lunedì 17 luglio 2017

Il padre d'Italia: no, non è un biopic su Garibaldi





Il padre d'Italia
Regia: Fabio Mollo
Cast: Luca Marinelli, Isabella Ragonese


Tu lo sai subito, quando ti succede una cosa, se è una cosa bella o una cosa brutta?
È proprio quello che mi chiedevo mentre stavo guardando Il padre d'Italia. Mi domandavo se stavo assistendo a un bel film o meno. Valutandolo nella maniera più obiettiva possibile, la regia di tale Fabio Mollo, qui alla sua opera seconda, sembra proprio di buon livello. C'è qualche ripresa ai personaggi di spalle che rimanda allo stile di Darren Aronofsky. C'è una scena in una disco gay che pare uscita da una pellicola francese, più che italiana. Ci sono dei momenti onirici e visionari che, okay, in confronto a David Lynch non sono niente, ma in confronto a qualunque altro regista fanno ancora la loro porca figura.



Il padre d'Italia non è niente male anche a livello recitativo. Tutto merito dei due protagonisti. Isabella Ragonese conduce un vero e proprio one-woman show. È la matta-trice di turno, un po' come Valeria Bruni Tedeschi ne La pazza gioia. E con quest'ultimo film di Paolo Virzì, il lavoro di Fabio Mollo condivide anche una storia dallo spirito on the road di due personaggi tanto “disperati” quanto vivi.


Per ogni yin c'è però uno yang e così a bilanciare l'esuberanza di una Ragonese sorprendente e lontana dalla sua comfort zone ci pensa l'interpretazione dimessa, ma non meno apprezzabile, di un Luca Marinelli qui distante anni luce da un personaggio sopra le righe come Lo Zingaro de Lo chiamavano Jeeg Robot. A quest'ultimo film, Il padre d'Italia è vicino anche nel suo proporre due personaggi radicalmente opposti che eppure, una volta visti l'uno al fianco dell'altra, appaiono perfetti e invincibili solo quando sono insieme. Inoltre, pure qui Marinelli si cimenta in quello che ormai può essere considerato il suo marchio di fabbrica: cantare canzoni di dive pop-rock italiane anni '70/'80. In Lo chiamavano Jeeg Robot era il turno di Anna Oxa e della sua Un'emozione da poco, qui di Loredana Bertè con Il mare d'inverno e Non sono una signora.

Isabella Ragonese a livello musicale non è da meno. Nonostante un'estensione vocale non proprio pazzesca, la sua versione dark e rallentata di There Is a Light That Never Goes Out degli Smiths possiede un fascino notevole. Quasi quanto l'originale, ma non ditelo a Morrissey, che in questo periodo noi italiani non gli stiamo troppo simpatici e potrebbe incazzarsi.




Oltre a cimentarsi in versione cantanti, i due riescono a rendere in maniera estremamente efficace i loro personaggi. Lei una giovane donna incinta rockettara ed estroversa, che più tardi riesce a dimostrare anche una dimensione più fragile e innocente. Lui un giovane uomo omosessuale timido e riservato, che più in là tira fuori un lato più divertente e coraggioso. Il padre d'Italia potrebbe apparire allora come il classico “boy meets girl movie” e invece non lo è. Non solo perché visto che siamo in Italia è meglio definirlo un “film ragazzo incontra ragazza”, ma anche perché prende una strada differente rispetto alle solite pellicole più o meno romantiche appartenenti a questo genere. È un film che mi ha ricordato, al di là dei due titoli sopra citati, anche Fiore, un'altra delle migliori pellicole dello scorso anno, almeno secondo la classifica di Pensieri Cannibali, e che conferma quindi il buon stato di salute attuale del nostro cinema, checché se ne dica.


