martedì 28 maggio 2013

IL VECCHIO GATSBY


Il grande Gatsby
(USA 1974)
Regia: Jack Clayton
Sceneggiatura: Francis Ford Coppola
Tratto dal romanzo: Il grande Gatsby di F. Scott Fiztgerald
Cast: Robert Redford, Mia Farrow, Sam Waterston, Bruce Dern, Karen Black, Scott Wilson, Lois Chiles, Edward Herrmann, Kathryn Leigh Scott, Patsy Kensit
Genere: classico
Se ti piace guarda anche: Il grande Gatsby (2013), Le regole della casa del sidro, Boardwalk Empire

Vedere Il grande Gatsby nella versione anni '70 firmata da Jack Clayton dopo Il grande Gatsby di Baz Luhrmann è come vedere il giro di prova di un gran premio di Formula 1 una volta terminata la corsa. Se Luhrmann tira ogni marcia al limite, sfrutta ogni cordolo, spinge ad ogni rettilineo come se non ci fosse un domani, Clayton frena prima di ogni curva, non supera mai i limiti di velocità e va spedito quanto una nonnina su una vecchia Panda scassata. E pensare che il mezzo che hanno sotto al culo è lo stesso. È la Ferrari della letteratura americana. È Il grande Gatsby di F. Scott Fitzgerald.
Testimonianza visiva delle mie parole sono le due scene in cui Nick Carraway va in auto con Jay Gatsby: un viaggio spericolato e a perdifiato nella versione con DiCaprio al volante, un rassicurante viaggio che al confronto A spasso con Daisy è un action movie ci aspetta invece nella versione con Robert Redford.

"Grazie Gatsby, questo appuntamento è meglio di un'esterna di Uomini e Donne."
Un ottimo confronto/scontro tra le due versioni l’ha già fatto il sito Cinemalato, quindi non starò a replicarlo, anche perché secondo me la pellicola di Baz Luhrmann è in tutti gli aspetti superiore, più grandiosa e figa di quella degli anni ’70. Più che uno scontro, mi limiterò a testimoniare allora il massacro della nuova versione rispetto a quella precedente.

Per prima cosa la regia. Qui non c’è proprio competizione, siamo su due pianeti differenti. Il fu Jack Clayton si limita a girare tutto in maniera molto classica, con stile da sceneggiatone televisivo. Sembra si sia limitato a trasporre quanto scritto da Fitzgerald, senza aggiungere il minimo tocco inventivo. Tutt’altro lavoro lo compie Baz Luhrmann, che ci mette dentro la sua visione, il suo cinema, la sua creatività. Cosa che significa un montaggio dal ritmo elevato, che aumenta notevolmente il coinvolgimento nei confronti della storia, rispetto a una versione dei 70s troppo calma e lenta. Cosa che significa anche l’utilizzo delle tanto contestate canzoni di oggi, applicate a un contesto anni ’20. Una mossa che può aver scandalizzato giusto chi non ha mai visto Moulin Rouge!, e una mossa che rende il suo film più attuale e frizzante.

"Daisy, si può sapere perché hai un preservativo in testa?"
"E che gatsbyta ne so, io?"
Volete un esempio?
Facciamo un paragone. Il grande Gatsby del 1974 suona come quelle cover band di periferia che abbondano nei locali. Quelle tribute band a Vasco, ai Queen, persino ai Negramaro. Vi rendete conto che esistono tribute band dei Negramaro?
Ecco, tali gruppi si limitano a suonare i pezzi imitando il più possibile gli originali. Più sono fedeli, meglio è. La minima variazione viene infatti vista dai fan hardcore come una bestemmia. Baz Luhrmann a fare delle cover del genere non gliene può fregare di meno. Lui ci deve mettere del suo, in una storia. Che riprenda il Romeo + Giulietta di William Shakespeare o un altro grande classico come Il grande Gatsby di Fitzgerald, lui suona la sua musica. Ci regala una interpretazione tutta personale di qualcosa di già famoso, rendendolo nuovo, come se fosse cantato, pardon narrato per la prima volta.
Le scene delle feste del suo film sono esaltanti e, pur proponendo della musica di oggi, anzi proprio per questo, rendono al meglio quello che doveva essere il clima dei party scatenati negli anni ’20. La fredda e precisina messa in scena del film di Jack Clayton non ci fa invece assaporare, se non in minima parte, la trasgressione e la glamourosità di tali eventi. In tal senso, l’elaborazione post-moderna è la scelta migliore per fare gustare a noi pubblico ggiovane di ogggi il clima dell’epoca.
A livello puramente personale, non vedo davvero il senso di riproporre in maniera sterile un film ambientato negli anni ’20 con lo stesso stile degli anni ’20. Per quello c’è già il romanzo, ci sono già le versioni cinematografiche del 1926 e del 1949, oltre a quella del 1974. La versione 2013 è qualcosa di differente, la riproposizione attuale migliore possibile di un classico. Una maniera più efficace di raccontare le storie di ieri con l’occhio di oggi come quello mostrato in Romeo + Giulietta o nel nuovo Il grande Gatsby non riesco a immaginarlo. Io a questo punto farei girare a Baz Luhrmann tutti i classici della letteratura mondiale. La Bibbia in versione Baz Luhrmann? Correrei a vederla subito.

