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mercoledì 24 settembre 2014

MAPS TO THE STARS, MAPPANDO CON LE STELLE





Maps to the Stars
(Canada, USA, Germania, Francia 2014)
Regia: David Cronenberg
Sceneggiatura: Bruce Wagner
Cast: Mia Wasikowska, Julianne Moore, John Cusack, Robert Pattinson, Evan Bird, Olivia Williams, Sarah Gadon, Carrie Fisher, Emilia McCarthy, Niamh Wilson, Justin Kelly, Jayne Heitmeyer
Genere: stellare
Se ti piace guarda anche: The Canyons, Cosmopolis, The Informers – Vite oltre il limite

Maps to the Stars è un film superficiale e allo stesso tempo è un film stratificato.
Maps to the Stars è un classico film di David Cronenberg anche se a prima vista non sembra per niente un classico film di David Cronenberg.
Maps to the Stars è un film che qualcuno ha sbeffeggiato/sbeffeggerà e qualcuno ha eletto/eleggerà a capolavoro come e più del precedente Cosmopolis.
Maps to the Stars è una contraddizione vivente e anche questa frase è una contraddizione, poiché un film non può essere considerato qualcosa di vivente. Oppure sì?

Dentro Maps to the Stars c'è vita, per quanto tutto appaia artificiale. La vita delle star di Hollywood è così. Probabilmente è così, non posso dirlo con certezza. Sono mica una star di Hollywood, io. Se volete delle conferme andate a chiederlo a Robert Pattinson, o a Julianne Moore, o a John Cusack, o a Mia Wasikowska, le star di questa mappa delle star. Oppure andate a chiederlo a David Cronenberg, che a girare questa pellicola dev'essersi divertito un mondo, pigliando allegramente per i fondelli il mondo dello star-system.
Qualcuno potrà dire che il grande regista canadese ormai ultrasettantenne si è bevuto il cervello. Dopo aver visto l'orripilante A Dangerous Method qualche dubbio l'ho avuto pure io. Invece no. Cosmopolis era confuso, pieno di dialoghi assurdi tratti dall'assurdo romanzo omonimo di Don DeLillo, eppure aveva una sua forza visiva e riusciva in qualche modo a riflettere l'assurdità del mondo della finanza attuale, così come l'assurdità del mondo attuale in generale. Non si trattava di un lavoro del tutto riuscito, così come Maps to the Stars non appare del tutto riuscito. Allo stesso tempo, questo suo ultimo lavoro possiede ancora più del precedente una terribile forza vitale. Una spinta creativa che da un autore di 71 anni che al Cinema ha già dato molto non ci si aspetterebbe. Un autore che guarda al suo passato, soprattutto quello più recente, con un'ironica citazione di Cosmopolis: se in quel film Robert Pattinson, il suo nuovo attore feticcio (ma peeerché?) stava un'intera giornata dentro una limousine come passeggero, qui lo ritroviamo di nuovo a bordo di una limo, ma questa volta come autista. Ma soprattutto, Cronenberg è un autore che guarda al presente. La pellicola prende di mira l'ambiente hollywoodiano attuale in un sacco di modi e contemporaneamente il Cronenberg non manca di ironizzare anche su se stesso: “Un regista che ha fatto degli strani film, molto applauditi ma strani,” dice un giornalista durante un'intervista,” e non possiamo che pensare si riferisca a un regista come lui. Uno che oggi, tra Cosmopolis e questo Maps to the Stars, magari ci proporrà dei film più patinati, visivamente puliti e precisini e con dei cast super glamour rispetto al passato, ma pur sempre dei film strani.

I bersagli dell'ironia cronenberghiana, o meglio dello script di tale Bruce Wagner, sono molteplici. Un po' stereotipati, se vogliamo, ma alcuni capaci di regalare parecchie sorprese, soprattutto nel finale. Una serie di personaggi le cui vite sono intrecciate e che possiamo immaginare come delle figure piuttosto facili da incontrare, se si ha la fortuna (o la sfortuna, a seconda dei punti di vista) di passeggiare per il Sunset Boulevard.
C'è l'attrice MILF Julianne Moore ossessionata dal confronto con la madre defunta diva del grande cinema di una volta, sopratutto ora che si ritrova con una carriera in fase calante come le sue tette. Anzi, più delle sue tette che qui si difendono ancora bene, visto che la Moore a 50 anni passati sfoggia un fisichino mica male.

"AAAH! Mi sono fatta il culo in palestra per mesi per sentirmi dire solo:
fisichino niente male???"

C'è l'autista di limo aspirante attore/sceneggiatore Robert Pattinson.
Io non ho niente contro Robert Pattinson, così come non ho nessun pregiudizio contro gli ex idoli adolescenziali che crescendo cercano di reinventarsi una carriera rispettabile. Parlo sempre bene di Zac Efron e di Leo DiCaprio, tanto per citare due ex teen idols. Di Robert Pattinson però non ce la faccio a dire belle cose. Più che inespressivo, mi sembra imbalsamato. Pensavo fosse per i ruoli che gli proponevano, ma a un certo punto questa scusa non regge più. È proprio lui che non è capace a recitare.

