giovedì 31 maggio 2012

Season finales, Revenge e Gossip Girl

Continuano i finali seriali su Pensieri Cannabis Cannibali, questa volta dedicati a due serie trash, volevo dire "d'intrattenimento leggero".
Prima, però, il consueto recap:

The Vampire Diaries

Attenzione: sono presenti alcuni piccoli SPOILER!

Revenge
(stagione 1)

Intrighi, tradimenti, omicidi, attentati e vendette tra ricchi. A metà strada tra Dallas e The O.C., Revenge ha trovato una sua via personale. Un po’ drama, un po’ soap, un po’ conte di Montecristo, un po’ spy, un po' Kill Bill, è uno sceneggiatone realizzato con grande cura, tra colpi di scena assurdi eppure credibili all’interno di un contesto palesemente finto. I primi episodi lasciavano intravedere uno sviluppo monotono, con la protagonista (un’Emily Van Camp con quel suo volto innocente perfetta come angelo della vendetta) che a ogni puntata prendeva di mira un tizio che ha contribuito a incastrare e a uccidere il padre. E invece poi, per fortuna, la storia si è sviluppata in orizzontale in maniera sempre più complessa e stratificata, fino al grande crescendo degli ultimi episodi.
"Mmm, con sesso sadomaso non credevo intendessi questo..."
Un processo per omicidio, un triangolo sentimentale che si è trasformato in un quadrilatero e che sta diventando un pentagono, scambi di identità a manetta… Nell’episodio conclusivo si è messa dentro pure un pochetto d’action. Cosa pretendere di più da una serie soap-thriller di puro intrattenimento, interpretata per di più con grande perfidia da quell’inno al botox che è Madeleine Stowe?
Sulle note di “Seven Devils” di Florence + the Machine, l’epica fatta canzone, si è sviluppato un gran finale in cui è successo di tutto e di più. Uno di quei finali che ti tengono sulle corde fino all’inizio della prossima season.
Revenge: più che una serie di oggi, la gustosa vendetta degli sceneggiati anni ’80.
(voto alla stagione: 7+
voto al season finale: 7,5)

"Sento puzza di morto! Ah no, è solo Gossip Girl che sta arrivando..."

"Ti rendi conto che ci tocca un'altra stagione di 'sta roba?"
"GRRRRR"
"E comunque: ma come cazzo ti sei vestita???
"Doppio GRRRRR"
Gossip Girl
(stagione 5)

Gossip Girl ormai è sempre più allo sbando. La quinta stagione si è trascinata avanti come uno zombie. E purtroppo non stiamo parlando di The Walking Dead.
Chuck Bass una volta era un idolo, adesso si è trasformato in un burattino alla mercè di Blair, del padre o persino di Dan Humphrey. Un Dan Humphrey che è apparso prima come il nuovo Salinger e poi come uno scrittore già sul viale del tramonto. Il tutto nel giro di un paio di episodi, mica dell'intera season.
Nate in versione megadirettore galattico di una testata online è meno credibile di Berlusconi come Presidente della Repubblica. Serena rimane sempre una scintillante figa ma il suo personaggio è utile agli sviluppi della trama tanto quanto un granello di sabbia nel deserto. Blair resta sempre la migliore, però pure lei sta perdendo smalto, la storia del matrimonio regale alla William & Kate è stata sfiancante più dei servizi di Studio Aperto a loro dedicati e ormai si sta troppo dan-humphreyizzando. Il ché non è bene.
Personaggi come Ivy e Lola sono talmente sbiaditi che potrebbero anche scomparire da un episodio all’altro che nessuno chiamerebbe Chi l’ha visto per denunciarne la sparizione.
Il peggio però arriva con la Diana Payne interpretata da Elizabeth Hurley, l’ex di Hugh Grant per intenderci. Se gli altri attori si vede che sono solo svogliati a causa di sceneggiature ormai oltre i limiti del ridicolo, per lei invece non c’è davvero speranza: è cagna e basta!
La prossima stagione, di soli 13 episodi, sarà l’ultima. Fuck yeah, abitanti dell'Upper East Side!
XOXO, Gossip Kid.
(voto alla stagione: 4-
voto al season finale: 4,5)

"Ancora una stagione? Qualcuno mi uccida, per favore!"

La f*ga di Martha

La fuga di Martha
(USA 2011)
Titolo originale: Martha Marcy May Marlene
Regia: Sean Durkin
Cast: Elizabeth Olsen, John Hawkes, Sarah Paulson, Hugh Dancy, Brady Corbet, Christopher Abbott, Julia Garner, Louisa Krause, Maria Dizzia
Se ti piace guarda anche: Un gelido inverno, Kynodontas, …e ora parliamo di Kevin, Persona, Funny Games, Sleeping Beauty

Non è che si può sempre trovare le parole giuste per tutto.
Per un film come La fuga di Martha, troppe parole sono persino superflue. E alcune sono solo sbagliate.
Già mi immagino in molti pronti a usare parole come: “noioso”, “lento”, o “ma non succede niente”.
Non succede niente? Non ci sono esplosioni, inseguimenti o invasioni aliene, è vero, però se con “niente” intendete un film capace di scavare in maniera magnifica dentro una vita, dentro un personaggio, allora in tal caso avete ragione: in questo Martha Matta Marcy May Marlene non succede un bel niente.

