Serie del mese
Monster - La storia di Ed Gein
(miniserie)
Si può vedere su: Netflix
Genere: psycho killer, qu'est-ce que c'est? Fa-fa-fa-fa, fa-fa-fa-fa, far better run-run, run-run-run away
Consigliato in particolare a: gente con qualche problema serio
Mentalità bigotta + repressione sessuale + immaginario nazifascista. Sembrano le premesse ideali per un party di Fratelli d'Italia e invece sono le basi con cui è cresciuto Ed Gein. Uno dei più celebri serial killer di tutti i tempi a cui, finora, non era mai stata dedicata una serie. A colmare questa lacuna ci ha pensato la serie antologica Monster con il nuovo capitolo dedicato ai mostri seriali, intesi sia come assassini seriali che come protagonisti di serie tv, dopo le precedenti stagioni dedicate a Jeffrey Dahmer e ai fratelli Lyle ed Erik Menéndez.
Ed Gein sta ai serial killer un po' come i Beatles stanno alla musica pop. Un sacco di assassini psicopatici fittizi sono ispirati più o meno liberamente, o almeno in alcuni tratti, alla sua figura, da Norman Bates di Psyco a Leatherface di Non aprite quella porta e Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti, ma anche numerosi assassini veri. L'originale però è lui. Non so se è una cosa di cui vantarsi con gli amici, ma così è.
Uno degli aspetti più interessanti della serie è proprio quello di contestualizzare la vicenda di Ed Gein all'interno dell'influenza che ha avuto nella cultura di massa, e allo stesso tempo come la Storia abbia influito sulla sua mente. La serie si intitolerà anche "La storia di Ed Gein", ma non è solo la sua storia. Più in generale è la storia della fascinazione del male nell'America e nella società occidentale tutta. Se vogliamo, è un po' anche una mini-storia del genere horror.
Per quanto riguarda la scelta di far interpretare Ed Gein a Charlie Hunnam, all'inizio non ero convinto fosse particolarmente riuscita. L'attore britannico, che per carità in Sons of Anarchy era perfetto nei panni del protagonista Jax Teller, finora non è che avesse mai brillato particolarmente per capacità recitative straordinarie o per un particolare trasformismo. In questa serie trovo invece che abbia fatto un lavoro pazzesco, in tutti i sensi, non solo sulla trasformazione fisica e sulla voce (il consiglio ça va sans dire è quello di vederla rigorosamente in lingua originale), ma anche risultando dolce e inquietante nello stesso momento e riuscendo a dare un'umanità inaspettata a un personaggio noto come il "macellaio di Plainfield". Alla fine mi sono persino quasi commosso.
Notevole anche il resto del cast, in cui spiccano in particolare Laurie Metcalft (nei panni di madre).
Ma anche Lesley Manville, Vicky Krieps e la crush di Ed Gein (nonché la mia) Suzanna Son.
Mentre mi chiedo se il fatto di essere una serie così emotivamente forte e toccante possa essere considerato un pregio o un difetto - non è che hanno finito per rendere Ed Gein persino troppo umano? - mi rendo conto che questa visione fa fatica a uscirmi dalla testa. Di biopic ce ne sono tanti, di film e serie sui serial killer pure, eppure Monster ancora una volta è riuscita a trovare un modo diverso, e più che mai stratificato, per raccontare la storia più antica del mondo: l'attrazione dell'umanità nei confronti del male.
(voto 8/10)
Le altre serie
Il Mostro
(miniserie)
Si può vedere su: Netflix
Genere: true crime
Consigliato in particolare a: chi pensava di sapere già come sono andate le cose, e invece...
Hanno fatto una serie tv sul mostro di Firenze. Però l'hanno chiamata solo Il Mostro, per evitare polemiche cittadine, come capitato l'anno scorso con la serie Avetrana - Qui non è Hollywood.
No, per evitare confusione, il mostro di Firenze non è il signore qui sopra. L'ho usato solo per la sua reacscion. Personalmente, quando penso al mostro di Firenze, la prima persona che mi viene in mente è Pacciani.
Pensavo quindi che Il Mostro avrebbe parlato anche e soprattutto di lui. Avevo ragione?
No, sbagliavo. Il Mostro racconta le origini della storia di uno dei casi più famosi famigerati e misteriosi del nostro paese. Si potrebbe quasi parlare dell'equivalente italiano di Ed Gein, ma in realtà la situazione è parecchio differente e anche la serie che ne parla è molto distante dalla sopra menzionata Monster - La storia di Ed Gein.