"Smettetela di dire tutti che sono un attore fenomenale. Finirò per crederci!"
"Ehm, Robert... veramente non c'è nessuno che lo dice."
"Ahahah, certo, David, come no?"

C'è poi la baby-star, l'attore 13enne interpretato da Evan Bird (già visto nella serie tv The Killing). Una specie di incrocio tra Macaulay Culkin e Justin Bieber che alla sua tenera età è già stato in rehab.


C'è quindi il padre della baby-star, un John Cusack che pure lui mi pare sempre più imbalsamato. Negli anni '80 era un idolo delle commedie adolescenziali, nel 2000 è stato il mitico protagonista di Alta fedeltà, poi basta. Negli ultimi anni ogni volta che lo vedo mi viene voglia di prenderlo a schiaffi. Qui comunque è perfetto, visto che ha il ruolo di una specie di guru/psicoterapeuta per star con la faccia da schiaffi.


Intorno a loro si muovono alcune giovanissime aspiranti starlette, di cui una, Niamh Wilson, curiosamente somigliante a Chloe Moretz. Che il suo personaggio sia una parodia proprio della Hit-Girl?


E come personaggio bonus, a fare da vero collante al tutto, c'è una tizia misteriosa, una Mia Wasikowska ustionata e sfigurata. È lei che a inizio film chiede all'autista Pattinson di poter seguire la mappa delle case delle star.
(piccola parentesi: non pensate anche voi che autista Pattinson suoni molto meglio di attore Pattinson? chiusa parentesi)
Il vero personaggio centrale è lei, la sempre straordinaria Mia Wasikowska, qui nei panni di una psyco girl che trova lavoro a Hollywood come assistente personale di Julianne Moore e che a sua volta ha pure lei una sceneggiatura nel cassetto. Solo che la sua non è una sceneggiatura che prevede di essere trasposta su schermo, bensì nella vita reale.


Là fuori, nella vita reale, nel mondo reale, ci sarà gente che dirà, anche giustamente: “Sì, okay, ma a me che cazzo me ne frega della star Julianne Moore che si dispera per non aver avuto una parte in un film o di un baby-divo con le visioni, quando io non riesco a trovare lavoro, ho sei figli e due mogli da mantenere e c'ho il mutuo da pagare?”.
Vero, legittimo. Quello di David Cronenberg non è un film di impegno sociale, è un divertissement, una riflessione sull'ambiente cinematografico un po' fine e se stesso, non troppo distante dalle parti dei romanzi di Bret Easton Ellis e pure della sua sceneggiatura del criticatissimo The Canyons, ma volendo allargare lo sguardo i comportamenti malati, allucinati e spesso ridicoli di questi personaggi si possono estendere a tutti, visto che oggi chiunque, tra social network e selfie, si può improvvisare una star, almeno all'interno del proprio microcosmo, nella propria cerchia di followers, e tutti si possono in qualche modo ritrovare nella loro infelicità e disagio esistenziale, pur vivendo a chilometri da L.A..


Solo perché un film parla di personaggi superficiali, non significa che sia un film superficiale. E qui torniamo a inizio post. Maps to the Stars è un film patinatissimo ma pure stratificato, ricco di significati. A chi si vuole godere un semplice prodotto di intrattenimento per svagare la mente dopo una dura giornata di lavoro non dirà niente e non gliene fregherà niente, perché di certo nel mondo ci sono problemi più grandi cui pensare di quelli che riguardano questi tizi qua. A chi invece ha del tempo da perdere per riflettere su una pellicola, come l'autore di questo blog, Maps to the Stars appare come una visione sì emotivamente freddina, eppure allo stesso tempo è anche un'opera ricchissima su cui indagare e pensare a lungo. Una pellicola che ci consegna un autore come Cronenberg magari non al top assoluto della sua forma, ma ancora vitale e capace di cambiare pelle, pur restando se stesso. Anche se forse alla fine c'ha la ragione la gente.
Ma a me, che cazzo me ne frega di Julianne Moore e dei suoi stupidi problemi?
(voto 7,5/10)

giovedì 22 maggio 2014

LE MERAVIGLIE DEL CINEMA




Tra Festival di Cannes e pellicole supereroistiche. Tra cinema d’autore e blockbusteroni. Tra illuminati commenti cannibaleschi e bestemmie fordiane. È così che si divide questa nuova settimana di uscite cinematografiche. Con in più una grande novità che arriva in questa rubrica: la bilancia realizzata dal mio grafico di fiducia CheRotto de L'OraBlù che vi segnala se un film è più adatto a un pubblico in linea con i gusti del mio blogger rivale, il cowboy Mr. James Ford, o con quelli dell’autore di questo blog, Hannibal the Cannibal Kid. O con nessuno dei due.

