sabato 31 luglio 2010

flash, weekend edition (Chemical Brothers, Bologna violenta, Louis Armstrong...)

Si preannuncia davvero particolare e d'altri tempi l'omaggio a Louis Armstrong "Louis - A silent film", un film muto che verrà accompagnato da una jazz band live. Lo vedremo mai in Italia? Più probabile che arrivi prima What a Wonderful Life, il biopic ufficiale sul mitico trombettista, interpretato dal ghost dog Forrest Whitaker e in uscita nel 2011...


Video shock in my town per Bologna violenta (nome dietro il quale si cela Nicola Manzan de Il teatro degli orrori): spettacolo


Uno dei video meglio girati visti negli ultimi tempi, questo "Pigeons" degli Hundred in the hands, splendido gruppo di Brooklyn di cui immagino vi parlerò ancora...


Non un granché, il nuovo video dei Chemical Brothers, ma "Another World" è un gran pezzo


Dalla San Francisco Bay arrivano in limo i Limousines, con una "Internet killed the video stars" che omaggia i Buggles ma è una canzone (contagiosa) tutta nuova. Niente male il video b-movie zombie style e potete anche sentirvi il loro album


Nuovo ulteriore trailer per The Social Network, il film su Mark Zuckerberg di Feisbuk, accompagnato dal nuovo singolo di Kanye West "Power" che in maniera molto azzeccata fa No one man should have all that power

venerdì 30 luglio 2010

Una laurea per amica

Laureata… e adesso?
(USA, 2009)
Titolo originale: Post Grad
Regia: Vicky Jenson
Cast: Alexis Bledel, Michael Keaton, Zach Gilford, Rodrigo Santoro, Jane Lynch, Catherine Reitman

Stupido me, a pensare di poter trovare, chessò, un minimo di spessore in una commedia americana che come tema avrebbe quello della difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro per i neo laureati e invece si risolve nella solita rom-com (commedia romantica) sdolcinata, prevedibile e seguendo il manuale per bravi sceneggiatori alle prime armi.
La protagonista Ryden ha il volto carino di Alexis Bledel, una che somiglia un po’ a Zooey Deschanel (ma solo un po’ però) e che è conosciuta soprattutto come la Rory Gilmore di Una mamma per amica. In questo film dal titolo italiano come al solito grottesco il suo personaggio sembra proprio lo stesso della serie e ciòè una ragazzetta secchiona e un poco insopportabile che ha grandi piani per il futuro: in questo caso andare a lavorare nella più grossa casa editrice di Los Angeles e scoprire il grande best seller del futuro. Dopo una laurea conseguita a pieni voti, ecco che però il colloquio per il posto tanto sognato non va come sperato e la povera Rory, pardon Ryden, si trova costretta a dover rivedere tutto il suo futuro e tornare a vivere con la stramba famiglia. Peccato che rispetto al telefilm, la sua mamma per amica non ci sia (la madre interpretata dalla Jane Lynch di Glee appare a mala pena), mentre c’è un padre per amico: un Michael Keaton fracassone e casinista.

Gli aspetti legati al lavoro però rimangono sullo sfondo e la vicenda si concentra più che altro sulle vicissitudini d’amore di Ryden, divisa com’è tra il suo migliore amico (un musicista sfigato) prevedibilmente innamorato di lei e un affascinante trentenne spagnolo (anche questo un classico stereotype) nella cui parte troviamo Rodrigo Santoro (tanto per dissipare ogni possibile tengo a precisare che non è il figlio raccomandato del conduttore di Annozero).
Le buone premesse che potevano esserci all’inizio finiscono quindi tutte in un bidone della spazzatura, per non dire a puttane, e bisogna accontentarsi di un filmino di quello è: guardabile, ma nulla più, fino all’immancabile, banale finalone. Unico merito, quello di aver portato alla luce (seppure in maniera molto troppo superficiale) un fatto ormai comprovato dell’era folle in cui viviamo: la crisi di mezz’età può arrivare già dopo la laurea!
(voto 4,5)

mercoledì 28 luglio 2010

Life's a bitch

Visto che a sorpresa è uscito lo scorso weekend nel Bel Paese, vi ripropongo la mia recensione di uno dei film migliori dell’annata, vincitore di un sacco di awards internazionali come il Gran Premio della Giuria a Cannes 2009 e il titolo di miglior film britannico ai BAFTA 2010 (gli Oscar inglesi), che ora trovate anche in italiano QUI


Fish Tank
(UK, 2009)
Regia: Andrea Arnold
Cast: Katie Jarvis, Michael Fassbender, Kierston Wareing, Jason Maza, Harry Treadaway

La vita da dietro. La telecamera segue perlopiù alle spalle Mia, una teenager confusa, con una famiglia problematica (vive con una madre zoccola e una sorellina che la insulta) e un caratterino incazzoso (dà una testata da far invidia a Zidane a delle troiette di quartiere, tanto per fare un esempio). La sua passione è ballare musica hip-hop. Se adesso vi vengono alla mente immagini di film come Save the last dance o Step up siete fuori strada. E avete sbagliato quartiere. Perché qui siamo dalle parti degli adolescenti della grandiosa serie Skins e nella periferia inglese i sogni non si avverano. La vita continua a scorrere tra le delusioni più che tra eccitanti sorprese.
Strepitosa l’esordiente Katie Jarvis nei panni di una teenager molto vera, molto irrequieta e molto poco tv-studio-aperto, ma ottimi anche la madre, una sperduta post-adolescente UK interpretata da Kierston Wareing, e l’amante-seduttore Michael Fassbender, attore tedesco lanciatissimo dopo Bastardi senza gloria.
Ottima la colonna sonora black, che spazia da una spaziale versione di “California Dreaming” cantata da Bobby Womack al rap di Ja Rule e Nas.



