mercoledì 31 agosto 2011

Il chili pepper comincia a bruciarmi il buco del cul*

Red Hot Chili Peppers “I’m With You”
Genere: speziato ma non troppo
Provenienza: The city of Angels
Se ti piace ascolta anche: Incubus, Hoobastank, John Frusciante

C’è poco da fare: John Frusciante è l’MVP (Most Valuable Player) dei Red Hot Chili Peppers e senza di lui sono una band, a esser generosi, appena di medio livello. Negli ultimi tempi nemmeno lui poteva più far miracoli, però almeno nel doppio logorroico eccessivo Stadium Arcadium, su 2 dischi pieni di roba inutile, perlomeno con il meglio si riusciva a tirarne fuori quasi (e ho detto quasi) uno decente. Perché se già da By the way davano l’impressione di trascinarsi un po’ nella stanchezza generale, ogni tanto qualche barlume si vedeva ancora, e a questo punto l’impressione è che l’unico in grado di riaccendere la luce fosse John “Jack” Frusciante.
Il batterista dei Red Hot secondo me è Will Ferrell...
Si può allora immaginare di essere ritornati ai tempi di One Hot Minute, il disco tra Blood Sugar Sex Magik e Californication realizzato senza IL chitarrista, ma con Dave Navarro al suo posto… E invece no, perché il nuovo Josh Klinghoffer non vale neanche un Navarro, e soprattutto perché almeno in quel lavoro c’erano ancora pezzoni come My Friends e Aeroplane che qui proprio no, col cavolo che si trovano. Qui dentro ci sono 14 canzoni, che sono comunque troppe come in tutti i loro lavori, persino quelli più riusciti, ma di minimamente memorabile cosa c’è?

Un disco che fila prevedibile come ci si immagina dovrebbe suonare un disco dei Red Hot, o meglio come dovrebbe suonare un disco di B-side senza ispirazione dei Red Hot. In “Did I let you know” provano a inserire un assolo di tromba giusto per fare qualcosa di diverso dal loro solito, ma più che altro sembra una cosa a caso fatta apposta per suonare un minimo diversi dal solito. Comunque è sicuramente tra i pezzi più riusciti del L8, insieme alla (+ o -) tirata “Goodbye Hooray”, alla delicata “Meet me at the corner” e al primo singolo “The Adventures of Rain Dance Maggie”, tanto per dire di mantenere basse le aspettative e non pretendere grandi cose.


Certo che Flea è invecchiato davvero male...
Tra gli episodi già sentiti e strasentiti ci sono robe come “Ethiopia” o la cantilena di “Look around” che fanno davvero venir voglia di chiedere indietro i soldi non spesi per lo scaricamento. Anche se il senso di déjà vu, anzi di déjà senti aleggia un po’ su tutti i pezzi.
Dimenticata la parte più funk della band, per non dire della componente vagamente hip-hop, stavolta i RHCP propongono un pop-rock standard molto classico e senza troppe deviazioni. Produce il tutto Rick Rubin, uno che passa da perle assolute come Adele a schifezze assolute come Kid Rock. Per soldi ormai produrrebbe qualsiasi cosa, ma nulla di male in questo, non ho mica niente contro la prostituzione. Peccato che rischi di fare la fine di Slash, uno che dietro compenso ha suonato persino su un pezzo di Vasco e con una buona paga e un hotel all-inclusive probabilmente porterebbe chitarra e cappello a cilindro persino alla Festa dell’uva nella “mia” Casale.

“I’m With You” (traduzione: “Sono con te”, interpretazione: “Ma anche no”) non è niente di inascoltabile o indecente, per carità, e considerando il livello medio di certi rockers di una certa età che tirano fuori delle porcate allucinanti (qualcuno ha tirato di nuovo in ballo Vasco??) è già una cosa non da poco. Però è anche uno di quei dischi che certo non ti fanno venire voglia di schiacciare play di nuovo e anzi non vedi l’ora che finiscano. E con tutti le cose interessanti che ci sono là fuori suonate da band molto meno note, ma molto più meritevoli, meglio rivolgere le proprie orecchie altrove.
Astuta l’operazione di marketing con la trasmissione del concerto di Colonia via satellite nei cinema mondiali, ma è davvero così vergognoso andare in pensione, invece di fare uscire dischi così tanto per? Sempre se gliela danno, la pensione, visto che non so come sono messi Anthony Kiedies e cumpà a livello di anni di università e servizio militare. Anzi no, il Governo ha già fatto marcia indietro e la norma sulle pensioni è saltata. Tutto già visto e già sentito, un po’ come i RHCP.
Che noia che barba, che barba che noia.
(voto 5-/10)

La manovra finanziaria 2011 bis

All’attuale manovra fiscale curata dal ministro Tremonti, equilibrata e intelligente in pressoché tutti i suoi aspetti, mancano giusto intorno ai 5 miliardi di euro per garantire il saldo da 45 miliardi promesso all’Unione Europea.
Qualcuno propone quindi di aumentare l’Iva dell’1%, in modo da equilibrare la spesa tra tutti i cittadini, tra ricchi e poveri e anche tra i membri della band sempre sulla cresta dell’onda dei Ricchi e Poveri. Dite che non sono stati il gruppo più ballato dell’estate? No? E va bene, allora per i loro dischi niente aumento dell’Iva.
Cosa facciamo, quindi? Rimettiamo il contributo di solidarietà? No dai, se no quelli con un reddito superiore ai 90mila euri l’anno poi come fanno ad arrivare sgommando in Porsche alla fine del mese?
E allora dove altro prenderla, questa benedetta manciata di spiccioli, questi 5 miliardini di euro?
La rivista Forbes ha stimato che nel 2011 Silvio Berlusconi è il terzo uomo più ricco d'Italia e il 118º più ricco del mondo, con un patrimonio di 7,8 miliardi di dollari USA.
Hey, un momento: quanto fanno in euro?
5,4 miliardi.
Toh, ma tu guarda un po’ le strane coincidenze della vita…


martedì 30 agosto 2011

Suits for my sweets

Suits
(Serie tv, stagione 1)
Rete americana: USA Network
Rete italiana: non ancora arrivato
Creato da: Aaron Korsh
Cast: Gabriel Macht, Patrick J. Adams, Meghan Markle, Rick Hoffman, Gina Torres, Sarah Rafferty, Tom Lipinski
Genere: avvocati cool
Se ti piace guarda anche: The Good Wife, Damages, Mad Men, Fairly Legal, Eli Stone

