È dal 1929 che non vedevo una nevicata del genere. C’era la grande crisi anche allora ma tutti sembravano più felici. Mio padre, almeno, era felice quando mi portava al cinematografo a vedere La febbre dell’oro e quei film che così belli non li fanno più. Uscivamo sotto la neve e ridevamo perché ci sembrava di aver assistito a un miracolo.
Un momento: forse è dal 1943 che non vedevo una nevicata del genere. Ero al fronte e cercavano di beccarmi. Io però correvo veloce in mezzo alla neve e mi mancavano tutte le volte. Non ero affatto sicuro di combattere dalla parte giusta, ma io di politica non ne capivo molto; l’unica cosa di cui mi importava era portare a casa la pellaccia dura e rivedere la mia morosa. Con le mani gelate le scrivevo dalla trincea che l’avrei sposata subito se fossi tornato vivo, ma innanzitutto l’avrei… Eh, allora non avevo bisogno del Viagra. Tornai vivo dalla guerra e quella fu la prima cosa che feci. Poi ci sposammo.
Ma aspettate! Mi pare che in realtà sia dal 1968 che non vedevo una nevicata di queste proporzioni. Mio figlio quel drugà portava i suoi amici capelloni con le loro giacchette attillate tutte coperte di neve e si chiudevano in camera a sentire i dischi rock e a fumarsi le canne. Io che non sono proprio mai riuscito a capirlo gli dicevo: “Quando avrai la mia età la smetterai di voler fare le rivoluzioni e ti rassegnerai ad avere un lavoro di merda a una paga di merda.”
Adesso che ci penso bene, credo sia dal 1977 che non vedevo una nevicata così. Mio figlio aveva smesso di voler fare le rivoluzioni, ma non si era rassegnato ad avere un lavoro di merda: aveva preferito buttarsi giù dal balcone. Ricordo che stetti a fissare la sagoma formatasi sul terreno quando i paramedici portarono via il suo corpo fino a che la neve non la cancellò completamente. Quell’anno ci aveva lasciati anche mia moglie. Ormai era mia figlia maggiore l’unica gioia della vita, peccato le fosse capitato di avere un figlio punk. Io gli ripetevo: “Trovati un lavoro, drugà!” Ma lui niente, preferiva andare a ridere e a farsi con gli amici.
Però forse è dal 1985 che non vedevo una nevicata del genere... Il mio nipote non aveva più la cresta punk. Portava i capelli tutti impomatati all’indietro ed era diventato un broker in borsa. Io mi sentivo così fiero di lui, poi quando sono andato a trovarlo nel suo appartamento di lusso ho visto come guardava con disprezzo i barboni giù in strada che cercavano un riparo dalla neve. Ho guardato nei suoi occhi ed era come svuotato dentro. Così gli ho detto: “Torna a fare qualcosa che ti renda felice.”
No, ma che sto dicendo? È solo dal dicembre dello scorso anno che non vedevo una nevicata del genere. Il dottore mi parlava, diceva che avevo una cosa chiamata Alzheimer e pure un cancro. In pratica non mi restava molto da vivere. Io guardavo la neve scendere fuori dalla finestra e pensavo: “Ma che ne sa questo? Pensa di sapere tutto solo perché si è laureato ad Harvard. E chi l’ha mai sentita nominare questa università?” Mio nipote che mi aveva accompagnato da questo cialtrone intanto aveva scritto un libro su quanto sono infelici e disperati i broker della borsa e aveva fatto un sacco di soldi, ma i barboni per strada non li guardava più con disprezzo.
Oggi sta nevicando come non ho mai visto. La figlia di mio nipote mi è venuta a trovare e mi ha portato la solita cannetta del lunedì. Da quando ho cominciato a fumare questa roba mi sembra tutto più bello e tutto più leggero. “Sono un bisnonno,” stavo pensando, “e sono diventato un drugà, chi l’avrebbe detto?” quando ho chiuso gli occhi e sono andato in un posto dove tutto era bianco, ma non per la neve. Lì mi sono fumato una canna con mio figlio e per la prima volta sono riuscito a capirlo. Quando si è buttato giù era solo un bambino che aveva bisogno di un padre che lo portasse a vedere i vecchi film al cinematografo, che ogni tanto si rilassasse con una paglia e che stesse seduto accanto a lui a guardare fuori dalla finestra come nevicava.