Tanto per fare un paragone poco impegnativo, potremmo definirlo un quattrocento colpi moderno e Truffaut nemmeno si rivolterebbe nella tomba. Cinema britannico ai massimi livelli, un film fatto di illusioni spezzate che dice molto sulla vita (non solo sull’adolescenza) di oggi (non solo in Inghilterra). Perché, come dice Nas: life’s a bitch and then you die, that’s why we get high.
(voto 8)

martedì 27 luglio 2010

flash, 27 luglio (Saviano, Belen, ragazze di Ostia...)

Saviano a Vanity Fair
Dov'era la Lega quando la 'ndrangheta si infiltrava in Lombardia?
Non si è fatta attendere la risposta dalla Lega Nerd di Castelli

Saviano è accecato e reso sordo dal suo inopinato successo e dai soldi che gli sono arrivati in giovane età. [...] Da noi atti amministrativi precisi, non libretti. Non ci siamo limitati a scrivere quattro cose e a partecipare a quattro conferenze.

Riguardo alla possibile conduzione di Belen del prossimo Festival, il sindaco di Sanremo ha affermato
Reputo Belen una grande artista.

Da tutto questo blob di dichiarazioni miste, si evince facilmente come in Italia se sei uno scrittore che produce arte, cultura e denuncia delle verità scomode, allora sei solo un perditempo comunistoide sfigato drogato e, diciamolo, pure un pochino ricchione che non merita di fare neanche un euro con i suoi miseri inutili libri. Se invece sei una bella figa che ha fatto qualche spot telefonico e una manciata di programmi per ritardati mentali, allora sì che sei considerata una vera artistona.
Beh, ma allora anche le due ragazze di Ostia sono indubitabilmente delle grandissime artiste


Sucker Punch si posiziona già ora in cima alla lista dei film più fighi (che non significa necessariamente più belli) previsti per il 2011. Regia di Zack Snyder, quello di 300 (e si vede, fin dal trailer) e cast con Jon Hamm di Mad Man e una band di bad girls talmente variegata che sembra uscita da un cast tarantiniano: Emily Browning (The Uninvited, Lemony Snicket), Abbie Cornish (Bright Star, Paradiso + Inferno), più l'indie Jena Malone (Donnie Darko, Into the Wild) e la popstar Vanessa Hudgens appena uscita da High School Musical.


E intanto arriva la conferma ufficiale che Daniel Craig sarà il Mikael Blomqvist della versione americana firmata David Fincher di Uomini che odiano le donne. Ancora non è stata scelta invece la novella Lisbeth...

Gruppo da pub alla Fratellis (quelli del primo mitico album) barra Babyshambles barra Arctic Monkeys , questi irresistibili Postelles, con una "White Night" che ricorda "Alright" dei Supergrass ed è quindi perfettamente estiva. Il piacevolissimo omonimo album d'esordio lo trovate QUI (imperdibile per i fan del suono british)


Film molto bello, pardon videoclip di qualità cinematografica molto bello per i The Roots insieme al compare John Legend, con l'incendiaria "The Fire". Mi ha ricordato L'uomo che verrà...


Buona notte.
E buone botte

Il grande inganno

Chloe – Tra seduzione e inganno
(USA, 2009)
Titolo originale: Chloe
Regia: Atom Egoyan
Cast: Julianne Moore, Amanda Seyfried, Liam Neeson, Max Thieriot, Nina Dobrev

Ci sono film brutti e altri semplicemente inutili. Ci sono anche quei film che possono vantarsi di rientrare in entrambe le categorie yuppidu! ed è il caso proprio di Chloe. La trama è roba da invidiare quella di un porno di infima qualità: una donna, insospettita dal comportamento piacione del marito nei confronti di qualunque essere di sesso femminile, ingaggia una escort per sedurlo. La rivincita delle Veronica Lario? Una profonda discesa negli inferi di una coppia benestante apparentemente perfetta alla Eyes Wide Shut? Ma và, niente del genere, si entra solamente in un’ossessione che però non scaturisce mai nella tensione thriller di un’Attrazione fatale in versione lesbo e persino le scene di “intimità” tra le due protagoniste non provocano molto più di uno sbadiglio.

La biondina Amanda Seyfried (già in Mamma mia, Mean Girls, Jennifer’s Body, Dear John) è carina, ha due belle tettine, è una buona promessa ma non ha la carica sessuale perversa di una Sharon Stone in Basic Instinct (l’1, il 2 non lo considero nemmeno) e questa non è la parte migliore per lei. E anche la rossa Julianne Moore è ben “lontana dal Paradiso”, tanto per citare una delle sue migliori interpetazioni; quanto a Liam Neeson, io quest’uomo non l’ho mai sopportato, ma qui dà veramente prova di avere una sola espressione: quella del pesce lesso. Persino il polpo Paul ha una maggiore mobilità facciale (la foto a lato ne è un lampante esempio...)