Maps to the Stars
"Non piaccio a Ford?
Questa sì che è una gran bella notizia!"
Cannibal dice: Il nuovo film di David Cronenberg promette molto bene, almeno per me. Per Ford invece promette molto male, visto che questo Maps to the Stars si preannuncia il fratellino del da lui tanto odiato Cosmopolis, un po’ come La promessa dell’assassino faceva il paio con A History of Violence. Dai Cronenberg, che anche questa volta ce la fai a fare incazzare il mio nemico blogger!
Ford dice: dopo i primi segnali di cedimento di A dangerous method ed il tracollo di Cosmopolis, questa nuova fatica di Cronenberg ormai invaghito di Robert Pattinson, l'unico uomo al mondo più pusillanime di Peppa Kid, fa già fremere le bottigliate.
Un vero peccato, per un regista che fino a qualche anno fa non aveva sbagliato un colpo.



X-Men – Giorni di un futuro passato
Jennifer Lawrence la mattina appena sveglia e senza trucco.
Cannibal dice: L’ultimo X-Men non mi era dispiaciuto troppo, se non altro meno rispetto ad altri film supereroistici tutti uguali che Hollywood continua a sfornare in serie per la gioia del pubblico meno esigente. Gente come Ford, in pratica. Il motivo per cui non mi era dispiaciuto?
Jennifer Lawrence.
Altri motivi?
Nessuno.
Motivi per guardare questo nuovo miliardesimo X-Men?
Jennifer Lawrence.
Altri motivi?
Nessuno.
Ford dice: gli X-Men, con la loro aura da outsiders un po’ tamarri, mi sono sempre piaciuti, tra le pagine dei fumetti e in sala - eccetto il terribile terzo capitolo della prima trilogia -. L'ultimo film dedicato al loro passato funzionava più che bene, e questo Giorni di un futuro passato promette di essere anche meglio. Inutile dire che sarò in prima linea per scoprire se la suddetta promessa sarà mantenuta.



Le meraviglie
"Che hai da ridere, Ford, che te sei vestito come Hulk Hogan negli anni '80?"
Cannibal dice: Nuova pellicola di Alice Rohrwacher dopo Corpo celeste, filmetto mal girato che personalmente non ho digerito. C’è già chi è pronto a esaltarla come la nuova meraviglia del cinema italiano. Di certo non io.
Ford dice: la Rohrwacher sta tentando di percorrere una strada decisamente pericolosa per chiunque si avvicini al Saloon, quella del radicalchicchismo. Poco mi importa di quello che si dice in proposito: tendenzialmente, eviterò.



Welcome to New York
"Solo perché non gli piaccio m'hanno messo dentro?
Quel Cannibal è più potente di quanto immaginassi..."
Cannibal dice: Ferrara non Ciro ma Abel alle prese con lo scandalo Strauss-Khan? Interessante. Peccato ci sia Gerard Depardieu, attore che sopporto meno del mio blogger rivale Gerford Defordieu, però mi pare comunque un film cui dare il benvenuto.
Ford dice: Ferrara, altro regista negli anni precipitato inesorabilmente in termini di qualità, torna sul grande schermo quasi volesse farsi perdonare gli scivoloni degli anni zero rispetto alle meraviglie degli anni novanta. La fiducia che possa riprendersi non è molta, ma un tentativo si può concedere.



Poliziotto in prova
"Battere Ford ai videogame è ancora più semplice che umiliarlo in una Blog War."
Cannibal dice: Commedia action black che negli USA ha fatto incassi strepitosi e che da noi probabilmente passerà in sordina. Potrebbe rivelarsi una visioncina simpatica. Più delle solite actionate tamarrate fordianate medie, almeno.
Ford dice: nonostante si tratti di una di quelle stronzate che di norma mi attirano come il miele le api non riesco ad essere convinto di questo film. Sarà che Tim Story è il regista di due dei più brutti film supereroici della Storia - dedicati ai Fantastici Quattro -, e nella settimana del ritorno degli X-Men non posso proprio farcela a considerarlo credibile.



Ana Arabia
"To', una quercia! Chissà se è più vecchia di Ford?"
Cannibal dice: Pellicola girata con un unico piano sequenza da Amos Gitai, uno di quei registi impegnati di cui non credo di aver visto niente (nemmeno Free Zone con Natalie Portman). Lascio quindi la parola all’esperto del cinema radical-chic d’essai: MrJamesSnob.
Ford dice: ritorno sul grande schermo per un altro nome di spicco del panorama autoriale, Amos Gitai. Grande tecnica - come sempre -, ed una coda radical che a volte si digerisce, ed altre no. Una chance, comunque, la darò: in fondo parliamo del regista del meraviglioso Kippur.



