giovedì 30 settembre 2010

cannibal news, 30 settembre 2010 (My Chemical Romance, Subsonica, Jamiroquai...)

La prima cosa bella di Paolo Virzì è il candidato italiano di quest’anno per gli Oscar. Scelta che mi trova totalmente d’accordo e gran miglioramento rispetto al Baarìa scelto l’anno scorso: uno dei peggiori e più imbarazzanti film nella storia del cinema (non solo italiano) e c’è stato persino qualche nazionalista che si è lamentato perché poi non era finito nella cinquina dei migliori film stranieri.
Speriamo allora che il film di Virzì abbia fortuna migliore. E quest'anno sarebbe meritata.

Quali sono le canzoni che fanno piangere di più gli uomini? La PRS for Music ha stilato una top 10 delle più lacrimose. Eccola:

1. 'Everybody Hurts' (REM)
2. 'Tears in Heaven' (Eric Clapton)
3. 'Hallelujah' (Leonard Cohen)
4. 'Nothing Compares 2 U' (Sinead O'Connor)
5. 'With or Without You' (U2)
6. 'The Drugs Don't Work' (The Verve)
7. 'Candle in the Wind' (Elton John)
8. 'Streets of Philadelphia' (Bruce Springsteen)
9. 'Unchained Melody' (Todd Duncan)
10. 'Angels' (Robbie Williams)

Lo ammetto, anch'io piango sulle 1, 3, 4, 5, 6, 8 e 10 :(

Il Premio Tenco per il miglior album italiano dell’anno è andato a “Elettra” di Carmen Consoli. Splendido disco, ci sta.
Anche Silvio Berlusconi ieri è sta insignito di un premio, quello di Stupratore della democrazia 2010. A ognuno il suo.
Comunque, come ha detto il Premier, non ci sono state assolutamente compravendite di deputati in stile calciomercato. Se alcuni parlamentari sono stati avvistati con la maglietta del Milan e il loro nome stampato dietro è solo perché dopo la votazione avevano una partitella con gli amici.
I Subsonica hanno composto l’inno ufficiale dei Mondiali di Volley 2010 che si tengono in Italia. Sounds like Prodigy!


Ritorno per i simpatici Wombats, autori un paio di anni fa di una manciata di indie hits, con un video Lost in Translation ambientato a Tokyo


Dite che tutte le teenagers sono prese dai vampiri & licantropi di Twilight? La giovane rivelazione Sky Ferreira ha invece una tarantiniana ossessione per il buon vecchio... Michael Madsen!


Video robbiewilliamsiano e pezzo da rilasso totale invece per Jay Kay e i suoi Jamiroquai


Non il video vero e proprio (non ancora, almeno), solo una clip con il testo. Però questa nuova canzone dei My Chemical Romance è veramente la bomba rocknroll dell'anno na na na na na na na-na-na

Inception - La (vera?) recensione

Inception
(USA, UK 2010)
Regia: Christopher Nolan
Cast: Leonardo Di Caprio, Marion Cotillard, Ellen Page, Joseph Gordon-Levitt, Ken Watanabe, Cillian Murphy, Tom Hardy, Michael Caine, Tom Berenger, Lukas Haas, Dileep Rao, Pete Postlethwaite, Talulah Riley
Musiche: Hans Zimmer
Links: imdb, mymovies
Se ti piace guarda anche: Matrix, Lost, Memento, The Prestige, Fight Club, Donnie Darko, 2001: Odissea nello spazio, Ink

Dopo l’anticipazione di ieri, ecco la vera recensione di Inception.
Che poi chi può dire cosa è vero e cosa non lo è?

Realtà
Christopher Nolan aveva in testa questo film già da dieci anni. Allora aveva esordito con il piccolo, molto low-budget interessante thriller Following ed era diventato un autore di culto con Memento, il film che “va al contrario”, in cui lo smemorato protagonista si scrive le cose sul corpo e si lascia dei bigliettini perché i ricordi svaniscono dalla sua testa dopo pochissimo. È qui che inizia la sua investigazione nei misteri della mente umana, un’indagine talmente meticolosa e approfondita che potremmo parlare di Nolan come di uno psicologo più che di un regista, non fosse per l’enorme talento visivo che possiede. Per quanto autore di culto, non aveva però ancora a disposizione un budget adeguato per realizzare in concreto Inception, che rimaneva così un colpo in canna nascosto in un cassetto recondito della sua mente.
E allora l’englishman in Hollywood Nolan si mette d’impegno e scala i gradini della scala sociale: gira il remake di un film norvegese, lo ambienta in Alaska nel periodo in cui c’è il sole 24 ore su 24, ha a disposizione una coppia di attori di serie A (Al Pacino e Robin Williams) e realizza un thriller che è una vera esperienza sensoriale, con tutta quella luce che inonda il bianco della neve (e che ritroveremo in una parte di Inception). Insomnia è considerato un film minore nella carriera di Nolan, ma ci sono registi che ucciderebbero per aver una pellicola del genere nella propria filmografia.
Dopodiché le sirene di Hollywood lo chiamano a sé con il loro canto ammaliante e Batman Begins è la sua occasione per avere grandi mezzi a disposizione. A grandi budget corrispondono grandi responsabilità e così Nolan con una mossa geniale sceglie come suo Bruce Wayne Christian Bale, attore che già aveva ritratto un affascinante riccone con una vita segreta: in American Psycho un serial-killer, in Batman Begins un eroe pipistrello, eppure i due personaggi sono davvero molto simili.
Quindi arriva The Prestige, ancora con Bale. Un autentico numero di prestigio da far invidia a David Copperfield, tanto che potremmo parlare di Nolan come di un mago, non fosse sempre per quell’enorme talento visivo di cui sopra.
La consacrazione arriva però con il successivo Il cavaliere oscuro, secondo capitolo di Batman entrato nel mito grazie al Joker tragicamente “larger than life” di Heath Ledger, ma anche grazie alle riprese vorticose di un Nolan ormai pronto per Inception (e il suo prossimo film sarà il terzo capitolo delle avventure del pipistrello).