Per rimanere in tema acquatico, la trama non sapendo più che pesci pigliare ci mette dentro pure il figlio della coppia, a formare un quadrangolo amoroso che prometterebbe grandi, gargantuesche tensioni sessuali, in un thriller enigmatico ed eccitante. Invece fa addormentare. Il finale (che non vi svelo, sebbene ci sia ben poco da svelare) vorrebbe essere chissà quale grande rivelazione. Invece sembra semplicemente una gran cazzatona.
Rimango esterrefatto dal fatto che un regista (relativamente) di buon livello come Atom Egoyan, un tempo autore de Il dolce domani e Il viaggio di Felicia, con un cast (relativamente) di buon livello, possa sprecare soldi e tempo per fare una roba del genere. Ciò che dà fastidio è che la pellicola è pure girata con una certa raffinatezza e cura. Peccato sia un contenitore esteriormente gradevole, totalmente vuoto dentro.
Chloe, tra seduzione (poca) e inganno (molto).
(voto 3,5)

Se proprio volete, trovate il film QUI

lunedì 26 luglio 2010

flash, 26 luglio (Dexter, The Drums, La Roux...)

Dopo il pazzesco finale della stagione 4, tutto il mondo non sta aspettando altro che la 5 di Dexter. Ecco le prime immagini...
ATTENZIONE: fate click sul tasto play SOLO E SOLO SE se avete già visto come va a finire la quarta stagione!


The Drums live! Il mio gruppo ufficiale dell'estate2010 si è esibito in un concerto che potete vedere sul sito di Mtv USA. Qui vi servo un aperitivo, con
la mia p r e f e r i t a "Book of stories"



Nuovo video per la svedese electro pop Robyn: "Hang with me". Enjoy


Divertente video trash poliziottesco disco anni 70 per gli inglesi Grum con la notturna "Through the night"


Dai 70s, facciamo un salto con la nostra Delorean fino agli 80s, protagonisti della compilation curata e mixata dai La Roux, che contiene pezzi di Japan, Tears For Fears, Heaven 17, più una cover di "Under my thumb" dei Rolling Stones realizzata dagli stessi La Roux. La trovate QUI

Guido Bertolaso, in merito alla tragedia della Love Parade a Duisburg, ha dichiarato:
Una folla superiore al milione e mezzo di persone: sono numeri impressionanti che presuppongono un'esperienza in materia che non può essere quella degli organizzatori di concerti. E forse oggi qualcuno si renderà conto del perché in Italia è la Protezione civile a gestire i grandi eventi: quella legge è stata voluta proprio per garantire al meglio la sicurezza delle persone.

Cosa ne sappia lui di numeri tanto impressionanti è un mistero, visto che le uniche manifestazioni da lui organizzate sono le feste di compleanno all'oratorio del figlio, più qualche manifestazione del Pdl che al massimo avrà radunato 10 fan sfegatati in croce...

Push the button

The Box – C’è un regalo per te…
(USA, 2009)
Titolo originale: The Box
Regia: Richard Kelly
Cast: Cameron Diaz, James Marsden, Frank Langella, James Rebhorn, Holmes Osborne, Sam Oz Stone

L’Italia odia Richard Kelly. Per distribuire il suo geniale esordio Donnie Darko ci sono voluti 3 anni. Il suo secondo, un poco pasticciato ma a mio parere enormemente sottovalutato Southland Tales – Così finisce il mondo, è uscito solo sul mercato home-video e questo terzo The Box sarebbe dovuto uscire già qualche mese e invece, nonostante la presenza di un’attrice di richiamo come Cameron Diaz, è stato rimandato fino al periodo più caldo e con i cinema più vuoti dell’anno. Ma, soprattutto, gli hanno “donato” il sottotitolo agghiacciante “C’è un regalo per te…”: davvero una scelta fuori luogo, visto che sembra dargli un’ironia da commedia goliardica del tutto estranea al film. Che poi forse un difettuccio della pellicola è proprio quello di prendersi troppo sul serio…

La storia è ispirata a un racconto di Richard Matheson: siamo negli anni ’70 e una coppia come tante riceve un pacco a sorpresa. Dentro la box c’è solo un pulsante. Il signor Steward, un tizio dal folto sfigurato interpretato da un’eccellente (sia letto alla Mr. Burns) Frank Langella, dice loro che se premeranno il pulsante riceveranno un milione di dollari, però qualcuno da qualche parte nel mondo morirà. Una decisione difficile, che trascinerà i due coniugi in fondo a una spirale di follia e sensi di colpa, in un’atmosfera da incubo ricreata da una fotografia da sogno.

Un pregio non da poco dei film di Kelly è che ti gettano dentro un’atmosfera unica e ti invogliano a rivederli, per poterli comprendere appieno. Cosa non da poco, visto che la maggior parte dei film che escono invogliano a essere immediatamente dimenticati. Ottime poi le musiche originali, realizzate da Win Butler e Regine Chassagne degli Arcade Fire e da quell’altro talento di Owen Pallett; visti i precedenti del regista, mi aspettavo però un qualcosa in più dai brani degli anni ’70. Certo, non tutto funziona alla perfezione e come già nel precedente Southland Tales la trama rischia spesso di farsi troppo complessa e assurda, con il finale che va inevitabilmente a lambire territori new-age.

