lunedì 25 marzo 2019

Serial Killer - Le serie più fighe e quelle più merdose di marzo 2019





È primavera, svegliatevi serine!
Il 2019 telefilmico è iniziato con alcune cosette intriganti, ma ho l'impressione che il meglio debba ancora arrivare. Nel frattempo andiamo a dare un'occhiata a quanto capitato sul piccolo schermo nelle ultime settimane.

P.S. La stagione 2 di The OA ho appena iniziato a vederla e quindi se ne riparlerà qui il mese prossimo. Sempre se ci avrò capito qualcOsA.


Serie top del mese

The Order

Ho trovato il nuovo Buffy l'ammazzavampiri. O qualcosa del genere. Si chiama The Order, va su Netflix ed è una serie TV fantasy adolescenziale. A questo punto potreste pensare alla solita robetta young adult stile Twilight e invece non è così. Non del tutto, almeno. The Order per fortuna non si prende sul serio come la maggior parte delle saghe teen degli ultimi due decenni e riprende l'ironia tipica di prodotti anni '90 come appunto Buffy. Solo che in questo caso non si parla di vampiri. Qui ci sono i licantropi e c'è pure una congrega di magia. Il protagonista è un lupo mannaro che viene preso nella setta magica del college che frequenta. Una specie di Hogwarts in versione confraternita stile The Skulls. Mi rendo conto che possa sembrare sempre di più la solita robetta fantasy, però nonostante qualche difetto qui si ride parecchio. Merito di un gruppetto di personaggi niente male e di un protagonista idolesco, Jack Morton interpretato da Jake Manley che, ok, non sarà Buffy, ma grazie al suo umorismo cinico e disilluso vince e convince.


In altre parole: guardate The Order. È un ordine!


After Life

After Life parte con il messaggio di una donna morta di cancro al marito, rimasto solo come un cane. O meglio, solo con un cane.


Sembra l'inizio perfetto per la serie più buonista, puccettosa e paracula dell'anno. Poi arriva una battuta sulla pedofilia e capisci che no, Ricky Gervais non si è addolcito. Non completamente. Il co-creatore della storica serie britannica The Office è ancora un bastardo di prima categoria. Qui ha il ruolo di un tipo depresso con manie suicide che non riesce proprio ad accettare la morte della moglie. C'è da dire che chi ha sul serio istinti suicidi non sta a dirlo agli altri tutti i giorni tutto il giorno, però Ricky Gervais è un autentico rompicoglioni e quindi pure in versione suicida rompicoglioni, anziché fare fuori se stesso, fa venire voglia agli altri di farla finita. La serie invece per fortuna no. Fa venire voglia di divorare gli episodi (appena 6) dalla breve durata (25-30 minuti l'uno) uno dopo l'altro. A tratti fa ridere, a tratti deprime un po', a tratti, molti tratti, fa venire voglia di prendere a pugni Ricky Gervais, ma finisce che gli vuoi anche un po' di bene. Ho detto un po'.



Serie così così del mese

American Gods
(stagione 2)

La prima stagione di American Gods era stata strana. O se non altro era stato strano il mio approccio a essa. Avevo cominciato a leggere il romanzo di Neil Gaiman da cui è tratta, solo che poi mi ero stufato e lo avevo abbandonato. Più che per noia, l'avevo lasciato da parte per non avere spoiler della serie, che avevo iniziato nello stesso periodo e che, dopo i primi poco convincenti episodi, aveva cominciato a intrigarmi. Soprattutto con l'ingresso in scena di Laura Moon (Emily Browning), la Dead Wife cui era stato anche dedicato uno degli header di Pensieri Cannibali.


Spero che con la stagione 2 le cose vadano alla stessa maniera. Per adesso la partenza è stata piuttosto sottotono, ma la speranza che con le prossime puntate possa carburare è ancora viva. Quale Dio devo pregare perché ciò avvenga?


Now Apocalypse

Now Apocalypse non è una serie bellica, non è ambientata nel Vietnam, non resuscita Marlon Brando e non è diretta da Francis Ford Coppola. È invece la prima creatura seriale di Gregg Araki, quello che può essere considerato un po' il Francis Ford Coppola della Doom Generation. O almeno uno dei miei registi preferiti. Per molti versi, Now Apocalypse è proprio quanto ci si possa aspettare da lui. È un delirio post-adolescenziale a base di sesso, droga & rock'n'roll, più folli risvolti apocalittici e fantascientifici. In pratica è quasi una versione seriale di Kaboom, un film che mi aveva esaltato e divertito tantissimo. Solo che a questo giro il gioco comincia a farsi un pochino ripetitivo, Araki cita e plagia se stesso e il suo stile più che un'evoluzione pare avere un'involuzione. Chissà però che, dopo una partenza che intrattiene ma non sfavilla del tutto, la serie non riesca a fare il botto. Un nuovo Kaboom!



