lunedì 28 gennaio 2019

Serial Killer, il ritorno della rubrica sulle serie TV - Gennaio 2019






Here we go again. Dopo le classifiche di fine anno, torna sui vostri schermi Serial Killer, ovvero la rubrica mensile di Pensieri Cannibali dedicata alle serie TV. Nella prima puntata del 2019 andremo a scoprire alcune interessanti novità, un ritorno gradito e qualche trashata, più o meno clamorosa. Il tutto senza farci mancare pure una manciata di rubrichette fighette.

3... 2... 1... Via!


Serie top del mese

Sex Education

Una serie teen made in Britain che parla di sex?
Ok. Senza manco vederla potevo già considerarla la mia nuova serie TV preferita. Dopo averla visto posso considerarla... la mia nuova serie TV preferita. Quello che non mi attendevo è che fosse applaudita anche dalla critica e apprezzata da un pubblico vasto. Mi attendevo un nuovo “Caso Everything Sucks!”, serie adolescenziale ambientata negli anni '90 a quanto pare piaciuta solo a me. E invece no, tutti amano Sex Education. Meglio così.

Questa serie ha il merito di affrontare la rischiosa “Tematica adolescenti e sesso” in maniera divertente e profonda allo stesso tempo, con uno stile attuale ed esplicito, e contemporaneamente con un retrogusto anni '80, che si manifesta qua e là nella colonna sonora e nelle atmosfere da film di John Hughes. Con in più l'aggiunta di un efficace humour britannico, di un cast di giovani promettenti e di una Gillian Anderson irresistibile nei panni della MILF mangiauomini terapista sessuale.

"Lo sai che sei messo peggio di Dawson Leery?"
"Grazie mamma. E tu lo sai che sei più zoccola di Gail Leery?"

Tutto molto bello, insomma, e per una volta il consiglio è quello di concedergli una possibilità anche se non siete strettamente appassionati di robe teen. Fidatevi, se non di me, di quello che dicono gli altri.


True Detective

Com'è la terza stagione di True Detective?
Diciamolo subito: non è ai livelli stellari della prima, però è molto meglio della seconda. Dopo la visione delle prime tre puntate, si può affermare con una relativa certezza che la serie è tornata a imbroccare il sentiero della season 01. Sia per la coppia di detective da buddy movie, questa volta poliziotto bianco + poliziotto nero come in Arma letale e simili ma meno action-trash, che per il misterioso caso crime, e pure per il “viaggiare nel tempo” tra i meandri della memoria, in questo caso attraverso ben 3 linee temporali differenti – 1980, 1995 e 2015 – giusto per alzare ulteriormente la posta in gioco a livello narrativo che Christopher Nolan levati!

Il cast è di ottimo livello, ma quello lo si poteva dire anche della stagione 2, solo che qui sono anche tutti più in parte. Mahershala Ali ha già vinto l'Oscar per Moonlight, potrebbe bissare quest'anno con Green Book e con questo ruolo si prenota inoltre a pigliare tutti i premi televisivi possibili, dall'Emmy Award al Golden Globe, fino ad arrivare al Telegatto e forse addirittura al Cannibal TVB Award.

"No, il Cannibal TVB Award non lo voglio. Mi rovina la bacheca dei premi!"

Stephen Dorff è uno dei miei idoli assoluti, la sua carriera sembra sempre lì lì sul punto di decollare, prima negli anni '90 con i ruoli da bello, grunge e dannato e poi nel 2010 con Somewhere di Sofia Coppola, e invece non è mai decollata. Ora spero sia la volta buona.


Da notare inoltre Carmen Ejogo, attrice lanciata da Selma dalla notevole classe recitativa e pure dal notevole fascino.


Menzione pure per il sempre efficace Scoot McNairy dritto dalla serie Halt and Catch Fire.


Tutto alla grande, quindi?
Non proprio. La colonna sonora ha un ruolo più marginale rispetto al passato, tendenza che spero cambi con le prossime puntate, e poi c'è una cosa che manca: Rust Cohle.


