lunedì 30 luglio 2018

The Handmainagioia's Tale





The Handmaid's Tale
(serie tv, stagione 2)


Benedetta sia la prima stagione di The Handmaid's Tale. Una serie TV che non è che fosse proprio il massimo del divertimento da vedere, però sapeva conquistare grazie alla sua dose di angoscia settimanale. Un'angoscia che aveva un suo valore quasi rassicurante. Il futuro distopico immaginato da Margaret Atwood nel romanzo che ha ispirato lo show televisivo è talmente una merda, soprattutto per le donne, che la realtà dei Trump e dei Salvini in cui siamo costretti a vivere quotidianamente non appare manco troppo tremenda. Più o meno.

The Handmaid's Tale sapeva stupire. Proponeva qualche flashback in stile Lost, ma aveva uno stile tutto suo, tutto personale, fatto anche di frasi tormentone come “blessed be the fruit” e “nolite te bastardes carborundorum”. Bene. Cioè, bene per la prima stagione, male per la seconda che si trovava costretta a dover fare i conti con un inizio così folgorante. E infatti la prova non si può dire superata. Per niente.


Mi spiace per le povere ancelle, che nel corso della serie ne subiscono di tutti i tipi, però i limiti e i difetti di questa stagione, nettamente inferiore alla prima, vanno sottolineati. Anche perché, a vedere ad esempio le nomination agli Emmy Awards 2018, sembra non solo che il livello sia rimasto inalterato, ma sia addirittura migliorato. L'unica cosa che è migliorata a me è sembrata la cura nella fotografia e nelle scenografie, dovuta probabilmente a un budget cresciuto dopo il boom di pubblico e critica fatto registrare dalla season one. Per il resto, sono diverse le cose che non funzionano.


Innanzitutto: la noia. La grande protagonista di questa stagione non è stata tanto Elisabeth Moss, per carità sempre bravissima e che con il solo sguardo della scena finale merita tutti i premi di questo mondo. La vera protagonista è stata la noia e, se c'è una cosa che non posso perdonare, è una serie noiosa. Passi ancora un film noioso, che tempo un paio d'ore te lo sei levato dai coglioni, ma un'intera stagione noiosa è un calvario cui è davvero difficile resistere.
Non c'è stato un solo episodio che non mi abbia fatto addormentare. Nei primi 3, c'è da dire che se non altro la serie ha cercato di imbroccare una strada differente rispetto al primo ciclo. Peccato che queste puntate si siano rivelate ai livelli di un survival-horror di livello medio-basso qualsiasi. O al livello di un The Walking Dead, per dire, e non è un complimento. Lo stile dell'intera stagione ha seguito quello furbetto di quest'ultima serie: 50 minuti di nulla, e poi un colpo di scena più o meno clamoroso in grado di ridestare lo spettatore e regalargli l'illusione di aver visto un'intera puntata figa.
Nei primi episodi c'è stata inoltre regalata una scenona di sesso esagerata e ai limiti del ridicolo tra Elisabeth Moss e il monoespressivo Max Minchiella Minghella che, se fosse uscita dalla trilogia di Cinquanta sfumature, ne avrebbero riso tutti e invece no, l'hanno fatta in The Handmaid's Tale e quindi è da Emmy immediato.


Tra il quarto e l'ottavo episodio invece non è successo quasi un bel niente, a parte un colpo di scena alla lettera esplosivo che ha dato l'impressione che finalmente la stagione entrasse nel vivo. Così è stato solamente con la nona puntata, quella ambientata in Canada, la migliore del lotto. Gli ultimi episodi sono poi tornati a essere estenuanti, con apice nell'infinita e soffertissima (per lo spettatore ancora più che per la protagonista) scena di parto solitario di Elisabeth Moss.


Una sequenza fatta apposta per farle vincere il suo secondo Emmy di fila che merita sì, ma come detto prima merita per un altro momento della stagione. Una sequenza che a me è parsa molto forzata, così come l'insensato nuovo stupro subito dalla povera Moss per “favorire” il parto. Vabbé che nel regno della repubblica di Gilead sono fuori di testa, ma questo è troppo persino per loro. Qua siamo ai livelli di provocazione gratuita di A Serbian Film, The Human Centipede o del peggior Lars von Trier, quello di Antichrist. Non ho capito però perché se certe cose le gira von Trier sono una merda, e se invece le propone The Handmaid's Tale, e non mi pare con maggiore sensibilità o buon gusto, sono un capolavoro.


