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venerdì 7 novembre 2014

DICHIARO THE JUDGE COLPEVOLE DI...





Processo n. 189764
Lo Stato del Cinema contro The Judge, accusato di essere un film troppo ruffiano e piacione


Giudice
La parola alla Difesa



Avvocato della Difesa
Signor Giudice, chiamo al banco dei testimoni il Signor Cannibal, o meglio il Signor Kid. Il teste è stato convocato in quanto blogger esperto di cinema. C'è chi lo definisce il Vittorio Sgarbi della critica cinematografica, mentre c'è chi parla di lui come di un Mereghetti 2.0 molto più tecnologico e figo. Comunque lo si voglia descrivere, si tratta di una delle massime autorità nel campo della critica filmica attualmente in circolazione in Italia e, forse, nel Mondo.

mercoledì 1 ottobre 2014

HOW TO GET AWAY WITH MURDER, LA SERIE CHE VI PUÒ SALVARE DAL CARCERE





How to Get Away with Murder
(serie tv, episodio pilota)
Ideatore: Peter Nowalk
Rete americana: ABC
Rete italiana: Fox, dal gennaio 2015
Cast: Viola Davis, Alfred Enoch, Aja Naomi King, Jack Falahee, Karla Souza, Matt McGorry, Katie Findlay, Liza Weil, Billy Brown, Tom Verica
Genere: (il)legale
Se ti piace guarda anche: So cosa hai fatto, Pretty Little Liars, Scandal, The Following, Dr. House

Come fare a catturare l'attenzione della gente?
Che si tratti di un film, di un post, oppure del pilot di una serie tv come in questo caso, non basta che gli si racconti una storia interessante. Devi dargli un di più. Devi dargli qualcosa che possa essergli utile. È esattamente quanto fa il primo episodio della novità più promettente ed entusiasmante dell'autunno televisivo americano.
How to Get Away with Murder mantiene fede al suo titolo. La protagonista, una brillante e spietata avvocatessa interpretata da Viola Davis, insegna ai suoi studenti di legge e a noi spettatori come farla franca in tribunale. Persino se accusati di omicidio. Già mi immagino gli avvocati di Bossetti in silenzio religioso davanti al televisore a non perdersi un solo istante di questa serie.
Come passarla liscia allora anche quando tutte le prove sembrano essere contro di te?
Per scoprirlo, potete guardarvi il pilot della serie e non ve ne pentirete. Altrimenti, ve lo dico io.

ATTENZIONE SPOILER
Ci sono 3 regole da seguire: discredit the witness, find a new suspect, bury the evidence. Ovvero: screditare i testimoni, trovare un nuovo sospettato e nascondere l'evidenza.


Ne volete un'applicazione pratica? Vi fornisco un'applicazione pratica.
Poniamo che qualcuno accusi questa nuova serie di essere una boiata pazzesca. Mettiamo che chi sostiene questa teoria chiami a testimoniare in suo favore qualcuno come il mio blogger rivale, Mr. James Ford. A questo punto, per screditarlo basta ricordare che il suddetto Ford considera la saga degli Expendables una pietra miliare nella Storia del Cinema e ritiene Van Damme e Steven Seagal degli attori da Oscar. Testimone immediatamente screditato.

Passiamo al punto due: trovare un nuovo sospettato. Se qualcuno vi dice che How to Get Away with Murder fa schifo, basta che lo mettiate di fronte al resto delle novità seriali arrivate in queste settimane. Gotham, ad esempio, quella sì che è una robetta banale che si limita a rimescolare l'immaginario fumettistico del Cavaliere Oscuro con un tocco da crime procedural tradizionale. E poi soprattutto, che senso ha fare una serie su Gotham senza Batman???
Che altro si è visto in questi giorni?
Red Band Society, una serietta teen capace di perdere, e nettamente, il confronto con la sua versione italiana Braccialetti rossi. Una produzione americana che perde il confronto con una fiction Rai, ve ne rendete conto?!?
Quanto a serie come Madam Secretary, The Mysteries of Laura o Outlander, tutta roba per signore in meno pausa.
E i fumettistici The Flash e Constantine?
Per carità, fanno rimpiangere persino Smallville!
Non vi ho quindi fornito un solo nuovo sospettato al titolo di vera boiata televisiva della stagione, ma parecchi. L'avvocatessa Viola Davis sarebbe fiera di me.