All’inizio della visione si rimane un po’ confusi. Ci si chiede cosa sta capitando. Ma, tempo qualche minuto di pazienza, il film “lento” e “noioso” prende vita insieme alla sua protagonista.
Attraverso uno splendido montaggio di due piani temporali separati, conosciamo Martha, ragazza che ha qualche problema di psiche e di comportamento e non si capisce perché. Lo scopriremo con calma, con quella calma di chi ha la pazienza di vedere un film crescere piano piano, fino a quasi esplodere. E non intendo un’esplosione letterale. Quella lasciamola alle pelli(para)cule di Michael Bay.
Qui siamo da un’altra parte. Un cinema indie molto Sundance, festival a cui è stato presentato nel 2011 e dove l’esordiente Sean Durkin s’è guadagnato meritatamente il premio alla regia. E qui si distingue il mondo: quelli che amano il fracassone/fracassapalle cinemone commercialone e quelli che preferiscono pellicole più silenziose, che ti entrano dentro in punta di piedi.
Quanto era patetica, quest’ultima frase?
Per carità, ci si può divertire con un blockbusterone fracassone e poi godersi l’intimità di un film come questo. Però La Fuga di Martha non è per tutti i palati. È una pellicola davvero davvero davvero ma davvero molto indie. Molto Sundance. Molto autoriale. Ha un montaggio alternato su due piani che mi ha ricordato …e ora parliamo di Kevin e per un discorso dell’educazione/sottomissione anche il greco Kynodontas, contiene una splendida scena-citazione da Persona di Ingmar Bergman, ma soprattutto mi ha fatto tornare alla mente Un gelido inverno - Winter’s Bone. Difficile spiegare perché. Tira la stessa aria. C’è un simile, straordinario, lavoro naturalistico nella costruzione dei personaggi realizzati da Jennifer Lawrence là, e dall’esordiente Elizabeth Olsen qui.
Pazzesca, in tutti i senti, la sua interpretazione.
Pazzesco poi che un’attrice così fenomenale e affascinante sia sorella di quegli sgorbi anti-recitazione delle gemelle Olsen. Mary-Kate ed Ashley, divenute famose negli anni ’80/primi ‘90 come baby protagoniste della sitcom Gli amici di papà (in 2 intepretavano 1 bambina sola). Poi sono cresciute e sono divenute queste due zombie qua…

"Perché non ci chiamano per The Walking Dead?
Non abbiamo nemmeno bisogno di trucco."

E insomma, non si capisce bene come o perché, ma Elizabeth è la loro sorella b(u)ona. Come Cenerentola in mezzo alle sorellastre. Speriamo che questa interpretazione sia solo l’inizio di una folgorante carriera e la mezzanotte per lei scocchi il più tardi possibile.
Da sottolineare anche la sorella in, questo caso cinematografica, della protagonista. Una Sarah Paulson vista qua e là in vari film e serie tv (American Horror Story e Abbasso l’amore tra gli altri) qui in grado di tratteggiare con cura il personaggio più difficile: la sorella infatti non sa quello che poco a poco noi spettatori vediamo. Non comprende i motivi del particolare stato emotivo e psicologico della sorella e finisce ATTENZIONE SPOILER per cedere al conformismo. A ciò che le impone la società, ovvero il marito yuppie du. Come uno spettatore abituato al cinema di Michael Bay, non ha la pazienza per cercare di capire la sister. E così decide di mandarla via. Eliminare, emarginare ciò che non comprendiamo.
Nel super-cast super-indie della pellicola, da tenere d’occhio anche Christopher Abbott, attualmente nel cast della tv serie super-indie pure questa Girls, e Brady “faccia da pazzo” Corbet, visto nel remake americano di Funny Games, pellicola qui ricordata in una sequenza.

Tornando al parallelo con Un gelido inverno, in entrambe queste indie-perle troviamo John Hawkes. Strepitoso. Mi faceva pensare a qualcuno e poi, leggendo la recensione di Alessandro Giovannini, mi è venuto in mente: è una sorta di fratello di Vincent Gallo. E, come lui, sa pure cantare e ci regala una perla per voce e chitarra.


Il suo personaggio è quello di un uomo a capo di una sorte di comune hippie, una misteriosa fattoria-setta che non ha tanto i contorni religiosi. Tende più a essere una negazione dei valori consumistici dominanti. Un ritorno a una vita semplice in campagna. Detto così può sembrare una cosa piuttosto positiva e ammirevole, ma presto scopriamo che ha anche contorni più inquietanti. Altrimenti che setta sarebbe?
La crescita di questa sorta di leader, o guru spirituale che sia, è notevole minuto dopo minuto. Di lui non si rivela mai più di tanto, eppure la sua ombra incombe minacciosa. La tematica della setta non assume comunque mai i contorni cronachistici. Non c’è nemmeno un discorso di tipo moralistico, o una condanna. Il regista e sceneggiatore di questa perla di pellicola lascia la massima libertà di interpretazione allo spettatore. Forse pure troppa libertà, con un finale sospeso che fa rimanere spiazzati ma che riflettendoci su non è così campato per aria, come invece è il finale di questo post che termina così
(voto 8/10)


mercoledì 30 maggio 2012

Season finales, Once Upon a Time e Awake

Altra puntata dei season finales dei telefilm americani commentati da Pensieri Cannibali.
"Tientelo tu, quell'Henry!"
"No, ho già firmato i documenti di abbandono. È tutto tuo!"
Oggi tocca alle due sorprese, in positivo e in negativo, dell'annata. Ma prima, il recap degli altri finali di stagione:
The Vampire Diaries

Presenti leggerissimi SPOILER (ma nemmeno più di tanto)

Once Upon a Time
(stagione 1)

"Biancaneve, I will always fuck you, ehm, volevo dire... find you."
La vera grande, graditissima sorpresa dell’annata telefilmica. Dopo le prime due puntate non c’avrei scommesso più di tanto, sarà che quell’Henry (Potter) mi stava (e mi sta tutt’ora) antipatico a pelle e invece… Invece la qualità degli episodi è cresciuta sempre di più, in maniera direttamente proporzionale al progressivo diminuire della presenza del bimbetto Henry.
Ma non è certo solo quello: le storie dei vari personaggi si sono rivelate ottime sia prese singolarmente, che via via intrecciandosi e andando a costruire un vero e proprio universo. Un universo fiabesco, eppure lontano anni luce dalle fiabe tradizionali. Un universo parallelo in cui storie note hanno assunto connotati del tutto differenti, andando al di là dello sberleffo ironico alla Shrek. Diventando qualcosa d’altro, di più profondo e rivelando spesso un lato amaro che il mondo delle storie così come le conoscevamo tendevano a nasconderci, o ad addolcirci con il solito happy ending. Quello che puntualmente arriva ad esempio in un film come la Biancaneve di Scarsem Tarsem.
La stagione 1 di C’era una volta, ma io preferisco chiamarlo sempre Once Upon a Time, si è chiusa in maniera epica, con le vite di tutti i personaggi destinate a cambiare radicalmente: più che un semplice season finale, una conclusione degna di un series finale.
E adesso, adesso chissà cosa diavolo succederà nella seconda stagione?
Aspettiamo l’ora della nanna, quando Edward Kitsis e Adam Horowitz (non a caso già tra gli sceneggiatori di Lost) apriranno il loro personale libro delle fiabe e ce lo racconteranno.
(voto alla stagione: 8+
voto al season finale: 8,5)