Unsolved

Unsolved è una nuova serie antologica. Come American Horror Story, o American Crime Story. Non so se in futuro avrà altre stagioni, ma questa prima stagione si concentra su The Murders of Tupac and the Notorious B.I.G., gli omicidi di Tupac e Notorious B.I.G., i due rapper morti in circostanze molto oscure negli anni '90, a distanza di pochi mesi l'uno dall'altro. Un doppio caso, un doppio mistero con cui sono cresciuto e che ancora oggi resta appunto Unsolved. Questa serie prova a fare luce, per quanto possibile, su quanto successo e lo fa con un approccio in stile True Detective, con salti temporali tra epoche differenti e indagini serrate. Solo che non è True Detective. Ha un approccio quasi documentaristico, per cercare di restare fedele ai fatti realmente successi. Le parti più interessanti non sono però quelle più strettamente crime, bensì quelle dedicate a Biggie e Tupac (quest'ultimo interpretato da un Marcc Rose che è la sua fotocopia), alla loro musica e al loro rapporto da nemiciamici.


Le parti investigative sono invece troppo da crime tradizionale per i miei gusti e soprattutto le vicende dei detective coinvolti non sono appassionanti quanto quelle dei protagonisti di True Detective. Vicenda interessante, soprattutto per chi è cresciuto con il gangsta rap 90s yo, serie meno.



Serie flop del mese

Il nome della rosa

Io ooodio Il nome della rosa. Il libro, il film e adesso anche la serie. Serie? Definirla fiction è già tanto, visto che la Rai negli ultimi tempi ci ha abituati a cose parecchio migliori, da L'amica geniale a Io sono Mia.
Devo confessare che il mio approccio con Il nome della rosa è stato disastroso fin dal principio. Al liceo dovevo leggerlo per un'interrogazione. Solo che, dopo le prime pagine, ho dovuto abbandonare per noia. Sì, oltre ad American Gods ho abbandonato anche Il nome della rosa! Cosa volete farci? Sono uno che si stufa in fretta. Che cazzo me ne fregava a me ai tempi dei contrasti tra l'ordine francescano e il papato avignonese e gli omicidi che avvengono in un'abbazia benedettina del 1300? E che cazzo me ne frega ancora oggi?


Anziché finire di leggere il libro più palloso nella storia dell'umanità, ho così deciso di guardarmi il film, per fare prima. Pure in quel caso non è stato per niente facile. Mi sono assopito in continuazione e credo di essere arrivato ai titoli di coda soltanto grazie al salvifico tasto flash-forward del videoregistratore. Perché allora, anche se non eravamo nel 1300, i film li si vedeva ancora in VHS. Non ricordo come sia andata l'interrogazione esattamente, ma mi pare in maniera atroce. Cosa che ha contribuito ad accrescere ulteriormente il mio odio nei confronti dell'opera scritta da Umberto Eco. Cosa ne penserebbe lui di queste mie opinioni contro il suo romanzo?
Probabilmente che è la dimostrazione di come “i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli”. Che è un po' come dare la colpa a Facebook della strage nelle due moschee della Nuova Zelanda, cosa che in effetti è stata fatta. Com'è però che nazismo, fascismo, suprematismo bianco e Ku Klux Klan si sono diffusi ben prima della nascita dei social?


Chiudendo questa parentesi polemica socio-politico-mediatica, torniamo alle polemiche su Il nome della rosa. La miniserie televisiva è noiosa proprio quanto ricordavo essere sia il romanzo che il film. La nuova versione mi sembra cerchi un approccio più contemporaneo, ammiccando qua e là a serie come Sherlock e Game of Thrones, ma finendo più che altro per sembrare una (brutta) puntata di CSI ambientata in un'abbazia. Il protagonista Guglielmo da Baskerville, interpretato qui da John Turturro, è un so-tutto-io insopportabile, probabile eco dell'autore del romanzo originale, mentre gli altri personaggi oscillano tra il ridicolo e l'inutile, “impreziositi” dalle performance di un cast che fa di tutto per dare del suo peggio. Da un Rupert Everett mai tanto pessimo a una Greta Scarano – qui di solito adorata – che fa ridere i polli. Per non menzionare, e invece sì, un Fabrizio Bentivoglio tragico.