Sogno – Primo livello
Per realizzare il suo film da sogno, Nolan ha tirato fuori un cast che sembra uscito da uno dei miei, di sogni: Leonardo DiCaprio per me non ha mai sbagliato un colpo (vabbé a parte La maschera di ferro) fidanzate comprese e ha lavorato con la crème dei registi, Marion Cotillard est très jolie e porta anche qui la sua dose di Edith Piaf (nel film il pezzo “Non je regrette rien” viene suonato per risvegliare dai sogni), Ellen Page è la mia eroina indie personale, Joseph Gordon-Levitt è per me il nuovo Heath Ledger ed è il protagonista di uno dei miei film preferiti di sempre, (500) giorni insieme. A loro si aggiungono anche Cillian Murphy qui in versione Christian Bale-yuppie, il buon Tom Hardy, attore in ascesa pazzesco in Bronson e il nippo Ken Watanabe in grande forma recitativa.

Sogno – Secondo livello (PRIMI SPOILER: se non avete ancora visto il film, fate attenzione a proseguire la lettura)
Il protagonista di Inception è Dom Cobb (DiCaprio), un ladro di sogni, un manipolatore della mente che riesce a penetrare nella testa delle persone nel sonno condiviso. Ken Watanabe lo ingaggia per un lavoro molto impegnativo: gli chiede non di rubare qualcosa, ma di impiantare un’idea nel cervello di un ereditiere (non è Paris Hilton) in modo che divida la società del padre defunto. Un compito tutt’altro che semplice, anche per un mago della mente come Dom Cobb, che però in cambio dell’impresa potrà ottenere ciò che più desidera: tornare a casa…

Sogno – Terzo livello (ALLARME SPOILER: se non avete ancora visto il film e avete ignorato il primo avvertimento, da qui in poi proseguite solo a vostro rischio e pericolo)
Il film si dipana su più livelli. Realtà e sogno? Sì, ma non solo, perché all’interno dei sogni si possono costruire vari livelli e più vai in profondità e più vai giù nel subconscio di una persona, con conseguenze davvero imprevedibili. Nolan ci tiene per la manina e ci mostra una costruzione stratificata su ben 5 piani 5, roba che Matrix gli fa una sega.
Eppure è proprio Matrix il parente più stretto di Inception, vedi le persone-globuli che si ribellano quando un intruso entra nei sogni del loro “padrone” in una maniera che ricorda gli agenti Smith, c’è una bionda affascinante che funziona come distrazione (proprio come in Matrix), anche qui la via di fuga tra un livello e l’altro è la cosa più incasinata da realizzare e, soprattutto, in entrambi i film si fa davvero fatica a capire cosa è reale e cosa non lo è.
Rispetto a Matrix scompaiono però i riferimenti a fumetti, videogame e cyberpunk e appaiono i leit motiv nolaniani: le sue riflessioni sulla mente e la sua capacità di costruire un castello di carte impossibile da tirare giù. La sua prova di sceneggiatura è davvero impressionante; Nolan tiene il piede in 5 scarpe e riesce alla fine a tirare alla grande le fila, in un finale emozionante e rocambolesco che è un po’ il finale che abbiamo sempre sognato per Lost. E invece ci siamo dovuti accontentare della chiusa in Chiesa…
Ma se la sceneggiatura è di una maestria rara, anche con la macchina da presa Nolan si dimostra un fuoriclasse assoluto, scomodando nelle riprese in assenza di gravità paragoni certo non casuali con Stanley Kubrick, altro funambolo della regia qui richiamato soprattutto per il suo 2001: Odissea nello spazio. Solo che stavolta è un 2010: Odissea nella mente.
Nolan, che potremmo definire un equilibrista, non fosse ancora e sempre per quelle sue dannate doti visive, qui realizza il suo numero più incredibile: coniugare alla perfezione la velocità di un action movie, la tensione di un thriller, una storia d’amore tragico, la forza e l’impatto di un blockbusterone hollywoodiano con tanto di effetti speciali destinato alle grandi masse, con un tocco d’autore e una girandola di piani narrativi da far venire il mal di testa a quelle stesse grandi masse. Eppure il film funziona su tutti questi livelli rendendo Inception un’Opera sfaccettata e complessa e allo stesso tempo unica.

Subconscio
Com’è possibile che sia riuscito ad amalgamare tutti questi aspetti? Straordinaria abilità, è vero. Ma è anche il film giusto al momento giusto, proprio come Matrix lo era a fine anni ’90. Oggi infatti un pubblico abituato a navigare in rete aprendo decine di pagine web alla volta e contemporaneamente ascoltare musica, guardare un video, leggere un testo, chattare e quant’altro può guardare con (relativa) facilità una pellicola così ricca di livelli, proprio come Internet o un videogioco. Perché Inception è una pellicola che richiede l’impegno di tutti i neuroni, è vero, però dopo la prima parte introduttiva si viene risucchiati all’interno del suo mondo in maniera naturale. E come il più assurdo dei sogni che abbiamo mai fatto, lo percepiamo come reale. Perché i sogni sembrano reali fino a quando ci siamo dentro, solo quando ci svegliamo ci rendiamo conto che c'era qualcosa di strano.
I detrattori dicono che sì, Christopher Nolan è bravino con la penna e con la cinepresa, però è anche un po’ freddino. Vero, in parte, visto che come Kubrick la perfezione stilistica spesso non concede momenti di eccessivo slancio emotivo, così come i suoi personaggi (tra Joseph Gordon-Levitt ed Ellen Page ad esempio c’è un bacio, e poi?). Stavolta però la tesissima parte conclusiva si scioglie in un’ultima sequenza commovente. Prima della beffa finale, un’ultima inquadratura in cui il regista ci lascia non con una risposta, ma con delle domande: cos’è davvero reale? Il nostro mondo è reale? Il cinema è reale? Christopher Nolan è reale?
(voto 9,5)

mercoledì 29 settembre 2010

Il gruppo senza età

No Age “Everything in between”
Genere: alternative rock, post.grunge
Se ti piace ascolta anche: Sonic Youth, Pixies, Nirvana, Deerhunter, Times New Viking