Due pesi e due misure che mi sembra siano stati usati anche nei confronti di un'altra delle serie più popolari dell'ultimo biennio: Tredici - 13 Reasons Why. Anche quella è tratta da un romanzo e anche quella ha esaurito l'ispirazione letteraria con la prima stagione. Della stagione 2 di Tredici si è detto che è stata inutile, e un pochino forse è davvero così. In compenso gli autori sono riusciti a regalare al nuovo ciclo di episodi un filo comune, in cui ogni puntata è accompagnata dalla testimonianza di uno dei personaggi. La stagione 2 di The Handmaid's Tale è invece apparsa all'insegna della confusione più totale e ogni episodio ha viaggiato su un proprio binario, senza seguire una linea coerente. Qualcuno potrà dire che è una scelta dovuta a una sovrabbondanza di idee. Per me ha invece messo in evidenza la totale mancanza di idee buone che meritassero di essere sviluppate. Se Tredici – Parte II è stata inutile, ma se non altro c'ha provato a mettere in piedi una stagione con una linea narrativa unitaria, The Handmaid's Tale - Parto II è stata non solo inutile, ma pure pasticciatissima e incoerente. Oltre che noiosa come la vita a Gilead.

L'idea principale di sceneggiatura presente in questi 13 episodi è stata rappresentata dalle fughe (e poi dai ritorni) di Difred/Elisabeth Moss. Se Julia Roberts in Se scappi, ti sposo viene definita Runaway Bride, allora Difred può essere considerata la Runaway Handmaid.


Nonostante tutti da Gilead fino al Canada sappiano di questa sua predisposizione, nei nuovi episodi riesce a fuggire in ben 3 occasioni dalla casa di quello che in teoria è uno dei comandanti più importanti e severi del rigido regime totalitario di Gilead. È come se ai tempi del nazismo un ebreo fosse riuscito a scappare da Auschwitz per 3 volte. Vi sembra plausibile?
E poi La casa di carta sarebbe una serie assurda e inverosimile?

ATTENZIONE SPOILER
Al terzo tentativo di fuga, che sembra essere finalmente quello buono e può garantirle un accesso al Canada insieme all'amato marito (che a questo punto non credo sia tanto amato), Difred decide di fare il solito sacrificio supereroistico. Sceglie di mollare la figlia e tornare indietro a Gilead, forse pensando che senza di lei sarà meno ricercata. Essendo però la figlia (sebbene non biologica ma “adottiva”) del comandante Joseph Fiennes e di sua moglie Yvonne Strahovski, dubito che non staranno a cercarla. Anche se a Gilead sono talmente dei coglioni che non ci giurerei troppo...
FINE SPOILER

Vogliamo parlare di come sia possibile che un gruppo di coglioni del genere abbia preso il governo e instaurato la Repubblica oppressiva di Gilead?
È vero che adesso siamo governati da gente come Trump e Salvini, però che questi siano capaci di mettere su dei nuovi regimi totalitari mi sembra un tantino eccessivo da ipotizzare...
Tra qualche anno vedremo se queste sono state le classiche “ultime parole famose”.

"Vattena via, Salvini. Non ti vogliamo qui!"

Oltre alla storia di Difred assurda e noiosa che non ha concesso alcuna gioia, e stendendo un velo pietoso sui personaggi maschili uno più penoso dell'altro, c'è da notare come anche la maggior parte dei personaggi femminili “minori” siano stati buttati via. Letteralmente buttati via nel caso della povera Eden, interpretata da Sydney Sweeney, giovane attrice da tenere d'occhio già vista nella sottovalutatissima Everything Sucks, una serie scritta mille volte meglio di questa, e ora anche nell'ottima Sharp Objects. Per l'addio del suo personaggio hanno tirato fuori la scena forse migliore dell'intera stagione. Peccato che in precedenza la storia dell'amore contrastato in stile Romeo + Giulietta tra Eden e la guardia di cui si è innamorata sia stata mostrata in maniera così veloce che l'enfasi mostrata per il loro addio, per quanto bella e intensa, è sembrata persino troppo esagerata e ingiustificata. Come un po' tutto in questa stagione.


