giovedì 12 agosto 2010

La spiaggia (atto II)

“Tua madre, pensa a tua madre,” e dagli. Craig continua sulla stessa rotta emo-romantica. Jamie, facci un favore: punta la tua pistola contro di lui così almeno la finisce e ci lascia tornare sui sentieri di una sana letteratura per adulti.
Jamie fa di testa sua e non punta la pistola verso il padre. Dio d'altronde non può mica stare tutto il Santo giorno a dare ascolto a ogni nostra stupida richiesta. Jamie continua così a guardare la sua vittima negli occhi e si infila le cuffie dell’iPod. Alza il volume. “Courtship Dating” dei Crystal Castles pompa nelle orecchie coprendo il suono melenso della voce paterna.
“Le stai rovinando la vita, povera donna. E pure a me. Credevo di essere un uomo forte, ma quello che hai fatto mi ha messo a dura prova, figliolo. Mi ha cambiato. Non so più chi sono, so solo che ti voglio un gran bene. Non è troppo tardi. Puoi ancora cambiare le cose…” e così via. Nicholas Sparks continua a scrivere le battute del copione di Craig. Solo che non è lo stesso copione che ho io. Sul mio c’è scritto che la musica dei Crystal Castles invade tutta la scena e basta parole. Non servono. Nessuna parola può cambiare il destino.
Jamie chiude gli occhi e si concentra sulla musica. Questo è il ritmo della sua vita. Questo è il momento della sua vita. Il momento in cui può finalmente regolare i conti con quel figlio di puttana di Aaron. Gli ha fottuto i soldi dell’ultimo affare, tanti soldi, e si è pure scopato Kelly. Kelly la puttanella, ma pur sempre la sua puttanella. Spara. Uccidi senza pietà. Dì addio, Aaron.
“Addio,” dice Aaron.

Quando Jamie riapre gli occhi vede una maschera di sangue, esattamente la scena che si aspettava. Ciò che si aspettava di meno era che la maschera di sangue fosse quella di sua madre. Katie la bella non esiste più. Adesso che la cosa è ufficiale, mi credete? Pensavate davvero che il suo destino sarebbe cambiato? Se vi ho detto una cosa è perché è vera. Ho una sola parola, io. Non mi rimangio niente e non cambio quanto detto. Non sono un politicante. Non sono un avvocato. Sono uno scrittore e ho una parola sola.
Guardando il volto tumefatto della madre, Jamie per un attimo sente qualcosa. È il pezzo successivo che parte nell’iPod. Spacca di brutto. Senti che bassi. Senti che potenza di suono. Quando guardi quest’aggeggino colorato non pensi che possa contenere cotanta bellezza e cotanta forza. E invece. “Le cose non sono mai come sembrano,” inserisco una banalità dal copione contraffatto da Nicholas Sparks. Alcune frasi mi piace rubarle, o se preferite prenderle in prestito, perché tirandole fuori dal loro contesto zuccheroso non sono poi nemmeno così male.
Sulle note di “The Great Escape” dei We Are Scientists, Jamie comincia a correre via. Non perché ha paura della polizia o di chissà cos’altro. Solo gli sembra la cosa più appropriata da fare in quel momento. E poi sta scritto sul copione. Fuggire. Andarsene via. Già, ma dove?

“Alla playa,” viene in mente a Jamie. “Ma certo!” Tra pochi minuti il sole sorgerà e sarà il momento perfetto per prendere la tavola e affrontare le prime onde del mattino. Sarà una gran giornata. Al diavolo Aaron e tutta quella merda. Farà il Patrick Swayze della situazione, si accenderà una bella cannetta e poi, se Kelly non ha ancora le sue cose, si farà una scopata. Farlo mentre lei mestruava non era mai stato un problema. No. In quella giornata però ne aveva abbastanza di sangue. Massì, fanculo. Aveva solo bisogno del sole a ridonargli la sua usuale abbronzatura dorata e di una scopata non mestruale.