Cam Girl
"Noi sì che facciamo un sacco di visite.
Altroché Pensieri Cannibali e WhiteRussian!"
Cannibal dice: Nuova pellicola italiana a tematica attuale. Ovvero un rischio enorme, come ogni volta che si finisce a leggere WhiteRussian anziché guardare un sito con delle graziose cam girls.
Ford dice: piuttosto che guardare questa roba preferirei farmi due risate osservando il mio rivale tentare un'esibizione canora su Youtube.



Il giardino delle parole
"Ti posso fare un massaggio ai piedi?"
"E' arrivato Tarantino, è arrivato..."
Cannibal dice: Film d’animazione giapponese nei cinema italiani per un solo giorno (ieri mercoledì 21 maggio), diretto da Mokoto Shinkai, autore che qualcuno definisce già come il nuovo erede dell’appena ritiratosi Maestro Miyazaki. Sarà vero, o sarà una di quelle solite sparate a caso in stile MrFord?
Ford dice: senza neppure soffermarsi sull'assurdità della scelta di proporre un film in sala per un solo giorno, sono piuttosto curioso di scoprire se il lavoro di Shinkai è davvero tosto come si dice in giro. Personalmente sono scettico, ma mi pare uno di quei casi in cui non mi dispiacerebbe essere smentito. Con il Cannibale, invece, vorrei non essere smentito mai: non voglio rischiare di aprire Pensieri Cannibali e scoprire che, di colpo, il mio rivale ha cominciato a capirne di Cinema.



Salinger – Il mistero del giovane Holden
"Ford, statte zitt!"
Cannibal dice: A distanza di oltre 60 anni (persino più di quanti ne abbia oggi Ford!) dalla sua prima pubblicazione, il Giovane Holden, romanzo fondamentale della formazione cannibale, è stato ristampato in Italia con una nuova traduzione e in più arriva nei cinema, dallo scorso martedì 20 maggio, un documentario dedicato al libro e al suo misterioso autore. Di solito non amo i noiosi documentari come invece il noioso Ford, però questo potrebbe meritare.
Ford dice: Il giovane Holden non è mai stato un cult formativo totale per il sottoscritto, eppure, fosse anche solo per interesse letterario, sono piuttosto curioso di scoprirne i retroscena, considerato che il buon Salinger non era proprio quello che si definisce un "animale sociale". Un po’ come il mio acerrimo nemico.

giovedì 17 aprile 2014

FESTIVAL DI CANNIBAL 2014




È uscito il programma del Festival di Cannes 2014. Di sicuro, almeno una cosa bellissima c’è già. Il poster.
Voto: 8 ½ tendente al 10.


Voto al programma sulla carta, invece, per quanto mi riguarda è uno striminzito 6,5. C’è qualche pellicola promettente, però non condivido l’entusiasmo assoluto dei primi commenti che ho letto. In rete c’è chi parla di grandissimi nomi in concorso come Jean-Luc Godard e l’italiana Alice Rohrwacher.
Quanto al primo, io per primo adoro i suoi film degli anni Sessanta, però il regista ormai ultraottantenne da quant’è che non realizza una pellicola davvero rilevante? Da una quarantina d’anni?
Quanto all’unica presenza del nostro paese nel concorso ufficiale, ma l’avete visto voi il suo primo film Corpo celeste? È una cacata finto autoriale clamorosa. Il suo nuovo lavoro si chiama Le meraviglie, ma io dubito fortemente che sia qualcosa di così meraviglioso come il titolo preannuncia. Comunque spero che la sorella dell’insopportabile Alba Rohrwacher (guarda caso protagonista del film insieme a quell’altra “attriciona” di Monica Bellucci) sappia smentirmi.

Le meraviglie è l’unica pellicola italiana in concorso, ma la presenza nazionale non termina qui. Nella sezione Un certain regard sarà presente Asia Argento con il suo nuovo film da regista Incompresa. Incompresa è il titolo della pellicola, ma vale anche come definizione perfetta per l’autrice. Se delle Rohrwacher ho parlato male, la tanto criticata Argento jr. invece mi piace. Non sempre attrice fenomenale, è vero, però come regista ha del potenziale e il suo Ingannevole è il cuore più di ogni cosa non era niente male. Il suo nuovo film quindi promette bene…
Hey, ma è vero che nel cast c’è Gabriel Garko?
Allora come non detto.

"Pensieri Cannibali mi ha dato 4, come voto per le mie capacità da attore."
"4? Hai letto male, Gabriel. Mi sa che non t'ha dato più di zero."

Sempre nella sezione Un certain regard c’è poi da segnalare il curioso esordio alla regia dell’attore Ryan Gosling, Lost River, oltre a Eleanor Rigby con la Dea Jessica Chastain. Fuori concorso, l’apertura del Festival sarà invece affidato all’atteso (ma da chi?) Grace of Monaco con Nicole Cannibal Kidman.
Per il resto, cos'altro c’è?

