mercoledì 30 novembre 2011

It's the final countdown

E così siamo arrivati alla fine. Alla finale.
Dopo varie sfide tra i decenni, dagli anni '60 fino al primo decennio degli Anni Zero, eccoci arrivati allo scontro finale a colpi di playlist musicali tra il sottoscritto Cannibal Kid, il solito rivale Mr. James Ford e l'agguerrita Over the wall.
Questa qui sotto è la mia ultima lista, dedicata ad alcune delle mie canzoni preferite di tutti i tempi.
Non le preferite preferite in assoluto, magari, ma solo quelle del momento.
Potete votare la vostra playlist preferita sul sito di Lozirion, nell'apposito sondaggino sulla colonna sinistra.
Io vi invito a scegliere la mia, naturalmente, poi, altrettanto naturalmente, fate un po' come volete...



Playlist cannibale dai 60s agli 00s
Sam Cooke “A change is gonna come” (1963)
Nancy Sinatra “Bang Bang (My baby shot me down)” (1966)
Supremes “You keep me hangin’ on” (1966)
Carpenters “Yesterday once more” (1973)
David Bowie “Young Americans” (1975)
Cure “Boys don’t cry” (1979)
Joy Division “Love will tear us apart” (1980)
Cars “You are the girl” (1987)
Smiths “Girlfriend in a coma” (1987)
Pixies “Monkey gone to Heaven” (1989)
Cocteau Twins “Heaven or Las Vegas” (1990)
My Bloody Valentine “When you sleep” (1991)
Smashing Pumpkins “Bullet with butterfly wings” (1995)
Blur “Beetlebum” (1997)
Pulp “Help the aged” (1997)
2pac “Changes” (1998)
Nine Inch Nails “We’re in this together” (1999)
Joey Ramone “What a wonderful world” (2002)
Crystal Castles “Alice practice” (2006)
Amy Winehouse “Tears dry on their own” (2007)




Al peggio non c’è mai Bieber

E alla fine l’ho visto. Il giorno è arrivato. Il 2011 volge al termine e non avevo ancora guardato abbastanza film terribili per quest’anno e ho dovuto porre rimedio. E così l’ho visto e non pensavo sarebbe stato tanto atroce. Ma, come dice lo stesso Justin Bieber: Never say never. Mai dire mai.

Justin Bieber: Never Say Never
(USA 2011)
Regia: Jon M. Chu
Cast: Justin Bieber, Usher Raymond, Sean Kingston, Jaden Smith, Miley Cyrus, Scooter Braun
Genere: documinkia
Se ti piace guarda anche: i video di giastinbiber su iutiub!

Premetto una cosa. Questo non è un film.
Lo immaginavate già senza vederlo, eh?
Più che un film vero e proprio, è un documentario autocelebrativo e parecchio amatoriale, nonostante il budget di “appena” 13 milioni di dollari. Che a questo punto ci si chiede chi se li sia intascati e per fare cosa. Un po’ come per The Blair Witch Project: sarà costato appena 60.000 dollari, che per una produzione cinematografica sono un’inezia, però vedendo il risultato finale ci si domanda comunque come abbiano fatto a spenderli.

Il film, pardon documentario per bimbiminkia che per abbreviare chiamerò semplicemente “documinkia”, parte con un agghiacciante rap (o rap le ciap, sarebbe meglio dire citando Scary Movie 3). Perché sentire Justin Bieber rappare è una cosa che ti fa venire voglia di chiamare una gang dal ghetto per fargli un culo come una capanna e che poi chiami il Telefono Azzurro, se si rialza. Perché se già Bieber che canta non se pò sentì, Gangsta Bieber è un insulto alla musica hip-hop!

Nel corso di questa scena le finestre di casa mia sono andate in frantumi.
Chissà perché...
Comunque, dicevamo che ‘sto filmino delle vacanze è praticamente un documentario che ripercorre i primi anni della breve vita di Justin Bieber. Breve vita non perché sia morto, purtroppo dirà qualcuno (ma non io, sono mica così cattivo, io come detto sopra gli manderei giusto qualcuno per dargli una bella lezione…), ma perché ha solo 17 anni. E già gli hanno dedicato un documentario. Pensate cosa gli dedicheranno tra qualche anno. Dite che tra qualche anno manco uno se lo cagherà più di striscio? Probabilmente avete ragione. Preghiamo.

Nei vari spezzoni montati insieme alla ben’e meglio dal registone di Step Up 2 e Step Up 3D John M. Chu, tanto il pubblico di età media sui 4 o 5 anni un documentario non l’avrà mai visto, fanno vedere le immagini di quando Justin era bambino e tutti lo elogiano come se poi sarebbe diventato un genio, il nuovo Gesù Cristo salvatore dell’umanità. E invece poi che ha fatto?
La sua più grande hit è una canzone di merda come questa, ecco cos’ha fatto


"Nun me poteva capità un fijo da Lazio piuttosto che un Justin Bieber?"
Più che un film o un docu-film o un minkiafilm che dir si voglia, sembra più che altro una puntata di 16 anni e incinta, con la giovane madre di Justin che racconta di come sia stato difficile tirare su un figlio del genere ecc… No, in realtà niente di questo.
Tutti parlano sempre benissimo di lui e nel “film” (ma dobbiamo proprio continuare a chiamarlo film?) hanno solo parole strapositive e non c’è neanche un ombra. Non so, droga, alcool, Selena Gomez che si fa una striscia, sesso con animali… Niente di tutto questo.