Un momento: forse è dal 1943 che non vedevo una nevicata del genere. Ero al fronte e cercavano di beccarmi. Io però correvo veloce in mezzo alla neve e mi mancavano tutte le volte. Non ero affatto sicuro di combattere dalla parte giusta, ma io di politica non ne capivo molto; l’unica cosa di cui mi importava era portare a casa la pellaccia dura e rivedere la mia morosa. Con le mani gelate le scrivevo dalla trincea che l’avrei sposata subito se fossi tornato vivo, ma innanzitutto l’avrei… Eh, allora non avevo bisogno del Viagra. Tornai vivo dalla guerra e quella fu la prima cosa che feci. Poi ci sposammo.
Ma aspettate! Mi pare che in realtà sia dal 1968 che non vedevo una nevicata di queste proporzioni. Mio figlio quel drugà portava i suoi amici capelloni con le loro giacchette attillate tutte coperte di neve e si chiudevano in camera a sentire i dischi rock e a fumarsi le canne. Io che non sono proprio mai riuscito a capirlo gli dicevo: “Quando avrai la mia età la smetterai di voler fare le rivoluzioni e ti rassegnerai ad avere un lavoro di merda a una paga di merda.”
Adesso che ci penso bene, credo sia dal 1977 che non vedevo una nevicata così. Mio figlio aveva smesso di voler fare le rivoluzioni, ma non si era rassegnato ad avere un lavoro di merda: aveva preferito buttarsi giù dal balcone. Ricordo che stetti a fissare la sagoma formatasi sul terreno quando i paramedici portarono via il suo corpo fino a che la neve non la cancellò completamente. Quell’anno ci aveva lasciati anche mia moglie. Ormai era mia figlia maggiore l’unica gioia della vita, peccato le fosse capitato di avere un figlio punk. Io gli ripetevo: “Trovati un lavoro, drugà!” Ma lui niente, preferiva andare a ridere e a farsi con gli amici.
Però forse è dal 1985 che non vedevo una nevicata del genere... Il mio nipote non aveva più la cresta punk. Portava i capelli tutti impomatati all’indietro ed era diventato un broker in borsa. Io mi sentivo così fiero di lui, poi quando sono andato a trovarlo nel suo appartamento di lusso ho visto come guardava con disprezzo i barboni giù in strada che cercavano un riparo dalla neve. Ho guardato nei suoi occhi ed era come svuotato dentro. Così gli ho detto: “Torna a fare qualcosa che ti renda felice.”
No, ma che sto dicendo? È solo dal dicembre dello scorso anno che non vedevo una nevicata del genere. Il dottore mi parlava, diceva che avevo una cosa chiamata Alzheimer e pure un cancro. In pratica non mi restava molto da vivere. Io guardavo la neve scendere fuori dalla finestra e pensavo: “Ma che ne sa questo? Pensa di sapere tutto solo perché si è laureato ad Harvard. E chi l’ha mai sentita nominare questa università?” Mio nipote che mi aveva accompagnato da questo cialtrone intanto aveva scritto un libro su quanto sono infelici e disperati i broker della borsa e aveva fatto un sacco di soldi, ma i barboni per strada non li guardava più con disprezzo.
Oggi sta nevicando come non ho mai visto. La figlia di mio nipote mi è venuta a trovare e mi ha portato la solita cannetta del lunedì. Da quando ho cominciato a fumare questa roba mi sembra tutto più bello e tutto più leggero. “Sono un bisnonno,” stavo pensando, “e sono diventato un drugà, chi l’avrebbe detto?” quando ho chiuso gli occhi e sono andato in un posto dove tutto era bianco, ma non per la neve. Lì mi sono fumato una canna con mio figlio e per la prima volta sono riuscito a capirlo. Quando si è buttato giù era solo un bambino che aveva bisogno di un padre che lo portasse a vedere i vecchi film al cinematografo, che ogni tanto si rilassasse con una paglia e che stesse seduto accanto a lui a guardare fuori dalla finestra come nevicava.
mi ha fatto rabbrividire... forse la neve, forse la tristezza del racconto forse la bellezza del racconto.. bravo!