Gli avvocati possono essere cool? Se pensate a Perry Mason, la risposta probabilmente è no. Se pensate a Ally McBeal, lei era simpatica e tutto, ma era anche più sfigata che cool. Se poi vi viene in mente Ghedini, allora siete proprio fuori strada.
Da adesso però per fortuna ci sono due nuovi avvocati in città che sono pronti per diventare i vostri nuovi idoli. Egocentrici, sbruffoni, troppo sicuri di sé eppure idoli. O forse idoli proprio per tutti questi motivi.


Gabriel Macht interpreta l’avvocato in grado di risolvere qualunque situation meglio di The Situation di Jersey Shore e in grado di vincere qualunque causa, una sorta di Lionel Hutz dei Simpson al contrario quindi, ed è anche un selfish motherfucker che pensa solo a se stesso, al suo interesse personale e sembra incapace di una relazione stabile o di vere amicizie. In pratica è il nuovo Christian Troy (il mitico chirurgo plastico di Nip/Tuck): appassionato di soldi, auto costose, belle donne e vestiti firmati. Ma è anche una sorta di Don Draper moderno e da qui è nato qualche affrettato paragone con Mad Men, per il resto invece piuttosto distante da questo Suits, oppure un Patrick Bateman solo meno American Psycho, visto che (al momento) non ha ancora ammazzato nessuno.

Nella vita glamour ma anche solitaria dell’avvocato, irrompe un giorno il suo possibile erede interpretato da Patrick J. Adams, uno da tenere d’occhio anche in prospettiva futura. Mentre sta facendo i colloqui per assumere un nuovo associato del suo studio legale, nel suo ufficio fa letteralmente irruzione un giovane talento portento che stava scappando dagli sbirri per una consegna di droga finita male. Il ragazzo non ha conseguito la laurea, ma è una sorta di genio del cazzo cui basta leggere un libro una volta per comprenderlo e memorizzarlo perfettamente. Vedendo un giovane se stesso in questo fenomeno, l’avvocato decide di assumerlo al volo, fingendo si sia laureato ad Harvard e da lì in poi, laurea o non laurea, i due saranno così pronti a formare una nuova coppia di colleghi/amici degna di serie come Breaking Bad o il già citato Nip/Tuck.

Suits è una serie con un gusto leggero, frizzante, con due protagonisti molto forti, in grado di fare già scintille nei primi episodi e di prometterne ulteriori in quelli futuri. Intorno a loro promette bene Meghan Markle, gnoccolona esperta nelle ricerche legali cui manca solo un esame per diventare un avvocato vero e ad aiutarla nell’impresa potrebbe farsi avanti proprio il giovane avvocato truffatore, suo possibile probabile interesse sentimentale. Ulteriori sviluppi potrebbero poi arrivare dal rapporto di complicità ma anche rivalità tra i due avvocati, mentre qualche ulteriore momento divertente è assicurato dall’altro associato, il rivale della coppia di protagonisti, interpretato da Rick Hoffman, una facia da pirla già vista come guest-star in mille e più altre serie tv.
Come limite, o almeno io lo vedo come un limite, c’è la presenza di trame autoconclusive, con i singoli casi legali che vengono risolti nel giro di una singola puntata. Per quanto riguarda la trama orizzontale invece ho qualche dubbio in più, ma l’efficacia e la coolness con cui sono costruiti i personaggi principali lascia ben sperare riguardo alla tenuta sulla lunga distanza della serie. Anche se poi, per quanto ami autocelebrarmi, non sono Nostradamus o Donnie Darko, e quindi non posso prevedere ogni cosa. Per intanto USA Network l'ha già giustamente confermato per una seconda stagione.
Se di solito non mi appassiono molto alle serie legali, negli ultimi tempi continuano a spuntarne fuori di ottime in grado di smarcarsi dalla noia delle sedute di tribunale, vedi Damages, The Good Wife, il nuovo Fairly Legal e ora pure questo elegante spassoso Suits.
E allora dimenticate Ghedini: gli avvocati possono essere cool. Parecchio cool.
(voto 7+/10)

lunedì 29 agosto 2011

M(ILF)Tv Awards 2011

Gli Mtv Video Music Awards 2011 sono stati una delusione? Alla fine se la cosa che ha fatto più notizia è stata l’annuncio di maternità di Beyoncé, in dolce attesa del primo pargolo con Jay-Z, si capisce già che la musica non ha svolto tutto ‘sto ruolo di primo piano.
D’altra parte il tanto atteso tributo ad Amy Winehouse, che avrebbe dovuto coinvolgere Adele e altri artisti, ha visto come unico protagonista il solo Bruno Mars. Che far fare un tributo ad Amy a Bruno Mars, per quanto ce l'abbia anche messa tutta, è un po’ come chiamare i Negramaro per un tributo ai Radiohead o i Negrita per i Rolling Stones…

Get More: MTV IT]]>


Jo Calderone aka Lady Gaga aka Jo Calderone
Poi c’era anche il vociferato tributo pure a Britney Spears, con qualcuno che alla vigilia si era chiesto “Ma perché dedicare un tributo a Britney Spears?” e che avrebbe dovuto vedere impegnato il gotha del nuovo pop commerciale americano e invece si è risolto in un velocissimo montaggio di suoi pezzi ballati da ballarine minorenni. ‘Na baracconata stile Arcore, insomma.

Comunque c’è anche stato del buono. Tra le perle da segnalare, Lady Gaga che è andata in scena per tutta la serata con il suo alter-ego maschile Jo Calderone, un picciotto italo americano con cui ha anche eseguito il nuovo singolo You and I.

