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sabato 30 giugno 2012

Stress da Nicolas Cage

I miei post de L'ora cult come il seguente potete leggerli anche sul blog L'orablu.

Stress da vampiro
(USA 1988)
Titolo originale: Vampire’s Kiss
Regia: Robert Bierman
Cast: Nicolas Cage, Jennifer Beals, Maria Conchita Alonso, Elizabeth Ashley, Kasi Lemmons
Genere: yuppie du
Se ti piace guarda anche: American Psycho, Fuori orario, Voglia di vincere

Ci sono dei film che potrebbero essere dei cult. Potrebbero esserlo facilmente. Prendi Stress da vampiro. Ok, il titolo italiano fa schifo, tanto per cambiare. Stress da vampiro? Ma chi l’ha deciso un titolo del genere? Nemmeno uno che intitola un post “Stress da Nicolas Cage” oserebbe tanto. Anche perché “Stress da vampiro” non vuol dire nulla, mentre “Stress da Nicolas Cage”, considerando come l’attorone americano ormai giri al ritmo di 6 o 7 pellicole da schifo l’anno, un senso ce l’ha eccome.
Il titolo originale è invece assolutamente cool: Vampire’s Kiss. Negli anni ’80 non era nemmeno ‘sto titolone, ma alla luce (si fa per dire, parliamo pur sempre di creature notturne) del successo globale dei vari Buffy, Twilight, True Blood, The Vampire Diaries e Underworld, un titolo del genere da solo basterebbe per aprire un nuovo franchise di successo.

"Robert Pattinson, ero un vampiro ridicolo da molto prima di te!"
Alla sceneggiatura della pellicola troviamo poi Joseph Minion, che all’epoca era fresco reduce da uno degli script più avvincenti dell’intero cinema 80s, quello per il Fuori orario di Martin Scorsese, che poi è anche il motivo principale per cui ho recuperato con curiosità questo film. Solo che, laddove Scorsese riusciva a tradurre in immagini la folle, grottesca, emozionante nottata fuori orario vissuta dal protagonista, qui le cose vanno parecchio meno bene.
Si può anche dire che la sceneggiatura in questo caso sia meno ispirata, molto probabilmente lo è, però non è nemmeno priva di spunti interessanti. Tutt’altro. Lo script di Minion mette sul fuoco tanta carne, e buona pure. La tematica vampiresca applicata a una vita più o meno “normale” oggi può apparire ormai stra-abusata, considerando come non venga quasi più prodotta alcuna serie tv o pellicola senza ALMENO un succhiasangue tra i protagonisti, ma negli 80s non erano così in voga, tanto che questo film potrebbe essere considerato avanguardia pura. Ho detto potrebbe.
E poi è presente pure la tematica della follia applicata allo yuppismo, con il personaggio di Nicolas Cage che è una sorta di fratello gemello del Patrick Bateman di American Psycho. Meno fissato con l’aspetto fisico, magari, ma non meno fuori di testa. Come nel romanzo di Ellis, e seguente film di Mary Harron, anche qui il protagonista ha due volti: da una parte è un rispettabile membro della comunità, un uomo attraente e di successo, anche se non si sa bene perché visto che come Bateman non è capace di fare nulla. Dall’altra parte è invece un pazzo psicopatico, in questo caso non è un serial-killer, bensì è un vampiro. O almeno si crede di essere un vampiro. Ma lo sarà o non lo sarà? Il dubbio resta, così come in American Psycho. Peccato che il protagonista di questo Vampire’s Kiss sia un Nicolas Cage davvero modesto; se ne Il ladro di orchidee (Adaptation) di Spike Jonze il Nicola Gabbia a sorpresa (grande sorpresa!) riusciva in maniera credibile a interpretare due gemelli contemporaneamente, qui il gioco della doppia personalità gli riesce parecchio meno bene (e questa non è una grande sorpresa).

