martedì 23 settembre 2014

FRANKIE, VALLI A VEDERE TE I MUSICAL DI BROADWAY





Jersey Boys
(USA 2014)
Regia: Clint Eastwood
Sceneggiatura: Marshall Brickman, Rick Elice
Cast: John Lloyd Young, Vincent Piazza, Erich Bergen, Michael Lomenda, Christopher Walken, Renée Marino, Kathrine Narducci, Steve Schirripa, Freya Tingley
Genere: musicale
Se ti piace guarda anche: La bamba, Ray, Quando l'amore brucia l'anima – Walk the Line, Not Fade Away, Quasi famosi, Volare, Quei bravi ragazzi

Una cosa che mi piace di Clint Eastwood è il suo continuo uscire dagli stereotipi.
Mi piace il modo in cui un repubblicano vecchio stampo come lui ha trattato in maniera aperta e intelligente il tema dell'eutanasia in Million Dollar Baby e la questione razziale in Gran Torino.
Mi piace il fatto che il texano dagli occhi di ghiaccio noto per i suoi ruoli da duro e puro abbia girato uno dei film più smielati di sempre come I ponti di Madison County, per quanto quel film non mi sia piaciuto.
Mi piace immaginarmi il vecchio rude Clint tra il pubblico di Broadway mentre si commuove ascoltando le canzoncine commerciali anni '50 proposte dal musical Jersey Boys, in maniera analoga a quanto fa Christopher Walken nell'adattamento cinematografico.
Mi piace l'idea di Eastwood che, all'età di 84 anni, tenta ancora strade nuove e questa volta si cimenta con la trasposizione di un musical, un genere con cui si era confrontato solo nel lontano 1969, come attore ne La ballata della città senza nome.

Mi piace la prima parte della pellicola Jersey Boys, che racconta l'ascesa al successo dello scugnizzo Frankie Valli come cantante di un quartetto vocale che cambia più volte nome, fino a diventare i The Four Seasons. Si tratta di un romanzone di formazione classico, vagamente alla Scorsese, in cui le organizzazioni criminali mafiose fanno giusto da sfondo alla vita del parrucchiere aspirante cantante Frankie e un grande spazio viene affidato alla musica. Un biopic molto tradizionale, d'altra parte a Clint Eastwood non è che si chieda innovazione registica, che ricorda molti altri film musicali ma che possiede un buon ritmo, ben più sostenuto di altre pellicole retrò macchinose firmate dal regista come J. Edgar o il soporifero Changeling.

Mi piace meno la seconda parte della pellicola. Questo genere di storie dedicate a band e musicisti, di cui come esempi posso citare Ray, La bamba, Great Balls of Fire, Not Fade Away, Quasi famosi e Quando l'amore brucia l'anima – Walk the Line, tanto per dirne alcuni che Jersey Boys a tratti riecheggia, di solito è diviso in due tempi: l'ascesa e poi il declino. L'ascesa come detto è raccontata in maniera gradevole, anche se purtroppo manca quasi del tutto la componente sesso, droga & rock'n'roll, visto che il sesso è rappresentato in una maniera pudica che manco Steven Spielberg, la droga è una tematica che resta molto marginale, mentre di rock'n'roll nel pop sbarazzino di Frankie Valli & soci non vi è neanche l'ombra. I The Four Seasons possono semmai essere visti come i padrini dei gruppi vocali in stile New Directions della serie tv Glee, per non dire i Neri per Caso, e pure delle boy-band, considerando il modo di esibirsi in pubblico vestiti tutti uguali e accennando persino delle mosse di ballo. Nonostante la storia del gruppo appaia come una versione edulcorata di quella di una rock band, il tutto si lascia seguire con piacevolezza.
La grave pecca sta allora nella seconda parte, quella del declino. A mancare qui sono le emozioni forti. Il vero drama tipico di questo genere di storie. Sì, c'è un momento triste legato a un famigliare di un membro della band, non vi spoilero chi, però si tratta di un personaggio che pare buttato lì in mezzo a casaccio tanto per suscitare un po' di commozione. C'è anche il contrasto tra Frankie e un altro del gruppo, il gangsta Tommy, però niente che coinvolga più di tanto. Il film non riesce a decollare mai davvero e nella parte conclusiva si spegne progressivamente, finendo nella sua eccessiva durata per annoiare un pochino. Ho detto un pochino io che in questo genere di storie ci sguazzo e di biopic su musicisti e gruppi me ne sparerei uno al giorno, ma i meno appassionati potrebbero pure annoiarsi non solo un pachino, ma parecchio.