Nel concorso ufficiale arrivano il nuovo di David Cronenberg, Maps to the Stars, con ancora una volta il suo anemico pupillo Robert Pattinson, e l’ottimo giovincello Xavier Dolan che, dopo aver gareggiato in passato nell’Un certain regard con Les amours imaginaires e Laurence Anyways, quest’anno entra a far parte della competizione di serie A con il suo Mommy. Ci sono poi registi che non amo particolarmente come Ken Loach e Bennett Miller (quello di Moneyball), insieme ad altri che a volte mi piaciucchiano, senza però convincermi troppo, come Mike Leigh, Atom Egoyan, i fratelli Dardenne e Olivier Assayas.
Manca invece un regista capace di entusiasmarmi del tutto, il Lars von Trier di turno, e allora i nomi su cui punto con maggiore fiducia, oltre a Cronenberg e Dolan, sono quelli dei francesi Bertrand Bonello, autore del notevole L’Apollonide, e Michel Hazanavicius, atteso alla prova del nove: con The Artist gli è capitata la classica botta di culo, oppure è un regista davvero da tenere d’occhio?

A decidere il vincitore di questa 67esima edizione del Festival di Cannes, che si terrà dal 14 al 25 maggio e il dove lo potete immaginare, sarà una giuria presieduta dalla regista Jane Campion. Io, alla faccia del campanilismo, non terrò certo all’Italia.

E forza Francia,
è tempo di credere.
Dai forza Francia,
che siamo tantissimi.
Forza Francia con noi!


Concorso ufficiale
Adieu au langage di Jean-Luc Godard
Captives di Atom Egoyan
Deux jours, une nuit di Jean-Pierre e Luc Dardenne
Foxcatcher di Bennett Miller
Futatsume no mado (Due finestre) di Naomi Kawase
Jimmy`s hall di Ken Loach
Kis Uykusu (Sonno d'inverno) di Nuri Bilge Ceylan
Le meraviglie di Alice Rohrwacher
Leviathan di Andrey Zvyagintsev
Maps to the stars di David Cronenberg
Mommy di Xavier Dolan
Mr Turner di Mike Leigh
Relatos salvajes (Wild Tales) di Damian Szifron
Saint Laurent di Bertrand Bonello
Sils Maria di Olivier Assayas
The homesman di Tommy Lee Jones
The search di Michel Hazanavicius
Timbuktu di Abderrahmane Sissako

Un Certain Regard
Amour Fou di Jessica Hausner
Bird People di Pascale Ferran
The Blue Room di Mathieu Amalric
Charlie's Country di Rolf De Heer
Eleanor Rigby di Ned Benson
Fantasia di Wang Chao
A Girl At My Door di July Jung
Harcheck mi Headro di Keren Yedaya
Jauja di Lisandro Alonso
Lost River di Ryan Gosling
Incompresa di Asia Argento
Party Girl di Marie Amachoukeli, Claire Burger and Samuel Theis
Run di Philippe Lacote
Salt Of The Earth di Wim Wenders & Juliano Ribeiro Salgado
Snow In Paradise di Andrew Hulme
Titli di Kanu Behl
Tourist di Ruben Ostlund
Unhappy Youth di Jaime Rosales
Xenia di Panos Koutras

Film d'apertura
Grace Of Monaco di Olivier Dahan

Fuori concorso
Coming Home di Zhang Yimou
How To Train Your Dragon 2 di Dean DeBlois

Proiezioni di mezzanotte
The Rover di David Michod
The Salvation di Kristian Levring
The Target di Chang

Proiezioni speciali
Bridges Of Sarajevo (anthology film)
Caricaturists: Fantasies Of Democracy di Stephanie Valloatto
Eau Argentee di Mohammed Ossana
Les Gens Du Monde di Yves Yeuland
Maidan di Sergei Loznitsa
Red Army di Polsky Gabe

sabato 15 marzo 2014

VIAGGIO EXISTENZIALE NEL CINEMA DI DAVID CRONENBERG





Oggi il regista canadese David Cronenberg compie 70 anni. Per celebrare questa importante cifra raggiunta da uno dei cineasti più particolari e originali delle ultime decadi, la compagnia di noi bloggher cinefili ha organizzato in fretta e furia un David Cronenberg Day last minute. Ecco tutti i partecipanti:



Per l’occasione, ho deciso di festeggiare il registone con una veloce carrellata dei suoi film che ho visto. Il canadese è attivo fin dalla fine degli anni Sessanta e molte sue pellicole mancano ancora all’appello delle mie visioni, a cominciare da tutti i suoi primi lavori: Stereo (1969), Crimes of the Future (1970), Il demone sotto la pelle (1975), Rabid – Sete di sangue (1977), Veloci di mestiere (1979) e Brood – La covata malefica (1979). Ho cominciato a seguire la sua carriera a partire dai suoi lavori degli anni ’80, saltando qualche film qua e là, e in pratica questa rassegna cronenberghiana è scarsina e ha un sacco di lacune, ma facciamola partire comunque.

