sabato 9 febbraio 2013

REALITY SCIO’

Reality
(Italia, Francia 2012)
Regia: Matteo Garrone
Sceneggiatura: Ugo Chiti, Maurizio Braucci, Matteo Garrone, Massimo Gaudioso
Cast: Aniello Arena, Loredana Simioli, Raffaele Ferrante, Nando Paone, Claudia Gerini, Nello Iorio, Paola Minaccioni, Ciro Petrone
Genere: neoreality
Se ti piace guarda anche: Videocracy - Basta apparire, American Dreamz, God Bless America

Il Grande Fratello ti manda in pappa il cervello.
Su questo semplice assunto è basato Reality, l’ultimo film di Matteo Garrone.
Grazie Mattè, se non c’eri te mica lo sapevamo!

"Il mio uomo deve averlo grosso così!
Ma cosa avete capito? Intendo il cervello..."
Scherzi a parte, tanto per citare un altro programmone entrato nella storiona della televisionona italianona, Reality è una pellicola interessante. A me non piacciono i Reality, ma Reality mi è piaciuto. Abbastanza. Sì, più della gran parte dei film italiani visti negli ultimi mesi/anni. Il suo limite, come anticipato, è che non ci dice niente di nuovo. Viviamo nel presente, viviamo in Italia, sappiamo com’è la situazione. Nemmeno solo in Italia, visto che la reality-mania è una malattia che si è diffusa in tutti o quasi i paesi occidentali o se non altro nei paesi telecentrici. Un male che oggi non si è esaurito del tutto, ma si è semmai tramutato verso una forma più leggera. Il talent-show. I talent-show in linea di massima sono delle discrete porcherie, come o quasi come i reality. Se non altro, almeno nei talent uno deve saper fare qualcosa. Che poi questo saper fare qualcosa corrisponda a far vocalizzi fastidiosi alla Laura Pausini non mi sembra un gran talent, però oh, bisogna accontentarsi. E poi proprio ieri la Pausini è diventata mamma, e quindi non mi va di attaccarla troppo. La lascio tranquilla. Per ora.
Nei reality alla Grande Fratello non è invece richiesto saper fare qualcosa. Anzi, meno sai fare, e meno sai in generale, più probabilità hai di essere preso e diventare un personaggio. I reality sono l’esaltazione dell’uomo medio. Se Nietzsche proponeva la figura del Superuomo, il Grande Fratello propone la figura del medioman. Bella merda. Oppure no?
Secondo la concezione grandefratelliana, chiunque può diventare famoso, da un momento all’altro. Perché? Così, per essere se stessi. Cosa c’è di più democratico di ciò?
I 15 minuti di popolarità predetti dall'oracolo Andy Warhol nel 1968 sono diventati negli Anni Zero un vero e proprio stimolo esistenziale. Obiettivo nella vita: diventare famosi. Famosi non per una capacità particolare. Solo per essere. Solo per apparire. Paris Hilton. Devo dire altro?
Tematiche che sono ancora attuali, sebbene leggermente passate di moda. Ebbene sì, anche la tematica della popolarità sfuggente da reality-show ha vissuto i suoi 15 minuti di gloria e ora è un po’ agli sgoccioli. Quasi fuori tempo massimo, ma non ancora del tutto, arriva quindi questo Reality di Matteo Garrone, fotografia perfetta dell’Italia degli ultimi 10 e passa anni.

Era il 14 dicembre 2000 quando iniziava la prima edizione italiana del Grande Fratello, condotta da Daria Bignardi, l’edizione con Pietro Taricone, Marina La gatta morta La Rosa, Sergio “Ottusangolo” Volpini e vinta poi da tale Cristina Plevani che i più ricorderanno per le sveltine col Taricone. Da allora, il programma ha tristemente segnato l’immaginario collettivo nostrano. Più che una semplice trasmissione è diventata una filosofia esistenziale, un obiettivo per molti da raggiungere. Una volta il sogno era quello di diventare attore, scrittore, astronauta, pilota di formula 1, calciatore magari. Negli Anni Zero l’Italian Dream numero 1 è diventato quello di entrare nella casa del GF. La cosa forse più triste tra tutte dell'epopea di questo programma è stata vedere Cinecittà trasformata da Hollywood de ‘noantri a casa del GF. La cosa più divertente invece è stata Mai dire Grande Fratello.



Anni dopo, lentamente, le cose sono cambiate. Qualcuno dei concorrenti di quell’edizione ha lasciato questo mondo, qualcun altro è semplicemente sparito nel nulla, qualcun altro è tornato da dove era arrivato, qualcun altro chissenefrega e la dodicesima edizione, quella del 2012, si è rivelata un floppone di proporzioni clamorose e potrebbe anche essere l’ultima. Almeno per ora. Tanto che nel 2013, se tutto va bene, se iddio vuole, non avremo grandi fratelli tra i piedi!
Spero solo di non averlo gridato troppo in fretta.

"Te lo confesso, Grande Fratello: Pensieri Cannibali è 'na strunzata!"
Fosse uscito quindi qualche anno fa, Reality sarebbe stato IL Film. Lo specchio riflesso dark dei nostri tempi. Un po’ quello che fa la serie Black Mirror nel Regno Unito (la seconda stagione parte lunedì 11 febbraio). Però è arrivato nel 2012. Io addirittura con ulteriore ritardo l’ho recuperato solo ora nel 2013. Reality racconta quindi una Storia che è già passata. Una favola.
Il film si apre proprio con una piano sequenza da favola. In quel di Napoli si celebra un matrimonio spettacolare, con tanto di sposi in carrozza e tanto di super ospite, Enzo del Grande Fratello, figura che poi diventerà ricorrente, guest-star prezzemolino di qualunque evento sociale, dalle selezioni del GF al centro commerciale fino all’immancabile presenza timbrata in disco.
Luciano (Aniello Arena, in certe inquadrature parecchio simile ad Al Pacino) è un pescivendolo sposato e con figli e sogna di diventare come lui. Sogna di diventare “Luciano del Grande Fratello”. Quando si dice avere obiettivi importanti nella vita.