Get More: MTV IT]]>

Justin Bieber in versione pseudo nerd
Momento brividi: Adele che ha cantato Someone like you.
Dopo averla sentita, Justin Bieber si è reso conto di NON essere un cantante. Ma neanche lontanamente. Né mai lo potrà diventare. Peccato che poi abbiano osato consegnare al Bieberon il premio per il Best Male video, quando al massimo avrebbero potuto dargli il Best Child video. Nel suo discorso, Bieber ha ringraziato Gesù, ma Gesù in quel momento, con tutti i problemi che ci sono nel mondo, era impegnato in ben altro: stava guardando le tette di Kim Kardashian che ha consegnato l’award.
Gesù, smettila di "guardare" Kim,
che ti vengono le occhiaie!

Get More: MTV IT]]>

Dove starà buttando lo sguardo Kanye, verso West?
Sorpresa della serata: Jonah Hill, il comico cicciobombo di Suxbad, ora è magro!
Altra sorpresa: il geniale rapper Tyler, the Creator, ha vinto come miglior nuovo artista dell’anno!!!
Tra le altre performance, niente male anche Jessie J, che era la performer in da house per tutta la serata, e Jay-Z con Kanye West (e ci mancherebbe ancora).

Premiati nel corso della sera anche Adele, Britney Spears, Foo Fighters, Nicki Minaj, Lady Gaga e Katy Perry, che si è aggiudata 3 premi (uno in collaborazione con Kanye West) tra cui quello di miglior video dell’anno per Firework. Per me adesso non è che fosse proprio il video migliore dell’anno, però lungi da me dire qualcosa di male contro Katy.
Ma la grande protagonista della serata alla fine è stata lei, la futura mamma MILF Beyoncè…

(Potete vedervi lo show online sul sito di Mtv Italia, oppure domani sera in replica sempre su Mtv, dove se no?)

Get More: MTV IT]]>

Sottomarino marino marino, ti voglio al più presto sposar

Submarine
(UK, USA 2010)
Regia: Richard Ayoade
Cast: Craig Roberts, Yasmin Paige, Noah Taylor, Sally Hawkins, Paddy Considine, Gemma Chan
Genere: strano, anzi strange
Se ti piace guarda anche: Skins UK (serie tv), Fish Tank, Fuga dalla scuola media, Cashback, I quattrocento colpi

Il ragazzino protagonista di Submarine è Oliver Tate, un tipo particolare, strambo. È un nerd ma è anche un bullo. Si veste in maniera del tutto particolare e ha un look fuori dal tempo, con quei capelli da baronetto e con sempre indosso quel cappottino a metà strada tra lo stiloso e lo sfigato, potrebbe sembrare gay invece non lo è, e per quanto singolare sia desidera fortemente anche integrarsi e lui stesso si autoconsidera piuttosto cool. Insomma, è davvero difficile decifrarlo ma allo stesso tempo è uno dei ritratti adolescenziali per quanto strambi anche più veri, perché non fa rientrare il personaggio in un semplice stereotipo, ma racconta di come in giovine età sia difficile trovare una propria precisa identità. Di come si vaghi nell’oscurità senza meta alla ricerca della propria via, della propria voce. E allora, per quanto difficile sia ritrovarsi nella totalità dei suoi contraddittori comportamenti, questo suo vagare incerto rende possibile l’immedesimazione non dico per tutti gli spettatori, ma per molti o almeno alcuni probabilmente sì.


Prodotto da Ben Stiller, uno che ogni tanto qualcosa di buono la fa, Tratto da un romanzo di Joe Dunthorne, Submarine è l’opera prima di Richard Ayoade, personaggio pure lui parecchio strambo, regista di videoclip (tra gli altri di Arctic Monkeys e Last Shadow Puppets, come vedremo dopo non a caso) attore nerd protagonista dell’esilarante serie tv UK The It Crowd, una sorta di antecedente di The Big Bang Theory, e da buona opera prima ha tutti i pregi & difetti del caso: parte a razzo, ci presenta un protagonista davvero unico che ci accompagna per manina con la sua voce fuori campo, ci consegna alcune scene di magia cinematografica notevole, e poi verso metà si perde un pochino, come un sottomarino che si è smarrito nelle profondità dell’oceano, o proprio come il protagonista confuso della storia. Il bello comunque è anche questo. Se nella prima parte c’è spazio per un umorismo obliquo e contemporaneamente esilarante, nonché per le rane allo stomaco provocate dalla prima cotta, più in là ci si concentra soprattutto sui problemi coniugali dei genitori, il tutto sempre visto attraverso gli occhi del protagonista. La vicenda perde qui leggermente in mordente, nononostante le ottime interpretazioni del padre Noah Taylor (E morì con un felafel in mano), della madre, una sempre grande Sally Hawkins (già elogiata da queste parti per La felicità porta fortuna e We Want Sex) e del suo pseudo-amante interpretato da Paddy Considine (In America, 24 Hour Party People).
Se il cast di contorno vede impegnati dei volti affermati del notevolissimo panorama attoriale british, a sorprendere sono però i due giovanissimi attori principali, la fidanzatina del protagonista, Yasmin Paige, affascinante naturalmente in maniera strana, e soprattutto il protagonista assoluto, Craig Roberts, con quel suo volto che rimane impresso e che ricorda un po’ quello del cantante degli Arctic Monkeys. A sorprendere meno allora a questo punto è ritrovare appunto Alex Turner come firma e voce delle canzoni originali composte appositamente per il film, una vera chicca in grado di regalare al film un’atmosfera unitaria e unica, e con un paragone importante potremmo scomodare persino il lavoro fatto da Simon & Garfunkel per Il laureato.
Massì, scomodiamolo, che questo è quasi Il laureato di oggi.
Ho esagerato?
Ho esagerato.
Come al solito, cazzo!
(sei stato stupido, cannibal, stupido e cattivo!)


