martedì 17 luglio 2012

Cesare deve marcire (in galera)

"Macché fiction, questo mi sa che l'hanno ammazzato per davvero!"
Cesare deve morire
(Italia 2012)
Regia: Paolo e Vittorio Taviani
Cast: Cosimo Rega, Salvatore Striano, Giovanni Arcuri, Antonio Frasca, Juan Dario Bonetti, Vincenzo Gallo, Rosario Majorana, Francesco De Masi, Gennaro Solito, Vittorio Parrella
Genere: mockumentary d’autore
Se ti piace guarda anche: Tutta colpa di Giuda, Fuga per la vittoria, Il grande capo, Coriolanus

La prima idea che ho avuto per la recensione di questo film era di farla scrivere a un carcerato. Poi ho pensato che se andavo in prigione a chiedere a qualcuno di scrivere un post per il mio blog, e pure aggratis visto che anche per Pensieri Cannibali c’è crisi, probabilmente questo qualcuno mi avrebbe accoltellato. Neanche con tutti i torti. Allora ho scelto la vita e ho ripiegato per scrivermela da solo.
Se non vi piace, o se non vi sembra sentita quanto lo sarebbe stata scritta da un delinquente, arrangiatevi ma io non c’ho voglia di morì ‘mazzato.
Di certo, un carcerato avrebbe scritto una recensione in maniera più intensa e vissuta. A me questo film, purtroppo, non ha invece smosso grandi emozioni. È girato in maniera splendida, la fotografia è curatissima, gli attori sembrano davvero veri e realistici anche perché sono davvero dei carcerati veri di Rebibbia, al Festival di Berlino i due registi, i fratelli Taviani, si sono beccati l’Orso d’Oro per il miglior film e niente da dire, su questa decisione. Eppure…
Eppure Cesare deve morire, per quanto sia indubbiamente un gran film, non rimarrà tra le mie visioni fondamentali dell’annata.

I Taviani bros. hanno realizzato quello che può essere considerato a pieno diritto un mockumentary d’autore. Negli ultimi tempi sono usciti mockumentary di tutti i tipi, dai numerosi horror (The Blair Witch Project e Paranormal Activity su tutti) alla recente variante fanta-supereroistica (Chronicle) e teen-party (Project X), normale che ci fossero anche tentazioni di cimentarsi con il genere da parte del cinema “più alto”.
Non è nemmeno la prima occasione, vedi Zelig [quello di Woody Allen, non la trasmissione (pseudo) comica], o più di recente lo stralunato I’m Here di Casey Affleck con Joaquin Phoenix. Anche se l’esempio più sommo nel genere che mi viene in mente è Il grande capo di Lars Von Trier, seppure virato decisamente più sul versante comedy rispetto a questo Cesare deve morire che invece è del tutto serio. Pure troppo?

Lo spunto, molto bello, è quello di riprendere la preparazione e la realizzazione di uno spettacolo teatrale girato da un regista professionista con un gruppo di carcerati come attori. Che poi è quanto fatto veramente dai fratelli Taviani per girare questo film, in uno stretto connubio tra reality e fiction manco ci trovassimo dentro la casa del Grande Fratello.
Nello specifico, lo spettacolo da mettere in scena non è l’arrivo dei Re Magi (quando facevo le elementari, ricordo che mi avevano fatto fare una roba del genere) bensì un’opera di Shakespeare: il Giulio Cesare.
Me cojoni!
Una tragedia ricchissima di pathos e di conflitti che prenderanno vita all’interno del carcere, andandosi a fondere con il vissuto personale degli improvvisati attori protagonisti. È qui che Cesare deve morire vive i suoi momenti più intensi. Però sono solo una parte della pellicola, che per il resto appare più che altro come un esercizio di stile. Splendido, ma pur sempre esercizio di stile. Potrei anche osare a dire che a livello visivo è il mockumentary più bello che abbia mai visto, però se il paragone è quello con le riprese traballanti di Blair Witch o di Trollhunter, allora non è che ci volesse molto. Al di là degli altri mockumentary, il bianco e nero scelto dai due Taviani per gran parte del film è davvero potente e riesce a rendere il tutto ancora più, come dire?, epico. Che è quanto un dramma shakespeariano deve essere: epico.

"Era meglio se l'Italia avesse vinto l'Europeo, però accontentiamoci di 'sto Orso..."
Quello che manca per trasformarsi da semplice, ma mica tanto semplice, documentario a film vero e proprio, in grado di imboccare una sua via del tutto indipendente dal testo del Bardo, è una evoluzione dei personaggi. Li vediamo prendere possesso delle parti scritte da Shakespeare in maniera molto personale, ognuno interpretando il ruolo nel suo dialetto d’origine, però il loro, di dramma, il loro vissuto carcerario rimane come una cornice. Ci sono le lunghe scene dei provini, le varie prove delle scene portanti del testo, ma manca quel qualcosa in più che ci faccia vedere gli uomini dietro alla maschera simbolica dei personaggi shakespeariani. Soprattutto, che ci faccia vedere gli uomini dietro le sbarre.
Un altro aspetto che non mi ha convinto è la scelta di aprire la pellicola con il finale. È una mossa narrativa spesso utilizzata dal cinema, basti citare Viale del tramonto, e che negli anni ’90 grazie a Tarantino era diventata una vera e propria mania. Dopo Le iene e Pulp Fiction, non usciva in pratica film che non si aprisse con una delle scene conclusive. È una tecnica che a me piace parecchio, ma che qui mi sembra ingiustificata. Per quanto non sia niente di sorprendente o inatteso, il finale sarebbe stato molto più potente se già non ce lo avessero mostrato all’inizio.
Al di là di questa decisione che mi è apparsa del tutto casuale, per il resto i Taviani hanno realizzato una visione ricca di spunti di interesse, girata alla grande e quasi impeccabile. Eppure… C’è sempre un eppure…
Eppure Cesare deve morire mi è sembrato uno di quei film da ammirare, più che da amare.
(voto 6+/10)

4 commenti:

  1. Sono pienamente d'accordo. Nella mia recensione non parlo della ripresa del finale ma hai colmato tu la lacuna. Non pensi che ormai troppi film non riescano a trovare la giusta chiusura del cerchio? Sempre più finali stucchevoli e/o superflui. Penso agli ultimi 5-10 minuti di The Hurt Locker o di Wall Street-Il denaro non dorme mai. Senza quei finali cosi sforzatamente "esplicativi" i film sarebbero ancora più belli. Lo stesso accade in questo: se avessero circoscritto la vicenda al solo carcere, omettendo la prova teatrale dell'inizio-fine, la metafora sarebbe stata ben più dirompente.

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    1. io invece ho adorato il finale di the hurt locker, davvero potente!
      quello di wall street 2 può sembrare un lieto fine, ma io in realtà nel lieto fine per quel broker di gordon gekko ho visto un finale beffardo per il resto del mondo, quello degli onesti. forse sono l'unico ad averlo interpretato in questo modo. :)

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  2. Considerato tutto, mi sa tanto che finirà per essere un film totalmente fordiano.
    Molto, molto bene. ;)

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  3. condivido
    è più da ammirare che da amare

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