Serie del mese
The Bear
(stagione 4)
Si può vedere su: Disney+
Tic tac, tic tac. Il tempo sta per scadere. Il The Bear rischia di chiudere i battenti. Parlo del ristorante all'interno della serie, non della serie di per sé, che continua ad andare alla grande e spero che prosegua ancora per un po'. Non per troppo, perché le serie che vanno avanti per 20 e passa stagioni non le reggo, però ancora per un pochino. Il ristorante The Bear invece si trova a dover affrontare dei problemi e allora, nonostante abbia appena aperto, è già a rischio chiusura. C'è un timer che ticchetta inesorabile, manco fossimo dentro un episodio di 24 o Squid Game, e che ci ricorda che tutto ha una data di scadenza, non solo il cibo. I giorni delle nostre vite si ripetono piuttosto simili uno all'altro, come nel film Ricomincio da capo, fino a che tutto finisce.
Tic tac, tic tac. L'orologio continua a farsi sentire e noi lo guardiamo terrorizzati come Capitan Uncino. Tutta la quarta stagione in pratica è incentrata sul tema del tempo. È questo il concept principale, laddove le tre precedenti forse non ne avevano uno, ed è questo che rende la stagione più compatta, più focalizzata, meno soggetta ad alti e bassi rispetto alla criticata season 3, che a me comunque era garbata parecchio.
Se di momenti bassi si fa a fatica a trovarne, non mancano certo gli alti, gli altissimi. Gli episodi da incorniciare per quanto mi riguarda sono principalmente due. Il quarto, un piccolo grande episodio in cui non succede molto, di base racconta di Sydney (Ayo Edebiri, ancora più strepitosa che in passato) che si va a far sistemare i capelli a casa di sua cugina, eppure riesce a essere davvero speciale.
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"Ecco come si grattugia il formaggio" "Vaglielo a spiegare a Cannibal Kid, che non l'ha ancora capito adesso" |
C'è poi il settimo episodio, quello più lungo, un mini film di 70 minuti dedicato al matrimonio di Tiff (Gillian Jacobs) con Frank (Josh Hartnett), che in maniera magnifica riesce ad evitare i soliti cliché di film e serie sui matrimoni. Non ci mostra nemmeno il fatidico momento del sì. In compenso c'è una scena FA-VO-LO-SA ambientata sotto un tavolo che per me è già Storia della Televisione. Tralasciando il fatto che è una situazione fantascientifica, visto che non ci possono stare comodamente così tante persone sotto a un tavolo, per quanto alto e grande possa essere. Non credo che manco al matrimonio veneziano di Jeff Bezos con Steven Tyler Lauren Sanchez ci fossero tavoli tanto enormi.
Lo chef Christopher Storer e i suoi collaboratori cucinano tutto a puntino ancora una volta e ormai posso considerare la loro tra le mie serie preferite di tutti i tempi. E pensare che i primi episodi della prima stagione non è che mi avessero nemmeno sconvolto più di tanto. The Bear però fa così. Attacca piano e poi via via infila delle puntate meravigliose e ogni stagione ha un crescendo notevole, in questo caso pure un plot twist finale inaspettato, che ti tiene incollato fino alla fine. Perché, tic tac tic tac, prima o poi tutto finisce.
(voto 8,5/10)
Le altre serie
Squid Game
(stagione 3)
Si può vedere su: Netflix
Facciamo un gioco. No, non uno in cui si rischia la vita. Mi dite qual è un finale di serie che vi ha lasciato con la sensazione di presa per il cul0 totale?
Comincio io: Squid Game.
La terza stagione fondamentalmente conferma le impressioni della seconda. La sensazione è anche in questo caso quella di un ciclo di episodi piuttosto inutile, che non aggiunge granché a quanto già mostrato nella prima insuperabile stagione. I giochi comunque restano epici e anche a questo giro sanno tenere con il fiato sospeso. Tutto quello che gira loro intorno, in particolare l'estenuante parte in mare dedicata alla ricerca dell'isola e la presenza di vari personaggi secondari di cui non frega niente a nessuno, invece è decisamente meno convincente.