Non è però finita qui. C'è ancora un terzo punto fondamentale per farla franca: nascondere l'evidenza.
L'evidenza nel caso di How to Get Away with Murder è che a ben vedere non si tratta di niente di nuovo od originale in termini assoluti. La serie si presenta come un legal-drama, uno dei generi più inflazionati nella storia della tv fin dai tempi di Perry Mason, eppure ha ben poco a vedere con i legal-drama tradizionali, poiché qui si percorrono sentieri parecchio più thriller. Qui si entra allora su altri territori già ampiamente battuti da un sacco di crime, eppure la serie è ben distante dai soliti CSI e cloni vari. La trama va più nella direzione del teen-horror alla So cosa hai fatto e di conseguenza alla Pretty Little Liars. Allo stesso tempo, i ritmi incalzanti e i dialoghi serrati sparati velocissimi richiamano lo stile delle serie di Shonda Rhimes, Grey's Anatomy, anche per via della presenza dei tirocinanti come veri protagonisti della vicenda, e ancora di più Scandal.
Il nome della Shondona Rhimes non è venuto certo fuori in maniera casuale. How to Get with Murder è infatti una produzione della sua casa, la ShondaLand, ma non è stata creata direttamente da lei. L'autore è un suo fido collaboratore, Peter Nowalk, che ha uno stile più fresco, più moderno, più cool.
In pratica, questa serie ricorda tante altre cose, c'è pure un pizzico di Dr. House nel tipo di investigazioni e nel personaggio dell'avvocatessa Viola Davis, e contemporaneamente i riferimenti sono così numerosi e ben mixati insieme da apparire come qualcosa di nuovo. Qualcosa capace di inventarsi un filone televisivo a parte, o se non altro di offrire abbastanza spunti per lasciare immaginare che questa serie, insieme ai suoi giovani promettenti protagonisti, ci coinvolgerà non solo per tutta questa stagione, ma forse per parecchi anni.


Se l'evidenza è che How to Get with Murder è una serie poco originale o che sa di già visto, in realtà ciò è confutabile. Non c'è nessuna evidenza in niente. Chiunque, anche chi sembra del tutto colpevole, può essere considerato innocente.
How to Get Away with Murder non offre allora solo uno dei pilot più accattivanti e coinvolgenti degli ultimi anni, senza un solo istante di pausa o un singolo momento di noia, ma regala anche dei preziosi insegnamenti. Dei suggerimenti davvero diabolici. Cercate di farne buon uso, consigliando ai vostri avvocati di guardarla con attenzione. Ma, se possibile, cercate di non fare fuori nessuno per verificare che le teorie qui spiegate funzionano davvero.
(voto 8/10)

"Nuooo, mi sono perso il primo episodio.
Speriamo l'abbiano già caricato su BitTorrent..."

martedì 13 maggio 2014

FINO A PROVA CONTRARIA CHI ASCOLTA METAL È UN SATANISTA




Fino a prova contraria – Devil’s Knot
(USA 2013)
Titolo originale: Devil’s Knot
Regia: Atom Egoyan
Sceneggiatura: Scott Derrickson, Paul Harris Boardman
Ispirato al libro: Devil’s Knot: The True Story of the West Memphis Three di Mara Leveritt
Cast: Reese Witherspoon, Colin Firth, James Hamrick, Kristopher Higgins, Seth Meriwether, Dane DeHaan, Mireille Enos, Kevin Durand, Elias Koteas, Matt Letscher, Kristoffer Polaha, Michael Gladis, Stephen Moyer, Bruce Greenwood, Martin Henderson, Alessandro Nivola, Collette Wolfe
Genere: legal-thriller
Se ti piace guarda anche: Prisoners, The Killing, Formula per un delitto, Le paludi della morte

Oggi nell’aula del tribunale di Pensieri Cannibali va di scena il processo per direttissima al film Fino a prova contraria – Devil’s Knot. Sentiremo la voce dell’accusa, quella della difesa e poi subito il verdetto della giuria letto dallo spietato giudice Cannibal Kid.
Per prima cosa, la parola all’accusa.