Io ooodio Il nome della rosa. E adesso ancor di più.


Pretty Little Liars: The Perfectionists

Tremate, tremate, le troiette son tornate!
È arrivata la serie spin-off di Pretty Little Liars, il guilty pleasure seriale per eccellenza degli ultimi anni. Non che mi attendessi un capolavoro, però speravo che sarebbe riuscito a rivelarsi anch'esso un piacere godurioso. E invece no. The Perfectionists è lagnosa, inutile. Una soap sterile, girata e recitata peggio delle fiction Mediaset. Della serie storica ci sono l'idola Mona, che però pare ormai la parodia di se stessa, e Alison, la Liar peggiore, una che aveva senso di esistere solo quando sembrava fosse morta, interpretata sempre da Sasha “bau bau” Pieterse. Per altro in inverosimile versione docente universitaria di letteratura. Una che al liceo ci andava solo per bullizzare i compagni. Ma mi faccia il piacere!


I personaggi nuovi sono poi piacevoli quanto la voce di Giusy Ferreri in una hit estiva. Sono talmente piatti che non ti viene manco voglia di vedere chi di loro farà una brutta fine, e uno la fa già nel primo episodio, come ad esempio capita con i personaggi di molti teen horror. Ho seguito 7 stagioni 7 di Pretty Little Liars, guardando TUTTE le puntate, mentre nel pilota di questo spin-off non ho trovato manco una ragione per proseguire nella visione.
The Perfectionists non è TV trash. È solo spazzatura.



Guilty pleasure del mese
Northern Rescue

Northern Rescue è un family drama tradizionale. È tipo Everwood. In quel caso c'era un medico di New York che si trasferiva con i figli in un paesino letteralmente in culo ai lupi in seguito alla morte della moglie, qui troviamo invece un tizio che si occupa di ricerca e soccorso in quel di Boston che, dopo la morte della moglie, si trasferisce con i figli pure lui in una cittadina dimenticata da Dio. I toni in questo caso sono più leggeri e meno drammatici. È una serie un po' meno piagnona, per fortuna. Con in più una piccola dose di umorismo, fornita più che altro dall'idolesca figlia maggiore ribelle, Maddie interpretata da Amalia Williamson. Una di cui credo sentiremo ancora parlare. E Dio benedica i pantaloncini corti e le calze a rete che sfoggia in OGNI puntata. Anche quando ci sono meno 30 gradi.


Northern Family è un family drama tradizionale ma, in mezzo a una miriade di serie fantasy, supereroistiche, distopiche, appare quasi come un prodotto fantascientifico. Qui è tutto normale. Noiosamente normale?
No. Tra tanti prodotti che cercano di stupire ed esagerare in ogni modo possibile, con le sue piccole e grandi disavventure di vita quotidiana Northern Rescue rappresenta una piacevole boccata d'aria fresca.


Cotta del mese
Lana Condor (Deadly Class)

Lana Condor è una ragazza vietnamita adottata da una coppia statunitense che si è fatta notare nel film Netflix Tutte le volte che ho scritto ti amo. Lì devo dire che non mi aveva colpito molto, intendo fisicamente. La vedevo più come... un'amica. Guardandola nella serie Deadly Class invece, come capiterebbe in una romcom, mi sono preso una cotta per lei. Merito anche del suo personaggio, Saya Kuroki, una letale guerriera giapponese che sembra uscita dritta da Kill Bill. Che stile!

Episodio del mese
Roswell, New Mexico, s01e07 “Smells Like Teen Spirit”

Roswell, New Mexico è la versione reboot/remake 2.0 di Roswell. Per omaggiare la serie originale, ogni episodio ha lo stesso titolo di un pezzo celebre degli anni '90, da Don't Speak dei No Doubt a Champagne Supernova degli Oasis. Non stupisce che la puntata migliore, almeno fino ad ora, sia quella intitolata Smells Like Teen Spirit. La canzone dei Nirvana non è stata scelto a caso, visto che questa è una puntata flashback in cui viene rivissuto il periodo liceale dei protagonisti, ed è qui appunto che viene fuori il loro... teen spirit.


