martedì 30 novembre 2010

Bret Easton Ellis e gli anni 80 che non finiscono mai che non finiscono mai che non finiscono

Bret Easton Ellis “Imperial Bedrooms”
(romanzo)
Genere: Ellis, what else?

Bret Easton Ellis gioca a fare il Patrick Bateman della situazione. Come il serial-killer uscito dalla sua mente malata torna sulla scena del crimine e 25 anni dopo il suo primo romanzo “Meno di zero” ci ripropone gli stessi giovani superficiali personaggi che oggi sono ancora più superficiali ma non sono più tanto giovani. L’impressione è però che questo sia solo un pretesto per parlare di se stesso: Bret ritorna a narrare con la voce di Clay, il protagonista del suo esordio ora diventato uno sceneggiatore di Hollywood, ma il confine tra Clay (l’apparente protagonista del libro) e Bret (il vero protagonista del libro) è infatti davvero sottile. A tratti forse inesistente.

Se nel precedente “Lunar Park” lo scrittore aveva il coraggio di mettersi in gioco in prima persona come personaggio del suo stesso romanzo, qui lo fa sotto mentite spoglie, ma neanche più di tanto visto che si parla di un romanzista finito a scrivere sceneggiature a Hollywood, come quella per “The Informers” (vedi sotto) cui Ellis stava veramente lavorando mentre scriveva questo “Imperial Bedrooms”. E allora il colpo azzeccato di questo romanzo è riuscire, ancora una volta, a cogliere in pieno lo spirito dei tempi.

Ellis l’aveva fatto alla perfezione con “Meno di zero” e “Le regole dell’attrazione” negli 80s, fotografando meglio di chiunque altro una Mtv Generation svuotata di ideali e di sentimenti che passa il suo tempo a scopare e cazzeggiare in giro tra un videoclip musicale e l’altro.
E “American Psycho” cos’altro era se non la metafora di come gli yuppie stessero uccidendo la società umana, cosa che tra l’altro stanno facendo ancora oggi, vedi alla voce crisi economica?
Negli anni 90 Ellis ci ha regalato giusto un “Glamorama” che tra alternative rock e modelli terroristi anche in questo caso caso riusciva a rendere bene un periodo segnato dall’indecisione tra forma e sostanza, tra apparenza e contenuti, tra glamour e drama.
Con “Lunar Park” Ellis ci ha quindi regalato un perfetto spaccato dell’America post 11 settembre, camuffato da thriller-horror ambientato nel periodo di Halloween (e tra l’altro parecchio riuscito anche in questo senso) e per la prima volta lo scrittore si è allontanato dalle patinate realtà di L.A. e New York per andarsi a sprofondare nei sobborghi della provincia americana, in un’inedita versione desperate housebret.

“Imperial Bedrooms” resetta però quella (poca) umanità svelata nel lavoro precedente. Nel suo essere totalmente svuotato di sentimenti ed emozioni è talmente disarmante che quasi si comincia a pensare che persino l’Ellis degli anni 80 fosse un sentimentalone al confronto. Eppure anche questa volta fa centro, per quanto sia finora il suo romanzo meno riuscito, dando una immagine tragicamente realistica della società attuale e mischiando fiction e realtà come nei telegiornali che vediamo tutti i giorni. A tratti Ellis spinge a fondo sul pedale della cronica dipendenza da alcool & droghe, della violenza, della prostituzione minorile (Silvio ti fischiano le orecchie??), ma niente ormai ci può più sconvolgere, niente ci può più toccare, niente ci può più dare emozioni.

Certo, va anche detto che non tutto funziona in questa camere da letto imperiali e l’impressione di trovarci di fronte a un esercizio di stile, per quanto splendidamente scritto, è spesso dietro l’angolino. A volte si ha persino l’impressione che Bret ci voglia prendere per il culo proponendoci un’autoparodia di se stesso. L’intreccio thriller/complottistico che sta alla base del pretesto narrativo è poi piuttosto deboluccio e non all’altezza di “Glamorama”, quasi ci trovassimo in un film di serie B di quelli cui Ellis ora lavora per arrotondare lo stipendio.