ACCUSA
Fino a prova contraria è un film orribile?
Fino a prova contraria è qualcosa di inguardabile?
Fino a prova contraria è una schifezza assoluta?
La risposta a queste domande è no, miei cari giurati. Noi siamo persone ragionevoli e in quanto persone ragionevoli non intenderemo in questa sede, in questa sacra sede che è il blog Pensieri Cannibali, sostenere qualcosa del genere. Non sarebbe onesto. Non sarebbe giusto. Ed è questo ciò che ci preme sottolineare qui. Stabilire un giudizio giusto. Il nostro obiettivo è allora quello di concentrarci sull’inutilità di una pellicola del genere. Quanti altri thrillerini medi di questo tipo dovremo ancora sopportare nella nostra vita? Quanti?
Fino a prova contraria racconta un fatto di cronaca realmente accaduto nel 1993. Un terribile fatto di cronaca cui è difficile restare indifferenti e che per di più offre vari spunti di riflessione interessanti. Ci sarebbe insomma materiale sufficiente per realizzare una bella puntata di Quarto grado, per quanto una puntata di Quarto grado possa essere bella. Un bel film però è un altro paio di maniche. Come quelle che vado a cambiarmi io, visto che a forza di sudare sto cominciando a pezzare la mia camicia. Scusatemi…

(cinque minuti dopo)

Va bene, ora ci siamo. Scusate ancora per l’interruzione. Cosa stavo dicendo?
Dicevo che Fino a prova contraria presenta una storia avvincente al punto giusto, peccato non sia girata in maniera altrettanto efficace. Il regista è il canadese Atom Egoyan, uno che una volta era bravo a costruire pellicole dall’atmosfera torbida e inquieta come Il viaggio di Felicia con il compianto Bob Hoskins o come Exotica con un’affascinante Mia Kirshner, una delle attrici più fighe e più sottovalutate di sempre… ma sto divagando. Di recente, nonostante False verità con la sua ambientazione da noir anni ’50 avesse il suo perché, Egoyan è finito a girare un thriller porcheruola come Chloe – Tra seduzione e inganno e, nonostante questo Fino a prova contraria non sia a quei pessimi livelli, ci presenta un autore ormai incapace di lasciare una sua forte impronta. Il cast, che possiamo considerare se non di primo comunque di secondo livello, non lo aiuta. Reese Witherspoon, attrice versatile capace di passare con successo da commedie stile La rivincita delle bionde a drammi come Quando l’amore brucia l’anima – Walk the Line, qui è spenta come non mai. Colin Firth non parliamone. Sembra ancora più imbalsamato del solito. Stephen Moyer di True Blood fa pena, ma non è una novità. La bravissima Mireille Enos della serie The Killing, quello sì un gran thriller, è invece sprecata in un ruoletto da casalinga disperata, così come uno dei giovani più promettenti del cinema di oggi, Dane DeHaan, quello di Chronicle e del nuovo Spider-Man. Per non parlare dello spreco che è il personaggio del satanista interpretato dal giovane attore rivelazione James Hamrick, che avrebbe meritato maggiore approfondimento. Come ulteriore aggravante, c’è quella di non aver sfruttato a dovere l’ambientazione negli anni ’90 con musica e look adeguati.
La parte meno convincente è però un’altra: la mancanza totale di originalità della pellicola. La vicenda è la solita di quella di un gruppo di ragazzini scomparsi raccontata già in svariati film e serie tv ma, a differenza di uno splendido thriller recente come Prisoners, o di serie come True Detective, Broadchurch e The Killing, qui non c’è tensione. Non c’è mistero. I ritmi sono da sbadiglio. Il film non tiene sulle spine. Ben presto, si scivola in una noiosa e fredda ricostruzione del processo a carico degli accusati. Una pellicola che ci tiene ad attenersi ai fatti di cronaca, e questo è ammirevole, ma ciò va a discapito dello spettacolo cinematografico. Chi si aspettava un thriller al cardiopalma, dovrà accontentarsi di un noioso legal drama.
Fino a prova contraria allora è un film orribile?
Come vi ho detto no, non lo è. Ma è un film necessario, che merita di essere visto a tutti i costi?
Anche la risposta a questa domanda è un secco no.