Una visione visionaria niente male, questo The Box, un nuovo viaggio nella beautiful mind del genietto (molto incompreso) Richard Kelly, impreziosito dalle interpretazioni di Cameron Diaz e James Marsden ai loro massimi livelli, oltre al già citato inquietantissimo Langella. E alla fine non è nemmeno poi così male che sia stato distribuito ora da noi. Perché The Box (senza orripilante sottotitolo italiano) è un grandioso b-movie per l’estate.
(voto 7/8)

Schiacciando QUI potrete trovare The Box (e nessuno morirà)

domenica 25 luglio 2010

Mad Men are coming into town

Mad Men
Network Usa: AMC
In Italia: Cult, Rai 4
Creatore: Matthew Weiner
Cast: Jon Hamm, January Jones, John Slattery, Elisabeth Moss, Christina Hendricks, Vincent Kartheiser, Aaron Staton, Michael Gladis, Rich Sommer


“Goditi il mondo così come com’è. Lo cambieranno, senza darti nemmeno una ragione.”

Sulle mille sigarette fumate da Don Draper e dagli altri pubblicitari protagonisti di Mad Men ci potrei scrivere una tesi di laurea. Probabilmente non è vero, ma mi piaceva dirlo. Una delle cose più belle di questa serie è vederli fumare dappertutto: al ristorante, in aereo, sul posto di lavoro… ma ci pensate? Il mondo una volta era davvero così. Ma l’enorme, infinita bellezza di una serie come Mad Men sta anche nelle stilosissime ambientazioni 60s, in dialoghi di rara raffinatezza, in un American Dream che era appena agli inizi e già mostrava delle crepe enormi.

Negli USA Mad Men è un vero e proprio fenomeno pop: la sigla d'apertura dallo show come potete vedere in alto è stata parodiata persino dai Simpson, il Presidente Barack Obama in persona, dopo essersi sparato la terza stagione in DVD, ha scritto una lettera all'autore della serie Matthew Weiner per congratularsi con lui della figata che è riuscito a creare, molti degli attori rappresentano il brillante futuro di Hollywood: Jon Hamm, che interpreta Don Draper, uno dei personaggi più enigmatici e spettacolari di tutti i tempi, ha un volto e un portamento classici da novello Gary Cooper, la bionda January Jones possiede la stessa grazia di Grace Kelly, Christina Hendricks è la rossa burrosa che non si vedeva dai tempi di Jessica Rabbit, Vincent Kartheiser ha una faccia da schiaffi da cattivo d'altri tempi, il "bianco" John Slattery potrebbe diventare il nuovo Clooney e sposarsi una velina italiana. O anche no.

La prima stagione di Mad Men è secondo me tra le cose migliori viste nell’ultimo decennio su piccolo schermo e non (voto 9,5), mentre la seconda cercava nuovi snodi narrativi, andandosi a concentrare maggiormente sulle “mad women”, con identica classe però con una minora convinzione (voto 8). Con la terza stagione si è invece recuperata intatta tutta quell’atmosfera da American Dream abortito dei primi episodi (voto 8/9), con una parte finale che, tra omicidio di Kennedy, divorzi e nuove agenzie pubblicitarie, apre tutta una nuova era, per gli Stati Uniti così come per i Mad Men. La quarta stagione va in onda negli USA a partire da stasera. Non sto più nella pelle.

“Questa non è la fine. È un nuovo inizio.”

Trovate le prime tre stagioni QUI

sabato 24 luglio 2010

flash, weekend edition (Tron Legacy, Katy Perry, Kele...)

Nuovo video solista per il cantante dei Bloc Party Kele.
Che in "Everything you wanted" si rivela persino un discreto attore...


La gossip girl Taylor Momsen gioca sempre più a fare la Courtney Love, vedere questo video dei suoi Pretty Reckless "Miss Nothing" per credere. Certo che il suo Kurt Cobain deve ancora incontrarlo...


Il sequel di Tron (Tron Legacy) scalda i motori, con un trailer (in italiano) accattivante.
Potete anche sentire qualche anteprima dalla colonna sonora del film firmata dai Daft Punk (da loro mi aspettavo qualcosa in più...) cliccando QUI


Mentre sulla playa impazza "California Gurls", Katy Perry ha già pronto un "Teenage Dream" per dominare anche il grigiore dell'autunno


Eels, the new video: "Spectacular Girl"
Canzone carina, ragazza del video spettacolare


Chiusura all'insegna della follia visionaria con gli ologrammi dei Fol Chen. Canzone che rimane appiccicata in testa come una cicca tra i capelli e video da incubo di una notte di mezza estate.

venerdì 23 luglio 2010

Giù nei suburbi

Dico solo: Arcade Fire, The Suburbs, nuovo album!

