mercoledì 17 febbraio 2016

Lance Armstronz





The Program
(UK, Francia 2015)
Regia: Stephen Frears
Sceneggiatura: John Hodge
Tratto dal libro: Seven Deadly Sins: My Pursuit of Lance Armstrong di David Walsh
Cast: Ben Foster, Chris O'Dowd, Guillaume Canet, Jesse Plemons, Lee Pace, Dustin Hoffman, Elaine Cassidy, Laura Donnelly, Denis Ménochet, Bryan Greenberg
Genere: (anti)sportivo
Se ti piace guarda anche: Rush, L'inventore di favole, Steve Jobs

C'è stato un periodo, un sacco di tempo fa, in cui seguivo il ciclismo. È una di quelle cose che non me le so spiegare, io. Oggi come oggi non riuscirei a immaginare qualcosa di più noioso del seguire una gara ciclistica. Forse giusto rivedere Macbeth.
Quando ero un ragazzetto, invece, il ciclismo mi piaceva. Lo seguivo proprio. È stato un periodo di tempo breve, per fortuna. Per fortuna anche per voi splendidi lettori, perché se non mi fosse passata quella fissa magari oggi Pensieri Cannibali parlerebbe di Giro d'Italia, Tour de France e Vuelta, anziché di Festival di Venezia, Cannes e Vulva. L'avreste letto lo stesso?
Io non credo.

Ai tempi in cui io ero un appassionato o qualcosa del genere di questo sport noiosissimo, in cui magari vedi questi tipi che pedalano per ore e non succede niente, fino alla volata finale che dura circa 10 secondi, va comunque detto che ogni tanto il ciclismo sapeva entusiasmare. Merito soprattutto di Marco Pantani, che era riuscito a rendere questo sport quasi rock'n'roll e le sue leggendarie scalate in montagna facevano diventare alcune tappe tese quanto un thriller. Un thriller avvincente, non una roba tipo The Counselor - Il procuratore.

A fine anni '90, quando ormai grazie al cielo il mio interesse nei confronti del ciclismo si era sgonfiato quanto una gomma bucata da un teppistello, scoppiò poi lo scandalo del doping al Tour de drogue France. Uno scandalo, non certo una sorpresa. Anche perché, se uno non si droga, come fa ad aver voglia di sottoporsi a 3 settimane di gare in bici per tutto il giorno, con tappe da 200 e passa chilometri e alcune pure scalando vette che metterebbero paurissima persino a Messner?
A ripulire l'immagine del ciclismo malandato ci pensò allora la fiaba di Lance Armstrong. Un ciclista statunitense fino ad allora di medio livello che, dopo essere miracolosamente sopravvissuto a un cancro ai testicoli, tornò a gareggiare e così, di punto in bianco, vinse il Tour de France, la gara ciclistica più importante e difficile del mondo. Come ci riuscì?

"Accetto domande da tutti, tranne che da Cannibal Kid."

Ormai si sa. E, se non lo sapete, io vi consiglio di dare un'occhiata a questo The Program. A livello cinematografico purtroppo non ci troviamo di fronte a niente di eccezionale. Il regista Stephen Frears, capace nella sua carriera di passare da cose ottime come Alta fedeltà a cose decisamente meno valide come Una ragazza a Las Vegas o il sopravvalutato Philomena, si conferma un mestierante. The Program alterna momenti in stile cronaca sportiva ad altri in stile cronaca giornalistica, il tutto accompagnato da una bella colonna sonora che vanta Ramones e Radiohead. Solo che usare band del genere per conquistare il pubblico si chiama vincere facile ed è disonesto quasi quanto utilizzare il doping per dominare il Tour.

A tratti la pellicola ricorda un po', seppure con un gusto meno vintage essendo ambientato in un'epoca più recente, lo stile di Rush, tanto per citare un'altra pellicola a tematica sportiva girata da un altro navigato mestierante, Ron Howard. A mancare qui è lo stesso coinvolgimento emotivo. Colpa in questo caso non del regista, bensì del protagonista. Per quanto anche Niki Lauda non sia proprio Mr. Simpatia, con Lance Armstrong è davvero difficile impossibile empatizzare. The Program infatti, più che un film su Lance Armstrong, è un film contro Lance Armstrong. D'altra parte oggi una pellicola a favore di Lance Armstrong sarebbe più improbabile di una pellicola a favore del nazismo.


Per quanto qualche lampo di umanità ce l'abbia pure lui, in particolare nelle scene in ospedale che sembrano uscite da una puntata di Braccialetti rossi, Lance Armstrong è qui ritratto come un villain totale. Un American Psycho in versione ciclista. Un Chris Kyle con la bicicletta sotto il culo al posto di un fucile tra le mani. La cosa che più infastidisce di una persona del genere è che, per un sacco di tempo, è stato visto come un autentico American Hero. Un uomo che ha sconfitto il cancro ed è stato il primo e unico a trionfare per sette volte di fila al Tour de France. Già vincerlo una volta è un'impresa, farlo per sette anni consecutivi è mostruoso. Sì, mostruoso. E infatti...