Matteo Garrone gira con respiro internazionale un film sulla realtà nazionale. Io pensavo: “Oh, finalmente mi guardo un film italiano, senza bisogno di sottotitoli o di doppiaggio. Me lo posso godere così, senza filtri. Come l’ha pensato il suo autore. Capendoci tutto, parola per parola.”
Peccato che nunn’aggio capito ‘nu cazzo. Alcuni dialoghi sono in dialetto stretto napoletano e quindi non è che siano di facile comprensione, tanto che ho cercato sottotitoli in italiano, o persino in inglese per capirci qualcosa di più, ma niente. Al di là della difficoltà per qualche dialogo, soprattutto all’inizio, il film è comunque pienamente fruibile (o quasi) nella sua totalità, e c’è cinematograficamente di che godere nei movimenti di macchina di un Garrone che guarda oltre l’osannato quanto discusso Gomorra ed è un regista sempre più bravo. Da puro incanto poi le splendide musiche composte dal francese Alexandre Desplat, ormai sempre più il numero 1 delle soundtrack mondiali e qui autore di un qualcosa davvero da lacrime, in grado di ricordare il migliore Nino Rota al servizio di Fellini.



"Luciano, ti posso truccare fino a domani, ma non somiglierai mai alla Fico."
Laddove il film funziona meno è nell’evoluzione della vicenda.
ATTENZIONE SPOILERINO
L’ossessione del protagonista nei confronti del Grande Fratello (qui condotto da una Claudia Gerini che fa l’Alessia Marcuzzi di turno, ma senza il bifidus) diventa sempre più profonda e maniacale, al punto da cadere nell’assurdo e sfiorare il ridicolo. Il film non riesce però a proporre una riflessione davvero nuova sugli argomenti che abbiamo sviscerato nell’apertura di post.
FINE SPOILERINO

È la società dell’apparire. È la cultura del Grande Fratello. Tutto è già stato detto, in proposito. Colpa di una sceneggiatura che pur partendo da ottimi spunti non si evolve in qualcosa di davvero efficace. Le sceneggiature d’altra parte sono il tallone d’Achille della gran parte delle produzioni italiane. Di grandi sceneggiatori non ce ne sono molti in giro per il Bel (?) Paese, sarà perché dalle nostre parti non è vista come una figura professionale vera e propria. C’è quasi sempre il regista o l'attore che si improvvisa anche sceneggiatore. Non sempre lo fa altrettanto bene.
A guardare il lato positivo, abbiamo comunque un grande Garrone che ci propone una (anti)favola moderna con uno stile suo, personale. Uno stile che non è neorealista, ma che semmai potremmo definire neoreality. E allora vuol dire che c’è ancora speranza, per il cinema italiano. Mai arrendersi. Never give up.
(voto 7+/10)



12 commenti:

  1. a proposito di film italiani, mi sembra che avevi intenzione di recensire "L'ultimo terrestre". Non vedo l'ora di leggerlo anche perché c'è un'attrice che conosco molto bene

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    1. de l'ultimo terrestre non ho mai scritto una vera e propria recensione.
      ti devi accontentare delle poche righe scritte quando l'ho inserito tra i miei film del 2011.. ;)
      http://pensiericannibali.blogspot.it/2011/12/i-meglio-film-cannibali-2011-n-40-31.html

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    2. e infatti mi ricordavo che avevi scritto alla fine "recensione prossimamente"

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  2. Concordo in toto.
    Film che è piaciuto parecchio anche a me ma che non ha saputo stupirmi forse proprio perché, ormai, sappiamo già tutto. Abbiamo visto tutto e i reality hanno (personalmente) fatto il loro corso.
    Immortale Mai dire con l'imitazione di Ottusangolo!

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  3. La sequenza iniziale è da sogno, così come le musiche!
    Al cinema comunque era sottotitolato... fortunatamente!

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  4. Al cinema è uscito con i sottotitoli! Il contrario di quello che succede coi film stranieri, in internet sottotitolati e al cinema no!

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  5. Ne ho sentito parlare sempre molto bene, ma ancora mi manca. Vedrò di recuperarlo al volo. Chissà che non ci permetta di essere almeno un pò in disaccordo! ;)

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  6. Mi era piaciuto parecchio, e avevo trovato Aniello Arena semplicemente perfetto.
    Mi aveva intristito molto, anche.

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    1. Eh, i film di Garrone buttan sempre giu' male anche me, per un motivo o per l'altro. :(

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  7. concordo sulla musica (bellissima) e sulla necessità dei sottotitoli
    quando uscirà il divvuddì spero ci siano, magari in norvegese

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  8. eh eh mi hai fatto ricordare quando andai a vedere a una rassegna a Pescara La capagira....ero appena reduce da un anno di caserma con corsi di pugliese accelerato e quindi il film per me non presentò difficoltà ma probabilmente ero uno dei pochi che riusciva a comprendere qualcosa perchè alle battute ridevo solo io e la gente mi guardava strano...pensavano che tra Bari e Pescara tutta questa differenza linguistica non ci doveva essere e invece... al nord circolò sottotitolato...

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