"Tranqui, raga, Guido io!
Ho bevuto solo 2 negroni, 3 cuba e 6 mojiti..."
Awake
(stagione 1)

Delusione telefilmica cocente dell’anno. E il finale non ha fatto che ampliare la sensazione di una serie partita da un buon spunto, con un episodio pilota dal notevole potenziale, distrutto episodio dopo episodio.
Il protagonista della serie vive due realtà distinte, entrambe credibili, almeno per lui: in una, sua moglie è morta in un incidente. Nell’altra, è il figlio ad essere morto nello stesso incidente. L’uomo, un poliziotto, porta avanti in parallelo entrambe queste vite. Quando si addormenta in una, vive nell’altra, e viceversa. Spunto fighissimo, che però presto si trasforma nel solito, ennesimo crime con casi risolti ogni episodio. Una variante psicoanalitica di CSI. Tutto qui.


"Oops!"
Fino all’ultimo episodio. Il creatore della serie Kyle Killen, già sceneggiatore di quella minchionata di Mr. Beaver e pure di Lone Star, serie cancellata dopo giusto 2 episodi, ha spiegato che la puntata conclusiva era già stata girata prima che si sapesse della cancellazione di Awake. E così è un finale del tutto sospeso, assurdo, che non fornisce nessuna spiegazione ma anzi aggiunge ulteriori dubbi.
L’unica cosa su cui non ho dubbi è che Awake è stato il più grande spreco tv dell’anno. Di idee e di tempo.
(voto alla serie: 5,5
voto al series finale: 5)

Chloe Sevigny ha il p**e?

Hit & Miss
(serie tv UK, stagione 1, episodio 1)
Rete britannica: Sky Atlantic HD
Rete italiana: non ancora arrivata
Creata da: Paul Abbott
Cast: Chloe Sevigny, Jonas Armstrong, Karla Crome, Reece Noi, Erin Shanagher
Genere: transgender
Se ti piace guarda anche: Transamerica, Leon, Nikita

Se non le cose non cambiassero,
non ci sarebbe mai stata nessuna farfalla.

Una nuova serie made in Britain con protagonista la mia preferita Chloe Sevigny?
Bene, bene.
Ed è pure in versione killer?
Ottimo.
Oh, e subito nella seconda scena Chloe Sevigny si spoglia?
Perfetto. Non che sia la prima volta che si sveste per ragioni di copione, però fa sempre piacere vederla come mammina l’ha fatta.
Chloe si toglie il reggiseno. Wow, bel senso.
Si toglie pure la parte sotto. Ancora meglio. E però…
Cos’è quella roba lì in mezzo alle gambe?

°___°

Momento WTF dell’anno. Forse dell’intera Storia della tv. Forse dell'intera Storia mondiale.
Chloe Sevigny ha... il p**e.
(solo nella serie eh, nella realtà non credo)

"Oh cacchio, mi ero dimenticata di dirvelo?"

"Hey, ma ce l'ha quasi più grande di Michael Fassbender!"
Fin dai primissimi minuti, questa nuovissima serie creata da Paul Abbott, l’autore di Shameless (UK and USA), e appena partita nel Regno Unito sa spiazzare e sorprendere.
Niente è ciò che sembra. Non in questo Hit and Miss.
Chloe Sevigny interpreta un transgender, un uomo che sta diventando donna ma ha ancora il pene. Di professione fa il/la killer professionista. Uno a questo punto si immagina che sarà il/la solito/a killer/killeressa solitario/a. Infatti è così/ì.
Fino a che un giorno scopre di avere un figlio. La sua ex compagna è morta e lui/lei ha un figlio. Un figlio maschio, specifichiamo. Lui, il figlio, non è transgender. Per chi non lo sapesse: essere transgender non è una cosa ereditaria.
Un figlio che ha tre fratelli: un ragazzo e una ragazza all’incirca teenagers, più una bambinetta. 4 pargoli che sono stati affidati a lui/lei, cioè a Chloe, dalla sua ex. Ce la farà a gestirli, a mandare avanti la neo-particolarissima-famiglia e allo stesso tempo continuare la sua vecchia vita da impassibile e spietata killer a pagamento?


Un’idea di partenza bella tosta per una serie dal forte sapore cinematografico. L’interpretazione di Chloe Sevigny poi è davvero pazzesca. Roba da Emmy, Golden Globe e pure Oscar immediati. Riesce infatti a risultare perfettamente credibile come trans, mica come la Elena Anaya del maldestro thriller almodovariano La pelle che abito. A tratti sembra persino Antony di Antony & the Johnsons. Allo stesso tempo però è sexy. Intendo sexy come donna. O come uomo? O come trans?
Il pilot di Hit and Miss è davvero folgorante, uno dei più promettenti e originali visti negli ultimi mesi, quindi il mio consiglio è: hit it and don’t miss it!
Mi resta il dubbio riguardo a come si possa sviluppare la storia nei prossimi episodi, 6 in totale (la durata delle serie british è tradizionalmente breve), sebbene il finale della prima puntata bello cattivo lasci presagire che la serie difficilmente cadrà nelle trappole del buonismo.
E mi sorge poi un altro dubbio: questa serie mi trasformerà mica nel nuovo Marrazzo?
Chloe Sevigny comunque rimane sempre una gran bella f**a. Anche con il ca**o.
(voto 7,5/10)

martedì 29 maggio 2012

Season finales, The Vampire Diaries e The Secret Circle

Prosegue la serie cannibale sui season finales dei telefilm americani edizione autunno/inverno/primavera 2012.
Recap:

E ora…

The Vampire Diaries
(stagione 3)

ATTENZIONE SPOILER
Stagione un po’ interlocutoria per The Vampire Diaries. La classica season tra alti e bassi che per fortuna si sta mantenendo su livelli ancora buoni, ma che lasciava sperare in qualcosa di più, visto che era partita alla grande con un Stefan finalmente in versione cattiva. Perché i vampiri devono essere cattivi, se no che razza di creature della notte sono? Che poi creature della notte fino a un certo punto… Non è giusto che ‘sti vampiri se ne vadano in giro tranquilli alla luce del sole. Lo stratagemma degli anelli del potere snatura del tutto quella che dovrebbe essere la natura dei succhiasangue: dormire di giorno, nutrirsi e uccidere di notte.
Comunque, sto divagando. Dopo aver fatto un po’ il killer spietato per qualche puntata, come prevedibile Stefan me s’è ammosciato ed è tornato a essere il solito barboso Stefan vecchio stampo. Giusto un filo meno smielato del solito. Passando in questo il testimone a Damon. Eh Eh Eh. Me s’è addolcito il Damon. Mantiene sempre la sua vena ironica, grazie al Dio vampiro, però ‘sta Elena manco gliel’ha ancora smollata e la situazione si sta tirando un po’ troppo per le lunghe.

