lunedì 14 aprile 2025

Il tempo che ci vuole per vedere un bellissimo film? 1 ora e 50





Il tempo che ci vuole


Il tempo che ci vuole per vedere un film bello, anzi bellissimo?

1 ora e 50 minuti, compresi i titoli di coda e quelli di testa. Che poi io certe volte, quando non ho proprio niente di meglio da fare, mi chiedo perché, in certe piccole produzioni italiane costate relativamente poche lire, i titoli di testa con tutte le compagnie di produzione coinvolte durano un 2 o 3 minuti buoni, mentre nelle megaproduzioni hollywoodiane costate 200 fantastiliardi di paperdollari si risolvono in una manciata di secondi.



Cosa ci vuole per realizzare un film così bello, anzi bellissimo?

Ci vuole non solo del tempo, ma anche la storia giusta. Francesca Comencini ne Il tempo che ci vuole ci racconta il rapporto con suo padre, Luigi Comencini, uno dei registi simbolo della commedia all'italiana. Nell'epoca pre-vanziniana in cui l'espressione commedia all'italiana non era un insulto, bensì un vanto.


Ci vogliono anche due grandi attori. Avevo un certo timore di vedere Fabrizio Gifuni per la prima volta dopo la sua interpretazione di Nino "omm 'e mmerda" Sarratore nella quarta e ultima stagione de L'amica Geniale. Sottovalutavo il fatto che Gifuni è un attore così straordinario che dopo pochi istanti avevo già dimenticato che fosse stato Sarratore e per un'ora e cinquanta per me è stato sempre e solo Luigi Comencini.

"Eh, però quel Nino Sarratore occuperà sempre un posto speciale nel mio cuore"
"Fabrizio, ma sei scemo?!"

Che sorpresa poi Romana Maggiora Vergano, capace pure lei nel giro di uno sguardo di far dimenticare il ruolo che l'ha rivelata al grande pubblico e anche a me, quello di Marcella Santucci nel campione d'incassi C'è ancora domani di Paola Cortellesi, e di trasformarsi in Francesca Comencini.


Ci vuole pure un grande coraggio nel mettersi così a nudo e darsi in pasto al pubblico come ha fatto Francesca Comencini con quest'opera dai forti, fortissimi toni autobiografici. Non solo nel ripercorrere il suo periodo da adolescente tossicodipendente, già affrontato nel suo film d'esordio Pianoforte, ma anche nel raccontare qualcosa di così intimo e personale come il rapporto con un genitore. Uno dei temi secondo me più difficili in assoluto da affrontare e averlo fatto così bene in una pellicola credo possa risparmiarle anni di terapia.



Ci vuole molto altro?

Non per forza. Il tempo che ci vuole si concentra quasi unicamente sulla relazione padre-figlia dei Comencini. Tutto il resto resta sullo sfondo, comprese le tensioni sociali durante gli anni di piombo. E pazienza se nella mia testa, per un attimo, si è creato un cortocircuito nel vedere Fabrizio Gifuni che scopre della morte di Aldo Moro, altro personaggio da lui impersonato non troppo tempo fa in Esterno notte di Marco Bellocchio e pure a teatro.



E quindi?

Se non si era capito, il consiglio è quindi quello di prendersi un'ora e cinquanta minuti della propria vita e tuffarsi in quella di Francesca Comencini, prima bambina sul set paterno de Le avventure di Pinocchio e poi giovane donna. Il suo rapporto con suo padre è qualcosa di estremamente personale, ma credo che ognuno possa trovarci un po' del rapporto con i propri genitori e prendersi il tempo che ci vuole per capire quanto questo determini le persone buone o cattive che siamo oggi. Che poi, come dice Mangiafuoco a Pinocchio: "Non fidarti mai troppo di chi sembra buono e ricordati che c'è sempre qualcosa di buono in chi ti sembra cattivo".
(voto 7,5/10)





3 commenti:

  1. A tratti, l'ho trovato un po' noioso, però mi ha emozionato tantissimo. Loro due straordinari.

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  2. Visto alla fine della bulimia filmica di Venezia, ha brillato meno forse proprio per i troppi titoli visti.
    Voleva il suo tempo, probabilmente, ma un pizzico di quella bellezza l'ho colto lo stesso nell'ultima mattina al Lido.

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