DIFESA
Il collega avvocato ha svolto il suo lavoro e noi lo rispettiamo, però andiamo, cari signori giurati, volete davvero dare peso a delle accuse tanto circostanziali e campate per aria? So che siete più intelligenti di quanto il mio collega vuole farvi credere.
Fino a prova contraria non è un film originalissimo, questo glielo concedo, ma quanti thriller recenti possono dire di esserlo? Nemmeno i titoli che la stessa accusa ha tirato in ballo. True Detective? Bellissima serie, eh, però racconta la vicenda di un serial killer che fa più anni Novanta di questo film, che pure è ambientato negli anni Novanta. Per Prisoners, giallo molto alla Seven, vale lo stesso discorso. Broadchurch e The Killing, eredi diretti di Twin Peaks come sono, non parliamone. La questione originalità in un thriller mi sembra quindi marginale assai.
Una cosa più importante è il coinvolgimento emotivo e Fino a prova contraria ci scaraventa dentro una storia in cui tutti noi possiamo riconoscere le nostre paure. La tranquilla vita di una cittadina che viene sconvolta dalla misteriosa sparizione di tre ragazzini. Cosa c’è di più spaventoso?
Il film comunque fa più di questo. Ci propone anche una questione molto ma molto interessante, di grande attualità nei 90s ma che ancora oggi è in grado di dividere e far discutere. L’influenza del metal, della musica satanica sulla violenza nella realtà. Una questione su cui la pellicola splendidamente diretta dal grande maestro del thriller Atom Egoyan punta i riflettori, senza schierarsi da una parte piuttosto che dall’altra. Lasciando totale libertà di giudizio allo spettatore. La stessa cosa che potete fare voi, miei cari signori giurati, in questa sede.
A riprova della nostra buona fede e totale imparzialità, chiamiamo al banco dei testimoni due tipi di persona del tutto opposti, che però hanno entrambi trovato la pellicola meritevole. Il nostro primo testimone è il reverendo Camden di Settimo Cielo. Allora, reverendo, cosa ne pensa del film Fino a prova contraria?

Reverendo Camden
È la dimostrazione lampante di come chi ascolta musica metal finisca inevitabilmente per compiere sacrifici umani con vittime dei poveri bambini innocenti. Basta vedere la pellicola, non ci sono dubbi. Il male è tra noi e va estirpato. È tutta colpa di quel Marilyn Manson! Non fatevi ingannare dalle dicerie. Anche se nel 1993 non aveva ancora mai pubblicato un disco, c’era già lui dietro a quei tragici eventi. Lui!

Il film ha quindi avuto l’approvazione da parte delle comunità religiose, ma allo stesso tempo ha esaltato pure il popolo metal. A prova di ciò, la difesa chiama al banco dei testimoni un giovane ragazzo metallaro che, per mantenere il suo anonimato, chiameremo Bestia666. Allora, signor Bestia666, le è piaciuto Fino a prova contraria?

Bestia 666
Sììì, METALLO, sììì. WOOOOOOOOOOOOOH!
METAAAAAAAAALLO!

Grazie signor Bestia666, è stato molto chiaro e convincente.
Come avete potuto vedere, e pure sentire in maniera alquanto rumorosa, questa è una pellicola in grado di conquistare differenti tipi di pubblico. Un thriller che prova a fare luce su uno dei fatti di cronaca più inquietanti nella storia recente degli Stati Uniti, capace ancora oggi di restare un grande punto interrogativo. Un punto interrogativo che rimarrà sopra le vostre teste per lungo tempo, al termine di questa indimenticabile visione.


IL VERDETTO
Dopo essersi riunita, la giuria è giunta a un sofferto ma unanime verdetto.
La giuria accoglie le parole dell’accusa e dichiara il film colpevole di non essere una visione fondamentale, bensì il solito thrillerino mediocre e anonimo, con l’aggravante di finire pure nelle paludi del legal drama. Allo stesso tempo, la giuria concede come attenuante alla pellicola quella di proporre una storia intrigante che, per quanto non raccontata per niente al meglio, merita di essere conosciuta.
Tenendo in considerazione l’opinione della giuria, io giudice supremo Cannibal Kid assegno quindi come voto al film Fino a prova contraria un modesto 5/10 e condanno il regista Atom Egoyan alla visione di tutte le puntate di Twin Peaks, True Detective, Broadchurch e The Killing per imparare come si fa un thriller davvero degno di nota.
Così è deciso – BAM BAM – l’udienza è tolta.

lunedì 7 novembre 2011

Abbastanza legale (in alcuni stati)

Fairly Legal
(serie tv, stagione 1)
Rete americana: USA Network
Rete italiana: Mya
Creato da: Michael Sardo
Cast: Sarah Shahi, Michael Trucco, Virginia Williams, Baron Vaughn, Richard Dean Anderson, Ethan Embry, Gerald McRaney, Devon Weigel
Genere: legale
Se ti piace guarda anche: Suits, Eli Stone, Ally McBeal, Damages