Quello interpretato da Matthew McConaughey nella stagione 1 di True Detective è uno dei personaggi più sfaccettati, complessi, fighi di sempre, che si parli di televisione, di cinema o di letteratura. Un personaggio così ti esce una volta nella vita, se sei fortunato, e all'autore della serie Nic Pizzolatto quel jolly è già uscito. Solo per quello bisogna essergliene eternamente grati e non si può pretendere ne crei di nuovo un altro allo stesso livello. Nella stagione 3 di True Detective non sembra esserci un nuovo Rust Cohle. Ma forse, se si desse più spazio al detective impersonato dal mitico Stephen Dorff...

E poi a dirla proprio tutta ci sono altre due cose importanti che mancano: le tette di Alexandra Daddario. Dove sono finite? Le ha rubate Celentano?



The Kominsky Method

Se una serie sugli adolescenti è praticamente ovvio che mi faccia battere il cuore come se avessi ancora 16 anni, è meno scontato che mi piaccia una serie su dei vecchini con un piede – ma diciamo anche uno e mezzo – nella fossa. Eppure la prima stagione di The Kominsky Method m'è garbata decisamente. In particolare la prima puntata è una bomba ed è uno dei migliori pilot di una comedy che mi sia mai capitato di vedere. Negli episodi successivi i livelli calano leggermente e le battute sulla vecchiaia diventano più ripetitive di quelle che faccio io al mio blogger rivale Ford, però in compenso ci si affeziona sempre di più al prof di recitazione Michael Douglas e al suo BFF agente delle star Alan Alda.


A livello anagrafico non è certo una serie teen, però anche qui la tematica sessuale è ben presente e questo The Kominsky Method finisce così per ricordare non solo Barry, per via della scuola di recitazione, ma anche per essere un po' un Sex Education della terza età. Bella lì, matusa!



Serie così così del mese

Roswell, New Mexico

Roswell, New Mexico è la nuova versione di Roswell, piccolo cult trasmesso negli Usa tra il 1999 e il 2002. In Italia era arrivato nel periodo in cui impazzava Dawson's Creek e si proponeva come il suo rivale sci-fi. Un po' teen drama e un po' X-Files. Questo Roswell 2.0 a sopresa non è una vaccata colossale, ma è anzi un omaggio piuttosto rispettoso nei confronti dell'originale, si senta la colonna sonora che propone brani 90s (es. i Counting Crows) o comunque cover di brani 90s. A tratti inoltre sembra quasi un sequel, visto che non è più ambientato al liceo, bensì una decina d'anni dopo, con i protagonisti non più teenager ma adulti. O se non altro young adult aliens. Perché sì, tre di loro sono alieni.

#1 Max Evans, interpretato da un attore ancora più inespressivo, e non era facile, di Jason Behr: Nathan Parsons.


#2 Michael, una volta Brendan Fehr e oggi Michael Vlamis, prima era etero e questa volta è gay, forse perché ha deciso di fare il contrario di ciò che dice Povia nelle sue canzoni.


#3 Isabel, un tempo interpretata dalla futura star di Grey's Anatomy e delle romcom Katherine Heigl, questa volta interpretata dalla sexy Lily Cowles, che già solo per quell'irresistibile neo vicino al naso non fa rimpiangere la più nota collega.


La protagonista “umana” invece è Liz, un tempo interpretata da Shiri Appleby e oggi da Jeanine Mason, che in pratica è la versione Camila Cabello di Shiri Appleby. O forse è proprio Camila Cabello, quella di Havana ooh gna-gna?


In più ci sono una Maria (Heather Hemmens nel posto che è stato di Majandra Delfino) per il momento un po' in ombra e un paio di recuperi da altre serie teen: Michael Trevino ex The Vampire Diaries e Tyler Blackburn, direttamente da quel bell'esempio di bella recitazione che era Pretty Little Liars.


Non tutto gira alla perfezione, la componente fantascientifica per il momento è soltanto abbozzata, manca una sigla memorabile come Here With Me di Dido, ma se non altro come reboot funziona meglio di quello di Charmed - Streghe. E in generale funziona come serie teen drama non troppo teen.


