venerdì 26 agosto 2022

Tranquilla, maman, son con Elvis che sta shakerando





Elvis

Guardando Elvis penso di aver capito una cosa. No, non su Presley, che continua a rimanere una figura mitologica e sfuggente, bensì su una delle hit più fastidiose di quest'estate, "Shakerando" del rapper Rhove. Quando si dimenava sul palco con il suo tipico movimento di bacino che gli è valso il soprannome di Elvis the Pelvis, penso che il re del rock stesse shakerando. Ecco finalmente risolto il mistero del significato dell'incomprensibile pezzo di Rhove. Almeno credo.

La scena che mi è rimasta più impressa del film è appunto quella del movimento pelvico di Elvis, che provoca degli orgasmi multipli nelle sue giovani fan al solo vederlo. Una sequenza che provoca delle inevitabili risate, ma che rende bene quello che Presley è stato. Un sex symbol, un teen idol, il precursore delle boy band.


Il regista Baz Luhrmann con il suo tipico stile ci regala un biopic spettacolare e dal ritmo alto, almeno nella prima parte. Un ritratto pop, più che rock, e visto che si parla del re del rock, questa è una scelta interessante, originale, ma anche piuttosto discutibile. Risulta tutto troppo patinato e pulito, mentre manco il lato più "sporco" del rock'n'roll.


Oltre a questo, è una pellicola troppo dispersiva. Le due ore e mezza di durata finiscono per risultare pesanti, ma restano comunque poche per soddisfare l'esigenza del film di raccontare TUTTA la vita e la carriera di Elvis. Vedendo Pistol, la riuscita miniserie sui Sex Pistols diretta da Danny Boyle, l'impressione è che il formato della serie sarebbe potuto risultare più azzeccato anche per raccontare le varie fasi di Presley. Così com'è, è invece una pellicola che vuole parlare di tutto, e finisce per non dire niente.


Il rapporto con la moglie Priscilla Presley è troppo abbozzato e quello con la madre, che regala alcuni dei rari momenti emozionanti di un film altrimenti parecchio freddo, avrebbe meritato un maggiore spazio. Pure gli aspetti più socio-politici sono affrontati con superficialità, ed emerge raramente una reale passione nei confronti della musica da parte del protagonista, che sembra sognare più una carriera da attore come James Dean. La visione scivola così in maniera piuttosto piacevole, ma senza lasciare granché e senza riuscire a rispondere alla domanda: chi era veramente Elvis?


Non so cosa pensare. Forse quello di Baz Luhrmann è il modo migliore per raccontare un personaggio come Elvis, la cui importanza è innegabile. Ha avuto il merito di aver sdoganato certe sonorità black presso un pubblico bianco, come anni più tardi avrebbero fatto Beastie Boys ed Eminem con il rap, e di aver spostato diversi confini morali con la sua trasgressione. Oltre ad avere lasciato la sua impronta nella pop culture come pochi altri personaggi.

Non avendo personalmente mai amato molto Elvis, la sua vociona profonda e le sue canzoni, ho sempre pensato che a livello musicale fosse più fumo che arrosto. Più immagine che sostanza. Al contrario di un David Bowie, ad esempio, che oltre ad aver avuto un impatto enorme con il suo stile e il suo look ci ha regalato anche numerosi album memorabili e una ricerca sonora in costante evoluzione. Il film non ha fatto altro che confermarmi quest'impressione, quindi a suo modo può dirsi riuscito.


Nota di merito, ma senza esaltazione, per l'interpretazione del protagonista Austin Butler. Indubbiamente calato nella parte, riesce a essere un Presley credibile, senza scivolare nell'imitazione pura. Se però i momenti migliori arrivano alla fine, con le immagini vere del vero Elvis, parlare di Oscar per il buon Butler mi sembra un tantino esagerato.


Che dire invece di Tom Hanks?
Nei panni dell'odioso colonnello Tom Parker risulta sì odioso, ma pure piuttosto ridicolo, appesantito da un eccessivo trucco berlusconiano.


Poche soddifazioni arrivano poi dalla colonna sonora e, per un film musicale, non è un difetto da poco. Pure in questo caso Baz Luhrmann ha esagerato, mettendo dentro di tutto e di più, in un fiume continuo di musica che non riesce a dare il giusto spazio a nessun brano. Giusto ad "Unchained Melody", che comunque resta più iconica nella versione dei Righteous Brothers suonata in Ghost.


Presley è stato sicuramente qualcosa di più di Elvis the Pelvis e il film cerca in tutti i modi di dimostrarlo. E allora, com'è che a fine visione a rimanere nella memoria è soprattutto la scena del movimento del suo bacino?
(voto 5,5/10)




3 commenti:

  1. Un ottimo film, anche se non il grande film che mi aspettavo da Luhrmann (ma sicuramente meglio de Il grande Gatsby. Lì mi ero annoiata davvero, qui non ne ho avuto il tempo, perché alla fine la storia mi ha presa parecchio).

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  2. Baz Luhrmann è uno dei registi più sopravvalutati di sempre. Io tendo a non sopportarlo. Elvis (il film) l'ho visto al cinema e negli ultimi 40 lunghissimi minuti mi stavo addormentando.

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  3. Per me il film è stato un piacere e il momento dove ho pensato "wow!" è stata l'esecuzione di Suspicious Mind con lui in tuta bianca che fa mosse a tutto andare.
    E pure Bowie, da te citato, dopo le tonalità miagolanti del periodo di Ziggy Stardust, ultimamente aveva assunto un modo di cantare che per certi versi ricordava Elvis, ma senza quella fisicità dai chiari riferimenti sessuali, fisicità che forse è di ispirazione per quel grande amico di Bowie che è Mick Jagger quando sta su un palco.

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