In questo caso il racconto è molto più incentrato sulla ricostruzione dei fatti e gli amanti del true crime, quelli che si lamentano perché Monster ricostruisce la storia di Ed Gein in maniera troppo fantasiosa, troveranno pane per i loro denti. Questo però non significa che ci troviamo di fronte a una serie semplice o semplicistica. Tutt'altro. Il caso del mostro di Firenze ha così tanti protagonisti e così tanti sospettati che questa miniserie ottimamente diretta da Stefano Sollima diventa una riflessione sulla verità. Su quanto sia sfaccettata. Su come la verità, o almeno la percezione della verità, possa cambiare col tempo. Cosa che vale per questa vicenda, così come per tutti i vari altri casi mediatici accaduti in seguito.
Oltre a questo aspetto, ho apprezzato in maniera particolare l'assenza nel cast di star o volti noti, che potrebbero distogliere l'attenzione. Il focus è per tutto il tempo unicamente sulla storia, capace da sola di tenere incollati allo schermo. Tra gli attori emergenti che spiccano di più segnalo soprattutto Francesca Olia, Liliana Bottone e Valentino Mannias, che mi ha ricordato addirittura il giovane Al Pacino dei tempi de Il Padrino.
Il Mostro è una di quelle serie che inizi dicendo: "Massì, mi guardo un episodio, magari due" e poi ti sei divorato tutti e quattro gli episodi in binge-watching. Aspettando una seconda stagione che, nonostante la sua natura di miniserie, dopo il finale che hanno fatto sono moralmente obbligati a realizzare.
(voto 7,5/10)
Task
(miniserie)
Si può vedere su: Sky Atlantic
Genere: crime intimista
Consigliato in particolare a: chi cerca un thriller che lo emozioni
Una serie che ha finalmente per protagonista un netturbino?
Ebbene sì. Anche se c'è da dire che per Robbie Prendergrast (interpretato da un ottimo Tom Pelphrey, che finora conoscevo superficialmente soprattutto come fortunato compagno di Kaley Cuoco) quella derivante dalla professione di netturbino non è l'unica né la principale entrata economica. Come hobby, o se preferite come secondo lavoro, Robbie rapina le case degli spacciatori.
Uno spunto di partenza molto simile, per non dire uguale, a quello di un'altra serie recente, Dope Thief. Nessuno però parli di plagio, visto che sono uscite a pochi mesi l'una dall'altra e, considerando i tempi di produzione, non credo ci fosse materialmente il tempo di copiare. Quindi sì, il protagonista della serie, o meglio uno dei protagonisti della serie, compie dei furti, ma gli sceneggiatori no. Lo sviluppo è inoltre differente, si concentra maggiormente sulla task force (da qui il titolo task) che indaga su questi crimini e in qualche modo mi ha ricordato una specie di serie alla True Detective, per i suoi toni crime intimisti e riflessivi, che incontra Un mondo perfetto, il film di Clint Eastwood con Kevin Costner. Con l'aggiunta di un tocco di Sons of Anarchy, visto che l'ambiente criminale in cui è ambientata la serie è quello di un gruppo di motociclisti tamarri.
Siamo anche dalle parti di Omicidio a Easttown con Kate Winslet, miniserie che in comune con questa ha lo stesso ideatore e sceneggiatore, ovvero Brad Ingelsby. Al di là della sua ottima scrittura, a dare una marcia in più a questa coinvolgente miniserie è anche l'ottimo cast. Oltre al sorprendente Tom Pelphrey c'è la solita garanzia Mark Ruffalo.
E pure gli altri sono uno più bravo dell'altro, dal cattivo Jamie McShane a Raúl Castillo, passando per Thuso Mbedu, Alison Oliver e Margarita Levieva. Menzione speciale poi per Emilia Jones, già star del film premio Oscar CODA - I segni del cuore, tra le migliori attrici della Gen Z.
Avete bisogno di altri motivi per vedere Task?
Vi dico solo che ci sono una serie di colpi di scena niente male e si fanno fuori più personaggi che in Game of Thrones. Quindi occhio a non affezionarvi troppo.
(voto 7/10)
Nobody Wants This
(stagione 2, episodi 1-8)
Si può vedere su: Netflix
Genere: romcom
Consigliato in particolare ai: Millennials
Nobody Wants This?