E a proposito di paragoni non da poco, se l’anno scorso era stato l’altra ottima produzione british Fish Tank ad avere l’onore di essere accostata a I quattrocento colpi di Francois Truffault (l’avevano definito un 400 colpi hip-hop), questa volta il paragone mi sembra ancora più azzeccato per questo Submarine (che potremmo definire un 400 colpi indie).
Se non l’avete ancora capito, trattasi quindi di un film britannico imperdibile per chi cerca uno sguardo nuovo, sulla vita e sul cinema. Un sottomarino con cui immergersi nelle profondità dell’animo di un giovane uomo… ok, detto così sembra una cosa pesante, e invece vi ritroverete a galleggiare come sopra un materassino. Pensavate mica che l’estate fosse già finita?
(voto 8/10)

(un’uscita italiana non è ancora prevista, sorprendente vero?)

domenica 28 agosto 2011

Il battito animale

Sarà forse perché l'avevo sentita al rientro da una vacanza studio in Inghilterra, a Brighton per la precisione, la mia prima holiday indipendente senza i genitori. Anzi, sarà sicuramente per quello, ma ormai associo sempre questa canzone al suono della fine delle vacanze e degli ultimi giorni d'estate, quindi eccola come canzone retrò cannibale della settimana. To', ciapa lì!

Cranberries "Animal Instinct"
Anno: 1999
Genere: ballad struggente
Provenienza: Limerick, Irlanda
Album: Bury the hatchet
Scritta da: Dolores O'Riordan e Noel Hogan
Canzone sentita anche in: Streghe
Nel mio jukebox perché: è la mia soundtrack ufficiale di fine vacanze

Testo liberamente tradotto
All'improvviso qualcosa mi è successo
mentre mi stavo bevendo la mia tazza di tè
all'improvviso mi sono sentito depresso
ero completamente totalmente stressato
lo sai che mi hai fatto piangere?
lo sai che mi hai fatto morire?
e la cosa che ho capito
è che tu non mi vedrai mai
e la cosa che mi manda di fuori
è che avrò sempre il dubbio
è una cosa bella che abbiamo,
è la cosa più bella che abbiamo,
è l'istinto animale

sabato 27 agosto 2011

Girls of summer

Aiuto! Sta arrivando un sacco di nuova musica da tutte le parti in vista della nuova stagione ed è ora di fare un minimo di punto della situazione e, non so se sia un caso o meno ma non credo visto che stanno dominando l'annata, tutte le novità più interessanti arrivano da un sacco di donzelle varie. Tutte, a parte questa piccola meraviglia di nuovo video di Bon Iver: Holocene


Florence + the Machine è al lavoro per noi sul secondo imminente album (in arrivo a novembre), dopo quella roba grandiosa che è stata il suo esordio, e ci dà un primo assaggio con una epica paradisiaca What the water gave me…


St. Vincent torna in maniera crudele e bellissima, con un pezzo tra musical pop, ballata rock e altro, il tutto in 3 soli minuti e accompagnata da un gran video. Cosa cazzo chiederle di più?



Marina and the Diamonds parte seconda: dopo la prima anticipazione introspettiva di qualche giorno fa, ecco il suo alter ego biondo molto contagioso e radioattivo…


Charlotte Gainsbourg se ne esce con un nuovo EP e svolta verso l’elettronica in maniera spettacolarmente figa e danzereccia…


Passando alla superstar Lady Gaga, ecco il suo ultimo video arrivato tipo a ferragosto e che ancora colpevolmente non avevo proposto, dannato me. You and I, tu ed io, un uomo e una donna, ma sono entrambi Lady Gaga!?!



Altra superstar, Beyoncé, che con la sua solita sensuale classe piazza un nuovo video supersexy ma non supervolgare e una superballatona di supereffetto, 1+1, che ci dà anche una preziosa lezione di matematica aggratis.


Chiusura delicata delicata sulle note della 20enne folk Laura Marling.
Da ascoltare rigorosamente con gli occhi chiusi.

E dopo questa frase me ne vado a tirarmi un pugno allo stomaco da solo!

venerdì 26 agosto 2011

Jason Statham VS The Rock

Due pesi massimi del cinema action degli ultimi anni si scontrano sul ring cannibale con due pellicole che come vedremo non sono certo il massimo, nè della vita, nè del genere d’azione. Chi trionferà? O meglio: chi perderà in maniera più dignitosa?



Professione assassino - The Mechanic
Regia: Simon West
Cast: Jason Statham, Ben Foster, Mini Anden, Donald Sutherland, Christa Campbell, Tony Goldwyn
Genere: zona Statham
Se ti piace guarda anche: The Transporter, Professione: assassino, The American

Oh, finalmente qualcuno ha fatto un film su un meccanico, colmando una lacuna clamorosa nel mondo delle professioni cinematografiche!
Mmm… dite che non è così? Questo non è un film su un meccanico che aggiusta le auto? È il solito film sul killer a pagamento spietato e solitario? Ancora? Un’altra onda, un’altra volta? Ebbasta.
Vabbè, perlomeno questa volta entriamo in “zona Statham”. Dopo aver visto quella mega figata adrenalinica galattica di Crank (e pure il seguito non è niente male), avevo eletto Jason Statham come mio nuovo action hero preferito. Anzi, diciamo come unico action hero che sopporto, il solo vero degno erede del mitico Bruce Willis de ‘na vorta. Peccato che a parte quel film, Statham mi abbia regalato più delusioni che esaltazione. Per non usare esplicitamente il termine “film di merda”.
Se già The Transporter non è ‘sta gran cosa, ma perlomeno è guardabile, qui siamo in una versione cotta, o meglio bollita, di quel film, e a tratti si entra persino nei territori del terribile The American con Giorgione Clooney. AAAAAAAAAAAAAAAAh!
Eli, don’t you cry tonight. Scusami se l’ho menzionato. Anche a me viene da piangere ogni volta che sento nominare quel film.