All American

Cominci a guardare All American e ti viene in mente un incrocio tra Willy, il principe di Bel-Air e Friday Night Lights. La serie è infatti incentrata su un ragazzo di colore che passa a vivere dal ghetto ai quartieri bene di Los Angeles, anche se in questo caso si tratta di Beverly Hills e non di Bel-Air. Il motivo? Non ha uno zio ricco come Willy, ma è un giovane campione di football e l'allenatore della squadra liceale di Beverly Hills decide così di ospitarlo a casa sua pur di poterlo allenare.

Guardandolo meglio, questo All American sembra invece più che altro un aggiornamento contemporaneo di Beverly Hills 90210. Più black, più gangsta, più hip-hop, più sportivo. Fondamentalmente però il protagonista Spencer James è un nuovo Brandon Walsh alla scoperta dei lati belli e di quelli meno della scintillante vita glamour in mezzo alle ville di L.A..

"Coraggio. Non prendertela perché sei stato paragonato a Brandon."
"E io che pensavo di essere il nuovo Dylan..."

Considerando che il vociferato nuovo Beverly Hills 90210 sembra che in realtà non sarà un teen drama, quanto una specie di mockumentary sugli attori che cercano di fare un reboot della serie, chi è in cerca di un vero nuovo Beverly Hills 90210 (IO! IO! IO!) farebbe meglio a cominciare a recuperare questo.


Fam

In genere non guardo le sitcom. Specie quelle con le risate registrate. Sarò razzista, ma nel 2019 bisogna essere proprio messi male per concepire ancora delle serie con le risate registrate. Fam è la classica sitcom famigliare (fin dal nome) con le risate registrate. Perché diavolo allora l'ho vista?
Perché c'è Nina Dobrev.


Sono giustificato? Direi di sì.
La bella bulgara di The Vampire Diaries è tornata in TV con una serie del tutto differente dal Buffy dei poveri, scusate dal Buffy di serie B. Qui veste i panni dell'ex bad girl che ormai è una persona “normale”, perfettamente integrata nella società, con un buon lavoro e un fidanzato che è tipo l'uomo perfetto: ricco, bello, gentile, premuroso, intelligente, sensibile, altruista e innamorato. Pura fantascienza, esatto.


Fino a che un giorno non ripiomba nella sua vita la sua disastrata sorellina teenager ribelle, che è un po' ciò che era lei quando aveva la sua età. Shannon, interpretata da un'indemoniata Odessa Adlon (figlia dell'attrice di Better Things, Louie e Bumblebee Pamela Adlon) è così fantastica che è il motivo per cui continuerò a guardare una maledetta sitcom famigliare con le risate registrate. Ancor più di Nina Dobrev.



Serie flop del mese

Adrian

C'è soltanto una cosa al mondo più fastidiosa della pubblicità di Adrian... Adrian stesso. Io spero comunque che dalla serie animata venga realizzato un fumetto. Pulirsi il culetto la mattina con quello come carta igienica sarebbe davvero un compito piacevole. Il motivo?
Nei confronti di Adrian l'espressione “cagata pazzesca” non è abbastanza. Bisogna andare oltre la vecchia comicità. Oltre la comicità dei Natalino Balasso, Giovanni Storti e Nino Frassica tirati fuori non si sa bene da quale mausoleo e non si sa bene perché nel non necessario programma Aspettando Adrian, e andare oltre persino Fantozzi. È necessario trovare un'espressione nuova. Per me... Adrian... è la cagata suprema.

Per chi non lo sapesse, Adrian è una serie animata ideata, scritta e diretta da Adriano Celentano, con protagonista la versione animata di Adriano Celentano, che contiene musiche di Nicola Piovani che sembra fare la parodia di se stesso più canzoni dello stesso Adriano Celentano. Per chi non sapesse nemmeno questo, Adriano Celentano è un megalomane e Adrian è il prodotto perfetto di un delirio di onnipotenza. O forse – a giudicare dalla gratuità delle (ridicole) scenone di sesso presenti – sarebbe meglio dire di impotenza?


