spesso non capisce bene che direzione prendere, eppure The Philosophers riesce a essere una visione piuttosto intrigante e affascinante. Il merito va soprattutto a una sceneggiatura che non offre grossi punti di riferimento e riesce ad andare avanti senza farti sbadigliare, nonostante la sua struttura ripetitiva.

Di cosa parla, codesto film?
The Philosophers è incentrato su un gruppo di giovani filosofi, tutti belli e boni e fighi e fighe e persino intelligenti, studenti all’Università di una scuola internazionale di Giacarta, in Indonesia. Location scelta un po’ un po’ per fare gli esotici, un po’ perché gli indonesiani hanno finanziato in parte la produzione, e un po’ a casaccio, visto che la location geografica non è così fondamentale. La pellicola è infatti ambientata principalmente al chiuso, all’interno di una classe, come nel film francesce La classe solo che qui il contesto è molto meno realistico e più filosofico. Non c’è la vita reale, in pratica, ma si cazzeggia parlando di situazioni ipotetiche.
L’ultimo giorno dell’annata scolastica, il prof di filosofia Zimit mette alla prova i suoi studenti con un ultimo compito, un esercizio, o se preferite una gigantesca pippa mentale. L’esaltato e megalomane prof prepara un contorto e malato gioco di ruolo per quei fortunelli dei suoi studenti. Fa immaginar loro di trovarsi alle prese con un’ipotetica Apocalisse. Il mondo sta finendo, loro sono gli ultimi esseri umani rimasti e a disposizione hanno un bunker dove possono sopravvivere per un anno, al termine del quale uscire e occuparsi della ripopolazione del mondo. Il problema, Apocalisse a parte, è che nel bunker ci sono aria e vivere sufficienti per un anno solo per 10 persone, mentre la classe è formata da 20 studenti. Il giochino consiste quindi nello scegliere le 10 persone più indicate per ricostruire il mondo una volta fuori dal bunker. A ogni studente viene fornito un profilo diverso, chi è un ingegnere e chi è un poeta, chi un medico e chi è una cantante. In base a queste caratteristiche, viene stilata la top 10 di quelli che sopravviveranno. Quale saranno le scelte migliori?

Questo è lo spunto di partenza iniziale niente male del film, che poi si evolve in maniera nemmeno troppo malvagia. Una pellicola molto mentale, che a tratti cerca anche una via più sentimentale e qui è la parte in cui la sceneggiatura scricchiola di più. I personaggi presentati non hanno delle psicologie vere e proprie, nessuno riesce a creare un grosso coinvolgimento emotivo e anche gli attori non aiutano molto in questo, va detto. Il cast, come dicevamo poc’anzi, è composto da un branco di attori (quasi) conosciuti. Cosa volevo dire, con quest’espressione da filosofo ermetico, o se preferite con quest’espressione da scemo del villaggio?
Intendevo che i loro nomi non vi diranno un granché, però i loro volti da qualche parte magari li avete già visti.

Il nome di Bonnie Wright ad esempio vi dice qualcosa?
Probabilmente no, eppure di certo la conoscete, visto che è la rossa che ha avuto il coraggio di ciularsi Harry Potter.

"Harry Potter, sono diventata troppo figa per te.
Ho già i documenti per il divorzio pronti."

C’è Sophie Lowe. Anche il suo nome non vi dirà niente e probabilmente manco il suo bel ma inespressiv faccino, a meno che non abbiate avuto l’incoscienza di guardarvi quella cagata di spinoff di Once Upon a Time, ovvero Once Upon a Time in Wonderland, dove aveva il ruolo nientepopodimenoche di Alice nel Paese delle Meraviglie.


Quindi, in questo cast ricco di giovani di belle speranze ci sono anche Rhys Wakefield, il convincente cattivone dell’horror La notte del giudizio, qui parecchio più anonimo, e Daryl Sabara direttamente dalla rodrigueziana saga di Spy Kids.
Troviamo inoltre Katie Findlay, quella bella figliola vista nelle serie The Killing e The Carrie Diaries. Sempre dal piccolo schermo ci sono poi Jacob Artist di Glee, Maia Mitchell da quella robetta inguardabile di The Fosters, il valido George Blagden da Vikings ed Erin Moriarty, figlia zoccola ribelle di Woody Harrelson in True Detective.
Un cast interessante, seppure nessuno di loro brilli qui in maniera particolare e tutti recitino in maniera piuttosto scazzata, in cui l’unica nota davvero stonata è il prof, il personaggione misterioso che dovrebbe far fare il salto di qualità alla storia e che invece fallisce nel suo compito, complice un’interpretazione pessima di tale James D’Arcy.
Nonostante il livello qualitativo non proprio altissimo di recitazione e regia, la sceneggiatura tiene botta abbastanza bene fino quasi alla fine. Tenete pur sempre conto che si tratta di una porcatona, or dunque, ma di una porcatona che potrebbe anche vergognosamente piacervi.
(voto 6,5/10)

lunedì 5 agosto 2013

LA NOTTE DEL GIUDIZIO, AMMAZZA CHE TI PASSA




La notte del giudizio
(USA, Francia 2013)
Titolo originale: The Purge
Regia: James DeMonaco
Sceneggiatura: James DeMonaco
Cast: Ethan Hawke, Lena Headey, Max Burkholder, Adelaide Kane, Rhys Wakefield, Tony Oller, Edwin Hodge
Se ti piace guarda anche: Demolition Man, The Strangers, Black Mirror