Inizio da favola con il primo pezzo “Life Prowler” che coniuga incredibilmente chitarre distorte anni 90 con atmosfere sintetizzate anni 80.
“Glitter” scaraventa da parti più glam anni 70 alla My Sharona, ma sempre con distorsioni che farebbero felici i Sonic Youth,“Fever dreaming” invece è un assalto pank rokk ke spakka.


Il resto del programma viaggia in strade alternative rock che mi hanno scaraventato dritto indietro a fine ‘80/primi ‘90 tra Pixies e i soliti Sonic Youth, con “Skinned” e “Valley Hump Crash” leggermente e piacevolmente nirvaniane e qualche intermezzo strumentale più rarefatto ma sempre –of course- distorto.
Grande album
(voto 7+)

Inception - La recensione

Inception
(USA, UK 2010)
Regia: Christopher Nolan
Cast: Leonardo DiCaprio, Marion Cotillard, Ellen Page, Joseph Gordon-Levitt, Ken Watanabe, Cillian Murphy, Tom Hardy, Michael Caine, Tom Berenger, Lukas Haas, Dileep Rao, Pete Postlethwaite, Talulah Riley
Musiche: Hans Zimmer
Links: imdb, mymovies
Se ti piace, guarda anche: Matrix, Lost, Memento, The Prestige, Fight Club, Donnie Darko, 2001: Odissea nello spazio

wooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooow

woooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooow

woooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooow

e ancora woooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooow

(voto 9,5)

Tornerò sicuramente a parlare di questo film incredibile, ma per il momento tutto quello che mi viene da dire è wooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo

martedì 28 settembre 2010

Chi ama la CIA (Nuove serie tv: Undercovers)

Undercovers
Rete americana: NBC
Rete italiana: non ancora arrivato
Creata da: J.J. Abrams e Josh Reims
Cast: Boris Kodjoe, Gugu Mbatha-Raw, Carter MacIntyre, Ben Schwartz Mekia Cox, Gerald McRaney

Da J.J. Abrams è sempre lecito aspettarsi il massimo. L’autore di serie come Lost, Alias, Fringe e Felicity, ma anche regista di Mission Impossible: 3 e dell’ultimo Star Trek ha ormai un seguito talmente vasto che è più venerato del Papa e forse anche di George Lucas. La sua ultima creatura Undercovers sembra però risentire un po’ delle sue amorevoli cure, visto che il J.J. al momento è impegnato contemporaneamente in altri 300 progetti circa e a questa dev’essersi dedicato magari mentre era, ehm… in bagno.

Undercovers non rappresenta infatti certo niente di nuovo o di innovativo nel panorama attuale. Niente di paragonabile ai suoi altri “pargoli”, perlomeno. Protagonisti sono una coppia di ex agenti della CIA ritirati dall’ambiente dello spionaggio internazionale per aprire un ristorante e dedicarsi a una vita tranquilla la la la. Quando però un loro vecchio amico si ritrovà nei guai saranno chiamati a tornare in azione e, dopo aver tentennato per circa 3 secondi, accettano prontamente di tornare in carreggiata. La vita da desperate housewife/husband non faceva proprio per loro…
Il problema è che negli ultimi anni ci sono stati un sacco di film con trame analoghe (True Lies, Mr. & Mrs. Smith, Killers…) e pure tantissime serie tv spionistiche (la nuova Nikita, l’ottima Covert Affairs, un’altra famiglia anomala in No Ordinary Family). Undercovers ha così la sfortuna di essere l’ennesima storia di questo tipo e d’altronde ben poco fa per distinguersi. La novità starebbe nella coppia afro di protagonisti, ma nel loro essere figosi, atletici, sicuri e belli belli in modo assurdo non si distinguono molto ad esempio dalla coppia Pitt/Jolie del già citato Mr. & Mrs. Smith.
A dare un tocco in più ci pensano allora le pregevoli musiche di Michael Giacchino (premio Oscar per Up e compositore di Lost, naturalmente), più un personaggio che fa morir dal ridere, l’agente pivello che venera come un vero Dio o un J.J. Abrams (e quasi al limite dello stalking) il protagonista maschile della serie.

Riassumendo per chi non aveva voglia di leggersi tutto il post (il tempo è tiranno): pilot così così, atmosfere troppo glamour e patinate per emozionare, originalità che latita. Staremo a vedere se la serie con i prossimi episodi decollerà. O Sacro J.J. pensaci tu!
(voto 6)

Nightmerd

Nightmare
(USA 2010)
Regia: Samuel Bayer
Cast: Jackie Earle Haley, Rooney Mara, Kyle Gallner, Katie Cassidy, Thomas Dekker, Kellan Lutz, Connie Britton, Clancy Brown
Links: imdb, mymovies

Si può considerare un film valido solo perché ci si identifica talmente tanto nei protagonisti, che come loro non si riesce a tenere gli occhi aperti? Peccato che ciò non avviene per paura di incontrare Freddy Krueger nei sogni, ma perché il film è davvero noioso, prevedibile e non tiene certo sulle spine.