"Ecco, brava Rebekah con la acca. Vai un po' più in giù con la testa,
che quell'Elena si veste pure da cheerleader porca ma poi mica me la smolla!"
Il problema della serie, così come per in pratica tutte quelle del network The CW, è che quasi ogni episodio è incentrato intorno a una festa e da lì si sviluppano vari intrighi, con qualche personaggio che rischia di morire e poi o resuscita, o si trasforma in vampiro, o diventa un licantropo, o ricompare come fantasma, o diventa un vampiro-licantropo-fantasma. Variate un po’ la formula, per tutti i Bram Stoker!
Quanto al finale? Qualche bella scena, come gli attesi momenti dedicati alla coppia superromanticosa, supermorbidosa e supermaledetta Delena, però l’ultimissima sequenza fa molto, troppo Breaking Dawn… E non è un complimento.

Personaggi top della stagione: Rebekah, Caroline, Klaus, Stefan (solo da vampiro cattivo)
Stabili: Damon + Elena, ormai fusi nella nuova entità “Delena”
Personaggi flop: Jeremy, Bonnie e Matt (ma li vogliamo far fuori una volta per tutte, o no?)

(voto alla stagione: 7
voto al season finale: 7-)

Ma quale crisi economica? Questi sì che so' i dilemmi della vita!

"Pensi che un po' d'alcool basti per convincerli a darci un'altra stagione?"
"No, però se glielo versi togliendoti l'accappatoio potrebbe funzionare..."
(stagione 1)

Questa serie mi mancherà, non ai livelli di fare un rito magico contro il network americano The CW, però mi mancherà, soprattutto per la maghetta idola indiscussa Faye. Brutti bastardi cacciatori di streghette porcelle che non siete altro!
Anche in questo caso, come per The Vampire Diaries, il canovaccio di un sacco di episodi è lo stesso: un party del tutto pretestuoso (tipo per il Santo giorno in onore di Maga Magò), qualche intrigo fantasy, qualche intreccio sentimentale e… la magia è fatta. Peccato che il gioco alla lunga diventi ripetitivo. Ed è un peccato che sia stata cancellata dopo appena una stagione, visto che finora il suo potenziale il cerchio segreto non lo aveva ancora espresso del tutto e una season 2, con una serie di nuovi annunciati personaggi, avrebbe potuto far prendere finalmente quota ai numeri magici delle streghette fighette.
Ma questo, immagino, non lo scopriremo mai. Neanche con un incantesimo.
(voto alla serie: 7-
voto al series finale: 6)

Specchio specchio delle mie brame, chi ha le sopracciglia più folte del reame?

Biancaneve
(USA 2012)
Titolo originale: Mirror Mirror
Regia: Tarsem Singh
Cast: Lily Collins, Julia Roberts, Armie Hammer, Nathan Lane, Sean Bean, Danny Woodburn, Jordan Prentice, Mark Povinelli, Joe Gnoffo, Sebastian Saraceno, Ronald Lee Clark, Martin Klebba, Robert Emms, Mare Winningham
Genere: fiabesco
Se ti piace guarda anche: Once Upon a Time, Cappucetto Rosso sangue, Shrek, Biancaneve e i sette nani

C’era una volta una bambina di nome Biancaneve. Era molto carina e tutto, però aveva una strana e quantomeno eccessiva peluria sopra agli occhi. La sua perfida matrigna, invidiosa di quella eccentrica bellezza, proverà a ucciderla una volta che Biancaneve, cresciuta, diventerà una splendida (ehm, più o meno) fanciulla.
Questa qui.


No, scusate. Questa qui…


Dannazione, ho sbagliato ancora. Ora arriva la fanciulla giusta…


Ritentiamo…


"La figlia di Bergomi è più bella di me?
Certo che pure io con 'sti capelli..."
Ecco, è questa. Questa è la più bella del reame??? Sicuri non sia Elio travestito per Halloween?
Se Biancaneve/Lily Collins lascia un po’ a desiderare, un po’ per via di quelle sopracciglia da cui è impossibile distogliere lo sguardo per un solo istante e un po’ perché come personaggio è loffia, soprattutto se paragonata alla Snow White di Once Upon a Time, la vera protagonista nonché ragione principale (unica?) per vedere questa nuova (?) versione della fiaba è Julia Roberts.
Diciamolo subito prima di suscitare falsi entusiasmi: pure in questo caso il confronto con la grandiosa serie Once Upon a Time è perso. La Evil Queen interpretata da Lana Parrilla è inarrivabile sia per cattiveria che per spessore. Eppure anche la Regina Cattiva di Julia Roberts ha il suo perché. È lei il motore comico della pellicola, quella in grado di deviare la direzione di un film che altrimenti non è niente di più e niente di meno di una rilettura non troppo originale della fiaba originale che conosciamo tutti e che ormai ci stanno ripropinando in tutte le forme.

Ma quindi, questo film è originale oppure no?
Risposta breve: no.
Risposta lunga ma non troppo: ok, cerca di inserire una chiave comica al mondo delle fiabe tradizionali, ma questa è una cosa fatta diversi anni fa già da Shrek e qui l’umorismo è comunque più leggero.
Quindi, perché realizzare una nuova ma poi non così nuova versione di Biancaneve?
Forse perché non c’è due senza tre. Tra la serie Once Upon a Time e l’imminente arrivo di Biancaneve e il cacciatore con Kristen Stewart e Charlize Theron, c’era bisogno di una terza Snow White soltanto per mantenere fede al proverbio.

