lunedì 28 ottobre 2013

ARCADIO

  

Arcade Fire “Reflektor”
Arcadio, che disco!
Il nuovo doppio album degli Arcade Fire, “Reflektor”, è un’opera mastodontica. Già solo per la durata: 85 minuti. Al giorno d’oggi ci va del coraggio ha tirare fuori un lavoro della durata del genere. Gli Arcade Fire, grazie allo status di cult band (meritatamente) guadagnato con i tre lavori precedenti, il fondamentale “Funeral”, il notevole “Neon Bible” e il mio preferito “The Suburbs”, sono tra i pochi a poterselo permettere, a poter richiedere ai fan, così come ai detrattori, un impegno del genere.

“Reflektor” è un album pieno. Strabordante, quasi. Già solo dentro la title track, il pezzo che apre il lavoro e che è anche stato scelto come primo singolo, ci sono più cose di intere discografie di altre band. C’è il sound degli LCD Soundsystem che emerge prepotente e che mostra fin da subito in maniera chiara lo zampino di James Murphy, il produttore dell’intero lavoro, che qui ricopre un po’ il ruolo decisivo avuto da Nigel Godrich su “Ok Computer” dei Radiohead o da Brian Eno sugli album della trilogia berlinese di David Bowie. E a proposito di David Bowie, ecco a un certo punto comparire proprio il Duca Bianco come guest-vocalist a sorpresa del pezzo. All’interno del brano c’è poi anche una forte influenza dei Talking Heads e c’è un andamento ritmico danzereccio. Si potrebbe quasi pensare a una svolta dance per gli Arcade Fire, ma così non è. I bassi pulsano di più, lo zampino LCD di James Murphy si fa sentire lungo tutta la lunga durata del lungo lavoro, eppure c’è anche altro, tanto altro.



In “Here Comes the Night Time” gli Arcade Fire regalano al termine dream-pop un significato nuovo; in “Normal Person” emerge l’anima più rockettara della band; l’attacco di “Joan of Arc” è ‘na figata totale e pure il suo evolversi non è niente male, "You Already Know" sembra uscita dritta dai Suburbs del disco precedente e “Flashbulb Eyes” è un pezzo frizzante che regala all’insieme una piacevole leggerezza. Questo giusto per citare alcune delle chicche presenti.
Non tutte le note sono però positive. I 10 minuti strumentali della ghost track “We Exist” sono ad esempio qualcosa di davvero necessario? I don’t think so. Nel secondo disco appare anche qualche altro momento che sembra un mero riempitivo e un albumone che dura 85 minuti non aveva bisogno di riempitivi, semmai di uno sfoltimento. La reprise “Here Comes the Night Time II” ad esempio non suona come qualcosa di fondamentale. La psychedelica “Awful Sound (Oh Eurydice)” fa un po’ troppo comunità hippie e con il resto del menù c’azzecca quanto cavoli a merenda. La sognante “It’s Never Over (Oh Orpheus)” è talmente sognante che a un certo punto rischia di far addormentare. In “Porno” il tocco di James Murphy diventa talmente invasivo che sembra di ascoltare un pezzo degli LCD Soundsystem con Win Butler guest-vocalist, piuttosto che un pezzo degli Arcade Fire prodotto da James Murphy.
Il secondo disco di questo doppio lavoro, per quanto sia il più coraggioso e distante dal suono abituale degli Arcade Fire, appare allora meno convincente, con la band non del tutto a suo agio con un nuovo sound. O forse è solo ancora troppo presto per una valutazione definitiva. “Reflektor” è un super album molto ambizioso, che necessita ancora di altri ascolti per essere decifrato, compreso e amato in pieno, ma che al momento suona come qualcosa di affascinante, eppure non riuscito fino in fondo. Nonostante il giudizio per ora resti in bilico, è proprio verso la fine che gli Arcade Fire mettono a segno il colpaccio della vittoria, la meravigliosa “Afterlife”, un brano immenso da ascoltare per tutta la vita, da qui fino all’Aldilà.
(voto 7,5/10)



2 commenti:

  1. La prossima settimana me lo compro. Funeral e Neon Bible sono due grandi dischi, The Suburbs invece ha un inizio folgorante e poi diventa pretenzioso e si perde un pò. Di questo,a parte la tua, ho letto una solo recensione e molto negativa. Ascolteremo.

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  2. Lo sto ascoltando ininterrottamente da ieri e non riesco a smettere. Alcuni pezzi sono sovraprodotti (come la "Porno" che citi te), ma alcuni altri per quanto riguarda sono già pietre miliari della band: "Reflektor", "Afterlife", "Joan of Arc" e "It's never over" sono semplicemente strepitose.
    Già leggo i fan di vecchia data indignarsi: e la coralità dov'è? E il volino e gli squarci epici? I Radiohead non hanno insegnato proprio niente, peccato...

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