La sensazione però è che quella noir non sia la vera storia che Bret ci vuole raccontare. Ciò che ci vuole raccontare davvero è il nostro mondo e la nostra vita di oggi, arrivando a una semplice tragica conclusione: siamo fottuti.
(voto 7)


The Informers
(USA 2008)
Regia: Gregor Jordan
Sceneggiatura: Bret Easton Ellis, Nicholas Jarecki
Cast: Jon Foster, Amber Heard, Austin Nichols, Billy Bob Thornton, Kim Basinger, Mickey Rourke, Winona Ryder, Mel Raido, Chris Isaak, Brad Renfro, Lou Taylor Pucci, Rhys Ifans, Cameron Goodman
Genere: revival 80s
Links: IMDb, mymovies
Se ti piace guarda anche: Le regole dell’attrazione, Al di là di tutti i limiti, American Psycho, The Wrestler, Magnolia, Crash - Contatto fisico

“The Informers” è un film tratto dalla raccolta di racconti adolescenziali di Bret Easton Ellis uscita in Italia con il fantasioso titolo “Acqua dal sole”. Lo stesso Ellis qui in versione sceneggiatore è partito da quelle storie sconnesse per cercare di costruire un film mosaico alla Magnolia ambientato nella Los Angeles anni Ottanta.
La pellicola è riuscita in parte: l’attacco funziona alla grande, tra sesso, droga, scintillante musica Eighties ed edonistico male di vivere. It’s Bret Easton Ellis, bitch. I personaggi sono i soliti bastardi ellissiani con i Ray-Ban Wayfarer perennemente su, zombie tanto belli fuori quanto vuoti dentro, impegnati in varie storie più o meno collegate tra loro: un triangolo sessuale tra amici, una coppia di genitori in crisi, una rockstar sul viale del tramonto che ancora va a letto con ragazzine/ragazzini, un padre e un figlio che vanno a fare una vacanza insieme alle Hawaii, un tizio che rapisce un ragazzino (quest’ultima è la storia più sconnessa dal resto e poteva tranquillamente essere lasciata fuori).

Memorabile la scena del funerale di uno dei ragazzi, in cui viene suonata la straniante “Shadows of the night” di Pet Benatar e il rinfresco post-cerimonia è un sushi bar, mentre gli i suoi “amici” commentano:

“Non possiamo farci niente. È successo, fine. Bisogna passare oltre.”
“Ha ragione, è roba di una settimana fa.”

La cornice è impeccabile, eppure non si riesce a rendere del tutto in immagini (come avviene nel capolavoro di Roger Avary “Le regole dell’attrazione”) la cattiveria e l’ironia delle parole di Ellis impresse su carta, anche perché il materiale di partenza non è già tra le cose migliori dell’autore. Il regista Gregor Jordan è comunque in splendida forma visiva e il cast sfodera alcune star come Billy Bob Thornton, Winona Ryder, il cantante Chris Isaak (quello di “Wicked Game”), Brad Renfro alla sua ultima prova (l’attore è morto di overdose il 15 gennaio 2008), due icone 80s come Kim Basinger e Mickey Rourke (ma i loro personaggi non si incontrano mai, quindi non aspettatevi un rendez-vous alla 9 settimane e ½); a spiccare prepotente in tutto il suo splendore è però soprattutto la giovane Amber Heard, meravigliosa creatura che sembra uscita direttamente dalla penna di Ellis.

