domenica 23 marzo 2025

Ma dici sul serie? Adolescence, L'arte della gioia, Il Gattopardo e le altre serie tv di Marzo 2025







Serie del mese

Adolescence
(miniserie)

Porca puttena! Lo so che ci sarebbero un sacco di cose da dire su una miniserie come Adolescence, e in questi giorni ne sono state già dette parecchie, ma le prime parole che mi vengono in mente sono quelle rese immortali da Lino Banfi: porca puttena!

Erano anni che non usciva una serie del genere, una con uno stile narrativo così definito e particolare. Forse dai primi anni zero, dall'arrivo di 24. Una di quelle serie che ti fanno chiedere: "Ma perché le serie non le girano tutte così? E perché nessuno ci ha pensato prima?".


Adolescence è composta da appena 4 episodi. Ogni episodio è girato in piano sequenza, con un'unica ripresa senza stacchi. Al cinema è qualcosa che si è già visto, ad esempio nella scena d'apertura de L'infernale Quinlan di Orson Welles, e più di recente in film realizzati completamente in piano sequenza, veri o apparenti che siano, come Birdman e Victoria.

Anche in TV ci sono alcune scene girate in piano sequenza rimaste impresse nella memoria, come quelle in True Detective e in Daredevil, e ci sono stati episodi di Mr. Robot (il quinto della terza stagione) e di The Bear (il settimo della prima stagione) filmati in piano sequenza. Non credo però ci sia mai stata una serie che sceglie il piano sequenza per ogni episodio e che lo fa diventare la sua ragione d'essere. Non si tratta comunque di uno sterile esercizio di stile. Tutt'altro. Si tratta di una combinazione perfetta tra forma e sostanza, nonché della scelta migliore per raccontare questo tipo di storia. Quale storia?


Il caso di un ragazzino tredicenne che viene accusato di aver commesso un agghiacciante omicidio. Un crime, quindi, come ce ne sono tantissimi. Mai nessuno però era stato raccontato così. Adolescence è una di quelle rare, rarissime serie che segna un prima e un dopo. Guardandola sono stato travolto dalla devastante vicenda raccontata e da come segni i personaggi coinvolti. Allo stesso tempo ho inoltre avuto la sensazione di assistere a un momento di Storia della Televisione svolgersi davanti ai miei occhi. Non dico che d'ora in poi tutte le serie saranno girate così. Sarà però dura non tenere a mente in futuro questi quattro memorabili episodi. Il mio preferito e mi sembra di capire anche il preferito di tutti è il terzo, quello dell'incontro del protagonista con la psicologa, ma pure gli altri tre sono impressionanti.


Adolescence è una lezione di regia, ma anche di come si possano ancora trovare nuovi modi di raccontare, prendendo quello che è stato fatto in passato e reinventandolo in una maniera originale. Detto questo, tralasciando la magnificenza della realizzazione per noi nerd appassionati di regia e di cose del genere, Adolescence è anche una miniserie travolgente a livello emotivo. La metti su e dal primo all'ultimo minuto di ognuno dei suoi quattro episodi ti tiene incollato e con il fiato sospeso, come se la stessi vivendo in presa diretta sulla tua stessa pelle, e una volta finita fai fatica a pensare ad altro. A come riesca a riflettere in maniera efficace e non moralistica su temi d'attualità come maschilismo tossico, femminicidio, bullismo e social network, ma anche più in generale sull'adolescenza, sul ruolo della famiglia e dell'istruzione.


Se ancora non l'avete vista, fermatevi e mettete in pausa tutto ciò che state facendo. Saltate la scuola o il lavoro, datevi per malati o licenziatevi, in ogni caso prendetevi una giornata libera e guardatevi Adolescence. Che serie, porca puttena, che serie!
(voto 9+/10)


Le altre serie

L'arte della gioia
(miniserie)

Più che L'arte della gioia, dovevano chiamarla L'arte della mainagioia. Alla protagonista durante l'infanzia succedono le peggio cose che potreste mai immaginare, e pure di peggio ancora. Una delle cose migliori che le capitano è essere accolta in un convento, fate vobis. Durante l'adolescenza le cose per lei cambieranno?


Insomma. Scoprirlo comunque è una gioia, visto che L'arte della gioia di gioie allo spettatore ne regala parecchie. Tipo una storia in costante evoluzione, che a ogni episodio prende svolte inaspettate e non si adagia nella ripetitività come invece fanno tante altre serie. Tipo la regia affascinante e ispirata di Valeria Golino. Tipo le atmosfere molto sensuali che accompagnano gran parte della visione. Tipo la perfidamente esilarante principessa Gaia Brandiforti interpretata da una scatenata Valeria Bruni Tedeschi.