Di scene da paura che manco negli horror ce ne sono parecchie, ma la cosa più spaventosa in assoluto sono le giovanissimissime fan, delle bambine di non più di 8 o 9 anni (e mi sono tenuto sull’alto) urlanti, costantemente urlanti, disperatamente urlanti, che se ne escono con frasi tipo “Penso a Justin Bieber il 99% del mio tempo”, “Diventerò suo marit-ehm, sua moglie” e cose del genere. Tanto che a fine film ciò che rimane in testa non sono (grazie a Iddio) le canzoni del baby divo, ma le urla delle fan che rimangono impresse in maniera raggelante quasi quanto gli spari del film Elephant.
Comunque è possibile che non abbiano trovato nessuno che dicesse: “No, a me Justin Bieberon fa proprio schifo”? Intervistano persino la maestra elementare che gli aveva insegnato fino a molto tempo fa, cioè circa un paio di mesi fa, e pure lei ne parla come se in classe avesse avuto il figlio segreto di Madre Teresa di Calcutta e Gandhi.

"So' Hanna Montana, nel film ce sto pure io che se no
i bimbiminkia si scordano di me. Non dimenticatemi!"
Comunque, ma come cazzo me so' vestita?"
Oltre ad essere realizzato in maniera parecchio amatoriale, roba che i programmi medi di Mtv di solito sono fatti molto ma molto meglio (persino Jersey Shore!), non ci si è nemmeno sforzati di tirare fuori non dico una sceneggiatura o una trama, ma pure una vaga, vaghissima linea narrativa. Ci sono spezzoni di concerti intermezzati a so(a)porifere scene di vita quotidiana ed è tutto random. Questo Never Say Never, se non lo aveste ancora capito, è un vero scult che su IMDb viene premiato con una impressionante media voto di 1.4. E ricordo che su IMDb il voto minimo è 1 e non 0, quindi è davvero difficile fare di peggio. Persino Chicken Park di Jerry Calà arriva a un miracoloso 2.0.

Nonostante tutte le lodi sperticate e le parole solo benevoli nei suoi confronti, il ritratto di Justin Bieber che viene fuori da questo pseudo-film è impietoso: un tipo ossessionato dal look e soprattutto dalla sua inconfondibile frangetta e per cui la musica è giusto un optional. I suoi capelli sono molto più importanti delle canzoni: non sono io a dirlo, ma è ciò che emerge dal documentario.
Non una migliore impressione suscitano le persone che lo circodano, un branco di sanguisughe che gli gravitano intorno cercando di sfruttarlo e spremerlo al più possibile per fare soldi e per far gridare più ragazzine possibile ai concerti. Se sua madre è una teen mom, suo padre è un tamarro scatenato poco più adulto del figlio, mentre i suoi amici sembrano usciti da una versione per tween lobotomizzati della serie tv Entourage. Ma soprattutto Justin figura come un pupazzo senza potere decisionale comandato a bacchetta dal suo curatore di immagine personale, un tipo esaltatissimo che o è cocainomane o è un malato di mente, e una signora a capo del suo staff. L’unica figura vagamente umana che emerge da questo spettacolo impietoso popolato da zombie con le $ al posto delle pupille degli occhi sembra essere il suo manager Scooter (ma che razza di nome ha, santiddio?), il solo che fa emergere qualche emozione mentre parla. Ma probabilmente è solo l’unico in grado di recitare decentemente di tutta la “pellicola” (le virgolette sono sempre d’obbligo).

Le canzoni che accompagnano la durata di questo strazio fanno veramente pena (c’era forse bisogno di dirlo?), sono non-musica con non-basi elementari e non-testi agghiaccianti infarciti di buoni sentimenti alla Settimo cielo. Al confronto i Jonas Brothers sono i nuovi Metallica, Jesse McCartney l’erede di Marilyn Manson e High School Musical una visione vietata ai minori.
Justin Bieber è il vuoto più totale, pure se paragonato ai fenomeni teen pop del passato: le Spice Girls ad esempio almeno promuovevano il girl power, i Take That avevano una manciata di canzoni valide e un fenomeno come Robbie Williams, negli *N SYNC per quanto tutti immagine emergeva già il talento di Justin Timberlake, i Tokio Hotel giocavano con l’ambiguità sessuale e i poteri da supersaian dei capelli del cantante…
Nel fenomeno Justin Bieber non c’è nemmeno niente di tutto questo, solo un bambinetto con la frangetta da bambinetta che sa cantare e ballare. Però non come una (giovane) persona di vero talento, ma solo come un fenomeno da baraccone di quelli che sembrano usciti da un talent-show alla Io canto o Ti lascio una canzone. Come una scimmietta ammaestrata.

Chiudo rispondendo a un paio di domande che probabilmente vi sarete fatti fin dall’inizio del post.
Com’è che Justin Bieber è diventato famoso?
Si è fatto strada nei concorsi locali e poi hanno cominciato a caricare i suoi video su YouTube, ma il vero artefice del suo lancio nell’Olimpo musicale è stato il cantante r’n’b Usher. Ecco, è lui che dovete ringraziare!
E l’altra domanda: com’è che tu, Cannibal, hai visto questo film?
A parte quanto detto all’inizio e a parte il mio solito perverso senso di masochismo che mi porta a guardare pellicole e programmi tv abominevoli oppure ad ascoltare musica agghiacciante, il motivo principale è che mi piace cercare di comprendere i fenomeni della cultura pop, siano essi di alto, medio, basso o bassissimo (come in questo caso) livello.