"Non mi piace quello che dice Cannibal su di me.
Penso che me ne andrò a piangere..."
Mi piace ancora meno quello che è il vero grande problema di questa pellicola non brutta, solo incapace di lasciare il segno. Clint Eastwood ha peccato di eccessiva fedeltà nei confronti del musical cui si è ispirato. O almeno così sembra. Io il musical Jersey Boys non l'ho visto. Non sono mai stato a Broadway e anche se ci andassi probabilmente non lo guarderei. L'impressione viene però fuori già solo andando a vedere il cast. Clint, oltre che gli stessi sceneggiatori, ha reclutato per lo più gli stessi interpreti dello spettacolo originale, ormai invecchiati di una decina d'anni rispetto alle prime rappresentazioni e quindi un po' fuori parte. Al di là di una questione anagrafica, ciò che funziona su un palco di Broadway non necessariamente funziona al cinema. Si veda Les Miserables. In quel caso il peso principale del film era che gli attori cantavano tutto, ma proprio TUTTO il tempo, cosa che per un musical visto a Broadway va bene, mentre visto su pellicola diventa una cosa difficile da reggere. Qui per fortuna non è così. I personaggi non si mettono a cantare invece di parlare. Le canzoni sono presenti quando i Four Seasons si esibiscono nei locali o in tv, o quando registrano in studio.
A non funzionare sono gli interpreti, fatta eccezione per Vincent Piazza, già visto nella serie Boardwalk Empire, l'unico del cast che sembra poter avere un futuro cinematografico, sebbene con quella faccia rischi di rimanere intrappolato nello stereotipo dell'italo-americano a vita. Gli altri tre Four Seasons invece non bucano lo schermo. Michael Lomenda è del tutto anonimo e il suo personaggio Nick è inutile, mentre Erich Bergen, che veste i panni dell'autore delle canzoni della band, sembra la versione inespressiva del nostro Alessio Boni. Il peso maggiore grava però sulle spalle del protagonista principale. Sono sicuro che John Lloyd Young a Broadway sia stato bravissimo e si sia meritato di vincere il prestigioso Tony Award, ma come attore cinematografico non funziona. Non ha carisma. Gli manca l'X-Factor filmico. Inoltre la sua voce è piuttosto fastidiosa e non rende giustizia al vero Frankie Valli, un po' come la pallida imitazione di Beppe Fiorello non era in grado di riportare in vita il ricordo del vero Domenico Modugno nella fiction Rai Volare.



Mi spiace allora per Clint Eastwood, ma ha fatto l'errore di apprezzare il musical in maniera eccessiva e di non averlo voluto cambiare più di tanto. Il cinema, un veterano come lui dovrebbe saperlo, funziona in maniera differente da uno spettacolo teatrale e il suo film finisce per essere troppo Broadway e poco Hollywood. Si veda il finale. La classica scena che a teatro è l'occasione per il cast di prendersi gli applausi, e magari la standing ovation del pubblico, e che invece in una sala cinematografica fa solo andare via gli spettatori mesti e con la faccia delusa del “Tutto qui?”.
(voto 6/10)

4 commenti:

  1. Me lo vedrò comunque. Per lo zio Clint questo e altro.

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  2. Concordo con Jean. Clint sempre. Altro che i tuoi registucoli. ;)

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  3. Già faccio fatica a finire a seguire i musical...

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