Se si esludono gli effetti narcotici, da un remake (anzi reboot) come questo Nightmare 2.0 non si può che restare delusi. Chi si aspettava un horror al livello (o anche quasi) dell’originale troverà qui dentro ben poco di cui rimanere soddisfatto. In realtà io non contavo molto su questo, visto che di film su Freddy Krueger dopo il primo mitico firmato Wes Craven ne sono stati fatti un sacco e alcuni di livello davvero infimo, vedi l’ultimo Freddy Vs. Jason. Le mie aspettative erano però tutte riposte nel regista Samuel Bayer, qui al suo esordio cinematografico.
Samuel Bayer è l’uomo che ha praticamente definito gran parte dell’immaginario mio e di molti altri kids cresciuti negli anni ’90, avendo diretto “Smells like teen spirit” dei Nirvana (una rivoluzione sociale, più che un videoclip), “Bullet with butterfly wings” degli Smashing Pumpkins (la rabbia e il disagio esistenziale racchiusi in 4 minuti 4), e più recentemente il corto capolavoro “What goes around… Come around” con Justin Timberlake e Scarlett Johansson, più video per Garbage, Cranberries, Blind Melon, Metallica, Marilyn Manson, Green Day, My Chemical Romance…
Ecco, della magia che riesce a dare quest’uomo ai videoclip in Nightmare c’è ben poco, giusto i titoli di testa e poco altro. Ma cazzo se avrebbe potuto dare di più, perlomeno nei numerosi momenti onirici… Del suo approccio rock non c’è praticamente nulla e anche la colonna sonora latita. Speriamo quindi che il buon Bayer (niente a che fare con la casa farmaceutica) al suo prossimo impegno cinematografico abbia a disposizione un copione più interessante e magari più libertà creativa.

Samuel Bayer e i suoi sceneggiatori non sembrano essere stati attenti a lezione e non hanno preso appunti sui film dell’orrore del passato: non c’è infatti traccia degli horror politici anni ’70, pochissimo dagli splatterosi, forse un filo kitsch ma anche estremamente divertenti horror anni ’80, quasi niente dall’ironia post-Scream anni ’90 (c’è una sola battuta quasi divertente in tutto il film) e si cerca malamente di ricalcare il modello nippo-horror degli ultimi anni ripescando nel passato traumatico dei protagonisti. Di buono c’è giusto una fotografia curata e un approccio visivo interessante. Ma è davvero troppo poco.

Il cast racchiude alcuni idoli teen del momento, che però non sembrano essere particolarmente ispirati e a loro agio come scream kings & queens. Katie Cassidy come liceale è poco credibile, un po’ perché nel mondo della fiction l’abbiamo già vista come spregiudicata novella Amanda Woodward in Melrose Place, un po’ perché ha un fisico già (molto) ben definito e (probabilmente) rifatto non proprio da teenager di provincia nell’età dello sviluppo. Kyle Gallner con il suo pallore emo è già un esperto nel genere (ha fatto anche Jennifer’s Body e Il messaggero – The Haunting in Connecticut), mentre Thomas Dekker è già stato avvistato in Heroes e in Sarah Connor Chronicles e Kellan Lutz arriva dritto da Twilight.
A vestire i panni inquietanti (ma qui nemmeno troppo) del bel Freddy Krueger al posto dello storico Robert Englund troviamo stavolta Jackie Earle Haley, nominato agli Oscar per Little Children (film di cui ho recentemente parlato). Ci sono attori che fanno solo ruolo da macho, attrici incasellate nel genere commedia romantica; il rischio per lui è invece quello di rimanere intrappolato nella parte del pedofilo. E non è una bella cosa.

La più in forma del cast è allora la protagonista Rooney Mara, autentica rivelazione dell’anno che presto vedremo anche in The Social Network e più in là nella parte di Lisbeth Salander nella versione americana di Uomini che odiano le donne. È sicuramente lei la cosa migliore del film, insieme a una ultimissima scena che tira fuori tutto lo splatter tenuto a freno nell’ora e mezzo precedente.
Nightmare: dal (sonno) profondo della notte.
(voto 5-)

lunedì 27 settembre 2010

Disco killer

Charles Manson “Air”
Un disco che vi farà e pezzi… le orecchie.
Charles Manson, sì quel Charles Manson quello pazzo quello killer, ha registrato un disco anzi una serie di dischi. Il primo è appena uscito e, anche mettendo da parte i (legittimi) pregiudizi che si possono avere sulla sua adorabile personcina, è musicalmente una ciofeca. Se registrassi nella mia cameretta un disco con una chitarra e un microfono difficilmente uscirebbe qualcosa di peggiore. E io sto stonato come ‘na campana e ho abbandonato le lezioni di chitarra dopo meno di un mese ed è stato anni fa.
Per questo album atroce si merita qualche anno extra di galera, altroché “Air”.
(voto 1-)

L'evento (Nuove serie tv: The Event)

The Event
Rete americana: NBC
Rete italiana: Joi (trasmesso in quasi contemporanea con gli USA)
Creata da: Nick Wauters
Cast: Jason Ritter, Blair Underwood, Sarah Roemer, Scott Patterson, Laura Innes, Ian Anthony Dale, Zeljko Ivanek, Taylor Cole, Lisa Vidal, Clifton Collins Jr.