Ai “babbani” ignari di Ellis sembrerà una pellicola superficiale e sconnessa, senza alcun senso e forse è veramente così. Ma per gli appassionati dello scrittore americano, “The Informers” è un bel tuffo dentro il suo mondo, dentro i suoi personaggi, dentro un grande vuoto esistenziale che negli ultimi 30 anni anziché colmarsi non ha fatto altro che ingigantirsi. Sono gli anni 80 che non hanno mai fine. È il nulla che avanza.
(voto 6/7)

7 commenti:

  1. The Informers secondo me non è riuscito per niente, troppo sconcusionato. Ellis è uno molto difficile da trasportare in pellicola, l'unico (come hai ben detto) che ci è riuscito è stato Avary con "Le regole dell'attrazione" nonostante il film sia molto infedele al romanzo ne traduce benissimo lo spirito Elllisiano del romanzo. Pure American Psyco non era male come film, ma a paragone con il romanzo si notano troppe mancanze.

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  2. il libro è nelle strenne natalizie, il film ce l'ho ma non l'ho ancora visto.
    Al di là di tutti i limiti (Less than zero) rimane il mio film

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  3. Ellis ho sempre pensato che fosse un autore incostante. a volte se ne usciva con splendidi ritratti di periodi storici (vedi "Acqua dal sole", "Meno di zero") altre volte è stato una profonda delusione ("Glamorama"). con "Imperial Bedrooms", peronalmente, penso abbia proprio dimostrato di camminare su una brutta china: autoreferenziale (che non è per forza un difetto, ma io non l'ho gradito affatto), ingolfato su temi e argomenti per i quali dimostra, sì di avere occhio e capacità di analisi, ma senza tirare fuori il mordente e la forza emotiva per spiazzare il lettore, come aveva fatto un tempo. (giudizio puramente personale, sia ben chiaro :D)

    The Informers l'ho trovato particolare: tragicamente imperfetto, ma al contempo in grado di colpire ed esprimere quel malessere e quel vuoto, proprio nella maniere preferita dall'autore; cosa che, negli ultimi anni, non gli è riuscita più tanto bene.

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  4. Povero Bret, lui ci prova. Come tutti noi.
    A volte gli riesce meglio, altre meno.
    A me piace più il critico.

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  5. *frank
    l'infedeltà è proprio la chiave della riuscita dell'adattamento di "le regole dell'attrazione", visto che cinema e letteratura sono due mezzi totalmente differenti.
    "american psycho" era invece meno riuscito proprio perché paradossalmente troppo fedele al romanzo, e certi dialoghi strepitosi su carta ripresi pari pari nel film non erano ad esempio la stessa cosa.
    però di quel film resta l'interpretazione di christian bale tra le più pazzesce nella storia del cinema, per me.
    "the informers" sicuramente è sconclusionato, però un minimo di spirito ellissiano c'è, se non altro visto che alla sceneggiatura ci ha lavorato lo stesso bret :)

    *queen b
    il film allora veditelo, non è poi lontano dallo spirito di "al di là di tutti i limiti".
    il libro è secondo me il meno riuscito di ellis, ma è comunque un romanzo di ellis e quindi un ottimo regalo di natale, tanto più che anche questo come "meno di zero" è ambientato nel periodo delle feste natalizie

    *einzige
    "acqua dal sole" non mi aveva entusiasmato molto, "glamorama" nonostante qualche difetto e qualche lungaggine a me ha divertito tantissimo.
    secondo me comunque non è ancora finito: il precedente "lunar park" l'avevo adorato, questo "imperial bedrooms" mi è sembrato decisamente meno riuscito e sono d'accordo con quello che dici. il voto 7 è perché comunque ha uno stile di scrittura che molti (io compreso) si sognano

    *lorenzo
    qui in effetti è al suo romanzo meno riuscito. però, seppure inferiore ad altre sue cose, mi sembra ancora dignitoso. forse non è troppo ispirato, ma secondo riesce ancora a dire la sua su questi tempi malati che stiamo vivendo

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  6. sì, è vero ha un ottimo stile, su questo non ci piove, ma, se nei libri di vent'anni fa, oltre allo stile c'era anche molta sostanza, con "Imperial Bedrooms" è rimasto solo stile. e, spesso, non basta.

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