Spazio vintage
Beverly Hills 90210


Quando facevo le medie, giovedì era il mio giorno preferito. Il motivo? Il giovedì sera Italia 1 trasmetteva Beverly Hills 90210. La serie TV che mi ha trasformato in un telefilmaniaco. La serie teen per eccellenza. Il cult adolescenziale dei cult adolescenziali. In precedenza avevo già guardato Twin Peaks. Solo che quella era stata una visione imposta dai miei genitori, che mi provocò vari traumi infantili che ancora mi porto dietro. Beverly Hills 90210 è invece stato il primo telefilm che ho seguito volontariamente, con costanza e di cui mi sono visto TUTTI gli episodi. Per la cronaca 293 + 11 speciali. Il primo amore non si scorda mai e io non credo amerò mai niente o nessuno come ho amato Beverly Hills 90210.


Potete quindi capire quanto la morte di Luke Perry, l'interprete di Dylan McKay, il più figo tra tutti i fighi, abbia rappresentato un duro colpo per me. La fine dell'adolescenza. Qualcuno dirà che, visto che ho raggiunto quota 37 anni, era anche ora. Potete inoltre comprendere il timore che avrò nell'approcciare il nuovo 90210, il revival/reboot della storica serie anni '90, che arriverà sugli schermi statunitensi, e quindi di riflesso anche sui nostri servizi di streaming, quest'estate. 90210 versione 2019 sarà molto differente dal telefilm che ricordavamo. Non sarà più una serie teen. E grazie. Gli attori ormai non sono più dei ragazzini. Al di là di questo, si preannuncia come un mockumentary in cui Jason Priestley e compagni non interpretano Brandon e gli altri, bensì una versione esagerata di loro stessi. Il rischio è quello di trovarsi di fronte un mezzo reality in cui a divertirsi sono solo gli stessi protagonisti. Di contro, esiste anche la possibilità che si rivelerà qualcosa di folle, geniale e sorprendente. Con in più un velo di malinconia, reso ancora più forte dalla scomparsa di Dylan. Pardon, di Luke.



9 commenti:

  1. Sono indietro su tutto, ma per fortuna ho già amato After Life e mollato al primo episodio Il nome della rosa. Mi ispira da morire Now Apocalypse!

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  2. sto seguendo The Order e sembra un mix tra Teen Wolf (con effetti speciali migliori) e The Magician. Mi mancano quattro episodi per terminare e al momento sembra abbastanza carina! Di American Gods ho preso il romanzo proprio qualche giorno fa. Vorrei leggerlo prima di vedere la serie tv. Ne ho sentito di tutti i colori, ma è un genere che mi ispira parecchio, quindi speriamo bene!
    Now Apocalypse l'ho scoperta da poco e sembra parecchio interessante!

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  3. Segnalo il nuovo show di Gervais su Netflix (Humanity). Lui è cattivissimo e parecchio divertente.
    Far leggere a un liceale "Il nome della rosa" è demenziale (come mio figlio in prima liceo che dovette leggere "Le ultime lettere di Jacopo Ortis). Un libro che si può apprezzare solo in età adulta. Detto questo: la serie è veramente pessima!

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  4. The OA l'ho appena cominciata e chissà se ci capirò qualcosa anch'io.

    Con il tempo più tiranno faccio una bella scrematura e amato After Life salvo di questa lista solo Now Apocalypse, abbassando di un po' le aspettative.
    Il giovine invece freme per American Gods, ma tocca ammettere che della prima stagione ricordo gran poco.

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    1. In rete ho trovato una specie di episodio 2x00 di American Gods, che è un riassuntone di una decina di minuti della prima stagione. Prima di iniziare la seconda ti consiglio di guardarlo.
      Pure io se no senza non ricordavo quasi niente... :)

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  5. Io ti consiglio una lettura de "Il nome della Rosa" saltando le prime 80 pagine che, in effetti, mettono a dura prova chiunque; credo che ai tempi in cui lo lessi, andai avanti solo perché qualcuno mi aveva dato lo stesso identico consiglio. Alla fine gliene fui grato. Sulla serie sono d'accordo con te: è partita benino, poi allunga un po' il brodo e, diciamocelo, Umberto Eco di tutto ha bisogno fuorché di venire allungato.

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  6. Stavolta niente da dire, vista nessuna e conosco quasi nessuna purtroppo, almeno per il momento ;)

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  7. Clamorosamente indietro su tutto, ma non è una novità.
    La morte di Perry è stata un pezzo d'infanzia portato via.

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