Non ne avete abbastanza di avvocati cool? Dopo avervi parlato di quelli stilosi quanto geniali di Suits (very consigliato), ecco una nuova avvocatessa stavolta in gonnella che pure lei sa il fatto suo. Per essere precisi va detto che si tratta di una ex avvocatessa che ha rinnegato la professione e si è reinventata come mediatrice.
Che cos’è una mediatrice?
Ma io, ma che cazzo ne so?
Non sapevo cosa fosse, è vero, però l’ho imparato grazie a questa serie. In pratica è una di quelle professioni che (forse) esistono solo in America o che (forse) esistono solo quando in ballo ci sono un sacco ma un sacco di soldoni. Il mediatore è ‘n tipo/’na tipa che contratta cercando di avvicinare le due parti in causa, in modo da evitare un processo in tribunale; in pratica se l’avvocato vuole dividere e far scatenare una guerra, il mediatore vuole unire e riappacificare, trovando una soluzione che stia bene a entrambi.
La protagonista è interpretata naturalmente da una gnoccona di turno, Sarah Shahi, una che però sa anche recitare (cosa non così scontata) e che abbiamo (o almeno che ho) già visto in altre serie tv come il lesbo The L Word e il poliziesco Life. Fin da subito emerge una bella costruzione dei personaggi, una qualità tipica di USA Network, network di altre serie come Covert Affairs, White Collar e il già citato Suits.
Un’altra caratteristica tipica dei personaggi USA Network e che alla lunga può anche risultare un pochino fastidiosa è che sono dei fenomeni infallibili, in grado di portare a termine qualsiasi lavoro, anche il più proibitivo. In questo caso assistiamo subito alle formidabili doti da mediatrice della protagonista persino dentro un bar, quando riesce a mediare tra il proprietario dell’attività e il ladro che cercava di rapinarlo, rendendo alla fine contenti entrambi.

Laddove nel suo lavoro è tipo un fenomeno, per fortuna però non è una tipa così perfettina in tutti gli ambiti e ha pure i suoi lati oscuri in grado di renderla più umana e simpatica; ad esempio sul cellulare ha segnato i suoi familiari con i nomi e le faccine dei personaggi del Mago di Oz, dalla strega cattiva (la sua matrigna) allo spaventapasseri (suo fratello), fino al mago di Oz stesso, che è il suo padre appena defunto, un avvocato vecchio style di cui ora dovrà cercare di tirare avanti lo studio. Insieme proprio alla perfida (ma non così perfida) matrigna. Sul fronte sentimentale le scintille arrivano dal triangolo con il suo ex marito, pure lui avvocato (of course), e un tizio che invece sembra un fannullone senza lavoro che è andato ad abitare nella barca vicino alla sua. Perché - mi ero dimenticato di dirvi - che la protagonista vive su una barca, anche questa lasciata in eredità dal padre.
Al di là della sfaccettata vita della protagonista, le soddisfazioni maggiori della serie potrebbero arrivarci anche dal suo segretario/assistente/schiavo personale: un geek di colore di prima categoria che gioca a Dungeons & Dragons sul posto di lavoro e colleziona orologi di Buffy - L’ammazzavampiri!
La puntata pilota non è niente di rivoluzionario, ma promette piuttosto bene. Al momento sto già seguendo persino po’ troppe serie di avvocati (Suits e l'ottimo Damages) per i miei gusti, ma in fondo potrei concedere una possibilità anche a questo Fairly Legal, visto che la protagonista non è un avvocato. È una mediatrice.
(voto 6+/10)


giovedì 13 ottobre 2011

Cosa c’è dietro la curva? La maDamages. Butta via tutto, butta via tutto!

Damages
(serie tv, stagione 4)
Rete americana: DirecTV
Reti italiane: AXN, Canale 5
Creata da: Todd A. Kessler, Glenn Kessler, Daniel Zelman
Cast: Rose Byrne, Glenn Close, John Goodman, Dylan Baker, Chris Messina, Griffin Dunne, Judd Hirsch, Julie White Fisher Stevens, Bailey Chase
Genere: legal-political
Se ti piace guarda anche: Homeland, 24, The Good Wife, Suits, Fairly Legal, Crime d'amour

Dopo la prima esaltante stagione, avevo un po’ perso di vista e sottovalutato Damages. Con l’arrivo della season number 4 (e la produzione della 5 è già stata confermata) mi è però ritornato l’entusiasmo per questa ottima serie, che a prima vista potrebbe sembrare solo l’ennesimo telefilm ambientato in uno studio legale e invece no, sbagliato! niente di più lontano. Sìvabbeneok le protagoniste sono due avvocatesse e al centro delle varie stagioni vi è sempre un caso legale, però questo è solo un dettaglio. La vicenda legale porta infatti con sé un sacco di ramificazioni e nella stagione 4 si va a toccare l’argomento ancora caldo (visto che da lì, americani ed europei, non ce ne andiamo più) dell’Afghanistan.