Dopo l'enorme successo planetario di Squid Game 1 in ogni caso è comprensibile che abbiano realizzato un proseguimento della storia e tutto sommato l'hanno gestito più o meno bene, con alcune idee valide. Il finale però, no, dai. Una serie coreana, la serie simbolo delle serie coreane, ci ha regalato come scena conclusiva una delle più clamorose americanate mai viste. Non vi spoilero cosa succede, mi chiedo solo: "Era davvero necessario? Sul serio, fate? È solo una gigantesca presa per il cul0, vero?".
(voto alla terza stagione 6,5/10
voto alla serie 7/10)
Motorheads
(stagione 1)
Si può vedere su: Prime Video
Nonostante un titolo che può far salire l'esaltazione negli amici metallari, Motorheads non è una serie sui Motörhead o più in generale sulla scena heavy metal. Si parla invece di motori, di auto. In pratica, a volerla spiegare in maniera veloce e furiosa, Motorheads è un incrocio tra Fast & Furious e One Tree Hill, con echi pure di The O.C. e Friday Night Lights. È un teen family drama con tutti gli ingredienti al posto giusto. Ad esempio ci sono diversi potenziali triangoli sentimentali (ne ho contati almeno 6 o 7) e ci sono un sacco di coppie da shippare.
Ci sono anche i personaggi teenager fighi e meno fighi, quelli simpatici e quelli odiosi, e il migliore è Marcel interpretato da Nicolas Cantu, nerd e geek al punto giusto da ambire al titolo di nuovo Seth Cohen di The O.C..
C'è però spazio anche per la generazione dei genitori e degli zii, in cui spicca il sempre idolo Ryan Phillippe, quello di Cruel Intentions e So cosa hai fatto.
Se come classico teen drama funziona molto bene, Motorheads ha inoltre una marcia in più. Nella fittizia cittadina di Ironwood, Pennsylvania, in cui è ambientata, in pratica tutti sono appassionati di motori: c'è la ragazza che in officina ne capisce più di tutti, c'è il collezionista di auto vintage, c'è il motociclista ribelle, c'è chi sogna di lavorare nell'ambito del design sempre automobilistico, e c'è quello che sogna di diventare un campione delle corse in auto come il suo misterioso padre scomparso che viveva la vita un quarto di miglio alla volta.
Motorheads è la mia nuova dipendenza seriale e oserei dire anche la serie adolescenziale americana più appassionante vista da parecchio tempo a questa parte. Rinnovatela per una seconda stagione al più presto, o sarò costretto a mandarvi a tutta birra Dom Toretto a farvi il culo.
(voto 7,5/10)
Dept Q. - Sezione casi irrisolti
(stagione 1)
Si può vedere su: Netflix
Per quelli che hanno fretta e non hanno tempo di sbattersi a leggere per più di due secondi di fila senza scrollare come degli ossessi, ecco la descrizione veloce della nuova serie crime Dept Q. - Sezione casi irrisolti: è tipo Cold Case girato con lo stile di Slow Horses. Fine.
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Aggiungo qualche altra cosina. Il detective protagonista Carl Morck è un outsider scontroso e con la battuta affilata sempre pronta. Sì, un po' come il Jackson Lamb interpretato da Gary Oldman in Slow Horses, solo che lui è più giovane e piacente (e meno scurreggione), dato che a vestire i suoi panni c'è Matthew Goode, già visto in varie altre serie tra cui The Crown, Downton Abbey, The Good Wife e The Offer.
C'è inoltre da notare che Dept Q. (certo che potevano trovarle un nome più accattivante) prende ispirazione da una serie thriller danese, ma è ambientata in Scozia. Immancabile quindi reclutare un paio di volti del film scozzese più iconico di tutti i tempi, ovvero Trainspotting: Kelly Macdonald e Shirley Henderson.
(voto 7,5/10)
Ginny & Georgia
(stagione 3)
Si può vedere su: Netflix
Quanto amo questa serie!
Sì, questo è il mio giudizio assolutamente obiettivo e imparziale. Ginny & Georgia a prima vista può sembrare una ennesima serie in bilico tra comedy e drama come tante altre, invece no. Ha qualcosa di speciale.