Il padre d'Italia è un film che va guardato oltre le apparenze, per essere gustato in pieno. È la stessa cosa che mi è capitata con Luca Marinelli. Il mio primo impatto con la sua recitazione non è certo stato tra i più positivi. L'occasione è arrivata con La solitudine dei numeri primi, film del fastidioso Saverio Costanzo girato al fianco dell'ancor più fastidiosa Alba Rohrwacher. Il secondo approccio, con Tutti i santi giorni di Paolo Virzì, non è che sia andato molto meglio. A partire da Non essere cattivo invece ho finalmente cominciato a rivalutarlo e oggi è uno dei miei attori italiani preferiti. E non solo perché in Italia non è che ci siano tutti questi attoroni in giro. È che le cose col tempo cambiano. Se ripenso al mio primo ascolto di molte di quelle che sarebbero diventate le mie band preferite, è successo qualcosa di simile: Blur, Radiohead, Oasis, Nirvana e Smashing Pumpkins sono tutti accomunati dal fatto che all'inizio non è che mi convincessero del tutto e soltanto dopo un po' di tempo sono riusciti a conquistarmi. Stesso discorso per il giovane fenomeno del cinema mondiale Xavier Dolan. Il suo film d'esordio J'ai tué ma mère l'avevo trovato abbastanza lagnoso e sopra le righe e poi, con il secondo Les Amours imaginaires, è invece scoppiato l'amour.

"Pensieri Cannibali di solito mi fa ridere..."

"...ma quando dice queste cose di me, mi fa commuovere."

Certe volte, molte volte nel mio caso, le cose che più ci piacciono non sono quelle con cui scatta un colpo di fulmine immediato. La stessa cosa è successa con Il padre d'Italia. Mentre lo guardavo, mi chiedevo se mi piacesse o meno. Poi ho smesso di pensarci e ho cominciato a godermi il film e basta, a entrare del tutto nelle vite dei due protagonisti e alla fine l'ho capito: Il padre d'Italia è una cosa bella.
(voto 7+/10)

6 commenti:

  1. Così serio e misurato sai che forse non ti ho mai letto? Cosa ne hai fatto del Cannibale? Sei Ford?
    Scherzi a parte, sai che l'ho adorato. Non è mai un film politico, schierato, ma dice più cose il monologo finale di Marinelli (straordinario, e rivediti Tutti i santi giorni: il suo Guido è memorabile, non può starti antipatico) che tanti striscioni da piazza.
    Affascinante la versione degli Smiths di Isabella. E, se non l'hai mai sentita, mi piace pure quella indie-folk dei Passengers. :)

    RispondiElimina
  2. Nel cinema della zona, guarda caso, non se ne vede l'ombra, neanche con questo sole. In qualche modo lo recupererò sia per la Ragonese che per Marinelli che, come te, ho saputo apprezzare con il tempo :)

    RispondiElimina
  3. Che si può dire se non "che bel film" e "che bravi attori"? Una storia che lentamente convince e finisce per commuovere, mai l'avevo sentita così straziante Mare d'inverno, Marinelli rivalutatore di vecchie hit pop.

    RispondiElimina
  4. Ne avevo già letto bene, e normalmente questa tua recensione dovrebbe spegnere le aspettative: eppure questo tono come giustamente scrive Ink molto fordiano quasi mi conforta.
    Quasi. ;)

    RispondiElimina
  5. Lo avevo dimenticato... Grazie del post, che me lo hai fatto ricordare XD
    Così lo recupero al più presto

    RispondiElimina
  6. Davvero un bel film, due protagonisti davvero enormi, Marinelli ormai è una garanzia e la Ragonese era da un sacco di tempo che non la vedevo, ma mi piace davvero tantissimo. Un film davvero bello!

    RispondiElimina

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

DISCLAIMER

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. L'autore, inoltre, non ha alcuna responsabilità per il contenuto dei commenti relativi ai post e si assume il diritto di eliminare o censurare quelli non rispondenti ai canoni del dialogo aperto e civile. Salvo diversa indicazione, le immagini e i prodotti multimediali pubblicati sono tratti direttamente dal Web. Nel caso in cui la pubblicazione di tali materiali dovesse ledere il diritto d'autore si prega di Contattarmi per la loro immediata rimozione all'indirizzo marcogoi82@gmail.com