Tutt'altro. Tutti volevano una seconda stagione di Nobody Wants This. O almeno tutti quelli che, come me, avevano adorato la prima e guardato con gli occhi a forma di cuore il tormentato amore tra il rabbino sexy interpretato da Adam Brody, ex Seth Cohen di The O.C., e la presentatrice di un podcast sulle relazioni sentimentali nei cui panni c'è Kristen Bell, storica interprete di Veronica Mars. Un sogno ad occhi aperti per i Millennials diventato realtà.
Dopo aver visto la seconda piuttosto deludente stagione l'impressione è però che forse era meglio fermarsi alla prima. La serie resta sempre carina e si guarda in men che non si dica, solo che convince ben poco. L'effetto novità è inevitabilmente sparito, le sceneggiature sono diventate meno brillanti e i momenti divertenti si sono fatti sempre più rari. A funzionare poco è soprattutto il grande punto di forza della prima stagione: la relazione tra i due protagonisti. Nonostante ci si inventi qualche problemino per tenere alto l'interesse, la love story tra i due piccioncini fila in maniera troppo liscia e noiosa. Che palle! A chi interessa vedere un amore così perfetto?
Pure dalla partecipazione come guest star dell'ex star di Gossip Girl Leighton Meester (nella vita reale moglie di Adam Brody) era lecito attendersi di più.
A salvare in parte la situazione ci pensano allora i due scoppiettanti fratelli dei protagonisti, interpretati da Timothy Simons e Justine Lupe, che da valore aggiunto della stagione 1 si sono trasformati nel valore principale della stagione 2.
Al momento non si sa ancora se la serie verrà confermata per una terza stagione ma, nel caso, non credo che tutti, compresi diversi fan della prima ora, la vorranno così tanto. A meno che i protagonisti principali non diventino i due fratelli.
(voto 5,5/10)
Boots
(stagione 1)
Si può vedere su: Netflix
Genere: militare
Consigliato in particolare al: generale Vannacci
Full Metal Jacket in versione gay. A volerla riassumere con poche parole, Boots è così. Certo, la regia non è ai livelli di Stanley Kubrick, anche perché un nuovo Kubrick deve ancora nascere. C'è però un simile campo di addestramento dei Marines, in questo caso non ai tempi della guerra del Vietnam bensì nel 1990. Ci sono le urla piene di insulti rivolte da sergenti e istruttori a cui i cadetti aspiranti Marines possono rispondere solo con "Signorsìsissignore!" e cose del genere.
La cosa che distingue Boots è che racconta la vera esperienza raccontata da Greg Cope White nel suo libro memoir The Pink Marine, cui questa serie si ispira. Oggi scrittore, nel 1990 era un ragazzo gay non dichiarato (qui interpretato da Miles Hazier, già visto in Parenthood e in 13 Reasons Why) che si arruolava nei Marines. Bisogna ricordare un piccolo dettaglio: ai tempi all'interno del corpo dei Marines l'omosessualità era un reato da corte marziale. Insomma, chi gliel'ha fatto fare di arruolarsi e come se la caverà?
Per scorprirlo, o vi andate a recuperare il libro The Pink Marine o vi guardate questa appassionante serie, che ha già fatto infuriare il Pentagono (che ha gridato alla "spazzatura Woke") e prossimamente anche il generale Vannacci, se mai la vedrà. Non credo che questa serie vi farà venire una gran voglia di entrare a far parte dell'esercito, ma se non altro vi farà sentire almeno un po' vicini al suo protagonista e alle altre reclute di questo campo di addestramento. Il coinvolgimento a un certo punto diventa così alto che il rischio è che ogni tanto, quando qualcuno vi rivolgerà una semplice amichevole domanda, a voi venga la tentazione di rispondere: "Signorsìssignore!".
(voto 7+/10)
House of Guinness
(stagione 1, episodi 1-3)
Si può vedere su: Netflix
Genere: analcolico
Consigliato in particolare agli: astemi
Chi è patito di Guinness lo sa. Una volta versata nel bicchiere, va fatta decantare, bisogna farla riposare per circa un minuto prima di berla, in modo che la schiuma si stabilizzi e diventi densa e cremosa. È una birra che richiede un minimo di pazienza e poi può regalare parecchie soddisfazioni. Pensavo che anche la serie House of Guinness funzionasse allo stesso modo. Ho guardato il primo episodio e, a parte la colonna sonora post-moderna in cui spiccano gli idoli della musica irlandese degli ultimi anni Fontaines D.C. e Kneecap, non è che mi avesse convinto un granché. "Ci vuole pazienza", mi sono detto tra me e me, manco fossi Ed Gein che sente le voci nella sua testa. Mi sono così guardato il secondo episodio e le cose sono andate ancora peggio. Al terzo ho deciso di abbandonarla per noia.