Sasso carta forbici

Correndo con le forbici in mano
(USA, 2006)
Titolo originale: Running With Scissors
Regia: Ryan Murphy
Cast: Joseph Cross, Annette Bening, Brian Cox, Evan Rachel Wood, Alec Baldwin, Gwyneth Paltrow, Joseph Fiennes, Jill Clayburgh, Gabrille Union, Kristin Chenoweth

Rischioso, correre con le forbici in mano. Rischioso quanto girare un film da un libro best seller di culto di Augusten Burroughs. Ci ha provato, Ryan Murphy, il genio dietro a serie altrettanto cult come Nip/Tuck e il supersuccessone dell’ultima annata Glee. Sembrava anche essere l’uomo giusto, vista la sua famigliarità con la tematica gay e con la rappresentazione di personaggi strambi e al limite del borderline. Anzi, in questo caso proprio schizzati forti. Epperò la pellicola non convince appieno. Non si entra dentro la storia. I momenti in cui il montaggio cerca di accelerare il ritmo (alla Magnolia, film che tanti provano senza successo ad imitare) non si trasformano in accelerazioni nelle emozioni e si ha la sensazione che la pellicola non vada in nessuna direzione. D’altra parte anche Tim Burton sembrava l’uomo perfetto per rendere la schizofrenia di Alice nel paese delle meraviglie, e invece ha fallito miseramente.
Per fortuna non è così disastroso il risultato di Murphy, pure giustificabile, considerato come sia alla sua prima esperienza cinematografica e abbia ancora tanta pellicola da macinare. Presto ci sarà la possibilità di vedere se avrà fatto progressi, visto che è al timone del nuovo film con Julia Roberts e Javier Bardem “Mangia, Prega, Ama”. E poi va sottolineato che anche in tv il buon Murphy era partito in sordina, con il telefilm teen Popular, che offriva qualche spunto di interesse ma non era eccezionale, come al contrario saranno poi Nip/Tuck (una delle migliori serie dello scorso decennio) e Glee (una delle migliori serie del prossimo decennio).

Correndo con le forbici in mano è la storia (biografica, ma probabilmente anche un filetto romanzata) dell’adolescenza di Burroughs, cresciuto prima con la madre aspirante scrittrice fallita, e quindi nella casa del di lei strizzacervelli, uno di gran lunga più pazzo dei suoi pazienti: basti dire che crede che i suoi escrementi comunichino con Dio! Ambientato negli anni 70 (ma siamo lontani dalle bellezza della fotografia de Il giardino delle vergini suicide, Amabili resti o The Box), un classico racconto di formazione con tanto di prime esperienze sessuali e amicizie con gli altri membri della schizzata famiglia.
Il cast è notevole, ma non si impegna al massimo. Annette Bening è troppo sopra le righe, Evan Rachel Wood rimane la numero 1 ma il suo personaggio è troppo abbozzato, Gwyneth Paltrow non m’è mai piaciuta ma le va dato il merito di accettare piccoli ruoli da antidiva (qui come nell’altra folle famiglia dei Tenenbaum), Joseph Fiennes è in versione irriconoscibile anni 70 con tanto di baffoni ma dà l’ennesima conferma di essere un non-attore, Alec Baldwin un paio di anni più tardi farà il bis negli 70s con un personaggio simile nell’altrettanto incompiuto Lymelife.
Bella la colonna sonora, con la springsteeniana “Blinded by the light” in versione Manfred Mann e la sempre efficace “Year of the rat” di Al Stewart che spicca in una delle scene più azzeccate del film. Ma è solo un lampo, in un classico film che ha l’odore bruciante della grande occasione mancata.
(voto 5/6)

giovedì 22 luglio 2010

flash, 22 luglio (Juliette Lewis, Skunk Anansie, Erykah Badu...)

Uh Huh, nuovo video per la sempre idola (sia come attrice che come cantante) Juliette Lewis
"Uh Huh", si chiama ed è più catchy pop del solito


Rimanendo in tema di personaggi femminili tosti, arriva lanciato come un'auto in corsa il nuovo video dei ricostituiti Skunk Anansie "My ugly boy", che anticipa l'album settembrino tutto nuovo. Video molto Crash e canzone incazzusa al punto giusto


Se ormai fanno i trailer anche per i libri, non deve certo stupire che escano pure i remix dei trailer dei film. Questo è quello sognante e splendido per l'atteso Scott Pilgrim Vs. The World, probabile cultissimo dei prossimi mesi!



Bella operazione del Fabri Fibra nazionale, che permette di scaricare il suo nuovo mixtape album "Quorum" gratis dal suo sito. In attesa del suo album vero e proprio previsto per settembre.

Per chi avesse voglia di farsi un bell'Erykah Badu ripasso, è arrivato il Greatest Hits bignamino, neanche troppo -ino visto che sono 2cd pienipienidirobagiusta. Per l'occasione vi rispolvero il suo pezzo che preferisco: "On & On"


I miei idoli Mystery Jets hanno fatto un pezzo con il duo electro/club Count & Sinden: "After Dark", piacevole pezzo party pop


Chiudiamo in bruttezza con Roberta Bonanno (una uscita da Amici...) e la sua obbrobriosa "Sorelle d'italia". Se non danno l'esilio nazionale per cose del genere, per cosa lo danno?