The Mechanic procede quindi su binari soporiferi, con i soliti omicidi su commissione e ben poca azione per essere un film d’azione. Che ti sta succedendo, Jason? L’unico motivo d’interesse delle pellicola, remake di Professione: assassino con Charles Bronson, è quando entra in scena Ben Foster, ottimo attore che pure lui a parte l’ottimo Oltre le regole - The Messenger dovrebbe però fare più attenzione nello scegliersi i copioni. Qui Foster interpreta la parte del figlio di Donald Sutherland (ma non era Kiefer Sutherland suo figlio?? Oddio così mi mettete in confusione!), il quale è stato ucciso da Jason Statham ma lui non lo sa. Dopo la morte del padre, Foster si presenta proprio da Statham per impare il secondo mestiere più antico del mondo, quello dell’assassino.
In questa parte chiamiamola di “addestramento”, la pellicola guadagna un po’ di curiosità. Ma molto vagamente, visto che certo non diventa irresistibile e scivola verso un finale scontatissimo.
Unico momento degno di nota del film: quando Jason Statham rimorchia una tipa senza nemmeno dire una parola. Vabbè, più tardi scopriremo che lei è una professionista del primo mestiere più antico del mondo, però grande Jason sempre e comunque!
(voto 5-/10)


Faster
(USA 2010)
Regia: George Tillman Jr.
Cast: Dwayne “The Rock” Johnson, Billy Bob Thornton, Carla Gugino, Oliver Jackson-Cohen, Maggie Grace, Tom Berenger, Mike Epps, Xander Berkeley, Moon Bloodgood, Jennifer Carpenter
Genere: revenge movie
Se ti piace guarda anche: una roccia, oppure anche gli scogli sul mare possono andar bene

Se già The Mechanic è una visione mediocre e totalmente dimenticabile quindici secondi dopo i titoli di coda, con Faster si va velocemente ancora più a fondo, da qui il titolo Faster. D’altra parte in questo caso il protagonista è Dwayne “The Rock” Johnson, wrestler e pure attore. Anche se forse nemmeno lui stesso avrebbe il coraggio di definirsi attore. The Rock, lo dice il nome stesso, è una roccia sia fisiciamente che a livello espressivo. Espressivo, si fa per dire, visto che è totalmente incapace di esprimere un qualsiasi sentimento umano, o anche solo roccioso.
Riguardo al film, poco da dire. Solita storia di vendetta, con The Rock che uscito di galera va a far fuori tutti i colpevoli dell’omicidio del fratello. A cercare di beccarlo c’è una coppia di detective formata dal sempre più bollito Billy Bob Thornton e da una Carla Cugino qui meno bona del solito e c’è pure uno spietato killer che sembra un po’ il The Mechanic del film con Statham, solo che non è Statham.
In una serie di piccoli ruoli ci sono poi alcuni volti telefilmici come Maggie Grace (la Shannon di Lost che fa sempre piacere rivedere), Moon Bloodgood (mediocre attrice del nuovo Falling Skies), Xander Berkeley dell’ottima miniserie The Booth e Jennifer Carpenter, la sorellina di Dex in Dexter.
Un contorno discreto per una portata principale che da masticare risulta dura come una roccia.
(voto 3/10)


Jason Statham Vs. The Rock
And quindi the winner is…
Nettamente Jason Statham, anche perché The Rock sarà anche un wrestler ma un attore non lo so… Non credo. Peccato solo che il buon Jason esca raramente dallo stereotipo da action hero in cui è inscatolato, perché quando lo fa dimostra di essere un attore dall’ottimo potenziale, come in London dove è un folle scatenato cocainomane con persino i capelli in testa! In questo caso comunque entrambi sono protagonisti di due film al limite della denuncia per molestie alla pubblica decenza. Guardateli pure, ma poi non dite che io non vi avevo avvisato.
Adesso vado, stanno suonando al citofono. Ci sono due certi energumeni muscolosi che mi vogliono dare un sacco di botte…

giovedì 25 agosto 2011

Ecco cos’altro fa Selena Gomez quando non mostra le tettine a Justin Bieber

Monte Carlo
(USA, Ungheria 2011)
Regia: Thomas Bezucha
Cast: Selena Gomez, Katie Cassidy, Leighton Meester, Cory Monteith, Luke Bracey, Pierre Boulanger, Andie McDowell, Brett Cullen
Genere: chick flick
Se ti piace guarda anche: LOL (Laughing Out Loud) ®, Gossip Girl, Vacanze romane

Selena Gomez è un’attrice.
No, non è l’inizio di una barzelletta, di cognome facco mica Berlusconi. Per fortuna, o purtroppo?
Recentemente sono stato a Montecarlo, con la scusa di andarci per lavoro in occasione del Television Festival (fine momento in cui me la tiro, promesso), e posso dire che in questo film l’atmosfera cittadina non si respira per niente e anzi per farsi un’idea del principato risulta più consigliabile la telecronaca del gran premio di Monaco di Formula 1.
Comunque cos’è questo film, a parte una gran cagata, anzi una cagata stitica?

Monte Carlo è un chick flick, un cosiddetto film per “pollastrelle”, in pratica l’equivalente femminile di una pellicola con Jason Statham, ma più che un film sembra un’occasione di lancio per la carriera di Selena Gomez, che finora era conosciuta più per essere la fidanzatina di Justin Bieber che per altro. Visto il modesto successo commerciale del film l’obiettivo non è centrato in pieno, ma ormai la Selena tra dischi, serie tv, cinema e gossip è diventata una piccola starlette mondiale. Anche se io, come già detto in un precedente post, le consiglio comunque sempre la carriera da pornodiva prima di ogni altra cosa…