Si può lasciarla decantare quanto si vuole, ma i giochini di potere vagamente in stile Succession che incontra House of the Dragon qui raccontati non riescono proprio a prendermi, così come i protagonisti di questo annacquato sceneggiato televisivo, in cui per altro di birra Guinness se ne vede pochissima. Giusto nel terzo episodio c'è una scena in cui uno dei personaggi si versa una birra, per il resto grande assente da questa serie. Troppo patinata, troppo poco alcolica, troppo poco irlandese. Troppo poco Guinness. C'è una scena in cui alcuni dipendenti della fabbrica vengono accusati di aver fatto le spie e sono malmenati mentre sono a torso nudo, tutti con i loro six pack in mostra. Possibile che a fine Ottecento degli irlandesi ubriaconi che lavorano in una fabbrica di birra avessero tutti dei fisici scolpiti alla Channing Tatum?
Questo è solo un piccolo particolare esemplificativo di come tutto in questa serie appaia troppo bellino e ripulito, come e più di parecchie fiction Rai, per risultare anche solo vagamente credibile come ricostruzione storica.
Da grande fan della Guinness - sono persino andato in pellegrinaggio a Dublino a visitare la storica fabbrica - mi tocca constatare che questa è stata una delle delusioni più cocenti dell'anno. Talmente forte che mi ha fatto quasi passare la voglia di bere ancora Guinness...
Nah, quello è impossibile!
(voto 5/10)
Wayward - Ribelli
(stagione 1)
Si può vedere su: Netflix
Genere: ragazzi problematici
Consigliato in particolare a: chi, non contento di The Institute, vuole vedere degli altri ragazzini imprigionati contro la loro volontà
C'è tanta gente che ha dei problemi con i ragazzi problematici. Altrimenti non sarebbero problematici, non vi pare?
Io invece no. Adoro le storie di ragazzi problematici e mi sono quindi tuffato nella nuova Wayward - Ribelli come se mi trovassi nel mio elemento naturale.
La serie fondamentalmente racconta di due ragazze che vengono rinchiuse nella Tall Pines Academy. Una struttura a metà strada tra un riformatorio e un manicomio, gestita come se fosse una comune hippie da un'inquietante freakkettona. E a chi vuoi farla interpretare un'inquietante freakkettona, se non a Toni Collette?
Sui misteriosi metodi di correzione del comportamento messi in atto alla Tall Pines Academy, che non sembrano poi tanto distanti da quelli della comunità di San Patrignano, indaga un poliziotto transgender nei cui panni c'è Mae Martin, anche creatore della serie.
È proprio il suo punto di vista a rendere questa serie almeno in parte diversa dalle altre solite vicende ambientate in simil-sette del genere. Wayward è genuinamente queer nella sua essenza ed è questo il suo valore aggiunto.
Poi, certo, ci sono anche i misteri e una tensione capace di crescere episodio dopo episodio e, soprattutto, ci sono i personaggi. Quelli a cui affezionarsi. Tra tutti la mia preferita è quella schizzata sopra le righe di Stacey, interpretata dalla rivelazione Isolde Ardies.
Se siete quelli a cui i ragazzi problematici stanno sulle scatole, farete a fatica a fare il tifo per loro. Io invece, come ho detto all'inizio, ci sguazzo in mezzo a loro e in mezzo a questa stramba appassionante serie.
(voto 7/10)
Peacemaker
(stagione 2)
Si può vedere: negli USA su HBO Max, in Italia prossimamente non si sa ancora dove
Genere: supereroi caxxari
Consigliato in particolare ai: fan di James Gunn
La prima stagione di Peacemaker per quanto mi riguarda è una delle cose migliori, e soprattutto una delle più divertenti, che il genere cinecomics abbia prodotto negli ultimi anni. Avevo quindi aspettative parecchio alte nei confronti della seconda stagione e purtroppo devo dire che sono deluse. Lo stile di James Gunn è sempre quello, ma ormai sta cominciando a stufare e a farsi anche prevedibile. Se la componente umoristica tutto sommato funziona ancora, la trama incentrata sul multiverso che già ha affossato il Marvel Cinematic Universe rischia ora di fare una strage anche nel campo dei DC Studios.