E cos’ho capito, allora?
Dopo questa a suo modo illuminante visione, l’aspetto più interessante non è tanto Bieber in sé, personaggio di una pochezza con pochi pari, ma le vere protagoniste del film e del suo successo: le fan. Un branco di bambine giovanissime che grazie alle nuove tecnologie hanno contribuito al successo virale del loro idolo su Internet, saltando il passaggio per gli altri canali tradizionali. Quella porcheria di Baby postata sopra, per dire, è il video più visto di tutti i tempi su YouTube con oltre 667 milioni di visualizzazione, al momento e schiacciando play avrete contribuito ad aumentarle ulteriormente.
Una rivoluzione nel marketing in grado di aprire un segmento nuovo: se i teenager hanno cominciato a diventare il target commerciale principale della civiltà occidentale (leggi americanizzata) dagli anni ’50 in poi, negli ultimi anni abbiamo visto l’emergere dei tween, e ora siamo addirittura arrivati ai pre-tween, bambini e in questo caso soprattutto bambine appena uscite non dal passaggino ma quasi ancora in fasce e in grado di diventare l’elemento più prelibato del mercato. Perché è di questo che si tratta. La musica qua è del tutto dimenticata. It’s all about the money, money, money.
Speriamo sia un addio...
La cosa più triste è l’immagine dei bambini che ne esce fuori. Una volta creature innocenti e pure e oggi vittime pure loro del sistema capitalista fin da un’età sempre più precoce. È questo ciò che ha fatto Justin Bieber, e soprattutto gli strateghi stragisti del marketing dietro di lui, ai figli che non avremo di questi cazzo di anni zero: ha portato via loro la verginità.
(voto: zero assoluto)

P.S. Ma quanto moralizzatore sto diventando?

martedì 29 novembre 2011

COMING SOON


(clickare sull'immagine per ingrandirla)

I Cannibal Awards 2011 stanno arrivando.
Ci saranno una valanga di classifiche, liste, nomination, cazzate varie.
Il meglio (e il peggio) del cinema, delle serie tv, degli album e delle canzoni, dei personaggi, degli uomini e delle donne dell’anno.
I premi più prestigiosi del mondo dopo Oscar, Nobel, Grammy, Emmy, Golden Globes, Mtv Awards, Macchianera Awards, Darwin Awards, le liste di Time, People, NME, etc., Razzies, Telegatti e un migliaio di altri premi. Ah no, i Telegatti non esistono più quindi le classifiche cannibali hanno guadagnato una posizione!
E non mancheranno poi nemmeno i sondaggi in cui voi lettori potrete (più o meno) democraticamente esprimere le vostre preferenze…
I Cannibal Awards 2011, l’ho già detto?, stanno arrivando.
Are you ready?

Cooome?
Dite di no?
Evabbè, tanto ve li beccate comunque
UAH AH AH AH AH AH AH

Ok, la smetto.
Però, ripetiamolo ancora una volta che non fa male:
I Cannibal Awards 2011 stanno arrivando!

30 minutes to Mars

30 minutes or less
(USA, Germania, Canada 2011)
Regia: Ruben Fleischer
Cast: Jesse Eisenberg, Aziz Ansari, Danny McBride, Nick Swardson, Dilshad Vadsaria, Fred Ward, Bianca Kajlich, Michael Pena, Elizabeth Wright Shapiro
Genere: buddy movie
Se ti piace guarda anche: Benvenuti a Zombieland, Be Kind Rewind, American Trip, Adventureland

30 minutes or less è un buddy movie, anzi un doppio buddy movie.
Hey wait: Buddy movie. Cosa sono?
Allora, vediamo: i buddy movie non sono film con Bud Spencer, grazie a Dio!, ma sono pellicole incentrate sull’amicizia tra due uomini.
Ho detto amicizia, perché pensate subito a una cosa gay?
Eh sì, anch’io devo ringraziare il mio amico Carlo per avermi consigliato questo film (thank you per la dritta!)
In ogni caso, in questo film abbiamo ben due “coppie” maschili. Da una parte Jesse Eisenberg, sì proprio il Mark Zuckerberg più Zuckerberg di Zuckeberg in The Social Network, e Aziz Ansari, spassoso comico di origini indiane visto nella geniale serie di Mtv Human Giant, nella sitcom Parks and Recreation ma anche conduttore degli Mtv Movie Awards 2010. Sono loro la coppia trascinante del film.
Dall’altra parte si difendono comunque bene anche Danny McBride, già buffone di corte in Your Highness e Strafumati, e Nick Swardson, già nel pessimo Mia moglie per finta.
Cosa hanno a che fare queste due coppie di amici?