Tipo l'originale principe "freak" interpretato da Giovanni Bagnasco.


E tipo l'interpretazione di Tecla Insolia, il vero valore aggiunto della miniserie.


A 21 anni Tecla in L'arte della gioia sembra già dare la sua tesi di laurea in recitazione e come voto si merita un 110 e lode con bacio accademico. Possibilmente con la lingua.
(voto 7,5/10)


Il Gattopardo
(miniserie)

Mi hanno obbligato a vedere Il Gattopardo di Luchino Visconti alle scuole medie. Sarà che non è proprio la visione più adatta a un ragazzino di 12 o 13 anni, ma ho pensato che fosse la cosa più noiosa che avessi mai visto e che non avrei mai visto niente di più noioso. Una trentina d'anni dopo ho scoperto che mi sbagliavo. La serie Il Gattopardo è ancora più soporifera, talmente tanto che m'ha fatto venire voglia di tornarmene in letargo e al diavolo la primavera.

Ho proseguito nella visione più che altro per scoprire come se la cava da attrice Deva Cassel, la figlia di Monica Bellucci e Vincent Cassel, visto che non compare subito all'inizio della storia. Devo dire che le sue doti recitative sono inversamente proporzionali alla sua bellezza. Ed è molto bella.


Non c'è niente da fare. Nonostante il tentativo di farne una specie di Bridgerton siciliano, nemmeno questo adattamento del romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa è riuscito a catturare la mia attenzione. Non è proprio la mia cosa. Per almeno altri 30 anni, io con Il Gattopardo sono a posto così, grazie.
(voto 4/10)

P.S. Aò, il romano Kim Rossi Stuart che cerca di parlare con accento siciliano nun se pò sentì, minghia!



Mare fuori
(stagione 5, episodi 1-6)

La stagione 4 di Mare fuori non era sta accolta proprio benissimo. "Agg scassat o' cazz" era il commento più gentile ricevuto. La serie aveva quindi bisogno di un cambio di rotta e con la quinta stagione c'è stato, a partire dalla regia, passata da Ivan Silvestrini al talentuoso Ludovico Di Martino, che aggiunge un intrigante tocco onirico. A livello di sceneggiatura non tutto funziona al meglio, la magia delle prime tre stagioni in parte è ormai svanita, però i nuovi personaggi riescono a dare il loro contributo, in particolare il supervillain Samu, e la piega sempre più dark e cattiva presa è accattivante.


Se dopo la quarta stagione il naufragio sembrava scontato, a sorpresa invece Mare fuori ritorna a galla e sembra avere ancora la sua da dire. Agg scassat o' cazz?
Non ancora, guagliò.
(voto 6,5/10)


Sconfort Zone
(stagione 1)

Nella sua nuova serie Capatonda sembra essere stufo di Maccio, dei suoi vecchi personaggi e di ciò che il pubblico si aspetta da lui, e per dircelo gioca paradossalmente la carta dell'autobiografia, interpretando proprio se stesso, o comunque una versione fiction di se stesso, in una maniera analoga a quanto fatto di recente in Vita da Carlo. Pur rimanendo sempre Maccio, in Sconfort Zone Capatonda si è verdonizzato, lo dico come complimento, e ha realizzato un po' il suo Vita da Maccio. Il suo umorismo qui è meno esilarante rispetto al passato e assume dei contorni più riflessivi. Tranquilli, si ride comunque, ma questa volta il sorriso si fa più amaro.


La missione di uscire dalla sua comfort zone è però riuscita soltanto a metà, con un alternarsi di idee e momenti riusciti ad altri meno. L'impressione è che questa ricerca dentro se stesso sia soltanto all'inizio e Maccio possa scavare più a fondo di così. Preghiamo Padre Maronno affinché questo possa avvenire presto.
(voto 6,5/10)


Scissione (Severance)
(stagione 2)

Bah. Il mio commento all'acclamata seconda stagione di Severance è un po' lo stesso di quello alla prima. Un gigantesco bah. Purtroppo sono tra i pochi a non condividere l'entusiasmo nei confronti di questa serie che in diversi momenti mi sembra scritta apposta soltanto con l'intento di vincere degli Emmy Awards e di dimostrare quanto sia intelligente e geniale, quando in realtà non mi sembra che abbia così tanto da dire. Come direbbero i giudici di certi talent show: "Non mi hai emozionato, cara Severance. Non mi sei arrivata".


Qual è il mio problema con questa serie?
Ci ho pensato su un bel po' e sono giunto alla conclusione che fondamentalmente non mi piacciono i personaggi. Se ad esempio Lost, serie a cui credo debba molto, era composta quasi unicamente da personaggi strepitosi, lo stesso non si può dire di Severence. Non c'è nessuno a cui sono davvero affezionato. Il mio preferito, per dire, è Mr. Milchick, che comunque considero simpatico quanto un dito nel cul*.