Pur senza grande originalità, Biancaneve comunque vanta come detto una Julia Roberts in gran spolvero e in grado di strappare più di una risata o almeno un sorriso con una serie di battute da favola tirate fuori dallo specchio specchio delle sue brame, chi è la più bella del reame?
Questa qui?


"Dovrebbero dargli giusto una spuntatina, a quelle sopracciglia.
O è meglio una potatura con i forbicioni da giardino?"
Peccato che a livello di cattiveria si sarebbe potuto osare di più. Molto di più. Ad esempio, una bella battuta bastarda sulle sopracciglia della protagonista ci sarebbe stata alla grande. Invece questa nuova (e daje, non è così nuova!) Biancaneve finisce per annegare nella solita melassa. Per fortuna non ci sono gli uccelli canterini come nella stucchevole versione disneyana, ma poco ci manca.
Fare uscire una pellicola del genere, oggi, appare un’operazione che lascia il tempo che trova quando in giro c’è una serie che le fiabe le rilegge e le stravolge come un calzino come Once Upon a Time (se è la quarta volta che lo nomino, un motivo ci sarà, a parte il mio arterio al galoppo sul cavallo del Principe Azzurro).
A non aiutare c’è poi la regia dell’indiano Tarsem Singh.
A me non piace Tarsem Singh.
Ma chi prendo in giro?
Io ooodio Tarsem Singh.
Ha fatto il video di “Losing My Religion” dei R.E.M. che, per carità, è storico. Però non mi ha mai convinto del tutto. Grandiosa la canzone, ma il video arty e pretenzioso mi ha sempre lasciato un po’ così °___°
Dai, sul serio: che senso ha, ‘sto video?


"Cara, una visita dall'estetista ti fa proprio schifo?"
Come regista cinematografico ha fatto The Cell, che mi sono sempre risparmiato per un mio problema congenito di allergia a Jennifer Lopez, quindi ha fatto il soporifero The Fall. Film esteticamente interessante, perlomeno se adorate i colori saturi, che è un po’ l’unica specialità di casa Tarsem, ma anche una flebo come pochi. E poi ha fatto Immortals 3D. Di questo non posso esprimere un giudizio completo, visto che c’ho provato un paio di volte a vederlo, ma davvero non sono riuscito ad andare oltre i primi 15-20 minuti.
In Biancaneve, Tarsem mantiene intatti i suoi barocchismi kitsch, però all’interno di un contesto favolistico ci stanno anche (quasi) bene. A livello visivo, il film è quindi un discreto spettacolo. Peccato che a me lo stile di Tarsem dia sempre una sensazione di opprimente claustrofobia e di totale finzione.
"Ti ci metti pure tu con quelle orecchie?
Ma una persona normale in tutto il regno non c'è?"
Okay, essendo una fiaba ci può stare, però nella costruzione delle scenografie, dei costumi e nell’eccesso di colori supercolorati è tutto così stucchevole e poco realistico che farsi coinvolgere dalla storia, anche se la conosciamo già tutti, è difficile. O magari sono solo le sopracciglia di Lily Collins che deconcentrano.

Nella parte del Principe Azzurro ritroviamo Armie Hammer, ottimo in The Social Network e in J. Edgar, qui decisamente meno a suo agio. La scenetta in cui gli viene data la pozione d’amore canino certo non lo aiuta.
Per i sette nani si è operata una scelta di attori piccoletti all-star. Mancano i più noti Peter Dinklage, ormai stabilmente impegnato in Game of Thrones, e Verne Troyer, il Mini-Me di Austin Powers, in compenso ci sono Martin Klebba, visto in Scrubs e nei Pirati dei Caraibi, Jordan Prentice anche noto come il nano di In Bruges, e Danny Woodburn che si è visto in giro in varie serie tv anche se in questo momento non so dirne una precisa.
Ah già, tra i famosi manca pure Brunetta…
"Mangiati la mela, dicono faccia diminuire la peluria..."
E pure Silvio si sarebbe confuso bene, va là.

Concludendo, se l’inizio del film lasciava sperare in una rilettura ironica della fiaba tradizionale, tra noiosi inseguimenti e prevedibili scaramucce amorose le buone intenzioni si sono perse parecchio per strada, o forse in mezzo al bosco insieme a Biancaneve e alle sue improponibili sopracciglia. Che comunque non sono nemmeno la cosa peggiore del film. ATTENZIONE SPOILER La cosa peggiore del film è il pessimo e assurdo finale musicale Bollywood style.
Vabbè che l’happy ending era inevitabile, anche se io in un trionfo a sopresa della Evil Julia un po’ ci speravo, ma era davvero necessario un numero musicale da far invidia alla Deliranza di Alice in Wonderland?


Comunque, nel caso aveste dubbi, alla fine tutti vissero per sempre felici e contenti. Biancaneve, il Principe Azzurro e i loro splendidi (ehm, più o meno) pargoli dalle sopracciglia folte, stranamente somiglianti alla figlia di Madonna.


(voto 5,5/10)

lunedì 28 maggio 2012

Season finale, Grey’s Anatomy

L’estate sta finendo e un anno se ne va.
No, mi sa che ho sbagliato: l’estate sta iniziando e un anno (di serie tv) se ne va.
La stagione tv americana sta giungendo al termine, portandosi via una ad una le serie che ci hanno tenuto compagnia negli scorsi mesi. Non disperate, comunque, perché pure d’estate qualcosina d’interessante dovrebbe venire fuori.
Intanto, diamo un occhio a quelle che sono terminate negli ultimi giorni. E, se proprio ci tenete, potete anche leggervi le mie opinioni sui season finale di The Walking Dead e Pretty Little Liars, più quelle sui finali di serie definitivi di Desperate Housewives e Dr. House.
Cominciamo oggi con…

"Oddio, abbiam copiato Lost! Siamo gli Zucchero delle serie tv..."
Grey’s Anatomy
(stagione 8)

Così come Dr. House e Desperate Housewives, avevo smesso di seguire regolarmente anche Grey’s Anatomy da un po’. Ma mentre quelle serie partite nella fenomenale annata 2004/2005 insieme a Lost hanno tutte (giustamente) chiuso il loro lungo ciclo, Grey’s Anatomy continua a trascinarsi avanti. Il prossimo anno avrà una nona (!) stagione e si avvia a una longevità pari a quella di E.R., tanto anche se cambiano i medici ormai non è che si noti una grande differenza.
Per me Grey’s è stata una serie ottima nel corso delle prime due stagioni, discreta in quelle successive, poi ho cominciato a smettere di seguirla quando le situazioni si sono fatte assurde e soprattutto quando è entrata nel cast una seconda Grey. Già Meredith (Ellen PompinarPompeo) per me è una delle tipe più odiose nella storia dei telefilm (e non solo dei telefilm), roba che la sucante Sookie di True Blood è una simpaticona al confronto. Ma quando è arrivata la sorella, ancor più cagacazzo e piagnucolosa, non ce l’ho più fatta. Posso reggere qualunque cosa, ma due Grey no.