Il doposcuola

Afterschool
(USA, 2008)
Regia: Antonio Campos
Cast: Ezra Miller, Addison Timlin, Michael Stuhlbarg, Jeremy Allen White, Emory Cohen, Rosemarie DeWitt

L’incipit del film è da classica commedia goliardica adolescenziale, con un ragazzo in camera che si masturba. Solo qui non è American Pie e c’è da subito qualcosa di strano, di morboso, di angosciante. Il ragazzo sta infatti guardando in rete una sorta di snuff movie, in cui il pornodivo di turno insulta pesantemente la sua “signora”, strozzandola. L’elemento disturbante da lì in poi sarà presente lungo tutta la durata di questo esperimento registico.
Il protagonista è un ragazzo apatico che frequenta apaticamente una scuola privata per “figli di papà” insieme ad altri ragazzi apatici imbottiti di psicofarmaci e di droghe. Le giornate passano regolari, noiose e, indovinate un po’? apatiche, tra una lezione in cui fantastica sulla sexy prof di inglese e un “doposcuola” in cui lavora al corso di audiovisivi con la sexy compagna Amy, fino a che le ragazze più popolari e desiderate della scuola, le fantomatiche gemelle Talbert (nella loro sfortunata e quasi mitologica esistenza lontane discendenti delle vergini suicide di Sofia Coppola) vengono trovate morte in corridoio.

Non ci troviamo però dinnanzi a una pellicola teen classica, né tanto meno a un thriller, ma a un film sperimentale che ha come limite proprio quello di sembrare a tratti un esercizio di stile, un film da Festival più che una pellicola davvero sentita. Il tema principale trattato è quello controverso del rapporto tra adolescenza e violenza. O meglio: la rappresentazione della violenza. Per fortuna sono evitati ogni sorta di discorsi di tipo moralistico/studioapertolosi sul possibile influsso di YouTube, Internet o delle nuove tecnologie sul comportamento dei ggiovani bene d’oggi. Una riflessione sulla cultura dell’immagine che non è tanto una riflessione (e meno male, perché si sarebbe potuti cadere troppo facilmente nel banale) quanto una considerazione, un dato di fatto. È così che stanno le cose. Punto
La telecamera rimane quasi sempre fissa, come nel capolavoro greco Kynodontas di Giorgos Lanthimos, a voler sottolineare la staticità di un ambiente scolastico chiuso, che ricorda molto da vicino quello alla Columbine di Elephant (altro capolavoro, stavolta firmato Gus Van Sant). E tanto per completare il quadro, ci possiamo mettere dentro anche un po’ di disperazione tipica del cinema di Todd Solondz (purtroppo senza la sua ironia malata).

Il regista Antonio Campos è all’esordio nel lungometraggio e nonostante provi in qualche passaggio a fare il registone d’autore che se la tira imitando modelli ancora troppo alti (oltre ai sopracitati anche l’inarrivabile Michael Haneke, mixato tra Funny Games e Caché – Niente da nascondere) dimostra un buon potenziale, così come i due attori protagonisti: Ezra Miller e Addison Timlin (quest’ultima da segnare come possibile nuova Kirsten Dunst). Il preside della scuola è invece interpretato dal “serious man” Michael Stuhlbarg.
Il messaggio del film?
Non c’è morale, non c’è messaggio. Se non che tutti siamo osservati. Sempre. E la realtà è più disturbante di qualunque fiction.
(voto 6/7)

Incredibilmente, questo film è uscito in Italia (seppure con “soli” 2 anni di ritardo) ed è già disponibile in DVD in tutte le peggiori videoteche, oppure lo potete trovare QUI

mercoledì 21 luglio 2010

Death of a party

Party Down
(stagione 1)
Serie creata da: Rob Thomas, Paul Rudd, Dan Etheridge, John Enbom
Cast: Adam Scott, Ken Marino, Lizzy Caplan, Ryan Hansen, Jane Lynch, Martin Starr

Sono totalmente e irrimediabilmente intrippato per questa serie tv. Tra le cose più sottilmente divertenti e disperate viste negli ultimi tempi.
Protagonisti sono un gruppo di attori/sceneggiatori falliti o aspiranti tali che in attesa di sfondare a Hollywood lavorano in una ditta di catering. Ogni puntata (breve, da 25 minuti) è quindi ambientata in una festa (o una specie di festa), che poi regolarmente finisce in un disastro e vista dal punto di vista di chi ci lavora dietro: c’è la rimpatriata del liceo, il rinfresco dei piccolo borghesi che voglioni fare i fichi, il party dei Repubblicani che attendono l’arrivo di Arnold Schwarzenegger, i vecchietti singles arrapati che si fanno venire un infarto vedendo una spogliarellista, il ricevimento di un truffatore in cerca di investitori, un festino di pornostar, il compleanno sweet sixteen su una barca di una teenager, un ritiro aziendale per fare team-building, un matrimonio tra produttori gay, un’allegra festicciola di russi (assassini?). E tutto questo solo nella prima stagione da 10 episodi. Ne è stata prodotta anche una seconda (e purtroppo ultima) che mi devo ancora sparare al più presto.