Tra le molte moltissime nuove serie tv appena partite negli Stati Uniti, ce n’è una che promette davvero bene, anche se si porta dietro la targa di “nuovo Lost” che già aveva portato una sfiga terribile a FlashForward: partito bene con un pilot esplosivo era poi calato ed era stato chiuso dalla produzione dopo appena una stagione. Incrociamo le dita e speriamo quindi che le cose per The Event vadano meglio…

Le premesse del pilot intanto sono ottime: ritmo indiavolato e intreccio cospirativo/action alla 24, con l’aggiunta di un sacco di flashback (ci sono persino flashback nei flashback) alla Lost. Promettente anche il cast: c’è Jason Ritter (era il fratello disabile di Joan of Arcadia), Sarah Roemer (la bionda che giustamente Shia LaBeouf spiava in Disturbia), Blair Underwood (habitué della tv visto in Dirty Sexy Money, In Treatment e Sex and the City), più Scott Patterson (il mitico Luke di Una mamma per amico che stavolta si vede senza quel cappellino in testa che probabilmente non lavava mai!).

Il protagonista di The Event (a proposito, gran titolo per una serie!) è un ragazzo normale che se ne va in vacanza con la fidanzata con l’intenzione di farle la grande proposta quand’ecco che lei misteriosamente sparisce, qualcuno fa irruzione a casa dei genitori della ragazza e lui si ritrova all’improvviso invischiato in una intricata spy-story che vede coinvolto anche il governo e naturalmente il Presidente degli Stati Uniti, con l’aggiunta di qualche evento al limite del paranormale. Che sta succedendo?
Boh, per il momento non si capisce un granché, ma il bello è questo: il mistero. Quando si comincerà a dare risposte e spiegazioni, allora la serie rischierà di perdere parte del suo fascino, o magari rischierà invece di diventare veramente il “nuovo Lost”. Ma per adesso meglio non dirlo, che porta più sfiga della combinazione di numeri 4, 8, 15, 16, 23, 42
(voto 7,5)

domenica 26 settembre 2010

The Suburbs

Little Children
(USA 2006)
Regia: Todd Field
Cast: Kate Winslet, Patrick Wilson, Jackie Earle Haley, Jennifer Connelly, Noah Emmerich, Jane Adams
Links: imdb, mymovies

Avevo sentito parlare di Little Children come una delle migliori pellicole a non essere mai riuscite a trovare una distribuzione italiana. Nell’ultimo anno ho scoperto in rete un sacco ma proprio un sacco di perle in lingua originale mai uscite qui da noi (applausi per i nostri distributori!), ma in effetti questo è davvero tra i meglio film: Little Children è una pellicola intensa, notevolissima, con personaggi pieni di vita come solo raramente accade di trovare. Anche nella vita reale.
I punti di riferimento e termini di paragone sono i soliti American Beauty e Magnolia, i due film americani più imitati dell’ultimo decennio, ma per una volta non ci si limita a una replica di stile anonima. Little Children trova infatti una sua personale maniera di esprimersi, con una voce fuori campo molto letteraria che ci accompagna lungo tutta la visione (il film non a caso è tratto dal romanzo omonimo di Tom Perrotta).

Gli intrecci del film hanno inizio quando un pedofilo viene rilasciato di prigione e si trasferisce nei tranquilli suburbi di una cittadina alla Wisteria Lane, con tanto di agguerrite desperate housewives: in mezzo a loro anche se con loro ben poco ha a che fare c’è Kate Winslet, una donna frustrata da un matrimonio di facciata (il marito si fa le seghe guardando i siti porno) che instaura una relazione con il belloccio del quartiere, un aspirante avvocato fallito con la sindrome di Peter Pan. E pure lui è schiacciato dal matrimonio con una moglie che ha le splendide fattezze di Jennifer Connelly, ma che con la sua carriera di successo come regista di documentari gli dà merda, e tanta, a livello professionale.

Il personaggio del pedofilo è ritratto in una maniera cinematograficamente mai così delicata e umana da un grandioso Jackie Earle Haley (parte per cui ha anche ricevuto una nomination agli Oscar), diventato il nuovo Freddy Krueger nell’ultima versione di Nightmare. Dev’essere proprio il tema della pedofilia ad aver fatto desistere i distributori italiani dal proporre un film così notevole e con un cast di primissimo livello (credo sia l’unico film con Kate Winslet ad aver avuto un simile trattamento qui da noi), ma il punto è che qui dentro c’è così tanto altro che quello rimane solo una delle molteplici tematiche presenti in questo decadente affresco della borghesia americana.
Al punto che si finisce per chiedersi se i little children del titolo più che al tema della pedofilia non facciano invece riferimento ai protagonisti. Adulti incapaci di crescere.
(voto 8+)

sabato 25 settembre 2010

of Athens (of Montreal "False Priest")


of Montreal “False priest”
Una festa in un disco. Gli of Montreal (che anche se si chiamano così in realtà arrivano da Athens in Georgia, come i R.E.M.) con il nuovo album ci regalano un disco frizzante come un Beck che lascia Scientology e si dà alle droghe.
A livello vocale siamo decisamente dalle parti di David Bowie 70s, a livello di testi siamo dalle parti di un concept album sul sesso, a livello di suoni c’è molto funk bianco, c'è roba da miglior Prince più una spruzzata di soul/r’n’b regalato anche dalle ospitate di quella genia di Janelle Monae e di Solange Knowles (la sorellina indie di Beyonce). E stavolta alla produzione ci sta quel fenomeno di Jon Brion (uno che ha lavorato con Fiona Apple come con Kanye West e ha composto la soundtrack di Magnolia, per dire).
Un ascolto che serve a darti l’allegria. E non sembra nemmeno talco.
(voto 8)

Doppio Norton on the rocks (Fratelli in erba)

Fratelli in erba
(USA 2009)
Titolo originale: Leaves of grass
Regia: Tim Blake Nelson
Cast: Edward Norton, Edward Norton, Keri Russell, Susan Sarandon, Richard Dreyfuss, Josh Pais, Lucy DeVito, Tim Blake Nelson
Links: imdb, mymovies

C’era una volta Edward Norton, maestro assoluto dei ruoli “doppi”: strepitoso in Fight Club, Schegge di paura, American History X, The Score. E questa fissa da sdoppiamento non gli è mica passata, peccato che i risultati siano ahimé molto lontani da allora. I Fratelli in erba (solito titolo da fumati dei distributori italiani, mentre l’originale Leaves of grass è tratto da Walt Whitman!) sono infatti entrambi interpretati da Norton e non sono solo fratelli, ma addirittura gemelli: professorino precisino perfettino della Ivy League uno, spacciatore e consumatore alla grande di erba nel profondo Sud degli Stati Uniti l’altro. Dopo anni di lontananza i due gemelli diversi si ritroveranno a divagare di nuovo insieme nelle fattanza. Ma se pensate che ciò possa scatenare chissà quali gag comiche, siete fumati pure voi.