Jesse Eisenberg, ancora una volta nel suo tipico ruolo da semi-sfigato (tanto per non essere troppo cattivi e dire sfigato totale) lavora come ragazzo che consegna le pizze. Già, il fa il pizza boy. Un lavorone, eh? Lo slogan della pizzeria per cui lavora è “30 minutes or less”, consegna entro 30 minuti: in qualunque parte della città voi vi troviate, se non ce la fanno a portarvela in mezz’ora la pizza è gratis.
Danny McBride è invece un ereditiere, o aspirante tale. Se immaginate una sorta di versione al maschile di Paris Hilton o Kim Kardashian però no, siete fuori strada. Piuttosto è un buzzurro che aspetta la morte del padre marine fissato con la disciplina e interpretato da Fred Ward, visto in una miriade di pellicole tra cui Tremors nella parte sempre o quasi del duro. Visto che il padre non si decide a morire, una spogliarellista gli consiglia di farlo fuori. O meglio, di assumere un sicario da lei stessa ingaggiato e farlo uccidere da lui, perché è così che i milionari (o aspiranti tali) ragionano. Non fanno il lavoro sporco. Lo fanno fare agli altri.
Il sicario però vuole essere pagato 100.000 dollari e dove trovare una cifra simile?
Bisognerebbe rapinare una banca, ma non è questo che i milionari fanno. I milionari lo fanno fare ad altri. Sì, ma a chi?


È qui che Jesse Eisenberg, per sua sfiga, entra nei diabolici piani dell’aspirante ereditiere e del suo fidato/sfigato complice. Il povero Eisenberg, non bastasse che ha un lavoro e una vita piuttosto merdosa, viene quindi sequestrato dai due tizi che gli legano una bomba intorno al corpo e lo costringono a procurargli i 100.000 dollari che vogliono, altrimenti lo fanno saltare per aria. Boom. Come uscirà il nostro Eisenberg da tale intricata situazione?
E perché i due idioti non lo fanno rapinare direttamente 1.000.000 di dollari e vivere bene, anziché 100.000 per ingaggiare un sicario?
Per quanto riguarda la prima domanda: attraverso una serie di situazioni spassose, inseguimenti fichi (e io di solito odio gli inseguimenti, a parte in questo film e in The Town di Ben Affleck) e con l’aiuto del suo amico Aziz Ansari.
Per quanto rigurda la seconda, vi do’ un indizio: la risposta è già contenuta nella domanda stessa.

Mancano poi un paio di fighette? Certo che no e allora il film ci serve sopra un piatto d’argento l’esotica pakistana Dilshad Vadsaria direttamente dalla serie universitaria Greek e quella bonazza di origine slovacca di Bianca Kajlich, che un tempo ci provava con Dawson nella stagione finale di Dawson’s Creek e negli ultimi tempi era invece tra le protagoniste della sitcom Le regole dell’amore - Rules of Engagement (appena chiusa dopo 6 stagioni).

Vi è piaciuto Benvenuti a Zombieland? Allora probabilmente vi piacerà anche questo. Non vi è piaciuto? Allora forse farete meglio a stare al largo. Sebbene questa volta non ci siano zombie in mezzo alle palle, la regia è sempre quella di Ruben Fleischer, uno che con questa doppietta di pellicole è ormai già diventato una garanzia di film divertenti & esaltanti, e i ritmi sono gli stessi: veloci, ricchi di battute e con un occhio cinematografico che non va più lontano dagli anni Ottanta. Oh yes. Anche se per il suo prossimo film Gangster Squad (in uscita nel 2012) andrà indietro fino agli anni '40 e avrà un cast-all star con Ryan Gosling, Emma Stone, Sean Penn e Josh Brolin!
Al cocktail aggiungiamo una colonna sonora gasante per lo più hip-hop che spazia dai Beastie Boys a Ol’Dirty Bastard, shakeriamo il tutto, se fosse estate vi direi di aggiungere anche qualche cubetto di ghiaccio, però adesso che la nebbia vi farà a mala pena vedere dal vostro naso fino al televisore direi che è meglio servirlo liscio. E cosa avrete alla fine?
Nonostante sia ispirato a una drammatica vicenda realmente accaduta a un certo Brian Douglas Wells in Pennsylvania, avrete una delle visioni più leggere e piacevoli dell’intera annata. Se vi sembra poco, siete proprio dei guastafeste. E se il film non vi ha garantito un’ora e 30 minutes (or less) di divertimento, sono pronto a rimborsarvi come la pizzeria della pellicola. Tanto se l’avete visto, l’avete visto aggratis perché una distribuzione italiana non è ancora stata prevista…
(voto 7,5/10)

lunedì 28 novembre 2011

Se non ti piace questo film sei uno sporco leghista


The Help
(Usa 2011)
Regia: Tate Taylor
Cast: Emma Stone, Viola Davis, Bryce Dallas Howard, Octavia Spencer, Jessica Chastain, Allison Janney, Anna Camp, Ahna O’Reilly, Mike Vogel, Chris Lowell, Sissy Spacek, Mary Steenburgen, Nelsan Ellis, Ashley Johnson
Genere: black
Se ti piace guarda anche: Il colore viola, The Blind Side, Hart of Dixie, Pan Am, Mad Men, Downton Abbey
Uscita italiana prevista: 17 febbraio 2012


The Help fa parte di una categoria di film che di solito non apprezzo per nulla.
I film ruffiani.
Se c’è però una cosa che questa pellicola insegna sopra a ogni altra è quella di andare oltre le categorie. E così ho seguito il buon esempio e ho superato il fatto che sia un film ruffiano. Perché lo è. La storia che racconta infatti non può non smuovere qualcosa dentro, per lo meno in chi crede a determinati valori di uguaglianza di tutte le persone, indipendentemente dal colore della loro pelle.
Che poi sull’uguaglianza si potrebbe aprire una lunga parentesi, visto che tutte le persone sono uniche e quindi diverse una dall’altra, ma comunque non andiamo a impelagarci in un discorso troppo complesso e cerchiamo di rimanere dentro i binari del film. Anche se ogni volta faccio fatica a rimanerci dentro, maledetti binari!