Nonostante la grande cura nella regia, nella sceneggiatura e nelle interpretazioni, che verranno probabilmente premiate agli Emmy, ai Golden Globe e agli altri awards show in una maniera analoga a quanto successo la scorsa stagione a Shōgun, in tutto questo freddo sfoggio di talento io c'ho trovato a malapena qualche buona idea in mezzo a un sacco di noia. Sarà colpa mia, cara Severance, ma continui a non arrivarmi.
(voto 6/10)


Cotta del mese
Aimee Lou Wood (The White Lotus, Toxic Town)

Dopo averla vista in Sex Education, Aimee Lou Wood con quei suoi adorabili denti unici affascina ancora di più in due serie recenti: The White Lotus stagione 3, che è partita in sordina ma col quinto episodio si è finalmente accesa, e Toxic Town, miniserie inglese che racconta una preoccupante storia vera in maniera diligente, senza enormi sussulti rispetto a vicende simili in stile Erin Brockovich. Se quest'ultima serie per quanto ben fatta non stupisce in maniera particolare, Aimee Lou Wood invece sfoggia il sorriso più sorprendentemente e maledettamente sexy del momento.


(voto a The White Lotus stagione tre: per ora in sospeso
voto a Toxic Town 6/10)


Guilty Pleasure del mese
Running Point
(stagione 1)

Con Running Point, Netflix fa canestro e realizza una serie guilty pleasure perfetta. C'è un pizzico di family drama, con le vicende di una famiglia disfunzionale che gestisce una popolare squadra NBA in crisi, una specie di versione fittizia dei Los Angeles Lakers. C'è dentro un po' di sport, ma la visione scorre via liscia anche per i meno appassionati di basket. C'è un po' di romanticismo e sentimentalismo, ma mai troppo, e soprattutto ci sono un sacco di risate, momenti divertenti e pure scemi.

La protagonista Kate Hudson si conferma sempre a suo agio nelle comedy leggere ed è l'MVP dello show.


Attenzione però anche al rookie rivelazione Chet Hanks, nei panni del classico sbruffone maranza misogino di turno. Uno di quei ruoli che più lontani non si potrebbero immaginare da quelli tipici del suo celebre padre, Tom Hanks. A guardarli bene, i due non sembrano avere proprio niente in comune. Tom, sicuro sia davvero tuo figlio?


Già confermata per una seconda stagione, Running Point è quindi la visione che ci vuole per staccare dai problemi quotidiani. O per fare un time out tra una serie impegnata e l'altra. Se cercate qualcosa per riprendere fiato dopo aver guardato Adolescence, insomma, è il titolo giusto.
(voto 6+/10)




2 commenti:

  1. Sono felice di aver iniziato Adolescence a scatola chiusa. Arrivati alla centrale di polizia ho capito che sarebbe stata tutto un piano sequenza e ho iniziato a drizzare le antenne, divorando il resto degli episodi. Che potenza! per non essere più Lino Banfi :)

    Severance con questa seconda stagione girata altrettanto bene "mi è cresciuta", con qualche risposta in più e qualche domanda ancora aperta, ha la mia approvazione.

    Adorata Running Point e anche L'Arte della Gioia, vista però come film in due parti al cinema, che riesce a non cedere mai.
    Se nemmeno tu approvi questa versione alleggerita de Il Gattopardo, perché devo sacrificare il mio poco tempo?

    Penso per colpa di quel sorriso un po' così, ma fino alla settimana scorsa confondevo Aimee Lou Wood con l'Hannah Murray di Skins, era impossibile fossero la stessa persona per età, ma le sovrapponevo completamente...

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  2. Dove tu vai controcorrente con Severance io ci vado con Adolescence.
    Il piano sequenza è una figata ma l’esaltazione nerd-cinefila non mi ha impedito di rilevare (quelle che per sono) le parti poco convincenti: certi dialoghi e personaggi piatti, didascalici, caricaturali, poco naturali; tematiche varie buttate lì in modo superficiale. Il finale nella camera del figlio mi è piaciuto ma preceduto da 10 minuti noiosissimi (mi sono sembrati molti di più) in cui moglie e marito si raccontano cose a uso e consumo del pubblico. Pure sui piani sequenza mi è venuto da domandarmi se abbiano una ragion d’essere o siano un puro sfoggio di abilità (incontestabile)… Curioso, poi, che l’episodio che è piaciuto di più (me compresa) sia quello con meno cambi di ambientazione; e, sì, lì usare il piano sequenza è funzionale ad aumentare l'intensità emotiva in un momento topico della serie.

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