Esagerata quanto l'enfasi data alla performance di Yvonne Strahovski, che rispetto ai tempi di Chuck e Dexter sarà anche migliorata, ma resta pur sempre un'interprete dalle capacità espressive limitate. Non quanto il tremendo Joseph Fiennes, comunque, uno che di segnali di miglioramento non ne mostra mai. La differenza tra una Strahovski e una Moss resta in ogni caso abissale. Serena, il personaggio della Strahovski, a questo giro ha acquistato maggiore spazio e pure maggiori sfumature. Ancora una volta però troppe e troppo incoerenti l'una con l'altra. Un giorno partecipa insieme al marito allo stupro di Difred e il giorno seguente lei e Difred sono BFF che si scambiano dolci parole di reciproco apprezzamento? WTF?
E poi sono sempre La casa di carta e 13 Reasons Why a essere senza senso?


Altri personaggi che avrebbero meritato sviluppi migliori sono quelli della sempre bravissima Alexis Bledel, il cui comportamento psycho è sfuggito al controllo degli stessi sceneggiatori, e della sottoutilizzata Madeline Brewer, forse la fenomena vera del cast.


Nei primi episodi alcune delle ancelle sono inoltre state confinate nelle colonie (ma che sono? ma perché? ma questa è una cazzata persino per gli standard di Gilead), e poi sono state riportate insieme alle altre, probabilmente quando gli autori si sono accorti che non sapevano più che pesci pigliare e che l'idea delle colonie era un autentico autogol.


A voler fare proprio i pignoli, oltre a delle sceneggiature scritte alla cazzo di cane capaci giusto di riciclare passivamente le frasi leitmotiv della stagione 1, e oltre a risvolti socio-politici distopici meno approfonditi rispetto ad esempio alla sottovalutata saga di Hunger Games, anche a livello registico si è registrato un deciso calo. A livello visivo e di fotografia la cura è stata maniacale, vero, però è mancato lo sguardo obliquo e singolare messo in mostra nei precedenti episodi da registe di talento come Floria Sigismondi e Reed Morano, in favore dello stile anonimo e perfettino di una serie di mestieranti intercambiabili.

Dite che sono stato troppo cattivo?
Suvvia, tanto le ancelle sono abituate a ben di peggio. A stupri, soprusi, mutilazioni e torture?
Anche, ma mi riferivo alla terribile recitazione di Joseph Fiennes, più che altro.
(voto alla seconda stagione: 5/10)

"Non fatemi dire cosa ne penso di questa recensione, che è meglio. Dico solo: nolite te bastardes cannibaldorum!"


4 commenti:

  1. Ha i suoi difetti, ma sei stato troppo radicale.
    Resta comunque intensissima, per me, al contrario di quella Sharp Objects che arranca e si finge hipster allo sfinimento. La Stravinski, poi, l'ho trovata clamorosa.
    Speriamo in una terza stagione meno pesante, più a fuoco, con il frutto che è finalmente schiuso...

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  2. “La casa di carta” e “Tredici - Parte II” non sono meno incoerenti o farcite di momenti “Maccosa” di questa seconda stagione, totalmente d’accordo. Posso solo dire che ho apprezzato il modo in cui “The Handmaid's Tale” ha abbracciato il suo ruolo di serie militante del momento, non facendo errori che invece (per mio gusto personale) ho riscontrato nelle due serie con cui lo paragoni.

    Siamo su due posizioni opposte, ma ti voglio bene lo stesso perché ma il nocciolo della questione è il gusto personale, anche perché i difetti che hai criticato ci sono tutti. Cheers!

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  3. Sei stato un po' troppo duro, anche se sì, non si sono sforzati troppo nel costruire una trama verosimile tra ritorni e fughe continue... resta però un gran livello tecnico, due-tre momenti davvero da brividi e un messaggio importante per l'oggi.
    Cosa ti ha fatto di male la Strahovski? L'ho preferita alla Moss, che per quanto perfetta con quella scena gratuita del parto mi è quasi venuta a noia, troppi momentoni tutti per lei e per quelli degli Emmy.

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  4. Non l'ho ancora vista, ma ho molta paura.
    Spero di non essere d'accordo con te.

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