RispondiEliminaSemplice ma non per questo scontato.La neve come elemento che ovatta i ricordi di un uomo che nella vita di cose ne ha viste. La neve come elemento che distorce i paesaggi e anche le convinzioni più recondite. Well Done dude 4 U respect cya.
RispondiEliminamarco,toccantissimo racconto,come sempre.
RispondiEliminacome sempre mi lascio sorprendere[e toccare]dai tuoi continui colpi di scena.
Mi è piaciuto questo racconto sulla neve.
RispondiEliminaSu Belen Rodriguez ti devo dare una brutta notizia, l'ho già invitata io a casa mia :-)
Mi piace...mi piace il ritmo...mi piace che và in ordine cn i ricordi..e poi citi il mio anno di nascita...l'85...:-P...forse perchè sn annebbiata dalla giornata del cavolo di oggi..ma ci ritropovo qlk della giornata...tipo citi l'Alzheimer che proprio oggi l'hanno spiegata all'uni...ihih...e aspettando il treno c'erano un gruppo che nell'attesa si stavono a fà le canne..
RispondiEliminaMi sà che sto divagando troppo...
cmq.per quanto assurda cm storia...io la credo possibilissima..
Bè meglio che smetto...ciau
Una paglia rilassa: sono contento di averlo letto. Naturalmente concordo. Alla fine anche il bisnonno l'è diventà un drugà!!!
RispondiElimina@gatta
RispondiEliminammm sarà stata la neve..
@thinker
più che la neve a distorcere paesaggi e convinzioni del narratore mi sa che è il fumo (e forse anche l'alzheimer)
@mlsi
grazie :-)
tuca tuca tuca, l'ho inventato io
@miocapitano
nuooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo
@follementepazza
in effetti ci sono delle coincidenze mica da poco con la tua giornata, potere delle scrittura!
@squilibrato
pure lui si è dovuto arrendere potere magico delle percezioni alterate
buon giovedì
RispondiEliminabuon weekend
RispondiEliminap.s. da me piove a dirotto e il sole non si vede
il tuo incipit e la costante ripetizione di "è da... che non vedevo una nevicata del genere" mi fa venire subito in mente l'inizio di "uomini e no" di Vittorini, ma forse è soltanto la mia immaginazione
RispondiElimina"l'inverno del '44 è stato a Milano il più mite che si sia avuto da un quarto di secolo[...]
Questo è l'invero più mite che abbiamo avuto da un quarto di secolo. è dal 1908 che non avevamo un inverno così mite"
O0piate
dimenticavo...se ti va di passare a trovarci questo è il link: http://follelfo.wordpress.com/
RispondiElimina(che impresa postare dei commenti su blogger se non sei un utente google...)
Al prossimo racconto
@follelfo
RispondiEliminaciao follelfo (bel nome!)
vittorini l'ho studiato per un esame, ma di suo ho letto solo "conversazione in sicilia", "uomini e no" lo conosco solo di titolo, comunque mi sembra un accostamento interessante, anche se più semplicemente devo ammettere che l'ispirazione per il racconto m'è venuta pensando a un vecchietto tipo nonno simpson che tira fuori dalla sua lunga vita ricordi confusi
Che storia tragica eppure epocale! Mi fa pensare a quelle grandi saghe familiari che segnano un secolo e attraversano epoche e stagioni differenti! E il filo conduttore della neve ad unire le estremità di ogni tassello! Veramente bravo!
RispondiElimina;-)
Che sorpresa! Uno dei racconti brevi più belli, toccanti e intelligenti che abbia mai letto! Complimenti! Non vorrai farmi concorrenza... (In realtà non sarebbe affatto una brutta cosa, sarebbe anzi stimolante e piacevole, visto che al momento sono l'unico scrittore italiano vivente, e mi sento piuttosto solo...) :-)
RispondiElimina*zio scriba
RispondiEliminaaddirittura?
beh, grazie mille. apprezzo ancora di più i complimenti considerando che arrivano da uno scrittore, e per giunta da un grande scrittore, seppure un poco megalomane :)