Difficile catalogare questo film. Se lo sfuggire alle definizioni per me sarebbe solitamente una cosa positiva, in questo caso ci troviamo più che altro di fronte a un pasticciaccio che non va da nessuna parte, probabilmente perché non sa proprio che pesci pigliare. Come commedia non funziona: non fa ridere, non ha il ritmo giusto, non rappresenta un piacevole intrattenimento come una buona commedia si suppone dovrebbe fare. Nemmeno andando sul sicuro con i già abusati temi della marijuana (L’erba di Grace, Weeds…) e del confronto tra intellettualoidi di città e bifolchi country riesce ad essere molto divertente.
Nella seconda parte si scivola così nel dramma, ma in questa direzione il film è del tutto improbabile. Siamo allora nei territori del grottesco, con un esistenzialismo nonsense da fratelli Coen meno ispirati (qualcuno ha detto A Serious Man?). Non a caso il regista “in erba”, già autore del poco memorabile O come Otello, è un attore (di rara bruttezza) visto nel coeniano Fratello, dove sei?
Solo che in questo caso viene piuttosto da chiedersi: “Cinema, dove sei?” Un film inutile, sul noioso andante, fallimentarmente pretenzioso, reso guardabile soltanto dalla prova buona (per quanto molto lontana dai suoi vertici) del solito doppio Norton. La prossima volta on the rocks, please.
(voto 4,5)

venerdì 24 settembre 2010

Scrivimi d'amore

Belle and Sebastian “Write about love”
Il nuovo disco dei Belle and Sebastian mi ha fatto un po’ lo stesso effetto del film “An Education”. Si ascolta con piacevolezza ma senza sconvolgere particolarmente, non subito almeno. Eppure, dentro ti lascia qualcosa. Un retrogusto anni Sessanta buono, ecco. Sensazioni analoghe alla visione della pellicola inglese.
“Write about love” probabilmente non verrà ricordato come il miglior album dei Belle and Sebastian, gruppo scozzese cult assoluto nonché forse LA indie band per eccellenza (insieme ai Pavement). Ma questo solo perché il gruppo scozzese di dischi grandiosi ne ha già registrati troppi.

Per provare a colmare la sua assenza, il leader Stuard Murdoch oltre ad avvalersi della gradevole Sarah Martin (alias Isobel Campbell 2.0) ha così reclutato due ospiti illustri. Norah Jones in “Little Lou, Ugly Jack, Prophet John” è talmente a suo agio che il pezzo sembra suo; fa uno strano effetto sentire cantare Norah su un album dei B&S, ma la canzone è tra le cose più notevoli della raccolta. L’altra guest-star è Carey Mulligan. Sì, l’attrice nominata agli Oscar proprio per il citato “An Education” canta nel primo singolo e pezzo che dà il titolo al disco intero: “Write About Love”.
E allora tutto torna. Questa è una nuova education sentimentale firmata Belle and Sebastian, stavolta non da colpo di fulmine immediato, da infatuazione che cresce nel tempo invece.
Ma pur sempre di amor si tratta.
(voto 7,5)


Boy, you'll be a Christopher Nolan soon

Following
(UK, 1998)
Regia: Christopher Nolan
Cast: Jeremy Theobald, Alex Haw, Lucy Russell, John Nolan
Links: imdb, mymovies

Quando non si ha niente da fare, proprio un bel niente, allora si può anche finire a seguire le persone. Seguire chi? Persone a caso. Sconosciuti notati per caso tra la folla per strada. È quello che fa il protagonista di Following, opera prima di Christopher “Genio” Nolan. Prima di Inception, prima de Il cavaliere oscuro, prima di Batman Begins, prima di The Prestige, prima di Insomnia e ancor prima di Memento.

Lo stile di questa prima regia nolaniana: b/n da video a basso costo anni Ottanta, tipo Smiths o Joy Division, tipo primi lavori di Anton Corbijn, telecamera spesso a mano, spesso mossa, spesso nouvelle vague, dettagli e incastri di sceneggiatura hitchcockiani.

Da buona opera prima che si rispetti, ci scoviamo al suo interno già molti degli elementi che ritroveremo nelle sue opere successive: ci sono gli stacchi temporali, marchio di fabbrica tipicamente nolaniano (seppure non portati qui alle estreme conseguenze come in Memento), c’è un bel trucchetto di magia alla The Prestige (“Devi nascondere per mostrare”), sulla porta di un appartamento c’è il simbolo di Batman (!) e c’è un primo grande confronto tra personaggi maschili: qui si tratta dei due sconosciuti, ma ottimi, Alex Haw e Jeremy Theobald; quest’ultimo quando ha i capelli lunghi ricorda Silvio Muccino, quando li ha corti assomiglia a Sam Riley (e di conseguenza pure a Ian Curtis) in Control.
Più in là verranno quindi le più altisonanti coppie Al Pacino/Robin Williams di Insomnia, Christian Bale/Hugh Jackman di The Prestige, Christian Bale/Heath Ledger de Il cavaliere oscuro, fino ai Leonardo Di Caprio/Joseph-Gordon Levitt dell’ultimo Inception.