Una serie animata dai contorni sci-fi ambientata nel 2068, in un'Italia post-apocalittica divisa tra la via Gluck dell'orologiaio di Milano e una Napoli capitale della Mafia International. Così. Tanto per giocare un po' con gli stereotipi.


E poi nei panni del villain di turno c'è Javier Bardem. Ma non credo lui lo sappia...


In mezzo a trame abbozzate, confuse e pasticciate che vorrebbero proporre importanti messaggi socio-politici nel classico stile profetico di Celentano, quelli che già avevano rotto ai tempi di Rockpolitik e forse anche prima, la cosa principale che emerge, oltre all'oscenità delle sue canzoni inserite spesso del tutto fuori contesto e alle tavole che Milo Manara ci tiene a firmare come se ci fosse da vantarsene, è l'ego gigantesco dell'autore. Un Adrian strafigo muscoloso e con il six-pack che, più che da una serie fantascientifica, sembra uscita da un sogno bagnato di Celentano. Quando poi si trasforma persino in un supereroe mascherato, volendo strizzare l'occhio al pubblico dei cinecomics – considerati gli ascolti flop una missione decisamente fallita – non si sa più bene cosa fare. Se continuare ad assistere ai deliri di questo assurdo personaggio che salva le donzelle dallo stupro ammonendole dicendo: “Se aveste bevuto qualche bicchierino in meno forse avreste evitato l’increscioso approccio con dei tipi così poco raccomandabili” e loro non lo mandano nemmeno a fanculo, giusto per vedere quanto in basso possa scendere. O se mollare la visione provando una notevole pena nei confronti del suo autore, che si autoconsidera un geniale profeta proiettato nel futuro, e invece è soltanto un uomo megalomane che ormai ha perso ogni contatto con la realtà e che come mentalità è rimasto fermo al Medioevo.

I want to know
I want to know
vorrei sapere
vorrei sapere
come fa la gente
a concepire
di poter considerare
Celentano un intellettuale d'oggi

La recensione migliore di Adrian comunque l'ha fatta Vittorio Sgarbi, che ha commentato: “Ha fatto flop su Mediaset? Mi era simpatico, ma è ancora vivo? No, non è vivo. Canta da morto, in playback. Non era lui, vi sbagliate, voi siete troppo giovani, ma Celentano è morto da un pezzo, è morto nel 1970, ora c'è un robot che va in giro a suo nome”.

"Ben detto, Vittorio!"


Guilty Pleasure del mese
La compagnia del cigno

Oops!... Rai did it again.
Chi mi conosce lo sa. Faccio tanto quello schizzinoso che schifa i reality show, i programmi commerciali di Maria de Filippi e in generale tutto ciò che passa il convento delle reti generaliste, ma quando si tratta di fiction della Rai ogni mia difesa crolla e mi ritrovo a guardarle imbambolato come Francesca Cipriani di fronte ai post di Matteo Salvini.

La compagnia del cigno è il Braccialetti rossi di quest'anno. I protagonisti non sono malati ricoverati in ospedale, bensì studenti del Conservatorio. Vi posso quindi assicurare che addosso c'hanno una dose di sfiga pari, o persino superiore a quella dei Braccialetti rossi. Potete inoltre vederla come una specie di rilettura molto Rai Fiction di Mozart in the Jungle. In questo caso il direttore dell'orchestra interpretato da un acidissimo Alessio Boni è però decisamente più feroce rispetto allo stralunato spirito libero Rodrigo (Gael García Bernal), non a caso è soprannominato “Il bastardo”. Avete presente l'allenatore di Mila nel cartone Mila & Shiro?


Ecco, al suo confronto quello era un agnellino.

"Allenatore di Mila, io ti spiezzo in due!"