"Hey, che è quel fumo nero? Dimenticato il gas acceso come al solito, Meredith?"
ATTENZIONE SPOILER
Avendo sentito che nel finale della stagione 8 sarebbe morto un personaggio, incuriosito sono tornato a vedermi Grey’s e… mi sono ritrovato davanti Lost?!
In un caso di plagio per nulla velato, i medici del Seattle Grey, l’ospedale più sfigato del mondo, hanno infatti avuto un incidente aereo e sono spersi in mezzo al nulla. L’episodio si apre tra l’altro con un’inquadratura dall’alto di Meredith in pieno stile Jack Shephard. Purtroppo, Meredith non è morta nell’incidente aereo. È viva, vegeta e rompipalle come al solito.
Come una pazza isterica si mette a cercare il suo Dr. Stranamore e, mentre lei va in giro a raccogliere margheritine chiedendosi: “Ma il mio bel dottore m’ama o non m’ama, m’ama o non m’ama?”, la sorellina Lexie sta per schiattare.
A provare a salvarla c’è il suo tipo, un dottor Bollore che senza barba non lo riconoscevo più. Sono stato per dieci minuti a chiedermi: Ma chi cazzo è ‘sto qua? E, soprattutto, sono stato per dieci minuti a chiedermi: Ma la fanno davvero schiattare Lexi?
Dio, ti prego, ascolta le mie preghiere. Lo so che è sbagliato desiderare la morte di una persona. È una cosa dannatamente sbagliata e io infatti non ti sto chiedendo niente del genere. Berlusconi e Andreotti sono ancora vivi, quindi vuol dire che non ti ho mai domandato una cosa così.
Ora però ti chiedo il sacrificio non di una persona vera e propria, in carne e ossa. Ma solo di un personaggio di una serie televisiva. Un personaggio di fiction. Eddai, e fammelo ‘sto favore.

"Ueee Iaia, volevo dire... Ueee Lexie!"
Il Dr. Bollore promette a Lexi che non morirà, non quel giorno, almeno. Poi prova a tirare su il pezzo di aereo che l’ha sepolta viva, vede che non riesce a spostarlo manco di un 1cm e allora le dice: “Okay, mia cara. Stai per morire! Vaya con Dios e non ci penso nemmeno a mantenermi fedele al tuo ricordo…”
E, tempo ancora pochi interminabili istanti, Lexie è morta.
Non ci posso credere, posso tornare a guardare Grey’s Anatomy! Ora che non ci sono più due Grey, posso farcela di nuovo!!!
Tempo pochi altri istanti, e un primo piano di Meredith che piange come faceva Hello Spank mi fa ripiombare subito nelle tenebre. Capisco che possa essere afflitta per aver perso la sorella, anche se fino a due secondi prima il suo unico pensiero era quello di ritrovare il suo Stranamore, però una sceneggiata napoletana del genere dovevano proprio filmarla e proporcela? (senza offesa per le vere sceneggiate napoletane)
Dio, già che c’eri, non potevi mettere fine anche alle sue sofferenze e, soprattutto, a quelle di noi telespettatori?

Non vedevo Grey’s Anatomy da un po’ e fondamentalmente l’ho ritrovato come l’avevo lasciato. Lontano dalla freschezza dei primi tempi e senza i due personaggi cardine, ovvero Izzie e O’Malley e con una serie di personaggi, vecchi e nuovi, troppo piagnoni.
Se la parte copiata da Lost riesce comunque a essere piuttosto avvincente, molto meno lo sono gli intrecci degli altri tizi del Seattle Grace, con persino Karev e la nazista Bailey che mi paiono essersi rammolliti parecchio. L’unica a tenere su alto il morale è la Callie con le sue battute sessuali. Per il resto, Grey’s è diventato parecchio deprimente ma, almeno, Lexie è morta.
Grazie, Dio!
(voto al season finale 6+
sì, il + è per la morte di Lexie: non per la scena in sé, ma solo per la decisione di far morire Lexie)

Molto debole, incredibilmente palloso

"Se ingrassi ancora un po', mi fai morire di mal di schiena, altroché 11 settembre..."
Molto forte, incredibilmente vicino
(USA 2012)
Titolo originale: Extremely Loud & Incredibly Close
Regia: Stephen Daldry
Cast: Thomas Horn, Tom Hanks, Sandra Bullock, Max Von Sydow, John Goodman, Viola Davis, Jeffrey Wright
Genere: post-11 settembre
Se ti piace guarda anche: Touch, Reign Over Me, Un sogno per domani, 11 settembre 2011, United 93, World Trade Center

Molto forte, incredibilmente vicino è il tema affrontato da questo film: l’11 settembre 2001.
Do you remember?
Un tema sì vicino, ma non più di stretta attualità. Allo stesso tempo è però una ferita ancora troppo aperta per poter essere oggetto di un’osservazione da un punto di vista storico davvero distante. Insomma, questo non sembra il momento migliore per riflettere sull’argomento.
La pellicola è tratta dal romanzo di Jonathan Safran Foer, tra i primi a toccare l’argomento degli Stati Uniti post-11 settembre. Buon per il libro, male per l’adattamento cinematografico che oggi appare arrivare in ritardo, con varie altre pellicole che hanno affrontato il tema in maniera simile e una serie tv come Touch, con Kiefer Sutherland, che pare anch’essa prendere parecchia ispirazione dal romanzo. Lì come qui abbiamo una storia di connessioni tra numeri e persone in qualche modo legate tra loro e lì come qui abbiamo un (insopportabile) bimbo protagonista ai limiti dell’autismo. Solo che se in Touch non parla, il protagonista di Molto forte incredibilmente vicino invece parla molto e incredibilmente per tutta la durata del film!
Uno dei limiti della pellicola è quello di non dire fondamentalmente niente di nuovo sull’argomento.
A costo di fare i cinici: tra documentari, servizi dei TG, film, serie tv e quant’altro sappiamo già tutto. Era quindi davvero necessario un altro film sull’11 settembre?