La storia, per dirla breve e non svelarvi troppo, è tratta dal romanzo best-seller del 2009 di Kathryn Stockett ed è quella di una giovane giornalista (Emma Stone: sì sì sì un film in più per adorarla) che decide di dar voce a chi una voce non l’ha mai avuta. Se non in chiesa per cantare nel coro gospel. La giornalista Emma Stone vuole infatti realizzare un libro basato sui racconti e le testimonianze delle donne di colore che fanno le domestiche e allevano i figli delle donne bianche ricche (proprio come accaduto a lei e alla stessa scrittrice Stockett), in un paesino del Sud degli Stati Uniti negli anni ’60, prima del periodo delle lotte per i diritti civili dei neri e in un clima ancora dominato dai Ku Klux Klan.
Sì, insomma, una trama che va da sé porterà alcuni momenti toccanti e altri che faranno salire l’indignazione, quindi un film in qualche modo ricattatorio, che sembra essere perfetto per la notte degli Oscar e chissà che qualche nomination non se la porti a casa.
Negli Usa la pellicola è stata il clamoroso successo a sorpresa degli ultimi mesi, con un incasso cresciuto di settimana in settimana grazie al passaparola che ha portato a un totale di 170 milioni di dollari di incasso, a fronte di una spesa di 25 milioni. Niente male per un film non in 3D, non di animazione, non di supereroi, maghetti o vampirelli. In pratica The Help è andato a replicare il caso di The Blind Side, il film del 2009 che in maniera analoga aveva macinato incassi sorprendenti, aveva fruttato un Oscar alla Sandrona Bullock e raccontava una storia ugualmente ruffiana.
Così come allora, per una seconda volta ci sono cascato anch’io. The Help infatti è una visione appassionante e coinvolgente. Come sempre sostengo, una bella storia non basta a fare un bel film, è vero, però qui la storia è davvero bella, toccante e pure impregnata di una buona dose di umorismo che riesce a renderla una visione leggera e piacevole, quanto allo stesso tempo profonda e toccante.

Il grande pregio del film è quello di raccontare non il razzismo più violento e immediatamente visibile, come quello del Ku Klux Klan, ma quello più sottile e strisciante. Il razzismo di quelli che dicono: “Sì, ma io non sono razzista.” Il razzismo delle donne bianche del Sud che facevano accudire i loro figli da tate di colore, trattandole però come schiave e come essere inferiori e non permettendo loro nemmeno di usare lo stesso bagno di famiglia perché accusate di diffondere chissà quali misteriose malattie “negre”. Ma in The Help subiranno un momento di vendetta davvero godurioso!

A dare una grossa mano per rendere viva questa splendida storia ci pensa allora un formidabile gruppo di attrici. In The Help sfila la migliore rassegna di rosse cinematografiche immaginabile, mancano giusto Julianne Moore e Lindsay Lohan (ma quest’ultima ormai passa più tempo nei tribunali di un certo nostro ex Premier…), mentre sono presenti la solita piccola grande Emma Stone, una Bryce Dallas Howard perfetta in versione “southern bitch”, Sissy Spacek in versione “vecchia pazza” e Jessica Chastain, la rossa di The Tree of Life qui in inedita e quasi irriconoscibile versione bionda Marilyn-style, ma con un ruolo che va oltre i soliti stereotipi della biondona stupida. Ottime poi le due protagoniste “black” della vicenda, una commovente Viola Davis (già candidata agli Oscar per Il dubbio) e ancor di più l’incendiaria Octavia Spencer, per cui prevedo e pregusto già una bella nomination (e chissà, magari anche una vittoria) agli Oscar 2012 come miglior attrice non protagonista. Ci troviamo in pratica di fronte al cast femminile più pazzesco dell’annata (ex aequo con quello di Le amiche della sposa), in cui gli uomini fanno più che altro la figurina delle… ehm figurine, appunto. Perché oltre a trattare la tematica razziale, The Help si rivela essere anche uno splendido inno alla donna come motore per il cambiamento sociale, sebbene anche le figure più negative all’interno del film siano altre donne.
Dal punto di vista del cast da segnalare anche la presenza di Mike Vogel, pilota della serie Pan Am ambientata anch’essa negli anni ’60 (che voglia diventare il nuovo Don Draper? Mi sa che è ancora un po’ giovane), e di due membri del cast di True Blood: Nelsan Ellis, il mitico Lafayette, e poi la bionda Anna Camp, che nella seconda stagione faceva parte della setta anti-vampiri e che qui riprende un simile ruolo da bigottona del Sud.
E a proposito di serie tv, lo stile 60s si avvicina proprio a quello di Mad Men o di Pan Am, ma l’atmosfere del Sud sarà particolarmente apprezzata anche da chi segue la nuova Hart of Dixie. E, perché no?, pure dagli appassionati della serie british Downton Abbey. Qui come lì infatti i veri protagonisti per una volta tanto non sono i ricchi e i potenti, bensì i domestici.