La compagnia del cigno propone tutti i difetti classici delle fiction Rai, tra cui stereotipi a manetta, recitazione sossspirata e momenti drama eccessssivi. Allo stesso tempo comunque è una serie ben “orchestrata” (è proprio il caso di dirlo), non a caso è ideata da Ivan Cotroneo, già autore del guilty pleasure TV sommo del 2017 Sirene, di film carucci come La kryptonite nella borsa e Un bacio e sceneggiatore di Mine vaganti. La colonna sonora poi è decisamente interessante. In mezzo a tanta musica classica, in ogni puntata c'è un “momento videoclip” con uno dei giovani attori impegnato a rifare un pezzo celebre. Tra cui anche Creep dei Radiohead. Non avrei mai pensato di sentire i Radiohead in una Rai Fiction e invece La compagnia del cigno è riuscita a utilizzare la loro canzone in maniera parecchio azzeccata, in una scena sì delirante, ma anche piuttosto poetica.

Inoltre in questa serie c'è un personaggio idolo, o meglio idola: Sara, interpretata da Hildegard De Stefano, una tipa cieca anzi no, ipovedente, dotata di un senso dell'umorismo bastardo che fa il paio con la perfidia de Il bastardo. Riuscendo a rendere così sopportabili persino i momenti di buonismo e di volemose bene che inevitabilmente affiorano qua e là. E così il guilty pleasure TV sommo del 2019 è già qui.


Ciliegina sulla torta: c'è anche Rocco Tanica.



Cotta del mese
Emma Mackey (Sex Education)

Nei panni della ribelle, ma non troppo, Maeve Wiley di Sex Education troviamo Emma Mackey. Chi è costei?
Un'attrice 25enne francese di madre britannica che si candida al titolo di nuova Margot Robbie. Scusate se è poco per innamorarsi di lei.


Performer of the Month
Michael Douglas (The Kominsky Method)

Nei panni dell'insegnate di recitazione Sandy Kominsky nella serie Il metodo Kominsky, Michael Douglas si trova alle prese con il personaggio migliore della sua carriera. Gordon Gekko escluso. Il ruolo perfetto per un giovane 74enne che ha ancora tanta voglia di mettersi in gioco.


Spazio vintage
Gossip Girl

Oggi se non sei sui social network, non esisti come persona.
Oggi se non sei su Netflix, non esisti come serie TV.
Una serie come You è partita a settembre, negli Usa su Lifetime e sul web disponibile sui soliti siti più o meno illegali, e non se l'è filata nessuno. A fine dicembre è stata distribuita su Netflix, ha fatto registrare visualizzazioni da record e ora tutti drogati di You. Qualcosa del genere sta succedendo adesso anche a Gossip Girl, la serie che può essere considerata la madre biologica di You. O il padre, se preferite, qui non si fanno discriminazioni di gender. Gossip Girl è una serie che ai tempi della sua prima messa in onda ha avuto sì un buon successo, ma è anche stata sfanculata in lungo e in largo, per poi essere rivalutata come un cult assoluto oltre un decennio più tardi oggi che è riproposta da Netflix.

Per i Netflix junkies vergini di Gossip Girl che la scoprono solo ora, il consiglio è quello di guardarsi almeno le prime 3 stagioni, prima che la serie svacchi progressivamente sempre di più, e soprattutto quello di godersi la favolosità di Blair (Leighton Meester), la bellezza dell'altrimenti insopportabile Serena (la star Blake Lively), le sfighe del Dawson Leery meets Holden Caulfield Dan (Penn Badgley già giovane stalker), la figosità di Chuck (Ed Westwick) e poi Dorota. Perché Dorota è Dorota.



In chiusura, ritornano le opinioni dell'esimio collega Federico Vascotto, che già lo scorso dicembre era stato fondamentale, almeno per me, nel recupero last minute di quella che si è rivelata una delle migliori serie TV del 2018, Press.