Anche i personaggi nelle mani del regista australiano diventano più intriganti, più vivi, e qui il merito va pure allo strepitoso cast. Dopo averci tanto pompato la figura di Gatsby e averlo avvolto in un’aura di mistero, la prima apparizione di Robert Redford in solitaria è parecchio sottotono. Tutt’altra storia l'arrivo di Leo Gatsby in mezzo alla folla, un ingresso da prima donna in perfetto stile Luhrmann. La pellicola 2013 è poi maggiormente incentrata sul grande personaggio del titolo, grazie a una interpretazione più sentita e sofferta del Peppino DiCaprio rispetto a quella un po’ svogliata del Redford, e grazie a un maggiore spazio a lui dedicato dalla narrazione, con un efficace flashback sulla sua gioventù. Questo avviene forse perché, come sottolinea Valentina Ariete del blog Eyes Wide Ciak, “il regista non si è immedesimato nel protagonista, ovvero lo scrittore Nick (Tobey Maguire), come invece fa Fitzgerald, quanto piuttosto in Gatsby, vero deus ex machina del racconto.”

Nick Carraway a sua volta viene ritratto da Tobey Maguire in versione più nerdosa, come un estraneo che si ritrova catapultato in un mondo non suo, nonostante pure lui sia cresciuto in una famiglia benestante. È un po’ come il Seth Cohen della serie tv The O.C., sebbene più serioso e privo di quell’ironia indie pre-twitteriana. O come una versione più simpatica del Dan Humphrey di Gossip Girl, tanto per restare in ambito di telefilm teen.
Nella versione 1974 c’è invece Sam Waterston, attore rivisto di recente nella serie The Newsroom, pure lui, va riconosciuto, piuttosto efficace nei panni del Carraway.

L’attore che interpreta Tom Buchanan nella vecchia versione sembra invece il comico Will Ferrell, ma non è il padre di Will Ferrell, bensì il padre di Laura Dern, la protagonista di Inland Empire, Velluto blu e Cuore selvaggio di David Lynch. Si tratta di  Bruce Dern, attore premiato un paio di giorni fa al Festival di Cannes come migliore attore. Non male il suo Tom Buchanan, ma convince ancora di più il nuovo Joel Edgerton, che offre la sua migliore interpretazione dopo essere apparso piuttosto imbambolato in film come Warrior o La cosa. Bene anche tutti i personaggi minori, con le fanciulle Isla Fisher, Elizabeth Debicki e Adelaide Clemens più sexy e stilose delle loro antenate colleghe Karen Black, Lois Chiles e Kathryn Leigh Scott. L’unico a perdere il confronto è allora Jason Clarke, parecchio più a suo agio come agente della CIA in Zero Dark Thirty che non come benzinaio sfigato qui, battuto da Scott Wilson, oggi interprete di Hershel Greene in The Walking Dead.

Piccola nota curiosa: la figlia di Daisy che appare in una breve scena è interpretata da una giovanissima Patsy Kensit!

E veniamo proprio a Daisy, il personaggio più controverso. Mia Farrow fisicamente non mi piace proprio e anzi, mi inquieta assai. Sarà per via di Rosemary’s Baby? Non mi sembra possieda quindi il fascino adatto da giustificare che uno come Robert Redford dedichi la sua intera esistenza a conquistarla. Al di là di questo parere estetico soggettivo, la Daisy stronza e parecchio odiosa da lei portata su grande schermo sembrerebbe più fedele a quanto concepito da Fitzgerald.

Il personaggio portato nei cinema di oggi da Carey Mulligan è invece quello di una Daisy un attimo più umana. Più tenera. Laddove la capricciosa Mia Farrow ti veniva voglia di scaricarla in mezzo all’autostrada, Carey possiede invece quel fascino da cucciola abbandonata che ti viene voglia di portare a casa con te. In questo senso, l’ossessione di Gatsby nei suoi confronti appare più sensata.