Stufi delle solite feste?
Natale, Pasqua, Carnevale, S. Valentino… Persino Halloween ormai ha perso la sua antica magia. Aspettate allora qualche anno, quando gli Stati Uniti introdurranno una nuova festività: The Purge, l’epurazione, una notte del giudizio in cui tutti i reati, omicidio compreso e persino la frode fiscale, sono leciti. Per 12 ore all’anno, niente polizia, niente ambulanze, niente pompieri, niente soccorsi. Scatta l’anarchia totale e le persone sono libere di distruggere tutto e uccidere chiunque, tanto c’è una specie di indulgenza plenaria legalizzata. Non c'è manco bisogno della grazia di Napolitano.
Nel 2022 immaginato da questo film, grazie a suddetto giorno di “sfogo”, di "purificazione", il tasso di criminalità è sceso ai minimi storici, insieme al livello di disoccupazione, così come l’economia è finalmente tornata a crescere dopo un lungo periodo di recessione. La soluzione alla crisi è The Purge. Dopo 364 giorni da angioletti, gli americani hanno una notte per poter tirare fuori il loro lato peggiore e grazie a tale stratagemma tutto è tornato a girare per il meglio.

"Che ci guardiamo stasera, Game of Thrones?"
"Eh no! Ebbasta, mamma!"
Un’idea che può apparire assurda e paradossale fin che si vuole, però siete così sicuri che non vi piacerebbe avere a disposizione una notte del genere per fare fuori chi proprio non sopportate?
Lo so che in fondo in fondo siete dei buoni, voi splendidi lettori di Pensieri Cannibali, ma negli USA una legge del genere potrebbe anche incontrare parecchi favori ed essere approvata senza troppi problemi. In ogni caso, si tratta di uno spunto fantastico da cui è nata una pellicola da non sopravvalutare, ma nemmeno da sottovalutare.
Da non sopravvalutare, perché si tratta di un film cinematograficamente valido però niente di eccezionale e il regista/sceneggiatore James DeMonaco, al suo secondo film dopo Staten Island, può ancora migliorare parecchio. Tra le interpretazioni si segnalano una bravina Lena Headey di Game of Thrones e soprattutto il perfido Rhys Wakefield, giovane attore da tenere d’occhio, mentre non convincono più di tanto Ethan Hawke in versione yuppie del futuro, Max Burkholder che ripropone un ruolo di ragazzino strambo non troppo distante da quello della serie Parenthood e la teen Adelaide Kane, attualmente nel cast di Teen Wolf, che insomma non sembra proprio una fenomena della recitazione. Inoltre, la piega che la trama prende dopo la prima folgorante mezz’ora è quella classica della famiglia rinchiusa in casa, assediata da un gruppo di maniaci mascherati, visivamente non troppo distanti dagli strangers di The Strangers. Uno spunto di partenza originale, per uno sviluppo non troppo originale.

"Ma che allegri ragazzini mascherati! Prego, entrate pure..."
La notte del giudizio non va però nemmeno sottovalutata. Si tratta infatti di una delle poche pellicole horror recenti-decenti a offrire uno sguardo sul presente e a immaginare un futuro distopico inquietante persino più del mondo in cui viviamo oggi. Un film a suo modo politico, che offre riflessioni sullo scontro tra classi, l’evergreen Ricchi VS. Poveri. Da non confondere con i Ricchi e Poveri, la celebre (oddio, forse un tempo) band di musica leggera italiana. Durante la notte della Purge, la upper class si scatena infatti contro poveri e senzatetto, che non possono permettersi una protezione. Facendoli fuori, eliminano anche il problema della disoccupazione. Un rimedio semplice semplice, non vi pare? Patrick Bateman potrebbe apprezzare.

La notte del giudizio è una visione thriller-horror molto tesa, perfetta per una visione notturna estiva. Allo stesso tempo, è pure una pellicola dai contorni fantascientifici che immagina un futuro preoccupante in maniera analoga a quanto fanno gli episodi della serie UK Black Mirror, riuscendo ad avere un’impronta socio-politica. Quest’ultimo aspetto si sarebbe di certo potuto approfondire maggiormente, invece la sceneggiatura predilige gettarsi su sentieri thriller più consueti. Ciò nonostante, è già un piccolo miracolo dei giorni nostri trovarsi di fronte a un horror che non si rivela la solita girandola di morti ammazzati nella maniera più assurda possibile e che riesce a far riflettere, su tematiche tra l’altro più attuali che mai. Per quanto riguarda la situazione economica, ovviamente, e pure per la tematica della giustizia fai da te e dell’eccesso del diritto a proteggersi, tornata con prepotenza alla ribalta negli USA dopo l’assoluzione del vigilantes che ha ucciso un ragazzino afroamericano, e in Italia per il dramma umano che sta seguendo alla sentenza Mediaset.
La notte del giudizio non è un capolavoro e non va sopravvalutato nel giudizio. Allo stesso tempo, non prendetelo nemmeno troppo sotto gamba perché, per una notte all’anno, tutti i crimini sono legali. E, per una notte all’anno, finalmente c’è un horror da non considerare illegale.
(voto 7/10)

Post pubblicato anche su L'OraBlù, con il minimal poster di C[h]erotto.



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