L’avvocatessa Rose Byrne (l’ho già detto che è una delle attrici in maggiore mostruosa forma degli ultimi tempi?) decide infatti di intentare causa contro il più potente esercito privato degli Stati Uniti per la morte molto sospetta di alcuni suoi soldati-mercenari. Tra i sopravvissuti alla missione c’è il testimone chiave della vicenda, che guarda caso è anche un ex cumpà del liceo della Byrne. Peccato che una causa del genere possa essere molto rischiosa, visto che di mezzo ci sta pure la CIA, e così il suo studio legale decide di non supportarla. Cosa fare a questo punto? La nostra (o almeno mia) avvocatessa preferita (suca Ally McBeal, suca!) a questo punto si rivolge alla sua nemicamica preferita, la machiavellica Glenn Close, una sorta di gemella ancora più incattivita della Sue Sylvester di Glee. Tra le due donne/avvocatesse i legami si fanno ancora più stretti che in passato, sarà che in fin dei conti non sono poi così diverse?

Più che una serie legal, Damages è quindi una serie political. I casi giudiziari infatti inizieranno paradossalmente soltanto al termine della stagione, mentre l’attenzione degli episodi è rivolta piuttosto a ciò che avviene prima di un processo, come la ricerca e la protezione dei testimoni, che in questo caso in particolare si rivelerà tutt’altro che semplice. La stagione come detto ruota attorno alla spinosa questione di un corpo di forze speciali inviato in Afghanistan, dei mercenari specialisti che operano nel mercato della guerra capitanato da un John Goodman americano vecchio stampo duro e puro (si fa per dire) davvero convincente nella sua bastardaggine che ridacchiando dice: “Per me ci sarà sempre lavoro, perché la guerra non finirà mai.”

La serie offre l’ottima occasione di riflettere sull’impegno militare tanto degli Usa quanto nostro a ormai 10 anni e passa di distanza dall’11 settembre 2001, un tema assolutamente non inflazionato e che anzi negli ultimi tempi sembrava finito nel dimenticatoio e che invece Damages riporta alla ribalta con una serie di spunti parecchio interessanti. Ma la cosa più notevole della serie è che oltre alla componente legal e a quella political si aggiunge una costruzione notevole delle vite personali dei personaggi, da una Patty Hewes (Glenn Close) che a questo giro sarà costretta ad andare da uno strizzacervelli (sebbene non si rivelerà una paziente molto paziente…) a una Ellen Parsons (Rose Byrne) che si troverà a dover scegliere se diventare come l’amicanemica Patty o a prendere una strada sua, personale. E poi ancora le altre figure nuove della season come l’agente sotto copertura Jerry Boorman (Dylan Baker) che rivelerà molti lati sfaccettati della sua complessa personalità o il soldato mercenario Chris Sanchez (Chris Messina), il testimone chiave nella causa contro il potente Howard Erickson (John Goodman), una sorta di incrocio tra George W. Bush e Silvio Berlusconi…
Oh. My. Freaking. God.

A differenza di altri legal drama il caso legale tiene l’intera stagione, e non i singoli episodi, e la costruzione dell’intreccio narrativo è talmente elaborata da ricordare 24 per la ricchezza di situazioni e personaggi, mentre il mix di piani temporali che era stato uno dei punti di forza in precedenza qui viene un pochino meno. Oh, un difetto doveva pur averlo, ma se a ciò aggiungiamo una regia di ottimo livello e una recitazione della Madocina in particolare delle due protagoniste Byrne/Close, che altro vi devo dire se non: anche e soprattutto se non amate le serie con gli avvocati, guardatela. Dai, cazzo!
(voto 7,5/10)

martedì 30 agosto 2011

Suits for my sweets

Suits
(Serie tv, stagione 1)
Rete americana: USA Network
Rete italiana: non ancora arrivato
Creato da: Aaron Korsh
Cast: Gabriel Macht, Patrick J. Adams, Meghan Markle, Rick Hoffman, Gina Torres, Sarah Rafferty, Tom Lipinski
Genere: avvocati cool
Se ti piace guarda anche: The Good Wife, Damages, Mad Men, Fairly Legal, Eli Stone