Alla cialtronaggine di Peacemaker e compagni si continua a volere bene, certo, ma arrivati alla fine si ha la sensazione di una stagione meno spassosa della prima e di quanto era lecito aspettarsi. Una stagione fondamentalmente inutile. Quasi quanto questa mini recensione.
(voto 5,5/10)
Gen V
(stagione 2)
Si può vedere su: Prime Video
Genere: giovani supereroi crescono
Consigliato in particolare a: chi non si è ancora stufato del genere supereroistico
Molto di quanto detto sopra per Peacemaker bene o male vale anche per Gen V, altra serie supereroistica con una componente comedy che nella stagione 2 si prende sempre più sul serio e convince sempre meno. Mi limito ad aggiungere che lo spin-off adolescenziale di The Boys (di ritorno il prossimo anno con la quinta e ultima stagione) si lascia comunque vedere meglio degli ultimi cinecomics Marvel (non che ci vada granché) e tra i punti di forza dei nuovi episodi annovera il cattivone Cipher interpretato da Hamish Linklater.
Per il resto, una stagione senza troppa infamia ma purtroppo anche senza particolare lode.
(voto 5,5/10)
Cotta del mese
Beatrice Arnera (R.I.P. (Roast In Peace))
Si può vedere su: Prima Video
Genere: da morir da ridere (in teoria)
Consigliato in particolare a: chi quando incontra un VIP per strada vorrebbe cantargliene quattro, ma poi ha paura e corre a insultarlo sui social
Dopo LOL è arrivata R.I.P., che sta per Roast in Peace. Un'altra serie Amazon che almeno nelle intenzioni vorrebbe far ammazzare dalla risate e nella pratica un po' meno. Diciamo che qualche risata la regala, insieme però anche a qualche sbadiglio. Questo nuovo, che prende ispirazione dalla pratica americana di "roastare", ovvero di massacrare ironicamente dei personaggi celebri, fingendo che siano morti. I VIP vittima di questa prima stagione sono Roberto Saviano, Elettra Lamborghini, Selvaggia Lucarelli e Francesco Totti (l'unico che s'è incaxxato).
A prenderli in giro ci pensano la conduttrice Michela Giraud più i comici in gara Eleazaro Rossi (che sarebbe anche quasi divertente se solo non ridesse alle sue stesse battute mentre le dice), Maria Di Biase con Corrado Nuzzo (ben poco esilaranti), i fuoriclasse Stefano Rapone ed Edoardo Ferrario (che però è troppo buono per questo format cattivo). La rivelazione dello show è però Beatrice Arnera, attrice dalle ottime dote canore che ha preso per i fondelli i vipponi preparando anche una canzoncina per ognuno di loro.
Oltre ad avere un umorismo bastarxello come piace a me è anche una tipa parecchio affascinante. E quel volpone di Raoul Bova a quanto pare ne sa qualcosa.
(voto allo show 4,5/10)
Guilty Pleasure del mese
Platonic
(stagione 2)
Si può vedere su: Apple TV+
Genere: comedy come Dio comanda
Consigliato in particolare a: chi vorrebbe Seth Rogen a capo del mondo
Seth Rogen è già stato nominato partimonio dell'umanità dall'UNESCO?
Non ancora? E cosa aspettano a farlo?
Dopo la favolosa The Studio, Seth Rogen quest'anno ha deciso di fare doppietta come protagonista di un'altra serie comedy da non perdere. Per quanto a livello di regia e sceneggiatura non siamo al livello di The Studio, Platonic con la seconda stagione si conferma una visione leggera leggera, ma non scema, che fa quello che una buona comedy deve fare: far ridere.
A dar man forte a Seth Rogen ci sono la sua amica platonica Rose Byrne e i personaggi "minori" Luke Macfarlane e Carla Gallo che nei nuovi episodi si ritagliano uno spazio sempre maggiore. Contribuendo a rendere la season 2 Platonic più corale e ancora più divertente della prima.
(voto 6,5/10)












































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