Al di là delle vicissitudini sentimentali, con un sacco di coppie da shippare come se non ci fosse un domani, e al di là di colpi di scena che in questa terza stagione si fanno sempre più assurdi per non dire inverosimili, l'aspetto più bello di Ginny & Georgia è la sua attenzione nei confronti della salute mentale. Un aspetto che in vari film e serie oggi sembra essere inserito per "moda" e che invece qui è trattato con un'attenzione particolare, tanto da essere il vero focus principale.
Non mancano comunque come detto i risvolti romantici, e che vuoi non mettercelo dentro un nuovo triangolo sentimentale, coinvolgendo questa volta un aspirante nuovo Timothée Chalamet?
Viene inoltre finalmente dato un maggiore spazio anche all'altra idola dello show: Abby (Katie Douglas).
E si chiude persino un occhio sul fatto che l'ormai 14enne Diesel La Torraca non sia molto credibile nei panni di un bambino di 9 anni. D'altra parte all'interno della serie stessa si scherza sul fatto che le riprese della prima stagione sono cominciate nel 2019, eppure da allora la storia è andata avanti di appena pochi mesi. "Mi sento come se fossi al secondo anno da sempre", dice a un certo punto Ginny (Antonia Gentry).
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"Tra un po' ti cresce la barba e questi ti fanno fare ancora il bambino delle elementari" "Veramente mi cresce già. Mi devo radere tutte le mattine prime di arrivare sul set" |
Ogni volta tra una stagione e l'altra di Ginny & Georgia passa un sacco di tempo (anche se la quarta a quanto pare dovrebbe arrivare più in fretta) e ogni volta me ne dimentico, ma quanto ca**o amo questa serie!
(voto 7+/10)
L'estate dei segreti perduti (We Were Liars)
(stagione 1)
Si può vedere su: Prime Video
Oggi vi parlo della serie We Were Pretty Little Liars...
Ah no, scusate, ho sbagliato. Si chiama solo We Were Liars, che poi in Italia è diventata L'estate dei segreti perduti, che rivela la serie a cui è realmente più vicina: L'estate nei tuoi occhi. Proprio come in quest'ultima assistiamo a una bollente estate di amore tra amici d'infanzia, con l'aggiunta però qui di un tocco thriller e di drammoni tra ricconi in stile The Perfect Couple. Sotto sotto c'è anche un pizzico di So cosa hai fatto, che presto tornerà al cinema con un "sequel legacy" (ma che ca**o vuol dire?), solo che qui la protagonista non ricorda manco cosa è successo a sé stessa, figuriamoci agli altri.
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"Cos'è 'sta roba? Una lettera scritta a mano?!? Scusate, sono della Gen Z, non ne avevo mai vista una prima" |
Un aspetto che non è un segreto di questa L'estate dei segreti perduti è che pare un autentico tripudio della bionditudine. Alla faccia dalla diversità e dell'inclusione, non ricordo di aver mai visto così tanti personaggi biondi in un colpo solo. Non che mi lamenti. Tra le varie bionde spiccano in particolare Emily Alyn Lind (già vista nel "sequel legacy" di Gossip Girl)...
...Esther McGregor (figlia dell'idolo Ewan McGregor)...
...Mamie Gummer (figlia di Meryl Streep, per restare in tema di nepo baby, d'altra parte la serie stessa parla di un gruppo di figlie di papà), Caitlin FitzGerald (quella di Masters of Sex e Rectify) e la rediviva Candice King, meglio nota con il suo nome da nubile Candice Accola, storica interprete di Caroline in The Vampire Diaries. Un caso?
No, perché tra le autrici di questa nuova serie c'è lo zampino di Julie Plec, co-creatrice di The Vampire Diaries, che l'ha rivoluta con sé e le siamo grati perché da anni ci chiedevamo tutti: "Ma che fine ha fatto Candice Accola?".
Per concludere, per quanto sappia di già visto, L'estate dei segreti perduti è un teen drama thriller che funziona e come visione estiva bella fresca va giù per il gargarozzo che è un piacere. In più, in maniera del tutto inaspettata, l'episodio finale mi ha devastato.