La storia di questo inutile Monte Carlo è quella della tipica ragazza appena diplomatasi al liceo che ha lavorato duramente come cameriera e messo da parte i soldi pur di potersi fare un viaggetto premio a Parigi, il sogno di qualunque teenager da film o telefilm americano che si rispetti, Joey Potter di Dawson’s Creek docet. Insieme a lei nel viaggio ci sono la sua migliore amica Katie Cassidy, bionda di Melrose Place 2.0 e apparsa in Gossip Girl, la tipica texana che non si è mai mossa dagli Stati Uniti d’America ma che sembra aver comunque trovato la sua Parigi insieme al boyfriend Cory Monteith (quello di Glee), e la figliastra di suo padre, Leighton Meester pure lei di Gossip Girl, in una parte meno glamour rispetto alla sua Blair Waldorf (una che in Francia si trova nel suo habitat naturale); qui interpreta infatti una ragazza che da quando ha perso la madre non riesce più a ridere e a godersi la vita e - indovinate cosa? - nel corso di questo viaggio ritroverà entrambe le cose. E - indovinate grazie a chi? - sì, proprio grazie a un ragazzo, anzi il solito fustaccione da film.
Come ampiamente prevedibile, ogni dialogo o svolta (si fa per dire) nella trama è altissimamente appunto prevedibile, la regia è dilettantesca (senza offesa per i dilettanti), ci sono tutti gli stereotipi possibili sulla Francia (gli uccelli che cinguettano sulle note di La vie en rose, parbleu!), in più per la serie “non facciamoci mancare niente”, per il solito scambio di persona che può capitare giusto in un cine, Selena Gomez risulta uguale identica a una ereditiera europea, una sorta di Paris Hilton rumena, e così la prendono per lei e ci guadagna un viaggio all-inclusive da Parigi fino alla Monte Carlo da cartolina del titolo. Lo scambio darà vita a un sacco di situation che vorrebbero essere divertenti ma non lo sono e servono a riempire il tempo della pellicola tra una storiella romantica e una qualche banalità esistenziale.

A rendere il prodottino tutto sommato guardabile e non troppo antipatico ci pensa uno spensierato (pure troppo?) sapore estivo, qualche trovata un minimo divertente come l’albergo topaia in cui alloggiano le tre beautiful girls, una Leighton Meester impagabile as usual (ma che dovrebbe alzare il tiro rispetto a film come questo, Country Strong o The Roommate) e una Selena Gomez che nella duplice parte della semplice ragazzotta americana + quella della superdiva antipatica se la cava anche.
Poi, certo, anche se se la cava, dire che Selena Gomez è un’attrice suona comunque ancora come l’inizio di una barzelletta.
(voto 5/10)

mercoledì 24 agosto 2011

Hey surf sister

Soul Surfer
(USA 2011)
Regia: Sean McNamara
Cast: AnnaSophia Robb, Dennis Quaid, Helen Hunt, Carrie Underwood, Kevin Sorbo, Lorraine Nicholson, Ross Thomas, Cody Gomes, Sonya Balmores
Genere: let’s go surfing
Se ti piace guarda anche: Clay Marzo – Just Add Water, Blue Crush, Lords of Dogtown, Point Break, Un mercoledì da leoni

Una bella storia non sempre fa un bel film: Il discorso del re ne è un esempio lampante. Che poi in quel caso avevamo un re viziato balbuziente che dopo anni di training riusciva a fare un discorso di 60 secondi davanti a un microfono, mentre qui, scusate se è poco, abbiamo una ragazzina di 13 anni che ha perso un braccio ma è riuscita a rimettersi in piedi sulla tavola e a diventare una campionessa di surf. Volete mettere?
Preparate dunque i fazzoletti se siete sensibili (non ho detto sensitivi) e ucci ucci tenerucci, d’altronde la protagonista del film è AnnaSophia Robb, ottima giovane attrice già vista ne Un ponte per Terabithia che, per la cronaca e per il mio sputtanamento personale, è una delle pellicole che più mi ha fatto piangere in tutta la mia vita. Non fatemici pensare che mi vengono ancora le lacrime agli occhi. Che magone quel film, che magone!
Ueeeeè
ueeeeeeeè

Ok, scusate lo sfogo. Riprendiamo…
Il regista di Soul Surfer si chiama Sean McNamara, come uno dei due chirurghi plastici di Nip/Tuck: sarà un semplice caso di omonimia (non ho detto omosessualità)? In ogni caso la qualità registica non è certo memorabile e quindi possiamo passare oltre…
Nel cast, oltre alla Robb c’è anche la cantante country Carrie Underwood, notevole sgnacchera parecchio nota negli States, una sorta di Taylor Swift però con più tette. Quindi ci sono anche Dennis Quaid, che ormai ha preso il patentino per i filmetti, e una Helen Hunt che sta invecchiando parecchio male. *_*
Nella modesta e stracommerciale colonna sonora invece c’è roba tipo Michael Franti con “The Sound of Sunshine”, in una versione per fortuna senza Jovanotti, probabilmente lasciato in riva al mare. E quindi avete già capito che pure la soundtrack è poca roba.

La vera Bethany Hamilton (a sinistra) con AnnaSophia Robb
Il film è tratto dalla storia vera di Bethany Hamilton, una ragazzina hawaiiana che ha sempre vissuto su una tavola da surf fin da bambinettissima (forse ha imparato prima e surfare che a camminare) e che all’età di 13 anni si è vista portare via un braccio da uno squalo. Per chi si chiede come possano capitare cose del genere, la risposta è da trovare nel fatto che qualcuno gliel’ha gufata pesantemente: quando la sua migliore amica Alana (non ho detto anal) a inizio film, felice della sua vita alla Hawaii tra surfare di mezzanotte e vita da spiaggia tira fuori la domanda retorica: “Ma quanto fortunate siamo, noi?” sappiamo già che porterà una sfiga micidiale. E infatti…
Il giorno dopo Bethany viene azzannata da uno squalo. E non è come essere morsi da una zanzara. O da un vampiro, cosa che, l’abbiamo imparato da film & serie tv, ti renderebbe solo molto più figo. La povera ragazza perde un braccio, ma riesce a sopravvivere grazie al tempestivo salvataggio del padre dell’amica, un certo Hercules alias Kevin Sorbo!
La cosa più impressionante e che pare non sia solo un’invenzione della fiction, ma una caratteristica della vera Bethany, è la sua notevole forza d’animo e il suo coraggio: nonostante la scena da film horror di cui è protagonista, non piange non strilla non si mette a frignare e a rompere i maroni, ma anzi reagisce al tragico evento con un comportamento stoico. Troppo per una ragazzina di 13 anni?

