Superman
Da un grande potere derivano grandi responsabilità. Lo sa bene James Gunn, già regista e sceneggiatore di Super, della trilogia di Guardiani della Galassia e di The Suicide Squad - Missione suicida, l'uomo chiamato a guidare il nuovo DC Universe. Un grande potere che gli è stato affidato in un momento storico in cui i cinecomics, dopo un periodo super, stanno affrontando qualche problema, persino in casa Marvel, e non riescono più a raggiungere gli incassi stellari e pure la (inspiegabile) acclamazione critica di un tempo.
![]() |
"Se sento la pressione di risuscitare i cinecomics? Me la sono appena fatta addosso, però assolutamente no" |
Per inaugurare il nuovo corso, James Gunn ha anche ricevuto il potere di dirigere e scrivere il nuovo ennesimo film su Superman, che ci prova tanto ad essere un film diverso dagli altri, a rivoluzionare o se non altro almeno a rinnovare la formula dei cinecomics, e invece fondamentalmente finisce per essere l'ennesimo film su Superman. Questo non significa che al suo interno non ci siano degli aspetti positivi. Voliamo insieme a vedere quali!
La scena migliore, per quanto mi riguarda, è quella dell'intervista di Lois (Rachel Brosnahan, sempre brava) a Superman (David Corenswet, inespressivo come il ruolo impone, quindi a suo modo azzeccato). Un momento inaspettato, insolito rispetto agli altri film del genere, in cui i dialoghi prendono il sopravvento sull'azione e che scommetto possa avere provocato parecchi sbadigli ai brufolosi fan dei cinecomics. A me invece gli sbadigli li hanno scatenati i numerosi combattimenti con creature più o meno gigantesche ed inverosimili presenti, che sanno tanto di già visto in analoghi blockbuster e giocattoloni spacciati per cinema.
Un dialogo capace di mettere alla berlina tutte le contraddizioni di Clark Kent (dal suo egocentrismo alla sua incapacità di prendere decisioni realmente democratiche) e che è un'autentica lezione di giornalismo. Un reminder del dover rivolgere sempre le domande più scomode all'intervistato, anche quando questo agisce con le migliori intenzioni, anziché proporgli degli assist per fargli fare bella figura, come spesso avviene con la tv e la stampa italiana.
Questa scena rappresenta anche un enorme rammarico di ciò che il film sarebbe potuto essere e invece non è stato. Per gran parte del resto della pellicola il personaggio interpretato da Rachel Brosnahan, potenzialmente molto interessante, resta sullo sfondo. In primo piano c'è invece la fragilità di Superman, un altro degli aspetti più riusciti. Non credo che sul grande schermo sia mai stato mostrato per così tanto tempo un Clark Kent così poco super e così tanto uomo vulnerabile. Per rimanere in tema di gente con grandi poteri da cui derivano grandi responsabilità, per certi aspetti mi ha ricordato il Peter Parker in crisi dell'ottimo Spider-Man 2 girato da Sam Raimi, senza però riuscire a raggiungerne gli stessi livelli.
ATTENZIONE SPOILER
Peccato che questa fragilità non venga portata alle sue estreme conseguenze. Sarebbe stato bello e persino rivoluzionario vedere ad esempio Clark Kent sfogarsi con un sano e umanissimo pianto. Alla fine della fiera si risolve invece tutto nel solito scontato smielato lieto fine e Superman, che con le sue debolezze ha finto per un attimo di essere "uno di noi", si rivela essere il solito supereroe invincibile, immortale, perfettino e con un palo infilato nel cul* di sempre.
FINE SPOILER
James Gunn inserisce qua e là quella dose di umorismo tipica dei suoi lavori, solo che sembra procedere con il freno a mano tirato. Laddove invece nella prima stagione della serie Peacemaker, a mio avviso di gran lunga il suo lavoro migliore, la comicità e l'ironia sono gli ingredienti principali e prendono spesso il sopravvento sul resto. E spero che ciò succeda anche nell'attesa seconda stagione, appena partita negli Stati Uniti e in arrivo prossimamente, anche se non si sa di preciso quando, pure in Italia.
È come se James Gunn avesse sentito sulle sue spalle tutto il peso delle grandi resposabilità di dover riportare al cinema un personaggio storico come Superman e abbia preso il compito persino eccessivamente sul serio, lasciando spesso in un angolo il suo lato ca**one, che è anche il suo lato che preferisco. Il regista e sceneggiatore ha sviluppato un autentico mondo, sul suo profilo Spotify è ad esempio possibile ascoltare le playlist che ha preparato per ognuno dei personaggi principali, grazie a cui possiamo scoprire qualcosa di più sui loro gusti e sulle loro personalità. Aspetti che però, purtroppo, all'interno del film non trovano spazio e resta tutto in superficie. Per dire, nonostante la buona interpretazione di Nicholas Hoult, Lex Luthor è il consueto cattivone monodimensionale e stereotipato, così come gli altri villain che collaborano con lui.
I personaggi della Justice Gang composta da Lanterna Verde (Nathan Fillion), Mister Terrific (Michael Holt), Hawkgirl (Isabela Merced) e Metamorpho (Anthony Marrigan) hanno poco spazio a disposizione, risultano giusto delle macchiette o poco più e (purtroppo) non riescono a far deragliare del tutto la pellicola sui sentieri dell'assurdo.
La coppia formata da Jimmy Olsen (Skyler Gisondo) e Eve Teschmacher (Sara Sampaio) avrebbe del potenziale comico notevole, solo che viene anch'essa sacrificata. Insomma, la sensazione è che dietro alla versione arrivata nei cinema ci sia tutto un altro lungometraggio, ben più interessante, ricco e soprattutto divertente.
C'è comunque da tenere a mente che il film si chiama Superman e quindi i riflettori non possono che essere puntati su di lui. Per quanto mi riguarda il problema è che, al di là del fatto che già non sono un enorme fan dei cinecomics in generale, Superman in particolare è il supereroe che più mi sta sulle scatole. James Gunn ha cercato di trasformarlo in un personaggio simpatico e punk rock, dimenticando un piccolo semplice dettaglio: Clark Kent è storicamente uno dei personaggi meno simpatici e meno punk rock nella storia sia della Terra che di Krypton.
![]() |
"Secondo Superman essere buoni e gentili è punk rock" "Ah sì? Che si fo**a Superman!" |
Il suo complicato tentativo si può quindi dire riuscito solamente in parte, ed è già qualcosa, ma non del tutto. Dentro al film ha messo persino troppe idee (compreso un abbozzato discorso su guerra e immigrazione che avrebbe necessitato di ben altro approfondimento) e troppi personaggi (ci sono pure Krypto per fare contenti bambini e amanti dei cani, più Jonathan e Martha Kent in una parentesi campagnola per accontentare i fan di Smallville). James Gunn voleva fare un film punk rock e anarchico, ma, forse spaventato dal rischio di realizzare un flop commerciale, ha finito per farne uno pop e democristiano, che cerca di piacere a tutti. Tutti tranne me, il Lex Luthor dei cineblogger.
(voto 5,5/10)
Nessun commento:
Posta un commento