ATTENZIONE SPOILER
La scelta di addolcire un po’ il personaggio di Daisy, tra l'altro, rende ancora più amara e inaspettata la mazzata del finale.
E a proposito del finale, pure in questo caso Luhrmann la sfanga in una maniera migliore rispetto al film di Jack Clayton, che pure poteva vantare una sceneggiatura firmata dal Signor Francis Ford Coppola, evidentemente impegnato più che altro a terminare il compitino in maniera diligente da bravo studente, piuttosto che metterci un po’ di inventiva. Luhrmann decide di tagliare via il personaggio del padre di Gatsby, di cui in precedenza si era fatto a mala pena menzione, che appesantisce la versione del 1974, per concentrarsi sulla grande solitudine di Gatsby e sul suo rapporto con Carraway, il suo unico amico. Una mossa che rende la pellicola ancora più emozionante. Tanti hanno accusato il film di essere freddo, sarà colpa del personaggio di Daisy?, ma a me è sembrato piuttosto l’opposto. È semmai una pellicola molto carica, a livello visivo quanto emotivo, laddove la versione di Clayton è carente sotto entrambi gli aspetti.

In pratica, per quanto guardabile, quello del 1974 è un piccolo Gatsby. È tutto meno. Meno intenso, meno emozionante, meno, molto meno spettacolare. Tranne il sudore. Nella pellicola di Jack Clayton i protagonisti sudano ancora di più, ed è una cosa anche abbastanza disgustosa. A parte questo dettaglio, è tutto troppo meno. O, forse, è semplicemente Il grande Gatsby di Baz Luhrmann a essere tutto troppo più.
(voto 6/10)



E questo è il poster realizzato dal mio grafico di fiducia C[h]erotto (che ovviamente ha anche realizzato il mio nuovo header) su Il grande Gatsby per la serie Minimal Incipit.
Cosa sono i Minimal Incipit?
Una serie di poster in cartone dedicati ad alcuni classici della letteratura, da adesso acquistabili sul sito Minimal Inc.


22 commenti:

  1. condivido, anch'io gli do una sufficienza piena, ma non di più! Baz non m'ha fatto mai impazzire daltronde

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    1. ma veramente la sufficienza è per il film del 1974, alla versione di baz ho dato ben altro voto... ahah :)

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  2. quando ho saputo diversi mesi fa che DiCaprio recitava ne Il grande Gatsby sono andato a vedere la versione degli anni '70. Dopo poco più di mezz'ora, ho abbandonato il film: mi aveva già stancata.
    Tutti che si chiedevano "Chi è Gatsby?" "Gatsby ha fatto questo..." e che palle!
    Premetto che il libro non l'ho letto.
    Vado a vedere il film con DiCaprio ed è stato tutto un crescendo. Mi stava invogliando a sapere chi è veramente Gatsby e questo, vecchi miei, si chiama regia.

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  3. "Sembra si sia limitato a trasporre quanto scritto da Fitzgerald, senza aggiungere il minimo tocco inventivo" No, ma anche no

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  4. ooooooooh, finalmente qualcuno che ha il coraggio di dire le cose come stanno. Tutti a celebrare la grande sceneggiatura di Coppola...ma grande de che?!!! ho fatto una fatica immane ad arrivare alla fine di questo Gatsby, di cui salvo fondamentalmente il fatto che Redford era un figo da paura, anche se troppo aristocratico per essere un buon Gatsby. genti che vi siete annoiate con la versione di Luhrmann, meditate!

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  5. Il Vecchio Gatsby non mi è mai piaciuto, troppo molliccio e inerte!

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  6. concordo
    soprattutto sul fatto che la DAISY di Mia è esattamente la flapper arida e superficiale del romanzo: una STRONZA AL CUBO (strnzXstrnzXstrnz)
    mentre Carey NON CE LA FA PROPRIO A ESSERE CATTIVA

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  7. Me lo deve vedere anch'io solo per poter dire quanto ami il nuovo Gatsby! u.u

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  8. Incredibile, è il terzo film datato che tu hai visto e io no!
    Se a questo aggiungiamo l'opinione comune sul Gatsby di Luhrmann, quella su Scoprendo Forrester ed il clima disteso degli ultimi giorni non sembra neppure di essere ad un passo da un'altra Blog War! ;)

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    1. per fortuna ho trovato la tua decina della prossima blog war la tua peggiore da mesi, forse anni a questa parte ahah :D

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  9. Stavolta proprio non mi vedi d'accordo! A parte che paragonare un film del 1974 con uno del 2013 è come paragonare capre e cavoli, il film di Clayton è una sublime trasposizione di Fitzgerald. Proprio l'entra in scena di Gatsby-Redford dice molto del suo personaggio (cosa che mi ha deluso in quello di Baz), per dirne una. So che tu ami la Carey, ma qui è proprio una mezza sega in confronto a Mia Farrow che ha colto la vera essenza di Daisy che di umano non ha nulla!