Il difetto della pellicola è invece la mancanza di una forte impronta autoriale. Il regista Tate Taylor si limita al compitino e dirige in maniera convenzionale, senza prendere buche, ma nemmeno senza rischiare scossoni. D’altra parte ha ancora tempo per crescere; questa è la sua seconda pellicola e la prima dico solo che si chiamava Pretty Ugly People e protagonista era Jessica Simpson…

Film ruffiano?
Sì. Assolutamente sì. The Help va però visto non dal punto di vista del critico cinematografico, bensì col cuore. Difficilmente quello non verrà toccato da questa visione.
A meno che non facciate parte di un Ku Klux Klan… O siate della Lega.
(voto 7+/10)

domenica 27 novembre 2011

Rihanna non ha solo un bel paio di T e un bel C ma pure una bella V…oce

Rihanna “Talk That Talk”
Genere: tamarro pop
Provenienza: Barbados
Se ti piace ascolta anche: Lady Gaga, M.I.A., Whigfield, Katy Perry, Jessie J, Ke$ha, Natalia Kills

Potrei aprire la solita parentesi polemica sul fatto che consideri una stronzata il discorso musica commerciale = merda, musica alternativa = figata.
Preferisco però risparmiarmelo e ascoltarmi tra i dischi del momento sia Rihanna che gente un filino meno conosciuta di lei come Sepalcure, SPC ECO e ZZT, anche perché non vedo perché una cosa debba escludere l'altra.
È un po’ come per i film. Ci sono i blockbusteroni hollywoodiani ben fatti e le porcherie, così come le pellicole d’autore interessanti fianco a fianco delle ciofeche d’autore.
Si può poi dire che Rihanna facendo la porca ogni volta che si trova di fronte a un obiettivo fotografico o a una macchina da presa non aiuti a favorire la sua credibilità artistica, però sono cose per cui si può passare oltre. Anche perché io di Rihanna adoro le tette il culo la vagina la voce. E poi, poverina, ha una malattia, la famosa “Sindrome della porca” e non ce la fa proprio a contenersi.
Chi non si fuma una siga così?
Quanto alla musica, al di là degli scherzi a me piace veramente parecchio la sua voce, e soprattutto si avvale di una serie di producer di altissimo livello tra cui StarGate, Dr. Luke, Mr. Bangladesh, Hit-Boy e soprattutto il sempre grande Calvin Harris.

Liberi di non crederci, quindi, ma il nuovo album di Rihanna è una piccola gemma pop. Gemma magari non è la parola più appropriata. Figata tamarra pop forse è più indicato.
Ed è musica pop commerciale?
Sì, certo che sì, però intanto dentro ci sono cose che si spingono parecchio oltre, e soprattutto “spingono” parecchio: un pezzo come Cockiness (Love it) sembra M.I.A. sparata sulla Luna, la scheggia Birthday Cake sono i Bloody Beetroots in Paradiso, Drunk on love è costruita su un sample magnifico di Intro dei The XX, We Found Love è un rave party da cameretta scritto prodotto e diretto dal “regista” Calvin Harris che omaggia alla grande Saturday Night di Whigfield (chi è cresciuto nei 90s tamarri del Deejay Time ricorderà).



E poi... You da one è la perfetta pop-reggae-love-fucking-song, Where have you been fa venire voglia di impastikkarsi apposta per “sentirla” al meglio, Red Lipstick campiona Whenever I may roam dei Metallica ma la trasforma in un pezzo electro malato, e Farewell sono i titoli di coda epici che scorrono sulla fine dell’Impero.
C’è delle musica quindi dietro l’appariscente facciata estetica? Sì, della valida musica pop dance. Liberi di non crederci, però ricordate che Rihanna è vittima della Sindrome della porca e quindi almeno evitate le discriminazioni pregiudiziali nei suoi confronti.
(voto 7/10)

sabato 26 novembre 2011

Questo piccolo grande (ma pure pazzo e stupido) amore

Crazy, stupid, love
(USA 2011)
Regia: Glenn Ficarra, John Requa
Cast: Steve Carell, Ryan Gosling, Emma Stone, Julianne Moore, Analeigh Tipton, Jonah Bobo, Marisa Tomei, Liza Lapira, Kevin Bacon, Josh Groban, Julianna Guill, Beth Littleford
Genere: intrecciato
Se ti piace guarda anche: Magnolia, Love Actually, Le amiche della sposa

Crazy stupid love dice il titolo. Se il love glielo concediamo, visto che Love is all around e tutta la commedia gira intorno a quello, tanto crazy questo film (purtroppo) non è. Ma (per fortuna) non è nemmeno stupid.
Eh va beh, allora mettiamo titoli a caso.
Hey, un attimino… anche io lo faccio sempre, quindi siete perdonati, cari i miei due registi autori della pellicola.
"Davvero ho bisogno di cambiare look???"
Crazy stupid love ha quindi il pregio di non essere un’altra stupida commedia americana, visto che l’ispirazione sembra trovarla, sarà anche per via della rossa presenza di Julianne Moore, più che altro in Magnolia, un riferimento anche per quel vero splendore di comedy recente che è Le amiche della sposa. Se pensare che un melodrammone come Magnolia possa essere diventato un punto di riferimento per la nuova commedia a stelle e strisce fa un po’ strano, il risultato che ne è venuto fuori in questo caso è piuttosto di buon livello, sebbene siamo molto lontani dal capolavoro andersoniano.

L’intreccio dei personaggi è costruito in maniera interessante, con due storie che sembrano viaggiere in parallelo senza sfiorarsi mai. Fino a che, inevitabilmente finiranno per incrociarsi e sbattere quasi una contro l’altra.
Da una parte c’è la situazione ormai tipica da American Beauty in poi della crisi famigliare: Julianne Moore vuole divorziare dal marito Steve Carell e lui finisce per doversi reinventare. Lui che nella vita è stato con una sola donna, adesso deve ritornare sulla piazza e per farlo troverà l’inaspettato aiuto dell’uomo più figo del momento:
Ryan Gosling.