Il consiglio e lo sconsiglio di Federico Vascotto

Un drama da vedere assolutamente
Counterpart

Non si parla mai abbastanza di questa serie anche perché, in effetti, se ne parla pochissimo. Vuoi perché negli Usa va su Starz e da noi ancora nemmeno l'ombra di dove potrebbe andare in onda, vuoi perché è di genere (sci-fi, thriller, spionistico che dir si voglia)... Se già la prima stagione fin dalla sigla aveva tutte le carte in regola per appassionare gli spettatori fedeli alla serialità più pura e orfani di Westworld e di Fringe, nella seconda stagione attualmente in onda è ancora più evidente il legame con quest'ultima e tutta la sua forza. Due mondi paralleli esistenti da un certo punto della Storia in poi, ogni città, ogni cosa e ogni persona ha la sua “controparte” che, ovviamente, non è mai uguale al suo “eco”. Una storia di spie, di doppigiochi, di colpi di scena e di plot twist. Ma anche una storia di relazioni, perché “la migliore fantascienza è quella che nasce da motivazioni poco fantascientifiche e molto umane”. J.K. Simmons in un doppio super ruolo e la nostra Sara Serraiocco nei panni di un sicario. Devo proprio continuare?

Una comedy da evitare
Fam

Cara Nina Dobrev, noi ti amiamo e ti vogliamo bene, però provare a passare alle sitcom potevi anche evitarlo. Non perché tu non sia simpatica o bravina, ma perché Fam appena arrivata su CBS negli Usa è una comedy multicamera vecchia quanto il canale che la trasmette. La quiete di una coppia di neo fidanzati (fra cui la cara Nina ex ragazza selvaggia ora accasata) viene scombussolata dall'arrivo nella loro vita – e nella loro casa – della sorellastra adolescente e fattona di lei. Proprio quando lei aveva la possibilità di entrare nella famiglia di lui – nera e quindi al passo coi tempi – dato che la sua originaria era un disastro – ha fatto credere a tutti che il padre fosse morto quando è in realtà una scapestrato poliziotto vivo e vegeto. Tutto già visto e soprattutto tutto il plot si esaurisce già nel pilot. Cosa si potrebbero mai inventare per molti episodi e stagioni a venire? E intanto la povera – e almeno un po' originale - Life in Pieces è stata tenuta per la midseason...


9 commenti:

  1. Tanto, troppo da vedere, se fra ultimi esami e tesi sono rimasto indietro. In parti soltanto con Sex Education, l'ho centellinata trovandola poco innovativa, già vista, ma comunque altamente adorabile: merito del cast vincente. The Kominsky Method l'ho seguita a dicembre, invece, prima del gran parlarne bene, e purtroppo mi aveva detto poco: mancava il mondo del cinema, mancava la novità, e dire che ai vecchini voglio sempre bene. Adrian evitato con cura, non ho visto neanche le famigerate pubblicità ad alto volume, mentre molto carino (scene musical a parte) La compagnia del cigno, che sto seguendo volta per volta su Rai Uno.
    Il recupero più urgente, comunque, resta True Detective. Dopo un'altra grande prova in Green Book, curioso di rivedere Ali!

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  2. Celentano? Se lo conosci lo eviti.
    Accetterei di vederlo SOLTANTO in un horror-fantasy-porno-splatter in cui una pattuglia di poliziotti alieni arrivasse qui da un universo parallelo e ci salvassero da un cialtrone annisessanta carbonizzandolo... e tutti dissero "Aliens, we love you!!!"

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  3. Incredibilmente d'accordo sia sui teen che sui vecchietti, strano ma vero!
    True Detective chissà perchè lo avevo memorizzato con Forest Whittaker, che poco sopporto, ora che vedo quel faccione di Ali devo trovargli spazio al più presto.
    Celentano... ringrazio che la Tv è direttamente attaccata al computer, quindi ho sapientemente evitato sia lo spot che la prima serata.

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  4. eeeeh gossip girl...ai tempi l'ho vista anche io, carina, poi si perde in un bicchier d'acqua peccato ^^

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  5. Io con You ci sto provando, ma arrivato al sesto episodio mi sono un po' arenato.
    Per quanto lo stalking sia purtroppo una piaga conclamata, il modo in cui viene perpetrato nel telefilm sfiora il ridicolo e il non sense.
    Sex Ed bellissima!
    Me la sono sciroppata in tre giorni.

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  6. Io spero solo che True Detective non mi deluda ;)

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  7. La roba da vedere è tanta, comunque True Detective e Kominski vanno un gran bene.
    Anche qui siamo un pò troppo d'accordo. ;)

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