Scanners (1981)
Lo so che per qualcuno questo è il primo cult cronenberghiano e le radici di molti suoi successivi grandi film si possono trovare già qui, ma a me, a dirla tutta, questa visione ha sinceramente lasciato piuttosto indifferente e l’ho anche rimossa velocemente. L’unica cosa che mi è rimasta in testa è la scena dell’esplosione della testa, quella sì davvero memorabile. Per il resto non mi ha convinto molto. Non scannatemi per questo.
(voto 6/10)

La reazione di un fan hardcore di Cronenberg a questa lacunosa rassegna.

Videodrome (1983)
Per quanto mi riguarda, il Capolavoro supremo del Cronenberg. Un viaggio letteralmente dentro lo schermo, una riflessione notevolissima e ancora oggi attuale sulla televisione e sul rapporto tra uomo e tecnologia, che rivestirà un ruolo centrale in gran parte dei lavori del cineasta. E poi è una figata.
(voto 9/10)

"Morte a Pensieri Cannibali, gloria e vita a WhiteRussian!"

La zona morta (1973)
Qui dentro c’è forse più Stephen King che David Cronenberg, ma resta comunque un thriller parecchio inquietante e sorprendente.
(voto 7,5/10)

"Sento un pochino caldo. Qualcuno ha per caso alzato il riscaldamento?"

La mosca (1986)
Il filmissimo di David Cronenberg, uno dei più celebri e probabilmente il più identificativo del suo cinema metà umano e metà “altro”. La mosca vola altissimo oltre i confini dei generi thriller e horror, per posarsi… sulla merda? No, per posarsi su un genere nuovo, il genere cronenberghiano.
(voto 8/10)

"Ma uffa, io volevo trasformarmi in Maurizio Mosca, non in una mosca."

Inseparabili (1988)
Pellicola visionata tantissimo tempo fa, di cui ho un vago ricordo, piuttosto positivo. Il rapporto malato tra due gemelli interpretati da Jeremy Irons per un thriller malato nel classico stile malato di Cronenberg.
(voto 7/10)

"Buttiamo via questo computer, che per oggi Pensieri Cannibali m'ha stufato."

Il pasto nudo (1991)
Un cultone del cinema cronenberghiano tratto dall’omonimo romanzo di William Burroughs che ancora manca alle mie visioni. Sarà per la poca simpatia che provo nei confronti del protagonista Peter “Robocop” Weller?

Scusate ma non posso inserire immagini di pasti nudi, se no mi censurano il blog.

M. Butterfly (1993)
Pure questo non l’ho mai visto.
Come rassegna fa un po’ pena, lo so, lo so.

"Ti prego Cannibal, se mai guarderai questo film, non massacrarlo."

Crash (1996)
Per capire quanto disturbata sia la mente di David Cronenberg, ancora più dei suoi lavori precedenti, basta fare un giro su questo Crash. Più che un film, un'apologia dell’amore inteso in senso sessuale dell’uomo (ma anche della donna) per l’automobile e per gli incidenti stradali. Miracolosamente, nonostante il rischio cacchiata si nasconda dietro ogni curva, Crash non si schianta e non cade nel burrone del ridicolo, come invece Cameron Diaz che si scopa una macchina in The Counselor – Il procuratore.
(voto 7,5/10)

"A chi non viene voglia di ciulare dopo un incidente stradale?"

eXistenZ (1999)
Videodrome è il Capolavorissimo di David Cronenberg, però personalmente il suo film che preferisco è eXistenZ, che di quello rappresenta un po’ il seguito ideale, con il mondo dei videogiochi al posto di quello della televisione. Il motivo della mia adorazione nei suoi confronti è presto spiegato. Al di là di una visione infantile de La mosca, eXistenZ è il primo film del regista canadese che ho guardato in età adulta e mi è sembrata una cosa del tutto sconvolgente e inaspettata. Per chi già conosceva i suoi lavori precedenti capisco che non abbia rappresentato un grosso shock, visto che sono qui presenti molte sue fisse e tematiche classiche, però per me è stato il primo vero approccio al suo cinema. Anche visto di recente, resta comunque una bomba totale.
(voto 9/10)

"Hey, sicuro non ci sia un modo meno invasivo per usare questa app?"

Spider (2002)
Ancora entusiasmato dalla visione di eXistenZ, per procurarmi il film successivo di Cronenberg ricordo di essermi recato tutto felice da Blockbuster, perché una decina d’anni fa i film ancora non li si scaricava né li si guardava in streaming, bensì li si noleggiava in DVD o addirittura in VHS. Dopo di ché arrivo a casa, metto su in fretta e furia il DVD di Spider, comincia la pellicola e continua e continua e non succede niente e c’è solo questo pazzo che parla tra sé e sé bisbigliando, e non si capisce niente. Lo so che il mio è un giudizio superficiale e c’è chi considera questa pellicola un filmone o un capolavorone, però io non sono riuscito proprio a finire la visione. Ho estratto il DVD dal lettore e ho cercato di bruciarlo, a costo di pagare la penale del Blockbuster, perché quando ci vuole, ci vuole.
Ah Cronenberg, ah Ralph Fiennes, al rogo!
(senza voto)

"Cannibal, guarda che mi trasformo in Voldemort e poi ti faccio la bua!"