Arrivato in spiaggia, Jamie guarda il sole sorgere lento all’orizzonte. La natura ci regala delle cose meravigliose e noi non dobbiamo far altro che goderne appieno, fino a che morte non ci separi dalla vita. No, questa non è di Nicholas Sparks. Questa è mia. Anche io so scrivere robe profonde, se mi impegno. È che spesso questi cazzo di sonniferi e di pillole prescritte dal medico alterano la mia lucidità. In quei momenti riesco ancora a scrivere, ma è come se andassi avanti col freno a mano tirato. Dico banalità. Dimentico i particolari.
Ad esempio, non so come è vestita Katie mentre perde la sua bellezza per mano del figlio. Non ricordo. Ricordo solo che mentre le tolgo il sangue dagli occhi, lei mi guarda e dice: “Craig, è colpa nostra?” Io non capisco perché si rivolge a me chiamandomi Craig. Dev’essere sotto shock, penso. Io sono solo il tarlo che vive nello stomaco di Craig. Credo sia chiaro, questo. Mi guardi e lo capisci subito che sono un tarlo e non un uomo. Grazie a Dio. Sono un tarlo, e le pupe in città dicono anche che sono un bel tarlo. Diverso dagli altri. Cioè, mi dicono che sono proprio ganzo e io a sentire certe cose finisco in un brodo di giuggiole e tiro fuori qualche sdolcineria presa in prestito da un libro di Nicholas Sparks tipo: “Nemmeno il destino avverso potrà mai cambiare quello che io provo per te, piccola mia.” E loro mi si sciolgono tutte. In quei momenti capisco l’utilità dell’esistenza di persone come Nicholas Sparks. Facciamo tutti parte di un grande cerchio. Di un universo magnifico in cui ogni essere è collegato all’altro. In cui Nicholas Sparks e un tarlo, un tarlo ganzo perdipiù, sono collegati in una maniera profonda e del tutto inaspettata.

“Se Jamie è così, è colpa nostra?” mi chiede Katie come se io avessi una qualche responsabilità nella nascita di quel ragazzotto disturbato. Quando ho conosciuto Craig nemmeno sapevo avesse un figlio. Era in quel periodo in cui viveva da solo e non aveva ancora deciso di tornare con Katie. Poi ci è tornato, anche se io ho cercato di dissuaderlo. Però alla fine le si è riavvicinato perché, insomma, ve l’ho detto: Katie è bella. No, che dico? Dev’essere ancora l’effetto dei sonniferi. Katie ERA bella. Ora non lo è. Mai più lo sarà.

Jamie intanto che fa? Sta ascoltando i Boards of Canada seduto sul bagnasciuga. Il sole è timido, ma è fuori. È ora di prendere la tavola e mostrare al mondo cosa sa fare. Ci si può sentire padroni del mondo, sopra le onde. Sentirsi un tutt’uno con la natura. Affogare nella bellezza che arriva da tutte le parti e ci fa sentire parte di qualcosa di grande. Il suono delle onde che si infrangono sulla sabbia si fondono all’eco lontana delle sirene. Jamie imbraccia la tavola e si immerge nell’acqua ancora fredda.
“Venite a interrogarmi qui dentro,” grida alle sirene. “Io non ho niente da dichiarare, parlatene col mio avvocato.” Le sirene sono sempre più vicine. Jamie è sempre più immerso nell’acqua. Si tira su. Sale in piedi sulla tavola. Domina un paio di onde. Arrivato al largo, si getta nell’acqua profonda. Ancora fredda. Si chiede se si sarà abituato a quella fredda temperatura prima che il suo corpo abbia cessato di respirare. Pensa anche che quel diavolo di iPod non ti tradisce mai. Funziona persino sott’acqua. Probabilmente funzionerà anche quando sarà morto. Lui sarà un cadavere, eppure la musica continuerà. Sempre e per sempre.