E poi non dite che su questo sito ci sono solo donnine ignude...
Ero molto curioso di vedere come se la sarebbe cavata il buon Ryan, uno dei miei attori preferiti fin da tempi insospettabili, alle prese per una volta con la commedia. Il suo volto da bravo ragazzo ma venato di un’ombra oscura e inquietante gli aveva infatti portato fino ad ora più che altro parti in ruoli parecchio ambigui. Se escludiamo gli esordi nella serie del Giovane Hercules (aaaaaaRGH!), è stato infatti l’ebreo antisemita in The Believer, l’insospettabile killer di All good things, il marito con qualche sclero di Blue Valentine, l’autista (quasi) autistico che quando gli attaccano i 5 minuti son cazzi di Drive e varie altre parti sempre in qualche modo da “spostato” (Lars e una ragazza tutta sua, Formula per un delitto, Stay…).
Anche questa volta il supercool Ryan interpreta un personaggio che ha il suo doppio lato, seppure entrambi i lati risultino molto più palestrati del solito: da una parte l’insensibile e superficialone playboy un po’ alla Christian Troy di Nip/Tuck che se ne fa una diversa ogni sera, dall’altra il sensibile e profondo cucciolone che cadrà innamorato come una pera cotta per Emma “easy girl” Stone, a formare una delle coppie cinematografiche più belle degli ultimi tempi.
I due tra l’altro sono protagonisti di un “Dirty Dancing moment”, che ormai e chissà perché sembra diventato immancabile in ogni buona commedia che si rispetti, visto che è il cult movie di Zooey Deschanel nella sitcom New Girl e gioca un ruolo importante anche nella gradevole commedia francese Il truffacuori.
Altra fissazione delle commedie, questa volta tutta all’insegna di Emma Stone, è la mania di citare La lettera scarlatta, cui il film Easy Girl (molto) vagamente si ispirava e che pure qui viene menzionato. Strane coincidenze che denotano pure come questa pellicola per quanto ben orchestrata non sia esattamente il massimo dell’originalità.

Oltre alla coppia d’oro Stone/Gosling, funziona un po’ meno il resto del cast: Julianne Moore e Marisa Tomei la sfangano con professionalità ma a me sembrano più a loro agio con il drama, Kevin Bacon è sprecato in un piccolo ruolo che poteva essere molto più bastardo, poi ci sono anche la giovane promettente Analeigh Tipton e il meno promettente Josh Groban, cantante tenore pop, una sorta di Bocelli americano e vedente, nei panni dell’insopportabile fidanzato di Emma Stone. Parte che, chissà perché, gli riesce assolutamente naturale. Quella del tipo insopportabile, non del boyfriend della Stone più sexy dai tempi di Sharon in Basic Instinct.
Il protagonista principale è invece uno Steve Carell più convincente del solito che però limita il suo apporto umoristico. Che poi il limite principale di questo Crazy, Stupid, Love è proprio quello di funzionare più su un versante riflessivo, ma poco dal punto di vista comico. Insomma, in questa comedy si ride un po’ pochino. Però la parte drama non è niente male.

Altri difetti? Ritmi lenti che portano a una durata un filo eccessiva e soprattutto un finale come al solito troppo, troppo happy per i miei gusti, con la consueta scenona del discorso pubblico finale di quelle che capitano solo nei film ammericani.
Cosa devo fare per evitare che le commedie finiscano necessariamente con un discorso pubblico?
Dite che l’unico modo è fare un discorso pubblico?
Ma allora questo è un circolo vizioso che non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine no non ha una fine
(voto 6,5/10)
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venerdì 25 novembre 2011

Anche se è un film non si vede

Cannibal Kid.
Due nomi ormai molto noti al pubblico bloggaro uniti ancora una volta per presentarvi in stereo le uscite cinematografiche di questo weekend.
Come? Dite che il primo nome sì, è famosissimo ma il secondo mica tanto?
Massì, dai che lo conoscete pure lui. E' quello che consiglia o film action trash e inguardabili o presunte opere d'autore anch'esse inguardabili. Il più delle volte, almeno. Ma comunque basta perdere tempo parlando del migliore (e allo stesso tempo peggiore) attore non protagonista del mio blog e passiamo ai film protagonisti nei cinema italiani in questi giorni.

Anche se sono attori non si vede
Anche se è amore non si vede
Il consiglio di Cannibal: anche se è un film non si vede
Mai sopportati Ficarra e Picone. Già il fatto che provengano da Zelig e Striscia la notizia non depone a loro favore, ma per me sono tra i comici meno comici persino all’interno di questi ben poco esilaranti programmi. I loro film finora me li sono risparmiati alla grande e penso che la tendenza continuerà anche con questo. Sebbene credo che nemmeno a Ford facciano impazzire, per questa volta faccio il bravo e glieli lascio tutti e due, anzi tre: Ficarra, Picone e pure una picconata alla Cossiga!
Il consiglio di Ford: non lo vedo neanche per sogno
Incredibilmente, mi trovo perfettamente d'accordo con Cannibale: ho sempre detestato Zelig, Striscia ed i comici che non fanno ridere. Ficarra e Picone compresi.
Quindi cambio la picconata con una bella bottigliata che rifilo in testa ai due protagonisti di questa immondizia "cinematografica".