L’umorismo di questa serie mi ricorda una versione americana di Boris, o anche del british The Office (vedi l’esaltazione del capo, alla fine un povero cristo più disperato di tutti): un gruppo di persone che si ritrova a fare un lavoro non certo dei propri sogni in situazioni spesso assurde e con dei colleghi allucinati. Una cosa prettamente tipica degli anni da crisi economica che stiamo vivendo, quindi è facile ritrovarsi e riderci (un poco amaramente) sopra.
Niente male il cast, con una Jane Lynch che poi ha fatto il grande salto in Glee, dove sta diventando una idola mondiale nei panni della cattivissima Sue Sylvester. C’è poi Lizzy Caplan, attrice assolutamente in ascesa già notata in un sacco di posti (True Blood, Mean Girls, Hot Tube Time Machine, Cloverfield…) e alcuni volti visti in Veronica Mars (non a caso tra i creatori della serie c’è proprio il “papà” di Veronica, serie con cui condivide il particolare umorismo), tra cui come special guest-star proprio Kristen Bell.
Party Down: un rimedio efficace contro lo scazzo del lavoro moderno.
(voto 7/8)

Da noi non è ovviamente ancora stata mai trasmessa, ma potete trovare gli episodi della serie sottotitolati in italiano QUI

martedì 20 luglio 2010

flash, 20 luglio (Bret Easton Ellis, Amy MacDonald, System of a Down...)

Da poco uscito negli USA il nuovo romanzo del mio scrittore preferito, nonché mia massima influenza esistenziale, Bret Easton Ellis, l'autore di American Psycho, Le regole dell'attrazione e Glamorama. Arrivato 5 anni dall'ultimo splendido Lunar Park, Imperial bedrooms (strepitosa la copertina!) è il sequel ideale del suo "primo genito" Meno di zero. In Italia dovrebbe (almeno spero) uscire a ottobre per Einaudi. Non vedo la cazzo di ora.
Intanto beccatevi il trailer, perché sì, adesso si fanno i trailer anche dei libri!


In mezzo alla miriade di video amatoriali messi su YouTube, ecco quello di una ragazzina grassottella e vagamente emo che a vederla non le daresti molta più fiducia di una Susan Boyle qualunque e invece (quasi) come lei ti fa esclamare: "apperò!"
Da brividorama la sua cover di Bulletproof dei La Roux


Nuovo video per la mia favorita Amy MacDonald: "This Pretty Face", una pretty perla dal suo ultimo (finora ingiustamente piuttosto ignorato) album


Valido gruppo electro-rock finlandese (addirittura!) appena scoperto: i Conquistadors, con l'album d'esordio "Citiscapes" e il singolo "Kill the lights"


Il cantante (ormai ex?) dei System of a Down Serj Tankian è tornato con un nuovo singolo, "Left of center". E sembra che anche senza i compari abbia ancora qualche freccia nel suo arco...

Candy Warhol

Factory Girl
(USA, 2006)
Regia: George Hickenlooper
Cast: Sienna Miller, Guy Peace, Hyaden Christensen, Jimmy Fallon, Mena Suvari, Shawn Hatosy

Gran bel personaggio, Edie Sedgwick. Fuggita via da una famiglia ricca di Santa Barbara, da un destino borghese già scritto per lei dai genitori, è diventata la best friend e musa di Andy Warhol in quel di New York City. Una modella barra attrice barra superstar che ha avuto i suoi 15 minuti di popolarità negli anni Sessanta ma ancora oggi è ricordata come icona di stile e bellezza unici. Una grande, che probabilmente meritava un film biopic a lei dedicato molto migliore di questo.

La regia di tale George Hickenlooper (who the fuck is him?) rende gli ossequi a uno stile Sixties chiaramente rispettato. Fin troppo, visto che il tizio non riesce a dare una visione minimamente personale del periodo. La trama del film è poi estremamente debole, quasi quanto quella dei film improvvisati di Warhol, basata più che altro sul rapporto tra Edie ed il genio della pop art, coppia super glamour irrisolta (d’altronde lui era gay, anche se con Edith avrebbe forse fatto volentieri un’eccezione…). C’è naturalmente anche la tanto discussa relazione con Bob Dylan, inserito sotto mentite spoglie. Nel film fa la figura del gran coglione, quindi non c’è da stupirsi che non abbia dato il suo consenso a questo film… Hayden Christensen nei panni del simil-pseudo-Dylan non convince un granché, molto meglio gli alter-ego di Io non sono qui fotografati dai vari Heath Ledger, Christian Bale, Richard Gere e Cate Blanchett.

Factory Girl è un film che ha la grave colpa di essere poco stiloso (un poco lo è, ma non abbastanza), un peccato mortale per una storia che racconta di Edie & Andy (interpretato da un macchiettistico Guy Pearce) mica di Albano & Romina. Il regista in tal senso avrebbe fatto meglio a prendersi due appunti guardando qualche episodio a caso della raffinatissima serie 60s Mad Men (di cui potrei parlare a breve, visto che negli USA sta per partire la quarta attesissima stagione). La pellicola definitiva in grado di cogliere quel periodo magico di sperimentazione & follia psychedelica (forse incoglibile agli occhi del mondo malato di oggi) non è stata ancora girata, visto che pure Basquiat e Ho sparato a Andy Warhol (entrambi comunque migliori di questo) mi sono sembrati decisamente incompiuti e non del tutto convincenti.
Persino la colonna sonora non offre grandi soddisfazioni, e sì che di materiale 60s dubi dubi yeah yeah della Madonna a disposizione ce ne sarebbe stato, a segno di una ricostruzione che lascia davvero a desiderare. A tenere alto il nome di Edie meno male che ci pensa allora Sienna Miller, totalmente in parte e totalmente splendida. Se Factory Girl vale quindi una visione è grazie a lei e a un personaggio che merita perlomeno di essere conosciuto. Per più di 15 minuti.
(voto 5,5)