Gli avvocati possono essere cool? Se pensate a Perry Mason, la risposta probabilmente è no. Se pensate a Ally McBeal, lei era simpatica e tutto, ma era anche più sfigata che cool. Se poi vi viene in mente Ghedini, allora siete proprio fuori strada.
Da adesso però per fortuna ci sono due nuovi avvocati in città che sono pronti per diventare i vostri nuovi idoli. Egocentrici, sbruffoni, troppo sicuri di sé eppure idoli. O forse idoli proprio per tutti questi motivi.


Gabriel Macht interpreta l’avvocato in grado di risolvere qualunque situation meglio di The Situation di Jersey Shore e in grado di vincere qualunque causa, una sorta di Lionel Hutz dei Simpson al contrario quindi, ed è anche un selfish motherfucker che pensa solo a se stesso, al suo interesse personale e sembra incapace di una relazione stabile o di vere amicizie. In pratica è il nuovo Christian Troy (il mitico chirurgo plastico di Nip/Tuck): appassionato di soldi, auto costose, belle donne e vestiti firmati. Ma è anche una sorta di Don Draper moderno e da qui è nato qualche affrettato paragone con Mad Men, per il resto invece piuttosto distante da questo Suits, oppure un Patrick Bateman solo meno American Psycho, visto che (al momento) non ha ancora ammazzato nessuno.

Nella vita glamour ma anche solitaria dell’avvocato, irrompe un giorno il suo possibile erede interpretato da Patrick J. Adams, uno da tenere d’occhio anche in prospettiva futura. Mentre sta facendo i colloqui per assumere un nuovo associato del suo studio legale, nel suo ufficio fa letteralmente irruzione un giovane talento portento che stava scappando dagli sbirri per una consegna di droga finita male. Il ragazzo non ha conseguito la laurea, ma è una sorta di genio del cazzo cui basta leggere un libro una volta per comprenderlo e memorizzarlo perfettamente. Vedendo un giovane se stesso in questo fenomeno, l’avvocato decide di assumerlo al volo, fingendo si sia laureato ad Harvard e da lì in poi, laurea o non laurea, i due saranno così pronti a formare una nuova coppia di colleghi/amici degna di serie come Breaking Bad o il già citato Nip/Tuck.

Suits è una serie con un gusto leggero, frizzante, con due protagonisti molto forti, in grado di fare già scintille nei primi episodi e di prometterne ulteriori in quelli futuri. Intorno a loro promette bene Meghan Markle, gnoccolona esperta nelle ricerche legali cui manca solo un esame per diventare un avvocato vero e ad aiutarla nell’impresa potrebbe farsi avanti proprio il giovane avvocato truffatore, suo possibile probabile interesse sentimentale. Ulteriori sviluppi potrebbero poi arrivare dal rapporto di complicità ma anche rivalità tra i due avvocati, mentre qualche ulteriore momento divertente è assicurato dall’altro associato, il rivale della coppia di protagonisti, interpretato da Rick Hoffman, una facia da pirla già vista come guest-star in mille e più altre serie tv.
Come limite, o almeno io lo vedo come un limite, c’è la presenza di trame autoconclusive, con i singoli casi legali che vengono risolti nel giro di una singola puntata. Per quanto riguarda la trama orizzontale invece ho qualche dubbio in più, ma l’efficacia e la coolness con cui sono costruiti i personaggi principali lascia ben sperare riguardo alla tenuta sulla lunga distanza della serie. Anche se poi, per quanto ami autocelebrarmi, non sono Nostradamus o Donnie Darko, e quindi non posso prevedere ogni cosa. Per intanto USA Network l'ha già giustamente confermato per una seconda stagione.
Se di solito non mi appassiono molto alle serie legali, negli ultimi tempi continuano a spuntarne fuori di ottime in grado di smarcarsi dalla noia delle sedute di tribunale, vedi Damages, The Good Wife, il nuovo Fairly Legal e ora pure questo elegante spassoso Suits.
E allora dimenticate Ghedini: gli avvocati possono essere cool. Parecchio cool.
(voto 7+/10)

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