Se la storia è carina e coinvolgente, peccato che su tutto il film pesi, pesante come un macigno, una forte morale cristiana a rovinare tutto. Però esistendo, fino a prova contraria, il libero arbitrio, l’interpretazione che ognuno può dare agli eventi può essere diversa. Se per il film, e anche per la vera Bethany Hamilton, ogni cosa succede per una ragione e la tragedia che le è capitata si è trasformata in qualcosa di positivo, visto che lei non solo è sopravvissuta, ma è anche riuscita a realizzare il suo sogno di diventare comunque una surfista professionista ed è diventata un modello di ispirazione per un sacco di persone con problemi fisici di varia natura.
Questa però è la sua personale interpretazione. La mia visione anti-religiosa mi porta invece a pensare a come Dio le abbia assestato un bel pugno secco allo stomaco, di quelli che ti tolgono il fiato, ma lei sia riuscita a reagire con determinazione. Non si è fatta mettere al tappeto, ha lottato e alla fine ha risposto con un bel calcio in culo e un gancio destro da K.O.
Per quanto mi riguarda quindi: Bethany batte Gesù bambino 2 a 1.
(voto 6-/10)

martedì 23 agosto 2011

L’orrore, l’orrore

Horror Movie
(Canada, USA 2009)
Titolo originale: Stan Helsing
Regia: Bo Zenga
Cast: Steve Howey, Diora Baird, Kenan Thompson, Desi Lydic, Leslie Nielsen
Genere: parodia della parodia della parodia della parodia
Se ti piace guarda anche: Scary Movie, Pensieri spericolati, L’aereo più pazzo del mondo, Superhero

Ci sono un sacco di pellicole interessanti, a volte persino fenomenali, che in Italia non vengono distribuite. Per fortuna negli ultimi anni, grazie ai potentissimi mezzi della rete, è possibile recuperarle in lingua originale e spesso pure comodamente sottotitolate in italiano, grazie ai grandiosi traduttori di siti come italianshare o italiansubs o subsfactory. Le logiche che stanno dietro alle scelte della distribuzione nostrana rimangono comunque un mistero e a volta capita che in estate si tiri fuori per i cinema anche una robina modesta modesta come questa, un film del 2009 intititolato Stan Helsing che fa il verso a una pellicola già di scarso successo e già dimenticatissima come l’agghiacciante Van Helsing con Hugh Jackman. Per rendere questa porcata più appealing allora gli hanno cambiato il titolo in Horror Movie, richiamando così gli Scary Movie di cui è una versione scrausissima, o tutta quella disastrosa serie di Disaster Movie, Epic Movie, Date Movie e sti cazzi movie, con cui nemmeno ha troppo a che fare, se non per l’infima qualità.
A differenza di questi ultimi, Horror Movie infatti è una sorta di versione comica dei tipici film dell’orrore, ma non è una sequela di citazioni da altre pellicole recenti, com’è invece nella tradizione degli Scary Movie. Racconta una storiella originale (solo nel senso che non mi sembra sia ripresa esplicitamente da un altro film, non nel senso che sia una cosa di effettiva mostruosa originalità), quella di un tizio di nome Stan Helsing che lavora da Blockbuster e in piena notte deve andare a consegnare dei film a una vecchietta. Con questo pretesto assurdo parte un’avventura notturna alla American Trip, solo molto meno fumata e divertente, e ad accompagnarlo ci sono un tipo cicciobombo di colore vestito da Superman (la vicenda è molto fantasiosamente ambientata la notte di Halloween…), dalla ex di Stan Helsing tettuta, più un’altra gnocca bionda e stereotipicamente (ma è una parola italiana?) stupida (se non è una parola italiana stupido lo sono anch’io).

Una pellicola del tutto idiota e senza senso, dunque, ma la cosa non sarebbe un così insormontabile difetto se ci fosse da ridere. Alla fine il compito di un film che in teoria sarebbe comico-parodico è solo questo. Peccato che di trovate divertenti, o che facciano abbozzare un sorriso, ce ne siano davvero pochine, di gag un minimo inaspettate ce ne sono una o forse due, mentre tutto il resto fa cadere le braccia (per non dire un’altra parte del corpo). Tutto il giocare sul binomio Stan Helsing/Van Helsing è penoso, così come lo sono le scene al karaoke, o le parodie di mostri storici come Freddy Krueger, Jason, Michael Myers, la bambola assassina Chucky, Hellraiser ecc ecc che arrivano davvero fuori tempo massimo. Se ne sono resi conto che sono personaggi che hanno minimo 20/30anni? Peccato anche per Leslie Nielsen, qui a una delle sue ultime apparizioni prima della scomparsa, nel piccolo ruolo di una cameriera dalla sessualità ambigua. E ho detto tutto, ho detto.
Insomma Horror Movie è un movie scemo, brutto, sorpassatissimo, girato in maniera terribile (alcune scene sono da mani tra i capelli), interpretato da cani (il tipo che fa Stan Helsing dove caspita l’hanno preso? E il suo amico di colore che sembra la brutta copia di Tracy Morgan che già non è il massimo dell’umorismo?) e cagne (le due tipe sarebbero perfette giusto per un film porno), una tipica pellicola inutile che per la distribuzione nostrana si merita pure una buona promozione pubblicitaria. Il tutto è a un livello talmente infimo che non viene nemmeno voglia di abbattercisi troppo contro, anche perché se ci sono alcuni film pessimi che però possono sembrare un’occasione sprecata, qui l’impressione è che più di così un regista/sceneggiatore di nome Bo Zenga (Walter, sarà mica il tuo figlio segreto?) e attori tanto modesti non sarebbero davvero riusciti a fare di meglio.
L’unica cosa che fa venire rabbia è la domanda: perché far gustare al pubblico italiano dei filmoni, quando possiamo tranquillamente dar loro in pasta questa super minchiata? Nemmeno il disimpegno estivo risulta in questo caso una risposta azzeccata. Il titolo comunque l’hanno azzeccato, perché questo è a tutti gli effetti un orrore.
(voto 3/10)

lunedì 22 agosto 2011

Justin Beaver

"Beh, non avete mai visto un uomo
con un castoro sul braccio?"
Mr. Beaver
(USA 2011)
Regia: Jodie Foster
Cast: Mel Gibson, Jodie Foster, Anton Yelchin, Jennifer Lawrence, Cherry Jones, Riley Thomas Stewart
Genere: sì, ma parlare con i castori è normale
Se ti piace guarda anche: Wilfred, American Beauty, Nell, Il mio piccolo genio