Negli ultimi tempi i biopic dedicati a figure ritratte in maniera ben poco positiva vanno di moda. Penso all'ottimo Steve Jobs, così come al soporifero Turner. In questo caso i livelli di empatia si avvicinano più al secondo che al primo. Per quanto il coinvolgimento emotivo nei confronti del protagonista sia assente, va però sottolineata la grande performance recitativa e fisica di Ben Foster, attore che continua a essere sottovalutatissimo. Il film non sarà eccezionale, ma una prova del genere avrebbe meritato una serie considerazione da parte di Oscar e Golden Globe vari. E pure Jesse Plemons, dimigratissimo rispetto alla seconda stagione di Fargo, una menzione come non protagonista se la sarebbe anche meritata.


Per quanto in apparenza non gli somigli nemmeno troppo fisicamente, un po' come Michael Fassbender in Steve Jobs, Ben Foster è così calato nella parte, al punto da aver preso persino del doping durante le riprese sotto il controllo di un medico, che dopo pochi minuti si smette di vedere l'attore e di fronte si ha solo il ciclista: Lance Armstrong. Uno che a me, sinceramente, ha sempre provocato un enorme fastidio. Così, a pelle. Anche quando tutto il mondo lo osannava come un mito, come il Neil Armstrong della bicicletta, o addirittura come un Santo, come il Salvatore dello sport e del mondo.


Lance Armstrong è stato uno dei più grandi campioni nella storia dello sport, o uno dei più grandi stronzi imbroglioni nella storia dell'umanità?
A voi decidere. Per quanto mi riguarda, io a Lance una cosa la riconosco: per anni se l'è studiata davvero per bene e in una maniera parecchio complessa. Vincere onestamente sarebbe stato molto più semplice.
(voto 6/10)


9 commenti:

  1. M'interessa molto, molto poco, quindi salto volentieri. ;)

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  2. Questo era uno dei film più attesi del 2015, sembrava dovesse fare il botto invece è passato un po' in sordina. Mi sono sempre chiesto il perché, forse perché non è poi così bello. ;)

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  3. Da ragazzo ero tifoso di Gino Bartali, ma sapevo che Fausto Coppi era superiore a tutti. Finita quell'epoca non ci sono stati corridori che mi abbiano entusiasmato fino a Pantani cui fu sottratto il Giro del '99 con un trucco banale perché qualcuno doveva vincere una scommessa milionaria sul corridore che poi -squalificato il Pirata- vinse. Roba di mafia. Da allora ho smesso. IL sette volte vincitore -col trucco- Armstrong non mi ha mai entusiasmato. Oggi il ciclismo è di una noia mortale.

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  4. Cavolo, quando è uscito non sono riuscito a vederlo... E ho finito per dimenticarlo.
    Me lo voglio recuperare... Perchè, nonostante mi stia sulle balls Armstronz, voglio vedere cosa dicono

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  5. Sono curioso di vederlo, e sono contento di scoprire che il tuo idolo fosse Pantani, un altro che con il doping era culo e camicia, e che io ho sempre detestato. ;)

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    1. In realtà alla fine Pantani non aveva niente a che fare con il doping.
      Quando è morto, hanno potuto vedere come il suo midollo osseo era intatto.
      Se davvero si fosse sottoposto all'Epo, questo non succedeva.
      Ma la notizia è passata in sordina

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  6. nei cinema della mia città è rimasto in cartellone veramente pochissimo...
    mi ispirava il trailer, ma alla fine non sono andata a vederlo, perché ne ho letto solamente male

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  7. Al Khalasar il ciclismo non è mai interessato neppure col binocolo,saltiamo volentieri!!!

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  8. Caro Cannibale, premesso che ti leggerei anche se tu parlassi di ciclismo (e probabilmente lo faresti molto meglio di molti giornalisti sportivi che ci sono in giro), mi hai parecchio incuriosito. Ho smesso anche io di credere in questo sport dopo i troppi scandali che hanno coinvolto tutti, ma davvero tutti i campioni ai quali via via mi andavo ad appassionare. Lance Armstrong non mi ha mia entusiasmato: troppo per essere simpatico. Come dici tu, avesse vinto il primo tour e si fosse ritirato sarebbe stata una bella fiaba. Sette volte, in quel modo, con quella arroganza, con evidenti appoggi politico-mediatici che hanno eliminato la concorrenza in modo subdolo (che secondo me è ancora peggio del doping, perché assomiglia molto alla mafia), isomma... io questo film lo vedrò da ex-appassionato di ciclismo, consapevole che dovrò tenermi il maalox a portata di mano. Ottimo post davvero.

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