Arriva la polizia. Un agente si toglie la divisa, mostrando un fisico aitante che anche Craig aveva, qualche lustro orsono. L’agente dal fisico prestante trascina il corpo di Jamie fuori dall’acqua. Un qualche altro infinito giro di orologio dopo ce la fa ad arrivare anche, con i suoi tempi, Craig. Strappa il corpo del figlio dalle mani possenti dell’agente e grida: “Nooooo,” quindi una serie di frasi prese probabilmente dal copione scritto per l’occasione da Nicholas Sparks, o forse dalla Bibbia. Non lo so, non ho mai letto quel libro. Odio i best-seller. Preferisco andare a spulciarmi l’opera di qualche autore sconosciuto come ai tempi in cui Craig ha conosciuto Katie la bella. Io non c’ero a quei tempi. Craig me l’ha raccontato dopo. Era uno di quegli insopportabili pseudo-intellettuali troppi presi dal proprio ego per accorgersi che Katie la bella si faceva scopare nel cesso della palestra dal primo tipo che la rimorchiava. Troppo preso dal proprio ego per accorgersi che Jamie stava diventando una specie di nuovo Tony Montana della west-coast. Troppo preso dal proprio ego per rendersi conto di non riuscire a parlare di sé se non in terza persona.

Craig getta il corpo di Jamie sulla sabbia. Cerca di fargli una rianimazione estemporanea. Fa tutto quello che un paramedico farebbe in una situazione del genere. Non basta. Il destino non può essere cambiato dalle parole, né dalle azioni. Non quando è troppo tardi. Craig continua a battere sul petto del figlio fino a quando viene fermato dall’agente muscoloso che lo trattiene con le sue braccia umide. “È finita, signore. Non può fare più niente.” Craig pensa che Jamie si sarebbe piegato dalle risate ad assistere a quella scena omosessuale e allora si stacca dal petto nudo del poliziotto. Terminato l'imbarazzante momento gay della storia, Craig tira fuori una cuffietta dell’iPod dall’orecchio sinistro del corpo senza vita e se lo infila nel suo.
Inizia “Father and Son” di Cat Stevens. Craig ascolta la canzone insieme al figlio. L’agente, oramai tornato in divisa, invita Craig ad andare insieme a lui e ai suoi amici poliziotti al commissariato. “Vai con i Village People,” avrebbe detto Jamie. “Ancora un momento, voglio sentire la canzone fino alla fine,” dice Craig. “Lasciatemi finire di sentire la canzone insieme a mio figlio.” Ti lasciano ascoltare tutta la canzone. Mai ti era sembrata tanto emozionante come in quel momento. E poi perdi conoscenza. Craig, chiudi gli occhi. Riposa.

Quando ti sveglierai sarà notte. Sarà notte per tutto l’anno. E quando ci alzeremo, tu mi dirai: “Ho ancora sonno. Restiamo a letto.” Verrà la luce, fuori. Sarà l’alba di un nuovo giorno. Il futuro verrà verso di noi. Ci sfiorerà il viso. Sorriderà come sanno fare solo i bambini. Con innocenza. La musica riempirà le nostre orecchie, arrivando da tutte le parti. Saremo inondati dalla bellezza e saremo felici per sempre. Katie la bella, il piccolo Jamie, tu Craig ed io. Il tarlo che affitta il tuo stomaco.

4 commenti:

  1. Perché non scrivi più spesso? Le tue recensioni mi piacciono, ma scrivi bene.

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  2. Beh, sei proprio interessante!

    Baci

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  3. Sono assolutamente d'accordo con Sciuscia.
    Dovresti scrivere fiction più spesso...

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  4. *sciuscia, kylie e vale
    thanx! cercherò di pubblicare più racconti, però richiedono più tempo e ispirazione (perlomeno per essere decenti) e quindi più di qualcuno ogni tanto non riesco a metterne su. ma ci proverò!

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