(voto 7+/10)
Doppio gioco
(stagione 1, episodi 1-2)
Si può vedere su: Canale 5, Mediaset Infinity
“Chi s'accontenta gode, così così” cantava Luciano Ligabue, e c'aveva ragione. Se ci accontentiamo di vedere una serie Mediaset invece di una – per dire – HBO, possiamo mettere in conto che il livello non sarà proprio eccelso. Ciò non toglie che nella nuova Doppio gioco non è tutto da buttare e un pochino si gode. Si gode così così, ed è più che altro merito di Alessandra Mastronardi, brillante interprete di una giovane donna che è una fenomena del poker. Non tanto perché abbia una passione per le carte, quanto perché ha un dono, un superpotere, come va di moda dire oggi. Oggi, o tipo dagli ultimi 20 anni, da quando i supereroi sono tornati ad essere più popolari che mai. Quand'è successo?
Credo che la colpa sia principalmente del primo Spider-Man di Sam Raimi con Tobey Maguire uscito nel 2002.
Qui comunque non abbiamo a che fare con un cinecomics, né con un telecomics, ma con una fiction che mescola intrighi thriller all'acqua di rose con un po' di sano drama familiare reso in particolare dal rapporto tra la Mastronardi e suo padre, misteriosamente scomparso quando lei era ancora una bambina aspirante truffatrice, nei cui panni troviamo Max Tortora. Oserei dire il sottovalutato Max Tortora, che quando si impegna sa essere un attore coi fiocchi.
Il personaggio interpretato da Alessandra Mastronardi è intrigante, ma è al servizio di una serie un po' deboluccia. Un po' scarsina. Non malvagia come ripiego estivo durante certe notti che somigliano a un guilty pleasure che tu non vuoi smettere, smettere mai. E pazienza se si gode così così. L'importante è godere almeno un pochino.
(voto 5,5/10)
Doctor Odyssey
(stagione 1)
Si può vedere su: Disney+
Con le serie di Ryan Murphy va spesso così. Partono in grande stile, poi a un certo punto si incartano e si trasformano in delle trashate assurde. Doctor Odyssey nel trash ci sguazza fin dall'inizio, con le sue vicende medical spesso assurde a bordo di una nave da crociera, e all'inizio è una vera goduria da vedere, accompagnata pure da delle sceneggiature niente male in cui il trash sfiora in più occasioni il sublime. Solo che questa volta il declino tipico delle serie di Ryan Murphy ha un inizio prematuro. Molto prematuro. Già nella seconda metà della prima stagione la serie affoga con un tremendo doppio episodio in cui la nave da crociera Odyssey è minacciata da un branco di squali, roba degna dei peggiori sequel di Sharknado.
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"Davvero pensavi che un doppio episodio con gli squali fosse una buona idea?" "Ma che ne so? Fatemi tornare a Dawson's Creek, per favore" |
Le ultime puntate continuano a sprofondare in acque profonde, fino a un tremendo happy end accompagnato dalle note di "Despacito" e da una battuta di imbarazzante bruttezza. La serie non è stata rinnovata per una seconda stagione e, a questo punto, è andata meglio così.
(voto 5/10)
Big Mouth
(stagione 8)
Si può vedere su: Netflix
Addio, Big Mouth. Mi mancheranno i tuoi piccoli zozzoni protagonisti e i loro ancora più zozzoni mostri degli ormoni. Mi mancherà il fatto che hai rappresentato quell'educazione sessuale che è mancata a me quando andavo a scuola e che manca tutt'oggi nelle scuole. Mi mancherai anche se ormai stavi cominciando a diventare un po' ripetitiva e l'effetto sorpresa delle prime stagioni con il tempo è via via svanito.
Addio, Big Mouth. Mi mancherai anche se 8 stagioni sono state più che sufficienti e rappresentano un record di longevità per una serie Netflix ex aequo con la spagnola Élite, invecchiata decisamente peggio di te. Mi mancherai così tanto che sono già pronto ad accogliere un tuo eventuale futuro sequel/remake/reboot o quant'altro. Magari non adesso, magari tra diversi anni, ma sono già eccitato al solo pensiero, e lo è anche il mio mostro degli ormoni.