A History of Violence (2005)
Forse è il film di David Cronenberg più unanimemente apprezzato, eppure a me non convince fino in fondo. Per carità, si tratta di un’ottima pellicola che offre spunti di riflessione notevoli sul tema della giustizia fai da te e non solo. Allo stesso tempo, mi sembra pure il film più “addomesticato” del regista. Quello in cui ha messo da parte tutte le sue tipiche stranezze e stralunatezze per realizzare un prodotto più classico, più tradizionale, perfetto per prendersi il plauso della critica. Buon film, però troppo poco cronenberghiano e troppo poco weird per considerarlo tra i suoi vertici assoluti.
(voto 7,5/10)

"Se sparo a un Cannibale la si può considerare difesa personale?"

La promessa dell’assassino (2007)
Per quanto paradossale possa sembrare, se A History of Violence non l’ho amato molto, questo film di due anni successivo che nasce quasi come suo gemello è invece riuscito a conquistarmi del tutto. Difficile spiegare il perché, d'altra parte, quando si tratta di cinema cronenberghiano, lo spazio per il razionale si fa davvero esiguo. Mi sarà piaciuto allora per le atmosfere torbide da thrillerino sulla mafia russa, o sarà perché all’epoca (anche se sono passati appena 7 anni sembra già un’altra epoca) Naomi Watts sapeva ancora fare la differenza. Fatto sta che, in uno scontro faccia a faccia, per quanto mi riguarda La promessa dell’assassino dà un sacco di botte ad A History of Violence e lo mette KO.
(voto 8+/10)

"Sì, le sigarette mi piace spegnerle così, e allora?"

A Dangerous Method (2011)
Mamma mia, che schifezza. Non so se sia peggio di Spider. Visto che sono arrivato fino alla fine (non so come), forse non lo è. Resta il fatto che David Cronenberg c’ha regalato delle pellicole splendide, ma anche delle porcherie invereconde. Complice una delle interpretazioni più mostruose (e non intendo in senso positivo) nella Storia del Cinema, sì, sto parlando di quella di Keira Knightley, A Dangerous Method è terrificante. Se ci ripenso, ho ancora i brividi.
(voto 2/10)

"Il Cannibale per una volta aveva ragione:
ho rivisto il film e mi sono fatta schifo da sola!"

Cosmopolis (2012)
L’ultimo Cronenberg ha diviso pubblico e critica tra chi ha gridato al capolavoro e chi alla monnezza. Secondo me hanno entrambi gridato a vuoto. Cosmopolis è infatti un film sul vuoto, tratto da un vuoto esercizio di stile di Don DeLillo, ma che non è poi così vuoto come può apparire nella sua scintillante esteriorità. Siamo lontani dai suoi lavori migliori, però qui il neo 70enne David ha se non altro dimenticato la sfortunata parentesi freudiana del film precedente ed è tornato a fare il tipo di cinema che gli è più congeniale. Cosmopolis è tutt’altro che perfetto, ma provateci voi a fare qualcosa di meglio con Robert Pattinson come protagonista, se ci riuscite!
(voto 7+/10)

"Volete farmi girare un nuovo episodio di Twilight?
Non ditelo manco per scherzo!"

venerdì 22 marzo 2013

ANTIVIRAL, L’ALTERNATIVA A NORTON E AVAST

Antiviral
(Canada 2012)
Regia: Brandon Cronenberg
Sceneggiatura: Brandon Cronenberg
Cast: Caleb Landry Jones, Sarah Gadon, Douglas Smith, Wendy Crewson, Malcolm McDowell
Genere: distopico
Se ti piace guarda anche: Black Mirror, S1m0ne, Videodrome, eXistenZ

Chiunque sia famoso merita di essere famoso.
La celebrità non è un risultato. Niente affatto.
È più come una collaborazione a cui noi scegliamo di partecipare.
Le celebrità non sono persone.
Sono allucinazioni di gruppo.


Antiviral sembra un episodio esteso di Black Mirror. Non che la serie tv britannica abbia inventato i futuri distopici, il nome di George Orwell vi dice qualcosa?, però ormai è diventato il nuovo modello di riferimento. Così come Game of Thrones è il nome cui guardare oggi quando si parla di fantasy, lo stesso vale per Black Mirror con la fantacienza distopica.
L’altro paragone che viene subito in mente è ancora più impegnativo: David Cronenberg.