Real figa
Real Steel
Il consiglio di Cannibal: lo lascio a Ford
Uh, Ford. Lo so che vai in brodo di giuggiole per Hugh Jackman.
Io sinceramente non ho mai capito né come faccia a fare l’attore, né come faccia a essere considerato un sex-symbol, ma tant’è.
L’unico motivo per cui vedere questa porcata sportivo-fantascientifica mi sembra allora il gradito ritorno di Evangeline Lilly, la Kate di Lost assente da un po’ di tempo dalle scene…
Il consiglio di Ford: un altro round, ancora un altro round
Questo è stato pubblicizzato un pò ovunque come il Rocky dei robot, quindi non posso che tuffarmici senza neppure pensarci, sperando che, al contrario del soltanto discreto Warrior, possa riportarmi alle atmosfere magiche del leggendario Balboa.
E sì, Cannibale. Hugh Jackman è un vero fordiano: è australiano, si allena come un porco per mantenersi il fisico e nonostante alcuni film di merda cui ha prestato il volto mi pare un tipo assolutamente pane e salame.


"Buttiamoci tutti, prima che Ford inizi il suo cineforum!"
Happy Feet 2 in 3D
Il consiglio di Cannibal: nooooooooooooooooooooooooooooo
Salvo eccezioni, odio i sequel e odio il 3D. Se aggiungiamo che da Happy Feet 1 mi sono già tenuto alla larga, le possibilità che veda volontariamente questo film sono ridotte al lumicino quanto quelle del Milan contro il Barcellona, tiè! E no, Ford, anche se mi dai della ballerina per via del mio amore per Black Swan, con i pinguini non ce bello!!
Il consiglio di Ford: unhappy Ford
La penuria in sala mi porta ad essere di nuovo d'accordo con il mio antagonista: detesto il 3D, il primo Happy feet mi annoiò a morte - e mi fece anche discretamente cagare - e non ho la minima intenzione di sopportare anche questo.
E tranquillo, Cannibale: neppure se ti metti il tutù ti faccio ballare con 'sti pinguini!


"Non solo si è dimenticato di darci da mangiare, ma adesso
Ford pretende pure che partecipiamo al suo cineforum :("
Miracolo a Le Havre
Il consiglio di Cannibal: questo potrebbe essere interessante
Ford, ammetto la mia ignoranza e devo confessare di non aver ancora mai visto nessuno film del finlandese Aki Kaurismaki. Presto mi sa che cercherò di rimediare, mi attira in particolare L’uomo senza passato, ma anche questo suo ultimo sembra non essere male…
Il consiglio di Ford: miracolo in sala
Già ha del miracoloso l'ammissione delle sue lacune cinematografiche da parte del mio antagonista, inoltre vedere questo lavoro accolto universalmente come l'ennesimo colpo di genio che un regista incredibile e sorprendente ci ha regalato in sala è un regalo così grande che quasi quasi non ci credo.
Senza se e senza ma, andatelo a vedere.
Altrimenti vi prendo a bottigliate fortissime.
E tu sei il primo, Cannibale: corri a rivederti almeno almeno L'uomo senza passato, scellerato!


"Cos'hanno da criticare sempre 'sti Cannibal e Ford?
Adesso gli facciamo un culo così a entrambi!"
Tower Heist - Colpo ad alto livello
Il consiglio di Cannibal: colpo a basso livello
Ben Stiller saran 10 anni che non azzecca più un film, Eddie Murphy forse quasi 30, ammesso e non concesso ne abbia mai azzeccato uno. Uniti insieme nella solita commedia all’ammericana potrebbero dare risultati ben poco di alto livello… il fatto che il film affronti (in che modo è tutto da vedere) la tematica della crisi finanziaria potrebbe però renderlo un minimo decente. Ho detto potrebbe. Così come Ford “potrebbe” essere una persona che ne capisce di cinema, ma probabilmente non lo è uahahah!
Il consiglio di Ford: colpo basso e basta
Soltanto quello scellerato del mio antagonista potrebbe anche solo pensare che un film fuori tempo massimo potrebbe salvarsi soltanto per un richiamo alla crisi economica.
Per quanto io abbia apprezzato le sue imprese eighties, ormai Eddie Murphy è clamorosamente alla frutta, e pare che anche Ben Stiller, ormai, abbia deciso di darsi alla macedonia.

Inti-Illimani - Dove cantano le nuvole
Il consiglio di Cannibal: dove cantano le nuvole, ma non io
Pur potendo apprezzare anche il loro impegno politico, la musica degli Inti-Illimani per me è qualcosa di inascoltabile, quindi col piffero (come quello presente nelle loro canzoni) che mi becco un intero documentario su di loro. Sucatelo te, Ford!
Il consiglio di Ford: el pueblo unido jamas serà vencido
L'impegno politico di questa band storica è indiscusso, ma effettivamente un documentario intero su quest'icona della musica latino americana e non solo rischia di essere un pò troppo pesantuccio anche per me.
Certo, a fronte delle numerose uscite desolanti, potrebbe quasi piazzarsi al terzo posto nella classifica di gradimento della settimana.
Sempre che non contiate di vedere il Cannibale con indosso la sua tutina da Cigno nero nella versione director's dell'ultimo lavoro di Aronofsky.


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