Trovate il film QUI  o sul mulo

lunedì 19 luglio 2010

Let's go surfing

Oh, mama
I wanna go surfing
Oh, mama
I don't care about nothing
The Drums, “Let’s go surfing”

Clay Marzo ha 21 anni, vive a Maui, fa surf, è un bel ragazzo alto biondo fisicato, naturalmente fa surf. Anzi, è un fenomeno del surf. Un vero Dio, quando sta in piedi su una tavola. Unico problema: ha la sindrome di Asperger. Se non volete wikipediarvi questa parola vi faccio la comodità di dirvi che è considerata un disordine pervasivo dello sviluppo imparentata con l'autismo. Gli individui portatori di questa sindrome sono caratterizzati da una persistente compromissione delle interazioni sociali, schemi di comportamento ripetitivi e stereotipati (Clay ad esempio si sfrega continuamente le mani), attività e interessi molto ristretti. Unico interesse di Clay: il surf, appunto, sport di cui potrebbe essere facilmente essere il numero 1 al mondo e habitat naturale: l'acqua. Persino il 9 volte campione del mondo Kelly Slater ha confessato che il ragazzo conosce cose del surf a lui ignote. Clay fa gare, è sponsorizzato da Quicksilver, di surf ci vive più che bene, ma a causa del suo disturbo viaggiare gli risulta difficile, non può partecipare a tutti i campionati internazionali e molto probabilmente non sarà mai il number one ufficiale nelle classifiche.
Tra le tanto sbandierate prestazioni e recuperi miracolosi del Dottore (ma de che?) Valentino Rossi, un vero miracolo sportivo è Clay Marzo. Basta vedere i numeri e le evoluzioni che fa girando e girando e girando su quella dannata favolosa tavola attaccata ai suoi piedi.
Clay Marzo non è un surfista. Clay Marzo è un ballerino.
Oh, mama
I wanna go surfing

(Se volete approfondire la conoscenza di questo idolo, trovate la sua storia sull’ultimo numero di Rolling Stone e potete scaricarvi su eMule il video documentario a lui dedicato (andato in onda in questi giorni anche su Deejay Tv: Clay Marzo Just Add Water, 40 minuti splendidamente girati, ottime musiche e soprattutto le acrobazie allucinanti di questo incredibile ragazzo)

domenica 18 luglio 2010

toys toys toys

Toy Story
(USA, 1995)
Regia: John Lasseter
Cast: Woody, Buzz Lightyear, Mr. Potato, Rex, Bo Beep

Visto che sono arrivati già al terzo capitolo, che sta facendo tra l’altro incassi da favola soprattutto negli Stati Uniti, ho deciso di colmare una mia lacuna personale e recuperare il primo mitico Toy Story, che ancora mi sfuggiva. Una grave mancanza? Credevo di sì, ma dopo averlo visto devo dire che non era poi così grossa. Intendiamoci, il film è assolutamente simpatico e carino, ma capolavoro (come molti l’hanno definito)? Andiamo, non mi sembra proprio.
Mi rendo conto che per il 1995 potesse visivamente sembrare molto avanti, però io continuo a preferire i cartoni in 2 dimensioni rispetto a questi in computer grafica. Sono old-style? Forse un pochino. Detto questo però, penso comunque che la stessa Pixar farà successivamente cose molto più divertenti (Alla ricerca di Nemo), profonde (Wall-E) e addirittura toccanti fino alle lacrime (Up).

Toy Story racconta piuttosto prevedibilmente una storia di giocattoli che si animano quando i proprietari non sono presenti. Una ferma convinzione che avevo anch’io a 6 anni, così come credo la gran parte dei bambini di quell’età. Agli autori del film va quindi attribuito il merito di aver trasformato una fantasia infantile in una pellicola. Tutto qui. Niente di più.
Va anche riconosciuto come la coppia di protagonisti, il cowboy old-style Woody che viene rimpiazzato dal nuovo e più fico Buzz Lightyear, funzioni decisamente bene. Una sorta di metafora giocattolesca del passaggio dal cinema d’animazione vecchia scuola alla nuova. I personaggi secondari invece non sono particolarmente divertenti, a differenza di altre pellicole Pixar che riusciranno a fare di meglio. Eccezion fatta per i mostruosi giocattoli “cannibali” e mutanti, presenti nella cameretta del bambino pestifero che prova in tutti i modi a fare fuori i toys toys toys, I’m looking for the good time, come canterebbe Sabrina Salerno.
Nel film (posso dire purtroppo) invece della Sabrinona nazionale canta invece Randy Newman, autore dei siparietti musicali (evitabilissimi) che intermezzano le avventure. Uno che già in originale ha una voce lagnosa e di difficile sopportazione ma che con l’orripilante versione italiana dei suoi pezzi fa davvero venir voglia di mettersi le mani tra i capelli. Per me che la colonna sonora di un film è un elemento assolutamente fondamentale, un punto che fa perdere molti punti a questo Toy Story.
Nel coro di esaltazione che circonda questo cartoon, a me è sembrato un primo passo riuscito ma non troppo, per una Pixar che solo grazie al vecchino di Up saprà davvero emozionarmi e volare via, verso l’infinito e oltre!
(voto 6-)

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