In Following ci sono dialoghi fortissimi, una sceneggiatura di ferro, idee a profusione che sopperiscono (e alla grande) la mancanza di un budget forte. E quando pure il budget sarà dalla sua parte, Nolan diventerà enorme. Però il talento, intendo il vero talento, già lo si poteva assaporare anche tra il b/n movimentato di questo esordio.
(voto 8+)

giovedì 23 settembre 2010

Il curioso caso di Noemi Letizia


Noemi Letizia a 19 anni è così (vedi immagine e la parte finale del video).

Un curioso caso di Benjamin Button al contrario.

Un esempio di invecchiamento precoce come nel film Splice.

Nel giro di 12 mesi sarà già in decomposizione?


Forever Young

Neil Young “Le noise”
Di Neil Young non starò qui a ripercorrere la lunga carriera, ché qualche altro blogger se lo vorrà sicuramente potrà farlo meglio di me. Per quanto riguarda il mio rapporto con Mr. Giovane, gli sono particolarmente grato soprattutto per un pezzo, uno dei più grandiosi inni rock di sempre: “My my, hey hey”

Hey hey my my,
rock’n’roll can never die


Ci sono un sacco di effetti, voci filtrate, chitarre distorte, in questo nuovo album “Le noise”, ed è bello che un 65enne faccia un disco pieno di chitarre distorte. O forse è lecito aspettarselo da uno che si chiama Mr. Giovane. Però i momenti migliori arrivano quando stacca la spina e ci regala la quiete di un’acustica ad accompagnare quella sua voce leggermente meravigliosamente stridula. È il caso del pezzo cult dell’album, “Love and war”, un pezzo per solo voce e chitarra che ricorda proprio quella storica “My my, hey hey” e che vedrei bene come commento sonoro per un momento riflessivo di un film di Tarantino.


(voto all’album “Le Noise” 6,5
voto alla canzone “Love and War” 9)

Fake Empire

Boardwalk Empire
Rete americana: HBO
Rete italiana: non ancora arrivato
Creatore: Terence Winter
Regia pilot: Martin Scorsese
Cast: Steve Buscemi, Michael Pitt, Kelly MacDonald, Stephen Graham, Michael Stuhlbarg, Michael Shannon, Aleksa Palladino, Gretchen Mol

We’re half-awake
in a fake empire

Guardi la promo di una fiction come Il peccato e la vergogna e la voce fuori campo di Canale 5 (la stessa da 20 anni, ma qualcuno l’ha mai visto in faccia?) annuncia fiera: per la regia di Alessio Inturri e Luigi Parisi.
Eh, ok. E chi cazzo sono? I fratelli Coen?

Tutto questo per dire che negli USA può invece capitare che alla regia di una serie tv ci trovi Martin Scorsese, mica Alessio Inturri. La serie in questione di chiama Boardwalk Empire, è appena partita su HBO (il canale oggi di True Blood e una volta di Soprano e Sex and the City), la prima puntata è stata talmente un successo che è già arrivata la conferma per la seconda stagione e i critici hanno applaudito unanimi. A me ‘sto Boardwalk Empire ha però lasciato decisamente freddino. Voglio dire: la cornice è splendida ma dentro c’ho trovato davvero poche emozioni.

La regia di Scorsese, se si sentisse ancora il bisogno di dirlo, è certo notevole. Eppure sembra mancare di ispirazione. Il Maestro si bulla con idee di montaggio già usate in The Departed, presenta una scena iniziale che ricorda l’intro di Shutter Island e costruisce un’atmosfera che riporta a Gangs of New York ma soprattutto a The Aviator. Insomma, remixa i suoi recenti lavori ma non sembra trovare una chiave di lettura nuova e adatta ai ritmi televisivi.

Boardwalk Empire è ambientato nei ruggenti anni ’20, l’epoca del jazz e del Proibizionismo (naturalmente solo di facciata). Ed è proprio all’alba di quest’era che vengono fuori le iene e una di queste iene risponde al nome di Steve Buscemi, la cui tenuta come protagonista di un telefilm è a mio parere ancora tutta da valutare. Per quanto riguarda la prima puntata, diciamo solo che è un disonesto bastardo che strappa qualche sorriso ma non sembra certo possedere la profondità e le sfumature di un Don Draper (Mad Men), tanto per scomodare un paragone di un certo peso.

Più interessante e combattuto tra bene e male, tra santo e peccatore è allora il personaggio interpretato da Michael Pitt: attore fisicamente molto simile al pupillo di Scorsese Leonardo Di Caprio e già visto in Dawson’s Creek, dove era Henry Parker, l’idolo che cercava di conquistare in tutti i più ridicoli modi possibili Jen Lindley, ma visto anche in The Dreamers, Funny Games (il remake americano) e Last Days, dove era il convincente alter ego nientepopodimeno che di Kurt Cobain.
E in un cast della Madonna da far invidia a qualsiasi pellicola hollywoodiana ci troviamo anche Kelly MacDonald (Trainspotting, Non è un paese per vecchi), Michael Stuhlbarg (il protagonista di A Serious Man) e Michael Shannon (il pazzo di Revolutionary Road). Ma le soddisfazioni maggiori potrebbero arrivare dall’Al Capone interpretato dal grandioso attore inglese Stephen Graham, indimenticabile neo-nazi di This Is England e volto da perfetto piece of shit.