A non convincere di questo adattamento, oltre a un tempismo non proprio tempestivo, è il modo in cui è stato realizzato. Premetto che non ho letto il romanzo, quindi la mia è solo una supposizione, però non mi sembra si sia fatto un grande lavoro di trasposizione da un mezzo all’altro.
Il film, in pratica, suona incredibilmente letterario e molto poco cinematografico.
Tutta la prima parte è vissuta attraverso la voce del bambino narratore. All’inizio va anche bene, dopo qualche minuto comincia a darti sui nervi, dopo una mezzoretta cominci a rimpiangere di non esserci stato anche tu dentro le Twin Towers, quell’11 settembre.
Scherzo!
È ancora troppo presto per scherzarci su?

"Non so perché, ma su 'sta cartina Casale Monferrato non è mica segnato..."
I film che hanno dei bambini per protagonisti partono già con un problema serio da affrontare. I bambini nei film sono infatti spesso odiosi. A essere gentili. Il bimbetto protagonista di questo film all’inizio sta anche piuttosto simpatico. È strambo, particolare. È un pochino autistico, ma non del tutto. È originale. A forza di farlo parlare con la voce fuoricampo, poco a poco, ma nemmeno tanto poco a poco, comincia a diventare prima pesante e poi odioso ai livelli quasi della maggior parte degli altri bambini cinematografici. Detto questo, il giovane attore Thomas Horn più o meno se la cava, dai. La sua performance non è da exploit alla Haley Joel Osment (che fine ha fatto?) o alla Maculay Culkin (lui sappiamo che fine ha fatto, ‘sto drugà!), però è decente.
Cosa c’è comunque di più odioso dei bambini nei film?
Risposta corretta: Tom Hanks nei film.
La buona notizia è che Tom Hanks in questo film compare poco. Come mai?
Considerato che il tema è quello dell’11 settembre, fate voi 1+1…
E c’è pure Sandrona Bullock. A sorpresa mi era piaciuta parecchio in The Blind Side, per cui aveva vinto persino l’Oscar, però per il resto è una che per vederla recitare decentemente bisogna pregare Dei di diverse religioni.

"Falla pure tutta, figliolo. Hai la più completa privacy.
Non ti sto fissando, no no!"
A proposito di religione, ma neanche tanto, il film non affronta il tema dell’11 settembre da questo punto di vista. Né da un punto di vista politico o culturale. Niente. Affronta l’argomento da un punto di vista puramente umano. Andando a scavare nella vita delle persone, dei newyorkesi la cui vita è cambiata in qualche modo dopo gli attentati. Però più che scavare, gratta giusto in superficie e i personaggi di contorno rimangono un contorno molto poco gustoso. Abbiamo un parterre, ma che dico parterre? dico jean-pierre, di interpreti di primo livello come Viola Davis, John Goodman, Jeffrey Wright, ma i loro personaggi stanno sempre sullo sfondo.
Tutti i riflettori sono allora accesi sul bimbetto protagonista. La sua vicenda, triste, toccante, emozionante fin che si vuole, cattura l’interesse giusto nella prima mezz’ora, poi il film si perde incredibilmente per strada. In questo mi ha ricordato in maniera molto forte Un sogno per domani, film con il sopracitato Haley Joel Osment, che ha un buono spunto iniziale e poi scivola nella noia e nei buoni sentimenti.

Di aver girato questo film? Yes, you're sorry!
Quando sembra non saper più che pesci pigliare, la pellicola tira allora fuori il rapporto tra il bambino protagonista e un signore anziano che da anni non parla più, interpretato da un Max von Sydow nominato agli ultimi Oscar piuttosto inspiegabilmente, forse come omaggio alla carriera. La loro amicizia ricorda un po’ quelle di Gran Torino o de L’estate di Kikujiro però no, scordatevi subito che possa raggiungere gli stessi livelli. I livelli raggiunti sono più vicini a quelli di Reign Over Me, modesta e piuttosto scontata pellicola sul post 11 settembre con Adam Sandler.
Dietro la macchina da presa c’è Stephen Daldry, regista che non amo molto, che qui riassume un po’ tutto il suo cinema passato. C’è la vicenda storica legata a quella umana, come in The Reader, c’è il bimbetto odioso ma non troppo come in Billy Elliot, e c’è un tipo di costruzione narrativa simile a The Hours; come in quello, anche qui i ritmi sono parecchio lenti, per poi avere qualche accelerazione improvvisa. Scordatevi però il bel finale in crescendo di The Hours, perché qui il film raggiunge il suo climax con la “scenona” in cui il bambino parla a raffica con il vecchio muto. Una scena che forse vorrebbe essere cult come il monologo di Edward Norton in La 25ora, peccato finisca invece per risultare ridicola più che altro.

Alla fine della visione, l’idea che mi rimane in testa è quella di una pellicola molto debole, incredibilmente debitrice nei confronti del romanzo da cui è tratta. La risoluzione del mistero attorno a cui ruota la storia è poi parecchio deludente, per lo stesso protagonista quanto per noi spettatori.
Sembra che gli Stati Uniti non riescano a liberarsi dallo spettro dell’11 settembre. Un'ossessione che dà origine a vicende piuttosto prevedibili di riscatto personale, nonostante tutte le circostanze avverse, con vicende buoniste e tomhanksiane come le vite intrecciate di questa pellicola o del telefilm Touch. Io però preferisco quando l'America affronta questo fantasma con maggior coraggio, senza tralasciare gli aspetti politici, ideologici, culturali e religiosi della vicenda, certo non trascurabili. Proprio come fa Homeland, una serie tv, quella sì, molto forte e incredibilmente vicina all’America post September 11.
(voto 5/10)

domenica 27 maggio 2012

I vincitori del Trofeo Birra Nanni Moretti anche noto come Cannes 2012

Festival di Cannes 2012, sono arrivati i verdetti.
Si è espressa la giuria presieduta quest’anno da Nanni Moretti e composta anche dall’idolo scozzese Ewan McGregor, dalla bonazza crucca Diane Kruger, dal regista Usa più o meno indie Alexander Payne, dal fashionista Jean-Paul Gaultier, dall’attrice francese Emmanuelle Devos, dall’attrice israeliana Hiam Abbass, dalla regista UK Andrea Arnold e dallo sconosciuto (scherzo, è famosissimo, oooh) regista haitiano Raoul Peck.
Ma chi ha vinto?