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  10. Ahahahah la cuffietta di Daisy mi ha fatto pensare alla stessa cosa! :D
    Concordo praticamente su tutto: il film del '74 ha la capacità di far sembrare datato un romanzo che è fresco e universale da 90 anni!
    La dimostrazione che al cinema replicare un romanzo riga per riga non funziona.
    Redford è bellissimo ma, come ha detto saggiamente George R.R. Martin, troppo bello e aristocratico per essere un Gatsby convincente: l'interpretazione di DiCaprio invece è perfetta, riesce a trasmettere esattamente l'evoluzione di un povero ragazzo che sogna di essere accolto nell'olimpo dei ricchi. Per me non c'è storia! Il film di Baz vince 10 a 0!

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  11. Grazie mille per la citazione, Cannibal! :D

    Comunque sì: compassato da morire, sufficienza risicata e sconfitta totale nello scontro con la versione moderna (a dir poco impari)...

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  12. Ma è assurdo dai...
    Il libro (il grande libro) di Fitzgerald viene fatto a brandelli e venduto al mercato degli zirconi e ti metti a battere le mani?
    Amo follemente il cinema, ma la letteratura è la mia prima passione e -checché tu ne possa dire- questo non è "interpretare" o "aggiungere" un tocco personale al testo, ma abbassarne esponenzialmente il valore. E' ridurre ai minimi termini i significati, storcere il naso di fronte a quanto di profetico, predittivo e colossale c'era nella luccicante gabbia di segni grafici che firmano inconfondibilmente quel gioiello. Vietarsi di sbrodolare moralismi da quattro soldi mi sembrava il minimo; il tuo grande regista (?) poteva almeno degnarsi di avere un miserabile rispetto per quella che in genere si chiama "intenzione del testo".
    Ma tutto questo non importa, perché la gente si accontenta delle perle finte.
    Tanto adornano lo stesso.

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    1. io non ho letto il libro quindi non posso dire in che rapporto è con il film, ma leggendo altre recensioni ti posso assicurare che ci sono alcuni che hanno letto il libro e sono rimasti soddisfatti dal film.

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    2. Cotone, adoro il cinema e adoro la letteratura. e adoro quel libro, che ho letto più di una volta. Il film è perfetto. Siamo nel 2013. è giusto evolversi, trasformarsi, e non sono per nulla indignata. Mi indigna molto ma molto di più il film con Redford.

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  13. Dire che siamo sulla stessa lunghezza d'onda non rende l'idea! è il post che avrei scritto se sapessi impegnarmi a fondo con il blog... parola per parola!
    ps. il libro va letto assolutamente!

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    1. Non si tratta di evoluzione e trasformazione. Onorare l'intenzione dell'Autore (oggi) non è "retrospezione", ma "anticipazione".

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  14. Lo sapevo, gli dei mi puniscono. Se per qualcuno 143 minuti di sciatto romanticume sono la perfetta mise en scéne del lavoro di Fitzgerald ringrazio la biologia del fatto che Francis Scott sia morto da un pezzo.
    E se non è troppo scorretto per il padrone di casa (bella casa, in ogni modo), per conto mio le parole di Ferruccio Gattuso centrano in pieno i punti deboli del film.
    Saluti a tutti e buoni pensieri.

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  15. "Il regista australiano toppa nuovamente dopo il pessimo, melenso fogliettone "Australia" e serve ai posteri una rivisitazione del celebre romanzo di Francis Scott Fitzgerald che si merita null'altro che l'etichetta di "banale". Banale nel voler affrontare solo superficialmente - illustrandole in un'evidenza quasi da sussidiario - le suggestioni e le sottigliezze del racconto dello scrittore americano. Quindi, per dirla tutta e tornando al gioco del "se fosse", se fosse una scrittura in prosa, bè, il film di Luhrmann non sarebbe certo quella di Francis Scott Fitzgerald."

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