(voto all'ottava stagione 6+/10
voto alla serie 7+/10)
Per sempre (Forever)
(stagione 1)
Si può vedere su: Netflix
Romeo & Giulietta, fatevi in là. Ho detto fatevi in là, non fatevi fuori. L'amore tra Justin & Keisha nella nuova serie Per sempre rischia di essere ancora più tormentato del vostro, anche se non ci capisce bene il perché. Il tipo e la tipa di Los Angeles che si reincontrano a una festa dopo essersi conosciuti alle elementari si piacciono, si baciano subito e tutto sembra filare liscio. Così non è. Succedono tanti piccoli e grandi drammi e prima è lei che blocca lui sui social, per due volte, poi è lui che blocca lei. Questi un giorno si dicono "Ti amo e ti amerò per sempre" e il giorno dopo si lasciano. Un tira e molla esagerato, in cui pure quella insopportabile ficcanaso della madre di lui ci mette del suo, che sembra davvero durare forever.
La serie è comunque piuttosto piacevole da guardare, però una maggiore leggerezza e un maggiore spazio ai personaggi minori (come la migliore amica di lei, Chloe), avrebbero giovato. Ragazzi, avete 17/18 anni, godetevi la vita. Non fate i balordi nostalgici come Olly. Siete troppo giovani per essere già così pesanti.
(voto 6/10)
Cotta del mese
Milly Alcock, Meghann Fahy e Julianne Moore (Sirens)
(stagione 1)
Si può vedere su: Netflix
Ti trovi di fronte a una serie intitolata Sirens e ti immagini che parli di sirene. Giusto?
No, sbagliato. Sirens NON è una serie su delle sirene. Il titolo ha anche un senso e se la guarderete lo scoprirete, però diciamo che è decisamente ingannevole. Di cosa parla allora Sirens, invece che di sirene?
Parla della solita scintillante e alla fine piuttosto noiosa vita di una riccona interpretata da Julianne Moore e dei giochi di potere che instaura con la sua assistente personale (perché sì, è così ricca da avere una sua assistente personale che la segue ovunque 24 ore su 24), interpretata dall'adorabile Milly Alcock che qui fa di tutto per risultare odiosa, e dalla sorella alternativa dell'assistente, interpretata da Meghann Fahy, che piomba all'improvviso nelle loro vite glamour.
La serie si fa vedere, anche e soprattutto e forse unicamente per il fascino delle tre protagoniste, ma sa tanto di già visto e inoltre più che soddisfazioni regala solo dei momenti cringe che in diversi punti ti fanno chiedere: "Ma cosa minkia sto guardando? E soprattutto, dovevano proprio chiamarla Sirens anche se con le sirene non c'entra una minkia?".
(voto 5/10)
Guilty Pleasure del mese
Overcompensating: l'inganno
(stagione 1)
Si può vedere su: Prime Video
Ci sono serie che giocano con gli stereotipi fondamentalmente per confermarli, come la recente italiana Maschi veri, e altre invece che preferiscono ribaltarli. E quest'ultimo il caso di Overcompensating: l'inganno, college serie che prende tutti i personaggi e gli elementi tipici delle storie ambientate nei campus e nelle confraternite universitarie statunitensi per scherzarci su, ma anche per stravolgerli.
Siamo dalle parti di Faking It e di altre serie che blessavano la programmazione di MTV una decina di anni fa, in cui l'effetto nostalgia per un passato decisamente recente, e che allo stesso tempo sembra già parecchio distante, si mixa a un umorismo irresistibile, a tanta confusione sessuale e alla musica di Charli xcx, che compare pure con un cameo nella parte di sé stessa.
Non c'è trucco e non c'è inganno, o meglio all'interno della storia ce ne sono parecchi, ma questa serie non è un inganno. Fa ridere e un pochino fa riflettere, come visione guilty pleasure è perfetta ed è pure più intelligente e profonda di tanti altri semplici guilty pleasure. Cosa chiedere di meglio?
(voto 7/10)
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