Palma d'Oro
Amour di Michael Haneke

Grand Prix Speciale della Giuria
Reality di Matteo Garrone

Miglior regista
Carlos Reygadas, Post Tenebras Lux

Miglior attore
Mads Mikkelsen, The Hunt

Migliori attrici
Cosmina Stratan e Cristina Flutur, Beyond The Hills

Miglior sceneggiatura
Cristian Mungiu, Beyond The Hills

Premio della Giuria
The Angels' Share di Ken Loach

Sezione Un Certain Regard (giuria presieduta da Tim Roth)
Miglior film
Después de Lucia di Michel Franco

Premio Speciale della Giuria
Le Grand Soir di Benoit Delepine e Gustave Kervern

Migliori attrici (non è stato premiato nessun attore uomo)
Suzanne Clement, Laurence Anyways e Emilie Dequenne, A perdre la raison

Menzione Speciale
Children of Sarajevo, Aida Begic


Camera d’Or per l'opera prima
Beasts of the Southern Wild di Benh Zeitlin

Premio della settimana della critica
Here and There, directed by Antonio Mendez Esparza



Nanni Moretti ha deciso di premiare Amour dell'austriaco Michael Haneke, già vincitore nel 2009 con lo straordinario Il nastro bianco. Regista che era già il grande favorito dei bookmakers e che di certo il Nanni ha sempre apprezzato parecchio, si veda il beffardo finale di Habemus Papam che io ho trovato molto hanekiano.
Il Nanni ha poi fatto lo sgarro, anzi lo sGarrone agli americani, sbarcati in Normandia sulla Costa Azzurra con forze ingenti, grandi registi, splendidi interpreti, eppure rimasti clamorosamente a bocca asciutta.
Il Nanni ha invece preferito premiare la Romania di Cristian Mungiu e delle due protagoniste del suo film, il Messico di Carlos Reygadas, la Danimarca di Mads Mikkelsen nella pellicola di Thomas Vinterberg, l'Inghilterra di Ken Loach e naturalmente... l'Italia di Matteo Garrone.
Un premio nazionalista che sa di inciucio?
Il verdetto cannibale arriverà solo dopo la visione dei films in concorso, comunque, a scatola chiusa, direi che una vittoria di Haneke ci sta sempre bene.

Per chiudere, la top 10 dei film passati a Cannes che attendo con maggiore curiosità.

10. The Paperboy
Il regista di Precious, Zac Efron che per la prima volta abbandona i balletti di High School Musical e le tragedie amorose dei film tratti da Nicholas Sparks, Nicole Kidman in versione porca...


9. Reality
Dopo Gomorra, Matteo Garrone e i sogni da reality-show...
Prima di preoccuparvi, vi informo che Alessia Marcuzzi NON fa parte del cast.


8. Io e te
Ci sono stati 12 minuti d'applausi al termine della proiezione del nuovo film di Bertolucci, presentato fuori concorso.
Meritati, o sarà stata la solita esaltazione da festival e quando arriverà nelle sale "normali" pioveranno 12 minuti di pernacchie?


"David, guarda che tutte quelle
ragazzine emo sono qui per te!"
7. Cosmopolis
Sta già dividendo parecchio, il nuovo film di David Cronenberg con Robert Pattinson.
Dopo quell'orrore di A Dangerous Method, a bordo di una limo il divin regista avrà ritrovato la diritta via smarrita?
Ultim'ora Ansia: dopo la consegna del premio di miglior attore, le fan di Pattinson twi-hards inferocite pare abbiano trasformato per davvero Mads Mikkelsen in One Eye.


Baaacio! Baaacio! Baaacio!
6. Lawless
Il regista di The Road alle prese con un cast della madocina: Tom (twi)Hardy, Sciaia LaBeouf, Mia Vaginowska, Guy Piercing, Gary Vecchiouomo, Jessica "Santa Subito" Chastain...


"Reese, siamo a Cannes da manco 24 ore e t'ho già messa incinta.
E poi c'è qualcuno che mi chiama McConaugay..."
5. Mud
Il nuovo film di Jeff Nichols, l'autore di quella meraviglia di Take Shelter. Si sarà confermato all'altezza del precedente o meriterà di essere spazzato via da un uragano?


"Pattinson, dì addio alla tua limo!"
4. Holy Motors
Il francese Leos Carax sembra abbia fatto il film più delirante e, forse, geniale, di Cannes 2012...
Tra echi di Lynch e Kubrick, c'è pure Kylie Minogue in versione attrice!
Già destinato a essere considerato senza messe misure un capolavoro o una porcata.


"Sei la vecchina del castello errante di Howl?"
3. Amour
Michael Haneke alle prese con una storia d'amore o meglio d'amour. Cosa diavolo succederà?
Per intanto s'è beccato la Palma d'Oro.
Bravò!


2. Laurence Anyways
Dopo lo stu-pen-do Les amours imaginaires, il giovanissimo fenomeno Xavier Dolan è atteso alla conferma.
La protagonista Suzanne Clément s'è cuccata il premio di miglior attrice (a pari merito con Emilie Dequenne per "À perdre la raison") nella categoria Un Certain Regard e il trailer promette faville...


"Dove minchia è, Cannes?"
1. Moonrise Kingdom
Wes Anderson mi è sempre piaciuto, però ho anche sempre avuto l'impressione che il suo vero capolavoro debba ancora tirarlo fuori. Sarà questo?


"Le opinioni cannibali? Bah!"
Fuori classifica: The Master di Paul Thomas Anderson.
Il film (vagamente?) ispirato a Scientology del regista di Magnolia e Il petroliere non era in Concorso a Cannes, ma sulla Croisette ne sono stati comunque presentati alcuni minuti, ben 4, più il teaser trailer. Eccolo qui.
Sento puzza di filmone. Oppure mi sta prendendo fuoco la casa?

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