"Ma perché Cannibal Kid non mi vuole tanto tanto bene?"
Sono diversi i punti di contatto anche con Fuori orario, il più evidente è il contrasto tra vita diurna normale (o quasi) e vita notturna in cui dare sfogo al proprio lato oscuro. Il limite maggiore del film sembra però essere la regia, davvero modesta e con uno stile 80s patinato, ma di quell’80s troppo patinato per essere considerato cool, di Robert Bierman.
Robert Bierman, chi?
Ecco, appunto: Robert Bierman, chi? Di certo non è uno Scorsese. Tra il regista che si limita a scaldare la sedia e il Cage in versione inverosimile vampiro psicopatico, i due cattivoni ce la mettono tutta pur di affossare gli spunti presenti nella sceneggiatura del buon Joseph Minion, che da lì in poi non riuscirà più a riprendersi e realizzerà pochi script per film poco interessanti: qualcuno ha visto Motorama o On the Run? Davvero un peccato, per uno che all’esordio aveva firmato una sceneggiatura da fuoriclasse come quella di Fuori orario.

"Sarà perché faccio queste facce penose?"
Poteva essere un cult, questo Stress da vampiro. Poteva essere considerato una sorte di anticipatore di Buffy e delle altre serie vampiresche, poteva essere, ancor più a ragione, un fratello maggiore di American Psycho. La sceneggiatura c’era, le idee pure. E invece si sono messi di mezzo una realizzazione che viaggia più sui binari del ridicolo che su quelli del grottesco, un titolo italiano inascoltabile e illeggibile, una regia anonima che non permette alla storia di crescere in tensione come ci si sarebbe potuti aspettare, ci si mette pure un Nicolas Cage protagonista per nulla all’altezza, più una Jennifer Beals che anziché come vampira fatalona è meglio come ballerina tamarra, nonostante Flashdance sia un mio altro scult personale.
Sarebbe potuto essere facilmente un grande film, questo Stress da vampiro, invece no. Colpa dello stress da cult?
(voto 5/10)

sabato 5 maggio 2012

Che Flash(dance)!

Oggi L’ora cult (rubrica che potete leggere anche sul consigliatissimo sito L'ora blu) si occuperà di un film che è un cult per molti. Per chi? Per Nanni Moretti, ad esempio, che in Caro Diario confessa:

“In realtà il mio sogno è sempre stato quello di saper ballare bene. Flashdance si chiamava quel film che mi ha cambiato definitivamente la vita. Era un film solo sul ballo. Saper ballare... e invece alla fine mi riduco sempre a guardare, che è anche bello, però... è tutta un'altra cosa.”


"Qualcuno ha visto Natalie Portman? Nessuno?
E il Cannibale in tutù?"
Flashdance
(USA 1983)
Regia: Adrian Lyne
Cast: Jennifer Beals, Michael Nouri, Lilia Skala, Sunny Johnson, Kyle T. Heffner, Belinda Bauer
Genere: danzereccio
Se ti piace guarda anche: Footloose, La febbre del sabato sera, Dirty Dancing, Save the Last Dance

Flashdance vanta dietro la macchina da presa Adrian Lyne. Che vantarsi di avere Adrian Lyne dietro la macchina da presa è come se Antonio Conte si vantasse di avere un parrucchino in testa.
Perché?
Ma perché Adrian Lyne è uno dei più paraculi registoni di Hollywood, uno che di solito sceglie i film in base ai titoli che questi possono fargli collezionare sulle riviste o nei servizi ai TG. Come Proposta indecente, uno di quei casi che partono da una domanda interessante: “Cosa fareste se a vostra moglie offrissero un milioni di dollari per una notte con lei?” e poi la trasformano in un film di merda. Solito grande Woody Harrelson a parte.
Ah, Adrian Lyne ha poi osato anche fare un remake (naturalmente mediocre) di Lolita di Kubrick, più altri successoni 80s come 9 settimane e ½ e Attrazione fatale. Quest’ultimo probabilmente il suo film migliore. Merito più che altro di Glenn “Psycho” Close.
Qui in Flashdance, l’Adrian dà il suo meglio (o il suo peggio?) realizzando un lungo videoclip di un’ora e mezza che a livello visivo nel suo essere spudoratamente ottanta-trash risulta anche niente male. Peccato che la storiella faccia acqua da tutte le parti e sia interessante quanto una puntata di Amici di Maria de Filippi. Forse anche meno. Ultimamente, con tutta la storia di Belen che si fa inchiappettare da quel ballerino che somiglia a Shevchenko alla faccia di Scarface Corona, Amici è molto meglio di Flashdance. Sorry, Nanni.