Se anche provassimo a ignorare il suo cognome importante, dopo aver visto questo film definiremmo l'autore di Antiviral come l’erede di Cronenberg. Se non fosse che l’erede di Cronenberg lo è davvero e in tutti i sensi. Il regista e sceneggiatore di Antiviral è infatti Brandon Cronenberg, il figlio poco più che 30enne e ovviamente raccomandato di David Cronenberg.
C’è poco da fare, con un cognome del genere e se per di più fai un film del genere, i confronti con tuo padre te li vai a cercare, figlio mio. Anzi, figlio di Cronenberg.
Antiviral è quindi una combinazione tra questi due illustri precedenti: una classica storia cronenberghiana che sembra una puntata lunga di Black Mirror. O una puntata lunga di Black Mirror che sembra una classica storia cronenberghiana.

"Il virus della diarrea della Regina Elisabetta l'abbiamo finito,
ma se volete c'è ancora quello delle nausee mattutine di Kate Middleton..."
Nel film, ambientato in un futuro imprecisato, o in un presente alternativo, le celebrità, i VIPs hanno un seguito così esagerato che ogni aspetto della loro vita viene messo in commercio. Fino a qui, niente di diverso a quanto siamo abituati a vedere tutti i giorni sui magazine scandalistici o su Studio Aperto. Nel film, però, e a questo nella realtà non siamo ancora arrivati, per ora, persino le malattie che colpiscono i divi diventano un business. C’è addirittura chi è disposto, per sentirsi più vicino al suo idolo, a farsi iniettare un suo virus.
Non riesco proprio a capire come si possa arrivare a livelli esagerati di fanatismo del genere. Insomma, io ho posters, t-shirts, cappellini di Jennifer Lawrence, ho persino acquistato tutti gli action figure disponibili di Katniss di Hunger Games, mi sono fatto tatuare sul fondoschiena la scritta Katniss Kid, ho piazzato delle telecamere di fronte a casa sua, ma davvero non capisco come si possa pensare di farsi iniettare un virus solo perché è lo stesso del proprio idolo.

Jennifer Lawrence si è beccata un virus???
Quando, dove, come, perché?
LO VOGLIO ANCH’IO!!!

"Il virus di Jennifer Lawrence: il mio tesssssoro!"
È proprio a questo che serve la Lucas Clinic, la clinica in cui lavora il protagonista della pellicola, Syd March, interpretato dall’androgino Caleb Landry Jones. Syd March non è immune al fascino di una delle VIP più popolari del suo mondo distopico. No, non Jennifer Lawrence ma tale Hannah Geist, interpretata da Sarah Gadon, nuova musa anche del Cronenberg Senior, già vista in A Dangerous Method e in Cosmopolis. E Syd March inoltre non è immune nemmeno al virus della sua diva preferita, che si becca volontariamente …

Quanto succede dopo non ve lo sto a svelare che vi ho raccontato già troppo e poi mi accusate di avervi attaccato uno spoiler. Da qui in poi, comunque, è uno sprofondare da parte del protagonista nella malattia, sia mentale che fisica. Com’è buona tradizione in molte storie di papà Cronenberg, da La mosca in poi. Ma è anche un viaggio nel lato oscuro che riecheggia quelli di Videodrome ed eXistenZ. Solo che Brandon Cronenberg, per quanto talentuoso e promettente, molto promettente, non è David Cronenberg. È un giovane autore alla ricerca di una sua identità che per adesso non sembra ancora aver trovato del tutto.
A livello di scrittura, le tematiche e il modo di raccontare sono molto vicini a quelli del padre. A livello visivo e cinematografico, il Cronenberg jr. si avvicina poi alla geometrica freddezza dell’ultimo Cosmopolis. Antiviral è immerso in una fotografia glaciale che si rispecchia anche nei personaggi. È qui che il film non convince del tutto. Il viaggio che siamo chiamati a compiere insieme al protagonista è intrigante, ma non del tutto avvolgente. Sappiamo troppo poco di questo personaggio, è troppo apatico e ci mantiene sempre a distanza, cosa che rende difficile entrare davvero nella storia e provare un reale coinvolgimento emotivo. Discorso analogo per la VIP protagonista femminile, un altro personaggio costruito in maniera troppo superficiale. Vabbè che la pellicola riflette proprio sulla superficialità della popolarità, però si sarebbe potuto cercare di grattare un pochino di più, sotto la superficie di questo mondo distopico non troppo distante dal nostro.
Il discorso sull’ossessione nei confronti delle celebrità è anch’esso affascinante, però poco sviluppato, soprattutto in una seconda parte che non riesce a mettere a frutto le buone intenzioni messe in evidenza nella prima. Cosa tipica di molte pellicole in generale, cosa ancor più tipica delle pellicole sci-fi, e cosa ancora ma ancora di più tipica delle opere prime.

Brandon Cronenberg si dimostra allora l’erede ideale di David Cronenberg. Non solo perché alla sua morte si intascherà il bel gruzzoletto messo da parte dal padre con i suoi spesso geniali film, ma anche perché a livello cinematografico tiene alto il nome di famiglia e fa intravedere un futuro brillante. Basta solo che stacchi le mani dalla sottana di mammà papà.
(voto 7-/10)


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