Un uomo può affrontare in vari modi una crisi esistenziale. C’è chi si vuole fare la cheerleader del liceo come in American Beauty, c’è chi si vuole fare la ragazzina liceo romano come in L’ultimo bacio, c’è chi si vuole fare tutte le ragazzine come ad Hardcore e insomma sembra che l’unico modo sia farsi qualche ragazzina.
Ma per Mel Gibson le cose vanno diversamente. Inspiegabilmente stanco della sua vita, del suo matrimonio, della sua famiglia felice, di essere il dirigente pieno di soldi di un impero di giocattoli, viene divorato dal male oscuro della depressione e se ne sta tutto il giorno a letto a dormire, arrivando al punto di tentare il suicidio. Fino a che succede qualcosa. Qualcuno entra nella sua vita: non una cheerleader, bensì un castoro pupazzo prende possesso del suo braccio. Mel Gibson se ne va quindi in giro come un ventriloquo con il castoro Mr. Beaver appresso.
Vi sembra una cosa ridicola?
Lo è.

Jodie Foster: "Tuo padre adesso parla tramite Mr. Beaver"
Bambino: "Oh no, Justin Bieber???"
Jodie: "No, Beaver, un castoro pupazzo."
Bambino: "Già meglio, ma a scuola me le daranno lo stesso"
Da uno spunto tanto folle ne può uscire una porcata, oppure una genialata. La base di partenza ricorda da vicino la serie tv Wilfred, in cui il 30enne Elijah Wood, in precoce crisi di mezza età, sta per farla finita, quando all’improvviso si mette a parlare con il cane della sua vicina che lui vede sotto le sembianze di un uomo dentro un costume canino. E da lì la sua vita cambierà per sempre.
Spunto simile, svolgimento diverso. Se Wilfred infatti centra il bersaglio della genialità, grazie alla sua cattiveria, ironia, al suo andare sempre verso il politically scorrect, Mr. Beaver imbocca tutt’altra strada, prendendo la pazza idea di partenza e trasformandola nella solita vicenda buonista hollywoodiana di scoperta e accettazione di se stessi. Retorica, sentimentalismi accessori, dosi abbondanti di moralismo compresi.

La storia, prevedibilissima, attraversa tutte le fasi da manuale della sceneggiatura, come quelle che seguiva uno dei due Nicolas Cage ne Il ladro di orchidee (Adapatation) di Spike Jonze scritto da Charlie Kaufman. Ecco, un film del genere avrebbe avuto bisogno di un’accoppiata del genere per conservare la follia per tutta la sua durata. Invece Jodie Foster, a 16 anni dall’ultima regia, ritorna con una pellicola convenzionale fino al midolla, con la “follia” di Mr. Beaver che inizialmente viene accettata, fa persino successo, si trasforma in un caso mediatico da un talk-show all’altro, prima di sprofondare nella drammatica, scontata, parte finale. Pochi gli spunti di interesse, che comunque ci sono.
Non sto parlando della storia principale. Mel Gibson nei panni dell’uomo in crisi che si mette un castoro al braccio risulta davvero non credibile. Già è un attore (e un uomo) che a me non è mai piaciuto, ma questo non è davvero il suo ruolo; avrei piuttosto visto molto meglio Robin Williams, in una parte che sembra scritta apposta per lui. Lui forse sarebbe riuscito a dare vita a questo strambo allucinato personaggio. Ma Mel Gibson no, neanche lontanamente. Poco convincente pure Jodie Foster, nei panni della sua inconsistente moglie.
Meglio allora la parte legata al figlio del protagonista, quel Anton Yelchin visto in Star Trek, Alpha Dog, Charlie Bartlett, nella serie tv Huff (sempre a proposito di casi psicologici) e che fisicamente ricorda parecchio Elijah Wood, proprio il protagonista del Wilfred di cui parlavamo sopra. Insieme a lui c’è Jennifer Lawrence, l’attrice fenomeno di Un gelido inverno - Winter’s bone, graffitara e pure lei con dei casini famigliari, ma solo accennati. Sono loro due la parte più interessante di questa edificante, poco riuscita novella, che avrebbe dovuto regalare maggiore risalto ai personaggi di contorno, molto più interessanti del Gibson-castoro.
Non bastano comunque nemmeno loro, così come un estratto di “Exit music (for a film)” dei Radiohead, inserita un po’ a casaccio verso la fine, a salvare un film che parte da un’idea ridicola e via via lo diventa ancora di più.
Da uno spunto tanto folle ne può uscire una porcata, oppure una genialata. Per la seconda scendete insieme alla serie tv Wilfred o ai film sceneggiati da Kaufman, per la prima la fermata giusta è quella di Mel Gibson che parla insieme a un pupazzo più ridicolo di Justin Bieber.
(voto 4/10)

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

DISCLAIMER

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. L'autore, inoltre, non ha alcuna responsabilità per il contenuto dei commenti relativi ai post e si assume il diritto di eliminare o censurare quelli non rispondenti ai canoni del dialogo aperto e civile. Salvo diversa indicazione, le immagini e i prodotti multimediali pubblicati sono tratti direttamente dal Web. Nel caso in cui la pubblicazione di tali materiali dovesse ledere il diritto d'autore si prega di Contattarmi per la loro immediata rimozione all'indirizzo marcogoi82@gmail.com