"Sex symbol? Io???"
Flashdance, interno trama.
Alex Owens di giorno fa la saldatrice tamarra, di notte la ballerina. Tamarra, of course. O almeno, crede di fare la ballerina quando in realtà è una spogliarellista. Chiamiamo le cose con il loro nome. Dopo averla vista durante uno spettacolino erotico, il suo capo che non l’aveva mai cagata prima le rivolge finalmente la parola e la fa diventare la sua schiava d’amore. Mica scemo: lui divorziato pseudo imprenditore rampante molto Berluska anni Ottanta, lei 18 anni aspirante Ruby e con una notevole capacità nella danza che la rende mooolto snodata.
Un bel giorno la nostra (anzi, la vostra) Alex decide di andare a iscriversi a una prestigiosa scuola di danza vestita come se fosse appena tornata da un concerto dei Def Leppard. Quasi inutile aggiungere che tutte le altre ballerine (più competitive della Nina di Black Swan) la deridono e lei fugge via in una scena strappalacrime. Oddio, io in realtà mi sono fatto una sana grossa grassa bastarda risata. Alla facciazza sua.
E mentre Jennifer Beals piange e poi si allena, sudando come una maniac, maaaniac sul dancefloor, ogni scena trasuda di epicità trash anni Ottanta. Che poi Jennifer Beals nei panni della bomba sexy non è che mi convinca molta, sarà che anche in seguito sta donna non mi è mai piaciuta. Per dire, era l’unica L della serie tv The L Word che non mi sarei fatto. Con quegli scaldamuscoli anti sesso addosso poi…
Il tizio divorziato molto Berluska che se la vuole inchiumare (e al primo appuntamento se la inchiuma, visto che lei fa tanto la schizzinosa ma in realtà es una gran puta) è invece interpretato da Michael Nouri, un tizio giustamente finito presto nel dimenticatoio, lui e la sua faccia da schiaffi, rivisto di recente giusto in qualche serie tv come Damages. Dove c’è ancora Glenn “Psycho” Close. Tutto torna.
Una cosa non torna: Nanni, com’è che hai adorato un film in cui la figura maschile principale è un simil-caimano?

"Sfotti pure, Cannibal, ma tu questo lo sai fare?"
Al di là della lettura politico-sessuale-berluskoniana, la storiella narrata è talmente poca roba che il filmone è in pratica una sequela di sequenze tutte più o meno ridicole unite in maniera sconnessa tra di loro. Tra i momenti più risibili ci sono le scene erotico-sentimentali, i siparietti comici dell’amico comico (ma alla prova dei fatti ben poco comico), e anche i diversi balletti non sono da meno, con lo sgambettare così furibondo di Jennifer Beals che ha rischiato in più punti di farmi venire un attacco epilettico. Roba da competere con il balletto folle di Kevin Bacon in Footloose: quale dei due è più ridicolo? Davvero difficile scegliere…

Flashdance è un videoclip musicale formato maxi in cui spicca una soundtrack tra le più tamarre di tutti i tempi. E nonostante questo, o forse proprio per questo, la musica è l’elemento più riuscito del film, grazie a Giorgio Moroder, Michael Sembello, Donna Summer, Joan Jett… Insieme alla scena, questa sì memorabile, del provino finale sulle note naturalmente dell’inno “Flashdance… What a Feeling” di Irene Cara.
Sarebbe stato un bel videoclip e difatti diverse popstars, da Geri Halliwell a Jennifer Lopez, l’hanno plagiato omaggiato. Peccato abbiano voluto farne un film.
Alla fine dello sgambettare folle di Jennifer Beals, qual è or dunque il mio verdetto?
Come direbbe il giudice di un talent-show: per me è un NO!
Anzi, caro Nanni: per me è uno SCULT!
(voto 5,5/10)


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