Giudizio per adesso sospeso, per una serie che in America ha già entusiasmato ma che (ancora?) non mi ha coinvolto, sarà che i ruggenti e jazzati anni ’20 poco mi entusiasmano o sarà che l’autore della serie Terence Winter arriva dai Soprano (altro telefilm ottimo ma che non mi ha mai coinvolto). Comunque gli darò la possibilità di crescere per vedere se sotto la raffinata confezione si cela della vera bellezza o se perlomeno potrà splendere un po’ di sole sul lungomare di questo (finto) impero.
(voto 5,5 per il momento)

mercoledì 22 settembre 2010

cannibal news, 22 settembre 2010 (Ace of Base, Annozero, Gogol Bordello...)

Una canzone per tutti gli immigrati del mondo. La cantano i Gogol Bordello ed è estremamente coinvolgente e saltellante, un po' come i vecchi pezzi degli Ska-P. Dedicata a tutti i leghisti in ascolto!


Dedicato invece a tutto il popolo della "libertà", domani ci sarà il ritorno di Annozero. Michele Santoro e soci possono anche non piacere, possono anche stare sulle palle, ma è difficile accusarli di non fare il loro lavoro, quella cosa che i colleghi sembrano aver dimenticato: informare. Questo è il video promo virale per il web realizzato da Vauro.


Video da giramento di testa ASSOLUTO. Provare per credere
(notevole la canzone di questi nuovi Howls, che suonano come dei Muse in un locale fumoso e oscuro)


Ieri vi avevo proposto solo il link, oggi sono riuscito anche a mettere il video degli Sleigh Bells. Ascoltateli, vi faranno saltare in aria la testa (se già il video di prima non vi aveva stordito abbastanza)!


A volte ritornano: ebbene sì, gli svedesi Ace of Base, geni assoluti della tamarraggine anni Novanta e precursori di molto dance pop popular oggi, da Kesha a Katy Perry arrivando soprattutto a Lady Gaga, devono aver pensato echediavolo! che era il momento giusto per tornare. C’è da dire che i due furboni maschi del gruppo si sono presentati con due vocalist giovani (e molto sgnacchere) tutte nuove e con un nuovo pezzo niente male. Che il revival degli anni 90 abbia inizio!

Back to the 80s

Il quiz dell’amore – Starter for 10
(UK, USA 2006)
Regia: Tom Vaughan
Cast: James McAvoy, Alice Eve, Rebecca Hall, Dominic Cooper, Simon Woods
Link: imdb

Ci sono due tipi di film di cui sono particolarmente contento di parlare calcando l’inchiostro virtuale su queste pagine. I primi sono quelli brutti, modesti, ridicoli che mi diverto a massacrare in allegria e magari qualche volta anche con un pizzico di cattiveria. Nonostante questa sadica gioia, le soddisfazioni maggiori arrivano però quando posso segnalarvi un film piccolo e sconosciuto, una gemma (non ho detto una Gemma del Sud) persa tra gli scaffali delle videoteche (se ne esistono ancora…) che però merita di essere conosciuta, vista, amata.
È questo secondo, per fortuna, il caso di Starter for 10, film inglese del 2006 uscito in Italia con l’imbarazzante titolo Il quiz dell’amore, ma reperibile in rete anche in lingua originale con sottotitoli italiani.

Ancor più dei film degli anni ’80, amo le pellicole ambientate negli anni ’80 (vedi il mio preferito Donnie Darko) e si dà il caso che questo Starter for 10 stia temporalmente a cavallo tra il 1985 e il 1986. Protagonista della storia è James McAvoy (visto anche nell’ottimo Espiazione e nel mediocre Wanted), un ragazzo di un piccolo paesino di provincia che ha sete di conoscenza ed ha l’opportunità di placarla quando entra a far parte di un prestigioso college britannico. Qui, da perfetto sfigato, entrerà a far parte della squadra di quiz con cui finirà persino in tv (in un quiz show che assomiglia a quello di Magnolia) ma soprattutto conoscerà due ragazze: la bionda e la mora. Non sono le Veline: la Blondie è molto sexy ma è pure provvista di un cervello, la mora è la studentessa militante, inkazzata e politicamente attiva. Di quale delle due si innamorerà, secondo voi?
I panni della bionda sono splendidamente indossati dalla bona Alice Eve, attrice piuttosto lanciata molto più affascinante qui che non nella recente commedia-boiata Lei è troppo per me; la mora niente male è invece Rebecca Hall, attrice ancora più lanciata tra Vicky Cristina Barcelona, The Prestige, Frost/Nixon e il nuovo hit americano The Town di Ben Affleck.

Il film è tratto dal libro Le domande di Brian di David Nicholls, che ne ha curato anche la sceneggiatura e che credo mi andrò a cercare al più presto in biblioteca. Tra l’altro il Nicholls è ora sulla cresta dell’onda grazie al suo nuovo romanzo Un giorno, che è diventato anche una pellicola con Anne Hathaway e di cui sono appena state terminate le riprese.

Ciò che più convince di Starter for 10 è la sua innocenza quasi naïf, una semplicità che non va alla ricerca di svolte sorprendenti o scene inserite giusto per creare scandalo. Elementi che lo fanno sembrare non solo ambientato negli anni ‘80 ma proprio uscito dallo scaffale di una vecchia videoteca (ho controllato e sì: ne esistono ancora anche oggi).
Spettacolare, assolutamente spettacolare la colonna sonora, quasi un greatest hits dei Cure (e un film che parte sulle note dolciamare di “Boys don’t cry” non può non essere quantomeno bello), più qualche altra chicca del periodo come “Situation” degli Yazoo o "Ever Fallen In Love" dei Buzzcocks, più Tears For Fears, Smiths, Style Council ecc ecc...
Un tuffo negli anni Ottanta, un personaggio in cui immedesimarsi, un film piccolo e poco noto da conoscere, guardare, amare.
(voto 8)

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